Tutti gli elementi del genere "americano". Cura maniacale dei dettagli, dai vestiti di Walt (clint) alle case, agli ambienti, alle sigarette senza filtro del reduce della Corea. Clint impersona Walt e, per l'ennesima volta, impersona se stesso: l'americano medio, amante della sua auto, della sua casa, del suo giardino, dei suoi ricordi tristi, di sua moglie, del suo fucile, della sua vita di lavoro. Del suo capanno degli attrezzi nel retro di casa e del suo barbecue. Clint è molto dimagrito, molto secco, molto sciancato, molto ciondolante, ma non perde gli occhietti appuntiti, che lo fanno tanto assomigliare a Gunny Highway di "Gunny". Non dimentica nulla Eastwood, nel panorama della passioni e dei luoghi comuni americani, ma li accarezza soltanto. Il film si intitola Gran Torino, ma non parla dell'auto. No, l'auto è simbolo, se mai, della Ford, ditta per la quale, alla catena di montaggio, Walt Kowalski ha sputato il suo sangue americano dopo la Corea, guadagnandosi il pane ed accendendosi le sigarette con quello zippo marchiato dalla guerra. La Torino è marchio della vita dell'americano medio, maniaco manutentore dei propri oggetti, ma non dei propri affetti. Walt ha un pessimo rapporto con i figli, che faticano ad avere un dialogo con lui. Walt è un vecchietto, ma un duro, che si scopre a suo agio con la gente orientale che ha occupato il suo quartiere dopo che tutti gli americani se ne sono andati. Il film inizia con la morte della moglie di Walt ed è interamente dedicato alla ricostruzione certosina della personalità del duro dagli occhietti appuntiti che non ha paura ad estrarre la pistola per difendere dagli "sporchi negri" una giovane orientale. La Torino, in questo senso, è simbolo di integrità, di bravura della persona, di credenza nei valori veri dell'America, quei valori che Eastwood fa trionfare con Kowalski, vero portatore dell'American Dream, che in questo film fa la differenza nel decretare come cattivi i nuovi arrivati. L'integrità del vero americano favorisce l'integrazione razziale: il vero americano tira fuori il fucile sia contro i gialli che contro i neri, ha un senso di giustizia e di libertà che riesce a superare le differenze e gli odi razziali.
La Torino alla fine del film la guiderà un giovane orientale. Walt sacrificherà se stesso per gli altri e per il suo senso di giustizia, da vero eroe americano, con un tocco di ironia del regista nello smascherare la profondità dei malviventi che chidono l'ultima scena della pellicola.
Se se ne doveva andare, clint, come attore, ha scelto il modo migliore, glorificando se stesso ed il suo stile di vita. Quello di Callaghan, di Gunny, di Bronco Billy, di Pink Cadillac e di Assassinio sull'Eigher. Un personaggio dall'afflato immediato, di quelli cantanti da Springsteen e da Dylan. Capolavoro assoluto Gran Torino.
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ricky83
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domenica 15 marzo 2009
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kobayashi 10 e lode!
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bellissima recensione obbiettiva ed esauriente!ho visto il film e sono d'accordo con te su tutta la linea!Grazie x aver scritto la tua recensione! ce ne fosse di gente cosi che ne sa veramente di cinema!
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kobayashi
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domenica 15 marzo 2009
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grazie
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Grazie mille dell'apprezzamento e del complimento. Recensire Eastwood è un'esperienza favolosa e mi riesce molto molto facile, forse perchè inspiegabilmente mi identifico in lui.
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yris2002
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lunedì 16 marzo 2009
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bellissima recensione
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complimenti per la recensione: davvero perfetta!
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grandeclint
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martedì 17 marzo 2009
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bravo....
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Come disse Clint a Lee Van Cleef in "Per qualche dollaro in più"; "Bravo." Aggiungo che quello che dici è confermato dalla confessione che Clintwalt fa al prete: lui, tormentato dal ricordo degli uomini che ha ucciso, del "muso giallo" a cui ha sparato in faccia, cita come "peccati" il bacio dato all'amica della moglie, le tasse evase per la vendita della barca, e il cattivo rapporto coi figli. Per i "musi gialli" uccisi ha avuto la medaglia, è stato premiato. Nella suo essere integro "eroe" americano, il peccato è non aver pagato le tasse, le uccisioni in guerra sono l'orribile fardello che si porta nella vita, ma è una cosa in linea col suo..."dovere". E alla fine non si fa giustizia da solo, come si poteva immaginare, ma sacrifica se stesso affinchè la "punizione" arrivi dalla giustizia vera, la sola su cui poter fare affidamento per restare nella civiltà.
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Come disse Clint a Lee Van Cleef in "Per qualche dollaro in più"; "Bravo." Aggiungo che quello che dici è confermato dalla confessione che Clintwalt fa al prete: lui, tormentato dal ricordo degli uomini che ha ucciso, del "muso giallo" a cui ha sparato in faccia, cita come "peccati" il bacio dato all'amica della moglie, le tasse evase per la vendita della barca, e il cattivo rapporto coi figli. Per i "musi gialli" uccisi ha avuto la medaglia, è stato premiato. Nella suo essere integro "eroe" americano, il peccato è non aver pagato le tasse, le uccisioni in guerra sono l'orribile fardello che si porta nella vita, ma è una cosa in linea col suo..."dovere". E alla fine non si fa giustizia da solo, come si poteva immaginare, ma sacrifica se stesso affinchè la "punizione" arrivi dalla giustizia vera, la sola su cui poter fare affidamento per restare nella civiltà. Ineguagliabile film etico.
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tucobenedictomariaramires
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giovedì 19 marzo 2009
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alla grande
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se ne andato alla grande come il Wild Bunch o come l'irlandese di Giu' La Testa
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