domenico rizzi
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venerdì 16 gennaio 2015
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sacrificarsi per un nobile scopo
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E’ doloroso accorgersi, quando la vita è giunta quasi al termine e la salute è minata da un male incurabile, che gli unici amici rimasti sono soltanto le persone che disprezzavi, nella fattispecie una comunità di rumorosi asiatici che il protagonista, reduce dalla guerra di Corea, chiama spregiativamente “musi gialli”. Walt Kowalsky (Clint Eastwood) la cui unica passione è rappresentata dall’automobile Ford modello “Gran Torino” custodita gelosamente nel proprio garage, è rimasto solo dopo la perdita della moglie e rifiuta decisamente l’amicizia e l’aiuto di un giovane parroco, padre Janovich (cristopher Carley) che gli fa visita molto spesso.
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E’ doloroso accorgersi, quando la vita è giunta quasi al termine e la salute è minata da un male incurabile, che gli unici amici rimasti sono soltanto le persone che disprezzavi, nella fattispecie una comunità di rumorosi asiatici che il protagonista, reduce dalla guerra di Corea, chiama spregiativamente “musi gialli”. Walt Kowalsky (Clint Eastwood) la cui unica passione è rappresentata dall’automobile Ford modello “Gran Torino” custodita gelosamente nel proprio garage, è rimasto solo dopo la perdita della moglie e rifiuta decisamente l’amicizia e l’aiuto di un giovane parroco, padre Janovich (cristopher Carley) che gli fa visita molto spesso. I suoi nuovi vicini, una comunità Hmong originaria della Cina meridionale, lo tengono in continua tensione; i famigliari – Walt ha due figli, entrambi sposati – insistono per relegarlo in una casa di riposo, mirando, più che al suo bene, ai suoi beni. Dopo avere allontanato dei delinquenti – pure di derivazione orientale – dalla sua casa, fornendo un involontario aiuto ai Hmong, questi ultimi lo ricevono nella loro abitazione come un eroe, il rapporto – prima condizionato dai pregiudizi razziali di Kowalsky - si fa sempre più disteso e amichevole e Walt si prende a cuore il ragazzo Thao (Bee Vang) e sua sorella Sue (Ahney Her). Allorquando Sue viene violentata dai teppisti, il vecchio Walt, già a conoscenza dell’esito fatale delle analisi che lo riguardano, escogita un piano tanto originale quanto manifestamente suicida, presentandosi disarmato nel quartiere in cui alloggiano i teppisti. Il suo gesto di prendere un accendino dalla giacca è interpretato da questi come tentativo di impugnare un’arma: Kowalsky viene crivellato di colpi, ma la polizia potrà arrestare i criminali per omicidio. Dopo l’apertura del testamento, lo sconcerto dei parenti dell’uomo è generale, perché Walt li ha diseredati, lasciando la sua “Gran Torino” – fortemente ambita da una nipote - al giovane Thao. Superba interpretazione di Eastwood, che è anche regista, produttore e autore della colonna sonora del film. L’attore con l’incedere degli anni (ne ha 78) ha ormai rinunciato da tempo alle parti che lo hanno reso celebre, ma ne conserva l’essenza, trasferendo l’azione dal suo campo preferito – il western – alla periferia di una moderna città americana. Anche la sua vendetta, un tempo compiuta a suon di pistolettate, si adegua ora alle esigenze del momento. L’eroe non è più quello che spara, ma colui che si fa uccidere; il suo movente non è più il denaro, ma l’amore verso la gente “diversa” inizialmente disprezzata; lo scopo si riassume, anziché nella giustizia sommaria attuata dall’ispettore Callaghan, un gesto autolesionistico che metterà in moto la giustizia legale. Escluso dagli Oscar e con una sola nomination al Golden Globe per la musica, “Gran Torino” si rifà con il National Board of Review Award, che lo classifica fra i migliori 10 film del 2008, assegnando la miglior sceneggiatura a Nick Schenck e classificando Eastwood come miglior attore protagonista. Nel 2009 arrivano anche il David di Donatello (miglior film straniero) e il Nastro d’Argento (miglior film non europeo) oltre ad una serie di altri riconoscimenti. Entusiastica l’accoglienza del pubblico tanto in America e in Europa, quanto nel resto del mondo, che frutta ad Eastwood circa 270 milioni di dollari, pari ad 8 volte la somma spesa per realizzare la pellicola. L’intramontabile Clint, discepolo di Sergio Leone e Don Siegel, per l’ennesima volta dà un saggio convincente delle sue capacità recitative e di regia, interpretando magnificamente il disagio dell’Americano tradizionalista a contatto con le nuove problematiche derivanti dalla promiscuità etnica. Inoltre, dimostra, con un film non molto distante nella dinamica da un contemporary western, come il cinema si debba fare con sentimento.
Domenico Rizzi, scrittore
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jackiechan90
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mercoledì 8 ottobre 2014
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l'america di oggi secondo eastwood
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Clint eastwood si ritaglia in questo film il miglior ruolo della sua carriera, vertice e summa di tutta la sua filmografia. Si può dire, infatti, che l'ex operaio della Ford Walt Kowalski rappresenti al meglio tutti i personaggi interpretati dall'attore (fra tutti il tenente Callaghan di cui Kowalski sembra l'incarnazione da pensionato): violento, a tratti razzista, amerikano fino al midollo, con tutti i pregi e i difetti che ne derivano. Ma anche molto umano e fermo nei suoi saldi principi morali. La storia di "Gran Torino" è una metafora dell'America di oggi, un paese che ha fatto dei propri status symbol la ragione della propria esistenza. Basta vedere i numerosi riferimenti alla cultura americana di cui Kowalsi si fa portatore, a cominciare dalla famosa auto del titolo, tipico prodotto Ford (la marca più americana di auto), l'amore per la birra e il baseball e il suo stesso cognome che deriva dal protagonista di "Un tram chiamato desiderio", film cult degli anni 50, l'"età d'oro" di Hollywood e dell'american way of life in generale.
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Clint eastwood si ritaglia in questo film il miglior ruolo della sua carriera, vertice e summa di tutta la sua filmografia. Si può dire, infatti, che l'ex operaio della Ford Walt Kowalski rappresenti al meglio tutti i personaggi interpretati dall'attore (fra tutti il tenente Callaghan di cui Kowalski sembra l'incarnazione da pensionato): violento, a tratti razzista, amerikano fino al midollo, con tutti i pregi e i difetti che ne derivano. Ma anche molto umano e fermo nei suoi saldi principi morali. La storia di "Gran Torino" è una metafora dell'America di oggi, un paese che ha fatto dei propri status symbol la ragione della propria esistenza. Basta vedere i numerosi riferimenti alla cultura americana di cui Kowalsi si fa portatore, a cominciare dalla famosa auto del titolo, tipico prodotto Ford (la marca più americana di auto), l'amore per la birra e il baseball e il suo stesso cognome che deriva dal protagonista di "Un tram chiamato desiderio", film cult degli anni 50, l'"età d'oro" di Hollywood e dell'american way of life in generale. Ma è anche il ricordo della guerra nel Sud-est asiatico, vera a e utentica macchia che ha cambiato per sempre la percezione del mondo nei confronti degli USA e della vita del protagonista. L'America tratteggiata da Eastwood è chiusa, confinata nel ricordo dei bei tempi andati, che guarda con diffidenza l'arrivo dello straniero, forse perché ha paura di venire considerata "superata". Eppure è proprio dall'amicizia che si instaura tra Kowalski e i suoi vicini coreani (in particolare con il giovane Tao) che l'America scopre una nuova ragione di vita. Il messaggio che Eastwood vuole lanciare è un invito alla tolleranza e all'accettazione del diverso pwr una rinascita della stessa società occidentale. E' al contempo un film generazionale e un grande affresco della contemporaneità. Il vecchio Clint ha fatto ancora una volta centro.
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roger99
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mercoledì 9 luglio 2014
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retorica da far west e scontatezze a profusione
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Spiacente di trovarmi in disaccordo con le altre recensioni ma sono rimasto totalmente deluso da questo film zeppo di retorica scontata e a tratti di una lunghezza interminabile.
Dialoghi pietosi e scene stucchevoli come la lezione di mascolinità data da un ottantenne ad un sedicenne o, peggio ancora, quella del seminterrato in cui Walt viene portato tra ragazzini e poi abbandonato lì ad insegnare come si rimorchia al solito povero malcapitato.
Zero pathos per la solita retorica americana sul bene ed il male, sulla famiglia, la fede e la religione. A parte la buona regia ed una buona fotografia non ci vedo pregi in questo ritrito stereotipo del vendicatore tanto improbabile quanto pretestuoso dal primo all'ultimo fotogramma.
[+] e' proprio ciò che io invece apprezzo!!
(di renato c.)
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mydearasia
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martedì 17 giugno 2014
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come sempre o più di sempre un capolavoro
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ci vorrebbero molte parole o, forse, ne basterebbero poche per descrivere questo film. la storia ci dice poco, ma l'interpretazione di Clint, le riflessioni e i messaggi sul quale il film ci induce a riflettere, quelle si che sono enormi. Ogni frase, ogni immagine, ogni simbolo ci portano a riflettere, a riflettere sul mai dire mai, sull'immenso piacere che induce il rispetto (anche verso il diverso), sulla meravigliosa cultura orientale, sul sacrificio anche ultimo, per amore del prossimo, sul come si diventa veri uomini senza essere bulli o violenti (anzi rifiutando proprio la violenza) e, infine, su come la guerra crea mostri anche dopo anni di ricerca di normalità. Uccidere è la missione del soldato, ma uccidere non è la missione degli uomini e questo, vuoi o non vuoi, te lo porti dietro per sempre.
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ci vorrebbero molte parole o, forse, ne basterebbero poche per descrivere questo film. la storia ci dice poco, ma l'interpretazione di Clint, le riflessioni e i messaggi sul quale il film ci induce a riflettere, quelle si che sono enormi. Ogni frase, ogni immagine, ogni simbolo ci portano a riflettere, a riflettere sul mai dire mai, sull'immenso piacere che induce il rispetto (anche verso il diverso), sulla meravigliosa cultura orientale, sul sacrificio anche ultimo, per amore del prossimo, sul come si diventa veri uomini senza essere bulli o violenti (anzi rifiutando proprio la violenza) e, infine, su come la guerra crea mostri anche dopo anni di ricerca di normalità. Uccidere è la missione del soldato, ma uccidere non è la missione degli uomini e questo, vuoi o non vuoi, te lo porti dietro per sempre. La bellezza del finale di questo film (per quanto triste) è che Kovalski, negli ultimi momenti della sua vita, è riuscito a provare il piacere e la gioia della condivisione, dell'affetto, del calore umano, della possibilità di far diventare un ragazzino, uomo e, soprattutto, la possibilità del riscatto finale da tutte le atroci cose che è stato costratto a fare in guerra. Davanti a tutto ciò è impossibile non commuoversi fino alle lacrime!!
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(di aristoteles)
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steve max
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martedì 14 gennaio 2014
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eccezionale!!!
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Gran Torino.... ma anche gran film, gran regia, gran storia e gran Clint Eastwood!!!
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great steven
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domenica 29 dicembre 2013
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c. eastwood si trasforma da razzista a brav'uomo
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GRAN TORINO (USA/AUSTRAL, 2008) diretto da CLINT EASTWOOD. Interpretato da CLINT EASTWOOD – AHNEY HER – CHRISTOPHER CARLEY – BEE VANG § Ex operaio della Ford e reduce della guerra in Corea (1951-52), Walt Kowalski vive da solo, dopo la scomparsa della moglie, in un quartiere multietnico di Detroit, con la cagna Daisy e una lussuosa Ford Gran Torino da lui stesso assemblata. Per via dei suoi modi di fare egoisti, astiosi e perennemente scocciati, non gode la simpatia di nessuno che lo conosca, nemmeno dei suoi due figli adulti, ma è in realtà lui stesso che dimostra un’ossessiva ostinazione alla vita solitaria. La presenza di una famiglia Hmong che abita nella casa accanto alla sua desta immediatamente il suo razzismo, ma quando il giovane e sprovveduto Thao gli chiede umilmente di lavorare nella sua officina per riparare un torto, accetta malvolentieri.
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GRAN TORINO (USA/AUSTRAL, 2008) diretto da CLINT EASTWOOD. Interpretato da CLINT EASTWOOD – AHNEY HER – CHRISTOPHER CARLEY – BEE VANG § Ex operaio della Ford e reduce della guerra in Corea (1951-52), Walt Kowalski vive da solo, dopo la scomparsa della moglie, in un quartiere multietnico di Detroit, con la cagna Daisy e una lussuosa Ford Gran Torino da lui stesso assemblata. Per via dei suoi modi di fare egoisti, astiosi e perennemente scocciati, non gode la simpatia di nessuno che lo conosca, nemmeno dei suoi due figli adulti, ma è in realtà lui stesso che dimostra un’ossessiva ostinazione alla vita solitaria. La presenza di una famiglia Hmong che abita nella casa accanto alla sua desta immediatamente il suo razzismo, ma quando il giovane e sprovveduto Thao gli chiede umilmente di lavorare nella sua officina per riparare un torto, accetta malvolentieri. Sarà un’esperienza di forte crescita interiore che aiuterà Walt a superare ogni pregiudizio e a difendere il ragazzino e i suoi parenti da una banda di teppisti asiatici. L’ultimo film di Eastwood attore/regista ha come tema principale la difficile convivenza tra due etnie completamente diverse, quindi il discorso razziale non può non entrare in gioco, ma dietro di esso affiorano decine di altri temi molto importanti e interessanti: la delinquenza, il rimorso di un’esperienza militare, un’adolescenza costellata da pericoli, i costumi tradizionalisti, il riscatto, il rispetto per il prossimo, la capacità onnipresente di compiere in extremis un gesto salvifico. Questa eccezionale pellicola li affronta tutti, dal primo all’ultimo, e non sbaglia mai il bersaglio: tutti vengono approfonditi e ognuno assume il suo particolare significato. È soprattutto uno straordinario racconto di formazione, quasi esclusivamente composto da personaggi dinamici. La metamorfosi spirituale di Kowalski è chiara e analizzata alla perfezione (non solo perché assume un atteggiamento di apertura a una cultura per lui estranea), ma sorprendono anche quella di Thao, che impara a sconfiggere i suoi timori e si fa valere col lavoro, e di sua sorella Sue, che pure è la prima a rivolgersi a Kowalski con la gentilezza persuasiva di chi vuole riscoprire l’umanità in un animo inaridito. Perfino il prete del quartiere denota dei cambiamenti: se prima non vede nel protagonista l’attaccamento alle bellezze della vita che spera, in un secondo momento si accorge che lui ha altri valori, non meno ferrei, in cui credere. Infine, è interessante notare come i criminali (il cui capo è il cugino di Thao) non siano il solito, fastidioso gruppo di infami lazzaroni, poiché essendo di origine vietnamita possono avere dalla loro parte motivi storico-politici, derivanti dalle vicende dei loro avi, per perseguitare tanto i bianchi; comunque la sceneggiatura non mostra alcuna simpatia nei loro confronti, e Clint non risparmia la denuncia contro la criminalità. Gran Torino, che si apre e si chiude con un funerale, fa capire che una speranza, nella vita, c’è sempre, e si torva sempre nelle piccole cose: si tratti di spostare un freezer al piano di sopra, confessare i propri peccati, banchettare insieme a degli stranieri o trovare un’occupazione a un giovane. Non manca nemmeno una dose controllata ma efficace di humour, che non è però affidata al turpiloquio ricorrente; quest’ultimo serve piuttosto ad accentuare la disgregazione sociale e morale prodotta da un odio violento e insensato. Incluso nella categoria dei migliori 10 film del National Board of Review Award, non ha ricevuto candidature agli Oscar, e forse questo dimostra quanto Hollywood sia poco sensibile a temi magari non nuovissimi ma rivisitati con una maestria senza eguali, per quella tensione e quel senso del dramma che non nascondono l’ottimismo di fondo.
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macca98
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domenica 1 dicembre 2013
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un drammatico veramente commuovente
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Una grande amicizia imprevedibile che si rivela tra un cinese e un ex militare americano che fa commuovere soprattutto nel finale
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borghij
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giovedì 31 ottobre 2013
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anche i più duri hanno un cuore.
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Walt Kowalski (EastWood) è un razzista e prepotente uomo di circa 60 anni che vive solo in una casa in periferia,
quando si stabilisce una famiglia Hmong proprio vicino a casa sua egli si inacidisce e cerca di mantenere il suo
credo di razzista e odio verso i visi gialli poiché ex militare in corea.
Però sarà proprio il ragazzo più giovane (Tardo, come lo chiama lui prepotentemente) a fargli cambiare idea
e a toccargli il cuore.
Walt si impegnerà dunque ad aiutarlo a trovargli un lavoro e a diventare un vero uomo.
Ma il vero problema sono un gruppo di teppisti, cugini del ragazzo, che complicheranno la vicenda e perseguiteranno la famiglia di Tardo.
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Walt Kowalski (EastWood) è un razzista e prepotente uomo di circa 60 anni che vive solo in una casa in periferia,
quando si stabilisce una famiglia Hmong proprio vicino a casa sua egli si inacidisce e cerca di mantenere il suo
credo di razzista e odio verso i visi gialli poiché ex militare in corea.
Però sarà proprio il ragazzo più giovane (Tardo, come lo chiama lui prepotentemente) a fargli cambiare idea
e a toccargli il cuore.
Walt si impegnerà dunque ad aiutarlo a trovargli un lavoro e a diventare un vero uomo.
Ma il vero problema sono un gruppo di teppisti, cugini del ragazzo, che complicheranno la vicenda e perseguiteranno la famiglia di Tardo. Dopo varie lotte e guerre fredde, Walt capisce che la giusta soluzione (anche perché scopre di essere malato terminale) è di suicidarsi, facendosi sparare dai teppisti, mandandoli così in prigione. Bellissimo è il finale, quando il Notaio legge il testamento, e Walt lascierà la gran Torino al
ragazzo invece che alla nipote sciocca e maleducata.
Ci sono eroi anche tra i più duri, e forse è proprio vero che non bisogna mai giudicare dalle apparenze.
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limajo21
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martedì 16 luglio 2013
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neorealismo americano
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Questo film raggiunge le vette più alte del cinema di tutti i tempi. C'è il realismo senza forzature, la violenza senza la sua spettacolarizzazione. Se all'inizio vi sembrerà lento e non capirete il messaggio, aspettate, abbiate pazienza e non vi deluderà.
Nell'immaginario collettivo a cui siamo abituati, il film è un crescendo verso un finale alla Rambo 3 con Clint Eastwood che imbraccia il fucile e fa fuori mezzo mondo, ma quello che succede è diverso, razionale. La realtà arriva, ti colpisce in faccia e ti dice: "Sveglia! Questo non è il solito film stupido per deficienti, questa è la realtà tonto!"
Un capolavoro.
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Questo film raggiunge le vette più alte del cinema di tutti i tempi. C'è il realismo senza forzature, la violenza senza la sua spettacolarizzazione. Se all'inizio vi sembrerà lento e non capirete il messaggio, aspettate, abbiate pazienza e non vi deluderà.
Nell'immaginario collettivo a cui siamo abituati, il film è un crescendo verso un finale alla Rambo 3 con Clint Eastwood che imbraccia il fucile e fa fuori mezzo mondo, ma quello che succede è diverso, razionale. La realtà arriva, ti colpisce in faccia e ti dice: "Sveglia! Questo non è il solito film stupido per deficienti, questa è la realtà tonto!"
Un capolavoro.
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lolligno69
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mercoledì 10 luglio 2013
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capolavoro assoluto
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Kovalski icona massima del terzo millennio sproloquia su se stesso,gli stati uniti,la Patria,la famiglia,i saldi ed ottusi valori americani,il giardinetto condominiale,l'istruzione liceale,i genitori e i cellulari e supera con nonchalance pure il trendy Papa Francesco con l'immortale scena nella quale si parla allo specchio e capisce di preferire i musi gialli ai propri (?) figli. Enorme film
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(di limajo21)
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