matteo manganelli
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lunedì 28 gennaio 2013
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tarantino è un'assicurazione
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Partiamo con questa frase: non mi piace il genere western, anzi, è l'unico che non riesce ad appassionarmi per niente, insieme al musical. Ma un film firmato Tarantino, qualunque genere esso sia, è sempre un'assicurazione. Django è uno schiavo che viene liberato dai suoi padroni grazie al dottor King Schultz, un dentista tedesco diventato un cacciatore di taglie. Schultz è a caccia dei criminali più ricercati del Sud e decide di svolgere questo compito con Django al suo fianco. Dopo aver imparato tutti i segreti della caccia, Django decide che è giunto il momento di ritrovare e liberare sua moglie Broomhilda, che non vede più da quando era stata venduta al mercato degli schiavi molto tempo prima.
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Partiamo con questa frase: non mi piace il genere western, anzi, è l'unico che non riesce ad appassionarmi per niente, insieme al musical. Ma un film firmato Tarantino, qualunque genere esso sia, è sempre un'assicurazione. Django è uno schiavo che viene liberato dai suoi padroni grazie al dottor King Schultz, un dentista tedesco diventato un cacciatore di taglie. Schultz è a caccia dei criminali più ricercati del Sud e decide di svolgere questo compito con Django al suo fianco. Dopo aver imparato tutti i segreti della caccia, Django decide che è giunto il momento di ritrovare e liberare sua moglie Broomhilda, che non vede più da quando era stata venduta al mercato degli schiavi molto tempo prima. Per come la penso io, Django, ci ha messo in luce un Tarantino minore, che mette un po' da parte i virtuosismi di sceneggiatura per dare spazio a quelli della regia. Bisogna precisare, però, che un "Tarantino minore" porta comunque ad un ottimo film. Sotto certi punti di vista Django è accostabile alla figura di Beatrix Kiddo e ai due volumi di Kill Bill, per il citazionismo sfrenato, l'iperviolenza gratuita mai banale e per il tema della vendetta. Di Caprio fuori ruolo, ma se la cava bene. Christoph Waltz immenso. Jamie Foxx meravigliosamente piatto e inespressivo, come la parte richiedeva. Tirando le somme, Quentin ha voluto omaggiare il cinema western, senza distogliersi dai propri ideali e dal proprio stile. Il risultato è un ottimo film che conferma le qualità del proprio regista.
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carletta-kino
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lunedì 28 gennaio 2013
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sopravalutato
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Un discreto film, che si avvantaggia del " che fiko che è andare a vedere Tarantino"
ma lo stesso film fatto da altri avrebbe avuto ben diversi pareri
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(di paolo salvaro)
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davidemcc
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lunedì 28 gennaio 2013
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eccezionale
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Originale, brillante e mai noioso. Sorprendente nella trama, nella regia e anche nelle colonne sonore mai banali e molto azzardate. Splendida interpretazione di Jamie Foxx e Leonardo Di Caprio. Un film da Premio Oscar.
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mauro2067
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lunedì 28 gennaio 2013
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grazie tarantino
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Di film belli ne ho visti ma poche volte mi è capitato di uscire dal cinema con il sorriso sulle labbra di colui che sfamato in tutti i suoi sensi torna a casa con l'unico rammarico di averlo oramai visto e che quei 165 minuti magici sono passati. Tarantino non si smentisce regalando quintali di piombo ed ettolitri di sangue, ma questa volta i dialoghi, tanto frizzanti quanto leggeri da strappare parecchie risate, rendono il tutto di facile digestione come fosse una favola per bambini. In fondo a tutto l'ironia sorniona per sottolineare temi importanti come la schiavitù, l'amore e la morte.
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giampaolo donini
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lunedì 28 gennaio 2013
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una tarantinata bolsa
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Tarantino è sempre Tarantino. Sì, insomma, Tarantino è una tautologia. È l’idea che Tarantino si è fatto di come dovrebbe essere un film di Tarantino. Un film, dico, non un trailer lungo 2 ore e 45, dove ti aspetti sempre che succeda qualcosa d’interessante, ma ti devi accontentare dei soliti scoppi di budella e sangue e di qualche trovata che manco John Waters. Perché Django è questo.
È insomma una lungagnata senza capo né coda, con battute bolsissime e telefonate («Vorrei incontrarti al chiaro di luna…», fa un cattivo a Django, che gli risponde «Mi vuoi tenere per mano?»… ah be’) e un ritmo da latte alle ginocchia.
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Tarantino è sempre Tarantino. Sì, insomma, Tarantino è una tautologia. È l’idea che Tarantino si è fatto di come dovrebbe essere un film di Tarantino. Un film, dico, non un trailer lungo 2 ore e 45, dove ti aspetti sempre che succeda qualcosa d’interessante, ma ti devi accontentare dei soliti scoppi di budella e sangue e di qualche trovata che manco John Waters. Perché Django è questo.
È insomma una lungagnata senza capo né coda, con battute bolsissime e telefonate («Vorrei incontrarti al chiaro di luna…», fa un cattivo a Django, che gli risponde «Mi vuoi tenere per mano?»… ah be’) e un ritmo da latte alle ginocchia.
E in quest’analcolico biondo annacquato naufragano anche interpreti eccellenti come il solito strepitoso Christoph Waltz, intrappolato in un personaggio assurdo, la cui presenza posticcia non trova una ragion d’essere nemmeno in un’interpretazione eccellente.
Insomma, dopo la magnifica idea di riscrivere la storia con Bastardi senza gloria, un gioco controfattuale in una fantasmagoria di scene, dialoghi e battute memorabili, eccoci all’autoreferenzialità senza freni, senza nemmeno il morso di un montaggio impeccabile (Sally Menke, montatrice di Pulp Fiction e, appunto, Bastardi senza gloria, è morta tragicamente nel 2010).
Ma Tarantino, da vecchio volpone, conta sui fan accaniti, pronti a dare un senso a posteriori a qualunque bizzarria, anche a quelle più loffie. Tanto gli basta, ma il suo genio ci ha abituato a ben altro.
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kevin de blasio
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lunedì 28 gennaio 2013
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django: competente intensità.
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Dal titolo del film, che rende omaggio al Django di Franco Nero del ’66, al cameo offerto allo stesso attore italiano, la nota passione di Tarantino per il cinema nostrano degli anni ‘60/’70 si manifesta palesemente ancora una volta.
Oltre ai collaudatissimi Samuel L. Jackson e Christoph Waltz, il regista statunitense nel dare vita al suo Django coinvolge nientemeno che Leonardo Di Caprio e Jamie Foxx. La qualità c’è e si vede. Di Caprio, sempre più espressivo e perfettamente a suo agio nel ruolo, interpreta magnificamente il giovane e ricco latifondista Calvin Candie. L’odio che il suo personaggio e quello del fidato Stephen (S. L. Jackson) deve provocare nello spettatore è percettibile già nei primi sguardi che il regista regala dei due.
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Dal titolo del film, che rende omaggio al Django di Franco Nero del ’66, al cameo offerto allo stesso attore italiano, la nota passione di Tarantino per il cinema nostrano degli anni ‘60/’70 si manifesta palesemente ancora una volta.
Oltre ai collaudatissimi Samuel L. Jackson e Christoph Waltz, il regista statunitense nel dare vita al suo Django coinvolge nientemeno che Leonardo Di Caprio e Jamie Foxx. La qualità c’è e si vede. Di Caprio, sempre più espressivo e perfettamente a suo agio nel ruolo, interpreta magnificamente il giovane e ricco latifondista Calvin Candie. L’odio che il suo personaggio e quello del fidato Stephen (S. L. Jackson) deve provocare nello spettatore è percettibile già nei primi sguardi che il regista regala dei due.
A Christoph Waltz invece il compito di insegnare a Django (J. Foxx) l’arte di uccidere. Da buon austriaco, l’attore veste alla meglio i panni del tedesco cacciatore di taglie dottor Schultz. Quanto alla storia e ai contenuti, Django Unchained parla di razzismo e di schiavitù e lo fa alla Tarantino: sparatorie e morti a gogò, sangue che schizza dappertutto, violenza senza grossi limiti.
Sorvolando sulla quantità di sangue che Tarantino “spreca” in ogni film, è indubbio che, come capita di notare anche in altri lavori del regista, sin dai primi minuti di visione si viene avvolti da una competente intensità. Ab initio Django trasporta lo spettatore nel consueto saggio mix tarantiniano fatto di scelte estetiche azzeccate, dialoghi sempre interessanti, bella fotografia, ottimo utilizzo della colonna sonora. Collocate il tutto a metà Ottocento, nel sud latifondista e schiavista degli Stati Uniti, Mississippi, aggiungete un pizzico di mitologia nordica e avrete l’ultima opera di Tarantino.
Non so a voi ma a me, vedere, seppur al cinema, un tedesco nell’800 sacrificare la propria vita, pur di non stringere la mano ad uno schiavista accanito, è piaciuto.
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niekerson
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lunedì 28 gennaio 2013
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un capolavoro
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Un capolavoro.
La regia è ottima la sceneggatura lo è di piu e gli attori; DI caprio prima di tutti sono stati fenomenali. UN quartetto di gran classe che garantisce il successo di questo film.
Se devo trovare un'errore è nell'acuratezza di alcuni dettaglia; in alcune scene è evidente la condensa che fuoriesce dalla bocca dei neri, il altri momenti con location similari la condensa non c'è. Comunque è poca cosa, il film è un seccesso che rende anche omaggio al vecchio film di Corbucci
By Niccolo il
FALSO intenditore e
VERO Appassionato
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filippo catani
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lunedì 28 gennaio 2013
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un film vicino alla perfezione
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Sud degli USA 1858. Un eccentrico ex dentista ora diventato uno spietato cacciatore di taglie acquista uno schiavo di colore di nome Django in quanto egli può aiutarlo a rintracciare degli uomini che lui vuole uccidere per intascarne la taglia. Una volta ottenuta la libertà, Django si dedicherà alla sua vera missione ossia quella di liberare la moglie schiava di un terribile proprietario terriero.
Non si esagera certo se si parla di un film come questo di un quasi capolavoro e, a mio avviso, se non fosse capitato nell'anno di Lincoln avrebbe potuto ottenere molti più premi di quanti ha ottenuto e (speriamo) otterrà. Partiamo dalla storia che è assolutamente avvincente, mostra anche le condizioni di schiavitù e la situazione degli USA meridionali alla vigilia della Guerra di Secessione.
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Sud degli USA 1858. Un eccentrico ex dentista ora diventato uno spietato cacciatore di taglie acquista uno schiavo di colore di nome Django in quanto egli può aiutarlo a rintracciare degli uomini che lui vuole uccidere per intascarne la taglia. Una volta ottenuta la libertà, Django si dedicherà alla sua vera missione ossia quella di liberare la moglie schiava di un terribile proprietario terriero.
Non si esagera certo se si parla di un film come questo di un quasi capolavoro e, a mio avviso, se non fosse capitato nell'anno di Lincoln avrebbe potuto ottenere molti più premi di quanti ha ottenuto e (speriamo) otterrà. Partiamo dalla storia che è assolutamente avvincente, mostra anche le condizioni di schiavitù e la situazione degli USA meridionali alla vigilia della Guerra di Secessione. Poi in omaggio al genere non possono mancare le sparatorie e una degna colonna sonora fatta di brani originali e non con anche la collaborazione del grande Morricone insieme a un piccolissimo cameo di Franco Nero il Django "originale". Poi c'è quella splendida ironia che percorre tutto il film e che è incarnata dalla figura dell'eccentrico dentista tedesco alias un formidabile Waltz che regala un'altra sublime interpretazione che meriterebbe e varrebbe un premio. D'altro canto non si possono tacere le prestazioni assolutamente sopra le righe di Foxx e di un grande Leonardo di Caprio che si conferma uno dei migliori attori del momento anche grazie ad una oculata scelta di ruoli che ultimamaente gli hanno permesso di non sbagliare un colpo. Quindi poi un plauso al genio di Tarantino che con maestria e gusto è riuscito a riproporre un film di genere valido e coerente con grande rispetto per i film del passato (e il pericolo di uno scimmiottatura era dietro l'angolo). Veramente un film da gustare fino all'ultimo fotogramma.
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eskimo73
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lunedì 28 gennaio 2013
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lo stile tarantino si vede eccome...
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Devo dire che questo film mi ha impressionato positivamente, premetto che non sono un vero e proprio appassionato dei film di Tarantino, voglio consigliare questo Django in quanto gli attori sono stati eccezionali, ognuno con il suo modo di recitare, si vede che hanno dato il massimo della loro professionalità. Naturalmente emergono sia Leonardo Dicaprio (personaggio cattivo con complessi psicologici interessanti) che il superlativo Cristoph Waltz (cacciatore di taglie ma buon cuore), ma tutti i personaggi si sono ben delineati nel contesto della vicenda.
Naturalmente sparatorie e schizzi di sangue non mancano , ma fanno parte del gioco, secondo mè sono un ingrediente indispensabile nel film e rendono la storia ancora più avvincente.
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Devo dire che questo film mi ha impressionato positivamente, premetto che non sono un vero e proprio appassionato dei film di Tarantino, voglio consigliare questo Django in quanto gli attori sono stati eccezionali, ognuno con il suo modo di recitare, si vede che hanno dato il massimo della loro professionalità. Naturalmente emergono sia Leonardo Dicaprio (personaggio cattivo con complessi psicologici interessanti) che il superlativo Cristoph Waltz (cacciatore di taglie ma buon cuore), ma tutti i personaggi si sono ben delineati nel contesto della vicenda.
Naturalmente sparatorie e schizzi di sangue non mancano , ma fanno parte del gioco, secondo mè sono un ingrediente indispensabile nel film e rendono la storia ancora più avvincente.
Infine ritengo che il tema razziale sia stato reso efficacemente, cosa strana in un western come di solito noi lo concepiamo.
Andatelo a vedere!!!
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noillusions
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lunedì 28 gennaio 2013
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ma come si fa a dire che e' un bel film???
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come si fa a dire che e' un bel film????
Tarantino è furbo, non c’è che dire; prima mostrava la violenza fine a sé stessa, da Bastardi senza gloria in poi: ideona, cavalchiamo il semplicismo e i bassi istinti! Passiamo alla violenza giustificata. In un certo senso nulla di diverso da quello che si è provato a fare con l’ultimo film su Hannibal, quello che raccontava le sue origini: dato il successo del personaggio, a qualcuno è venuto in mente di farlo diventare un eroe, giustificando con presunti traumi subiti da piccolo il fatto che mangia le persone! Così lo spettatore può ridere e applaudire delle budella che volano in aria sentendosi nel giusto, perché tarantino cavalca un crociata contro i cattivi.
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come si fa a dire che e' un bel film????
Tarantino è furbo, non c’è che dire; prima mostrava la violenza fine a sé stessa, da Bastardi senza gloria in poi: ideona, cavalchiamo il semplicismo e i bassi istinti! Passiamo alla violenza giustificata. In un certo senso nulla di diverso da quello che si è provato a fare con l’ultimo film su Hannibal, quello che raccontava le sue origini: dato il successo del personaggio, a qualcuno è venuto in mente di farlo diventare un eroe, giustificando con presunti traumi subiti da piccolo il fatto che mangia le persone! Così lo spettatore può ridere e applaudire delle budella che volano in aria sentendosi nel giusto, perché tarantino cavalca un crociata contro i cattivi.
Ma il film è pessimo anche dal lato artistico x tanti, tanti motivi. I primi che mi vengono in mente:
1- La connotazione dei personaggi è zero, semplicemente non è prevista; il tedesco in particolare non si capisce chi sia: un ibrido tra assassino a pagamento che uccide un rapinatore davanti al figlio fregandosene se magari nel frattempo ha deciso di tirare dritto ed è l’unico sostentamento del figlio, chi lo sa, e una specie di entusiasta della causa nera (!). in almeno 2 punti il suo comportamento risulta comico tanto è privo di motivazione: quando all’ovvia domanda di Django “ma a te cosa frega di me?”, il cacciatore di taglie risponde “mi sento responsabile x te” (sic!). peccato che non sentisse tale responsabilità x tutti gli altri schiavi, che lascia liberi solo per accollare loro la colpa dei morti che fa all’inizio del film. Poi l’altra chicca quando sacrifica prima i suoi soldi e poi la pelle x la causa nera. Un modo di rendere i personaggi credibili c’era, naturalmente, ma occorreva renderli più umani e meno paladini invincibili.
2- Il film è, a ricalco di Bastardi senza gloria, velleitario e patetico, in quanto oltre a essere irreale nei personaggi, narra anche di fatti irreali: hai mai sentito di uno schiavo negro che abbia sterminato una intera piantagione? La realtà è tutt’altro, certo, ma che importa.
3- Il film è del tutto inesistente anche nell’approfondimento del tema: siamo proprio ma proprio a pelo d’acqua. È istruttivo in merito il momento finale in cui il protagonista, prima d’ammazzare la proprietaria della piantagione, fa uscire 2 nere, una cameriera e una specie di dama di compagnia – quest’ultima particolarmente compiacente col proprietario ucciso, devo dire – le quali avevano avuto un comportamento del tutto simile a quello della proprietaria: voltare la testa dall’altra parte quando vedevano i fratelli neri ammazzati. Cosa si sarebbe chiesto uno scrittore decente? Se magari le nere in questione non fossero caratterialmente molto simili alla schiavista e cosa sarebbe accaduto se fossero nate al suo posto: magari anche loro avrebbero fatto uguale, eh già. La stessa riflessione che brilla x assenza in Bastardi senza gloria: non ci si chiede se il comportamento del popolo tedesco rifletta qualcosa nell’animo umano di animalesco e generico: l’importante è sparare in faccia al crucco! E così ecco il risultato: chi va al cinema non ha la minima idea di porsi una semplice domanda: “se fossi nato a quei tempi figlio di uno schiavista, sarei stato razzista?”. Quando mai: ci si limita ad applaudire i cadaveri dei cattivi. Siamo in prima elementare. ciao
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