Gran Torino |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Clint Eastwood, Bee Vang, Ahney Her, Christopher Carley.
continua»
Azione,
durata 116 min.
- USA 2008.
- Warner Bros Italia
uscita lunedì 15 novembre 2021.
MYMONETRO
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Una rivisitazione del mito della frontiera
di francesca meneghettiFeedback: 8216 | altri commenti e recensioni di francesca meneghetti |
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domenica 29 marzo 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Difficile non ripetere quanto è già stato detto in termini di apprezzamento su "Gran Torino", ma , a caldo, si possono proporre alcune impressioni frammentarie. Il film emoziona, non solo per l’intensità di alcuni momenti drammatici, ma perché si ha l’impressione che Clint Eastwood, al pari del suo protagonista, voglia lasciare un suo ultimo messaggio al pubblico, quasi custodisse dietro la sua scorza secca e rugosa, un segreto sul suo destino (il tema della morte, dal cui riflesso si illumina la vita, c’era anche in Million Dollar Baby, solo che visto da un altro punto di vita). Il testamento morale che il grande attore-regista ci consegna è che il sentimento tipicamente americano della “frontiera”, che si traduce nella franchezza del linguaggio portata all’estremo, nel mito dell’autodifesa spinta fino all’aggressività, non deve disgiungersi dalla giustizia e dall’umanità (in Million Dollar Baby, sfidando la legge, qui rispettandola). Difficile stabilire se il tema del razzismo, ovvero delle tensioni tra diverse etnie, acuite dalla crisi e dall’insicurezza, sia prioritario o strumentale rispetto a questa intenzione, ma propenderei per la seconda ipotesi. Walt Kowalski si muove in un mondo trasformato dai tempi, in cui i nipoti, allo stesso titolo delle bande giovanili, sono “strani animali” osservati con occhio moralistico più che antropologico, con pregiudizio convinto. E tuttavia, poiché il film si può definire anche “di formazione”, a crescere e a trasformarsi non è solo il timido Thao, il ragazzo hmong vicino di casa, ma anche lo stesso Walt: che riesce a vedere, oltre le apparenze, chi sono davvero i suoi familiari e i suoi vicini, molto meno stranieri dei propri figli. Resta il dubbio se il razzismo di parola, che risulta sdoganato tra Walt e i suoi amici (Thao e la sorella Sue e il barbiere), sia sempre dissociabile dai fatti, così da risultare praticamente innocente. Molto interessante, invece, nell’ambito della questione del razzismo, la differenza per genere che si viene a determinare: Sue spiega che le ragazze si adattano meglio e finiscono al college, mentre i loro coetanei maschi, disadattati, finiscono in prigione. Però Sue, una donna, è quella che subisce la violenza peggiore: è come quei materiali resistenti e forti che rivelano improvvisamente, in particolari situazioni, la loro fragilità. In modo analogo, Clint copre il suo intenerimento nei riguardi della femminilità offesa dietro la maschera di duro e scorbutico, come già aveva fatto nei panni di Frankie, con Maggie, in Million Dollar Baby.
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