gustibus
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venerdì 5 maggio 2017
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grande cinema!
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Con mistic river..Gran Torino e'un capolavoro assoluto..solo per come dirige nella sua forma piu'personale questo emozionante film.Eastwood lo personalizza al massimo livello tra il dramma e la poesia cinematografica.Gran Torino e'un bella e vecchia macchina che e'quasi la protagonista del racconto.Ma che eccelle nelle doti di regista sono le tematiche che inserisce....pizzica il bullismo...le debolezze ..il razzismo...scherza con l'eta'..perche'il suo personaggio kovalski..di origini polacche..e'quello di una persona anziana..tifa quasi di piu' per un ragazzo che vuol proteggere da una una banda di scemotti che la sua famiglia..la moglie ormai era morta e instaura la solitudine nell'essere anziano.
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Con mistic river..Gran Torino e'un capolavoro assoluto..solo per come dirige nella sua forma piu'personale questo emozionante film.Eastwood lo personalizza al massimo livello tra il dramma e la poesia cinematografica.Gran Torino e'un bella e vecchia macchina che e'quasi la protagonista del racconto.Ma che eccelle nelle doti di regista sono le tematiche che inserisce....pizzica il bullismo...le debolezze ..il razzismo...scherza con l'eta'..perche'il suo personaggio kovalski..di origini polacche..e'quello di una persona anziana..tifa quasi di piu' per un ragazzo che vuol proteggere da una una banda di scemotti che la sua famiglia..la moglie ormai era morta e instaura la solitudine nell'essere anziano..e il finale e'tremendamente eastwoodiano...tutto il suo pensiero e'li' e il film finisce triste..ma con una miriade di messaggi al pubblico che assiste alla visione.Grande Clint...ehila'non perdete per nessun motivo un opera cosi'bella!Mi raccomando..e'tra i migliori registi viventi al mondo e potrebbe ancora stupirci.
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michelangelo scali
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lunedì 14 novembre 2016
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il più tenero sguardo sull'america
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ATTENZIONE - PUÒ CONTENERE SPOILER
In Gran Torino, Clint Eastwood è regista e protagonista, un uomo devastato dagli orrori visti in guerra e che oggi vede i "gialli" invadere il suo quartiere. Le differenze sfumeranno quando imparerà a conoscerli e realizzerà qual è lo scopo ultimo della sua vita.
Lo scheletro del racconto è classico, è lo sguardo ad essere innovativo. Sarebbe difficile ritrovare questa tenerezza verso il proprio Paese in un altro film americano. Difficilmente si sarebbe potuto pensare ad una tale capacità di commuovere senza scadere nella propaganda.
Eppure Gran Torino ci riesce. Solo Michael Moore, forse, ha dimostrato tanta sensibilità nel panorama mainstream statunitense.
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ATTENZIONE - PUÒ CONTENERE SPOILER
In Gran Torino, Clint Eastwood è regista e protagonista, un uomo devastato dagli orrori visti in guerra e che oggi vede i "gialli" invadere il suo quartiere. Le differenze sfumeranno quando imparerà a conoscerli e realizzerà qual è lo scopo ultimo della sua vita.
Lo scheletro del racconto è classico, è lo sguardo ad essere innovativo. Sarebbe difficile ritrovare questa tenerezza verso il proprio Paese in un altro film americano. Difficilmente si sarebbe potuto pensare ad una tale capacità di commuovere senza scadere nella propaganda.
Eppure Gran Torino ci riesce. Solo Michael Moore, forse, ha dimostrato tanta sensibilità nel panorama mainstream statunitense.
Le lezioni di vita che il burbero Walter Kowalski dà a Thao sono elementari e per questo universali, ancestrali. Uno spray lubrificante, una pinza e un rotolo di nastro adesivo sono gli attrezzi con cui un uomo può svolgere quasi tutti i lavori di casa. E sono anche, quindi, il punto di partenza per essere uomo. Un uomo pieno di debolezze, scheletri nell'armadio, fantasmi eterei o in carne ed ossa che lo perseguitano: i bulli (peraltro parenti) per il giovane Thao e sua sorella Sue Lor; le mostruosità del Vietnam e la coscienza della decadenza propria e del Paese per Walter.
Il mondo attorno ai protagonisti è in disfacimento, a un passo dalla Crisi, scoppiata praticamente un secondo prima dell'inizio della lavorazione del film. La piccola impresa americana dei barbieri e degli edili si scontra con la nuova generazione di top manager finanziari della city e con una periferia dove allignano bullismo, delinquenza, molestie e vandalismo. Un'America abbandonata a sé stessa, dove anche il simbolo più duro (più vero?) del sogno americano, il fucile impugnato per difendere la propria villetta a schiera, suona a suo modo inutile, patetico. Ridicolo.
E lo sguardo resta tenero, paterno. Eastwood guarda allo spettatore come un padre il cui unico scopo è mettere chi verrà dopo di lui nelle condizioni di vivere (o sopravvivere) in un ambiente infernale. Questo farà Walter, in un ultimo gesto di commovente, quasi religiosa, disperata vitalità. E l'eredità che lascia ai posteri, la Ford Gran Torino che ha costruito con le sue mani in fabbrica, è l'eredità che la grande classe media e lavoratrice americana lascia alle nuove generazioni.
Dopo una carriera da attore di grandi film d'azione e una regia come Million Dollar Baby, Eastwood avrebbe potuto cedere alla violenza spettacolare in un film del genere. La sua rinuncia ad un vero esercizio della forza bruta è invece la dimostrazione di una scelta di campo: solo gli assassini uccidono.
Il più tenero sguardo sull'America degli ultimi anni.
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aabbaa
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martedì 5 aprile 2016
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capolavoro
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Capolavoro firmato Eastwood
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giorpost
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giovedì 7 gennaio 2016
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inefficace pantomima su razzismo e redenzione
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Da poco rimasto vedovo e con eredi legati a lui più per interessi economici che per affetto, Walt Kowalski trascorre la sua vecchiaia a ringhiare come un cane in un mondo dove ogni aspetto che lo circonda gli provoca rabbia e repulsione: il suo carattere è un puzzle di razzismo e intolleranza verso il prossimo, frutto della traumatica esperienza di guerra e di un lignaggio fin troppo radicato. Da ex operaio Ford in pensione coltiva una fervente passione per una Gran Torino del '72, unica evasione nella cadenzata esistenza che lo vede nutrirsi di sola birra e manzo essiccato, tra il garage pieno di attrezzi e l' inseparabile labrador che lo accompagna nelle lunghe ed infruttuose giornate, caratterizzate da un rozzo "linguaggio da uomini" usato soprattutto col barbiere di fiducia da cui si reca, immancabilmente, una volta al mese.
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Da poco rimasto vedovo e con eredi legati a lui più per interessi economici che per affetto, Walt Kowalski trascorre la sua vecchiaia a ringhiare come un cane in un mondo dove ogni aspetto che lo circonda gli provoca rabbia e repulsione: il suo carattere è un puzzle di razzismo e intolleranza verso il prossimo, frutto della traumatica esperienza di guerra e di un lignaggio fin troppo radicato. Da ex operaio Ford in pensione coltiva una fervente passione per una Gran Torino del '72, unica evasione nella cadenzata esistenza che lo vede nutrirsi di sola birra e manzo essiccato, tra il garage pieno di attrezzi e l' inseparabile labrador che lo accompagna nelle lunghe ed infruttuose giornate, caratterizzate da un rozzo "linguaggio da uomini" usato soprattutto col barbiere di fiducia da cui si reca, immancabilmente, una volta al mese.
A provocargli maggiore insofferenza sono, tuttavia, la nipote superficiale, presentatasi in abiti succinti al funerale della nonna e il suo primogenito, che si fa vivo solo per sapere se egli abbia finalmente deciso di andare a vivere in una casa di riposo; nel tipico e malfamato sobborgo americano dove vive, si ritrova come vicini di casa degli asiatici di stirpe Hmong da lui definiti, letteralmente, "topi di fogna". A seguito di una serie di episodi forzosi realizzerà in breve tempo e suo malgrado che la cultura e le usanze di questi ultimi sono solo apparentemente lontatane da lui e che nella loro mentalità sono sopravvisuti, a dispetto dell' occidente, quei sani principi e valori che dovrebbero pervadere le civilissime famiglie americane.
Sarà a quel punto che Kowalski stringerà un' amicizia inaspettata col giovane Thao, ragazzo timido e introverso ma voglioso di farsi valere in quella giungla multietnica in cui pare impossibile sopravvivere: ma a che prezzo? Il ragazzo prende a cuore le sorti del vecchio burbero ma questi, dopo le circostanze accennate, lo sottopone, bonariamente, a sfottò di ogni tipo, lo costringe ad una sorta di schiavitù non retribuita per una settimana e, infine, lo "inizia" al linguaggio sporco e cattivo senza il quale non potrebbe farcela nella società. E tutto per ottenere la sua benevolenza: basta poco, giusto?
Qualcuno ha parlato di un lavoro profondo, nel quale Eastwood avrebbe utilizzato il pretesto della guerra e dell' uccisone di uomini per giustificare un personaggio ateo e senza motivazioni; io invece sono riuscito, magari sbagliandomi, solo a vedere un film sull' omofobia ove ce n' è per tutti: i neri vengono visti come bulli nullafacenti, gli orientali passano, come al solito, per essere fisicamente tutti uguali, gli italiani sono i furbi della situazione e via discorrendo. Da questo quadro apocalittico escono indenni solo i bianchi anglosassoni (al più descritti come bamboccioni, vedi il fidanzato di Sue o testardi, come il prete irlandese) e gli ebrei, questi semplicemente perché mancano all' appello (sconveniente toccare quel tasto per un convinto repubblicano?).
E allora, per dirla tutta, la Gran Torino (USA, 2008) del titolo mi è apparsa solo come pretesto per dare un nome ad effetto ad un film che, altrimenti, avrebbe potuto chiamarsi semplicemente "Kowalski", un uomo sulla via del tramonto ed in condizioni difficili di salute che dopo anni di pregiudizi e convinzioni discutibili cerca la via (più spettacolare possibile) del perdono; nel suo solito stile lento e flemmatico, il regista tenta anche di dare una lettura dell' America senza più valori di oggi, che perde pezzi ed autostima.
E' un lungometraggio sul razzismo ma non parlatemi di redenzione, perché sotto quest' aspetto gli americani ci propinano da anni la stessa storia: un asiatico, un nero o un gay, per fare solo alcuni esempi, devono sempre e comunque prima svenarsi per ottenere la fiducia di un bianco, e questo messaggio, siate d' accordo o no, per me non va proprio bene. E poi, non per eccedere nella critica, peraltro legittima, ritengo quel gesto della pistola con la mano decisamente intollerabile.
Scusa Clint, ma anche in questa circostanza non mi sei piaciuto. Note positive, sempre secondo la mia modestissima opinione, l' ottimo cast e la canzone che accompagna l' ultima sequenza.
Voto: 5
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giuseppetoro
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lunedì 14 settembre 2015
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bel film..
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Bel film..americano che ancora vive con gli incubi della guerra di corea e vede male tutti i musi gialli, ma alla fine ci diventa amico...
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aristoteles
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giovedì 23 luglio 2015
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gran eastwood
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Che gran film.
E' vero come ho letto da più parti che in fondo ci sia troppa abbondanza di film che rigurdano l'integrazione , il razzismo , il buonismo e via discorrendo.
E' altrettanto vero che la differenza in questi casi la fa la qualità.
E qui c'è , e si chiama Eastwood.
Ogni volta che lo rivedo so di non aver perso tempo davanti la tv.
Oggi il razzismo esiste ancora ,come esiste ancora ,anzi forse di più l'indifferenza verso il prossimo.
Clint ci aiuta a riflettere sul fatto che vale la pena tentare di migliorarci e migliorare il mondo che ci circonda, e non è uno stereotipo è realtà.
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Che gran film.
E' vero come ho letto da più parti che in fondo ci sia troppa abbondanza di film che rigurdano l'integrazione , il razzismo , il buonismo e via discorrendo.
E' altrettanto vero che la differenza in questi casi la fa la qualità.
E qui c'è , e si chiama Eastwood.
Ogni volta che lo rivedo so di non aver perso tempo davanti la tv.
Oggi il razzismo esiste ancora ,come esiste ancora ,anzi forse di più l'indifferenza verso il prossimo.
Clint ci aiuta a riflettere sul fatto che vale la pena tentare di migliorarci e migliorare il mondo che ci circonda, e non è uno stereotipo è realtà.
La scena finale è commovente ,drammatica,emozionante,geniale, una delle più belle di sempre.
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alexander 1986
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mercoledì 25 marzo 2015
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eastwood scopre la pietà
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Walt Kowalski (C. Eastwood) è un ex-operaio polacco che ha appena perso la moglie tanto amata. Vive quindi solo, abbandonato da una famiglia pressoché estranea e intento a consumare antichi e nuovi dolori nell'alcool e nell'odio verso il mondo intero. Soprattutto verso gli orientali vicini di casa, i quali non vanno a genio ad un veterano della guerra di Corea. Qualcosa però lo porterà pian piano ad aprirsi e a dimostrare, nel suo piccolo, di poter fare qualcosa in questo mondo.
Una sinossi semplice per un film intenso, complesso, meditato. È senza ombra di dubbio il miglior film di Eastwood. Sta alla sua filmografia come 'Il vecchio e il mare' alla bibliografia di Hemingway: parafrasando la recensione di Faulkner al collega scrittore, si può dire che 'Gran Torino' è l'opera in cui il regista californiano ha deposto il mito dell'uomo fatto da sé e ha scoperto la pietà.
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Walt Kowalski (C. Eastwood) è un ex-operaio polacco che ha appena perso la moglie tanto amata. Vive quindi solo, abbandonato da una famiglia pressoché estranea e intento a consumare antichi e nuovi dolori nell'alcool e nell'odio verso il mondo intero. Soprattutto verso gli orientali vicini di casa, i quali non vanno a genio ad un veterano della guerra di Corea. Qualcosa però lo porterà pian piano ad aprirsi e a dimostrare, nel suo piccolo, di poter fare qualcosa in questo mondo.
Una sinossi semplice per un film intenso, complesso, meditato. È senza ombra di dubbio il miglior film di Eastwood. Sta alla sua filmografia come 'Il vecchio e il mare' alla bibliografia di Hemingway: parafrasando la recensione di Faulkner al collega scrittore, si può dire che 'Gran Torino' è l'opera in cui il regista californiano ha deposto il mito dell'uomo fatto da sé e ha scoperto la pietà. Che siano le praterie di un west di leoniana memoria o le periferie di una cittadina contemporanea, lo straniero Senza Nome continua a vagare su questa Terra alla ricerca della fine di una lunga meditazione. Ora (forse) potrà riposare in pace.
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williamd
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sabato 21 marzo 2015
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eastwood è sempre il migliore!
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Esordisco con un titolo piuttosto banale e privo di riferimenti al film, ma ho scritto questo titolo perché sono rimasto per l'ennesima volta entusiasmato ed "elettrizzato dalla violenza" vedendo un'interpretazione di Clint Eastwood. Essere elettrizzati dalla violenza è sicuramente un qualcosa di ineffabile e vergognoso, ma ho detto queste parole solo per cercare di farvi capire quanto in me cresca l'adrenalina vedendo l'espressione di collera e che vuole vendetta di questo rinomato attore geniale.
Dopo questo breve excursus riguardo le mie fanatiche passioni per Eastwood, passiamo al film.
La prima domanda che ci si pone avvicinandosi al film è "che titolo sarà mai Gran Torino?" Ebbene la Gran Torino è un'auto.
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Esordisco con un titolo piuttosto banale e privo di riferimenti al film, ma ho scritto questo titolo perché sono rimasto per l'ennesima volta entusiasmato ed "elettrizzato dalla violenza" vedendo un'interpretazione di Clint Eastwood. Essere elettrizzati dalla violenza è sicuramente un qualcosa di ineffabile e vergognoso, ma ho detto queste parole solo per cercare di farvi capire quanto in me cresca l'adrenalina vedendo l'espressione di collera e che vuole vendetta di questo rinomato attore geniale.
Dopo questo breve excursus riguardo le mie fanatiche passioni per Eastwood, passiamo al film.
La prima domanda che ci si pone avvicinandosi al film è "che titolo sarà mai Gran Torino?" Ebbene la Gran Torino è un'auto. Quest'auto non riveste alcuna funzione importante nel film, ma la possiamo vedere come il simbolo dell'unione di due generazioni, di due mondi diametralmente opposti.
Walt (Clint Eastwood) è un vedovo, vecchio e scorbutico tradizionalista patriota americano. Reduce dalla guerra di Corea porta nella sua anima l'orrore per la guerra e la solitudine di chi ha visto troppo di ciò che non si deve vedere. Walt si dedica al suo cane e alla pulizia della sua casa; i figli non gli sente mai, se non quando loro lo chiamano per fargli gli auguri o lo vanno a visitare con l'intenzione di convincerlo ad andare in una casa di riposo, pretesto per impossessarsi della sua di casa.
Lascia sventolare con orgoglio la bandiera americana fuori dalla sua porta disprezzando i numerosi immigrati afroamericani e asiatici. E' proprio una famiglia asiatica quella della sua porta accanto e Walt sarebbe forse felice di impugnare ancora una volta il suo fucile per uccidere quelli che lui chiama musi gialli.
"Gran Torino", una storia di razzismo. Una storia di cambiamento. La storia dell'incontro di due culture opposte, ma vicinissime, perché, come la vedo io, in un modo o nell'altro siamo tutti uomini. Era stato il giovane Thao a cercare di rubare la Gran Torino di Walt. Quando la sua famiglia scoprì della malefatta del ragazzo lui venne costretto a lavorare alla dipendenze di Walt.
E' così che nacque tutto, così che il giovane asiatico e il vecchio patriota americano di origini polacche capirono il senso della vita trovando la strada per la redenzione morale.
Gran Torino è un breve ma intenso viaggio nel mondo di oggigiorno, un mondo che stenta a riprendersi e a migliorare, ma un mondo dove c'è speranza.
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renato c.
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sabato 28 febbraio 2015
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grande clint eastwood!!
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Quando il film è uscito pensavo che il "Gran Torino" fosse la grande squadra di calcio perita tragicamente contro il colle della basilica di Superga! Però non capivo bene cosa centrasse Clint Eastwood e la produzione americana (salvo una riconscenza di Eastwood di essere diventato famoso proprio in Italia per merito di Sergio Leone!). "Gran Torino" è invece un'automobile Ford acquistata da Easwood come macchina d'epoca! Clint Easwood fa una parte fantastica: un veterano della guerra di Corea in pensione, razzista e solitario, che si trova a vivere in un quartiere pieno di Asiatici ed Afroamericani! Bella la trama, ed il significato! Il duro Clint, dopo la morte della moglie sia ben poco amato dai figli e dalle loro famiglie, che proprio nel giorno del suo compleanno volevano mandarlo a vivere in un pensionato! Trova invece, dopo una sua antipatia iniziale per i "non bianchi", simpatia ed affetto da parte di una famiglia di asiatici che lo adottano come nonno e si prendono cura di lui! Un cugino di questa famiglia guida una banda di teppisti, e vorrebbero che il figlio più giovane: Tao diventasse anche lui un teppista! "Nonno Clint" interviene a salvarlo ma i teppisti, per vendetta aggrediscono e violentano la figlia maggiore della famiglia asiatica.
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Quando il film è uscito pensavo che il "Gran Torino" fosse la grande squadra di calcio perita tragicamente contro il colle della basilica di Superga! Però non capivo bene cosa centrasse Clint Eastwood e la produzione americana (salvo una riconscenza di Eastwood di essere diventato famoso proprio in Italia per merito di Sergio Leone!). "Gran Torino" è invece un'automobile Ford acquistata da Easwood come macchina d'epoca! Clint Easwood fa una parte fantastica: un veterano della guerra di Corea in pensione, razzista e solitario, che si trova a vivere in un quartiere pieno di Asiatici ed Afroamericani! Bella la trama, ed il significato! Il duro Clint, dopo la morte della moglie sia ben poco amato dai figli e dalle loro famiglie, che proprio nel giorno del suo compleanno volevano mandarlo a vivere in un pensionato! Trova invece, dopo una sua antipatia iniziale per i "non bianchi", simpatia ed affetto da parte di una famiglia di asiatici che lo adottano come nonno e si prendono cura di lui! Un cugino di questa famiglia guida una banda di teppisti, e vorrebbero che il figlio più giovane: Tao diventasse anche lui un teppista! "Nonno Clint" interviene a salvarlo ma i teppisti, per vendetta aggrediscono e violentano la figlia maggiore della famiglia asiatica. Dopo primi desideri di vendetta, Clint elabora un piano che gli permetterà di punire i teppisti e salvare i ragazzi della famiglia, immolando... stesso, e lascia tutto in eredità alla famiglia asiatica! Un grande film dal quale c'è tutto da imparare, fa vedere quanto la guerra segni un persona, che non ha scrupoli ad usare la violenza! Ed anche, per quanto prima ateo si converta un po' alla Fede; va a confessarsi prima di morire ma non confessa ciò che ha fatto in guerra ma solo peccatucci generici, in quanto penso che consideri ciò che ha fatto in guerra unicamente un'esecuzione di ordini! La conversione lo porta a rinunciare a fare il giustiziere uccidendo i teppisti, come pareva in un primo momento, invece si fa uccidere dai teppisti, avvisando la polizia in modo che li catturino, e non macchiandosi più lui di omicidi! Bravo Clint! Ottimi insegnamenti!
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domenico rizzi
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venerdì 16 gennaio 2015
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sacrificarsi per un nobile scopo
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E’ doloroso accorgersi, quando la vita è giunta quasi al termine e la salute è minata da un male incurabile, che gli unici amici rimasti sono soltanto le persone che disprezzavi, nella fattispecie una comunità di rumorosi asiatici che il protagonista, reduce dalla guerra di Corea, chiama spregiativamente “musi gialli”. Walt Kowalsky (Clint Eastwood) la cui unica passione è rappresentata dall’automobile Ford modello “Gran Torino” custodita gelosamente nel proprio garage, è rimasto solo dopo la perdita della moglie e rifiuta decisamente l’amicizia e l’aiuto di un giovane parroco, padre Janovich (cristopher Carley) che gli fa visita molto spesso.
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E’ doloroso accorgersi, quando la vita è giunta quasi al termine e la salute è minata da un male incurabile, che gli unici amici rimasti sono soltanto le persone che disprezzavi, nella fattispecie una comunità di rumorosi asiatici che il protagonista, reduce dalla guerra di Corea, chiama spregiativamente “musi gialli”. Walt Kowalsky (Clint Eastwood) la cui unica passione è rappresentata dall’automobile Ford modello “Gran Torino” custodita gelosamente nel proprio garage, è rimasto solo dopo la perdita della moglie e rifiuta decisamente l’amicizia e l’aiuto di un giovane parroco, padre Janovich (cristopher Carley) che gli fa visita molto spesso. I suoi nuovi vicini, una comunità Hmong originaria della Cina meridionale, lo tengono in continua tensione; i famigliari – Walt ha due figli, entrambi sposati – insistono per relegarlo in una casa di riposo, mirando, più che al suo bene, ai suoi beni. Dopo avere allontanato dei delinquenti – pure di derivazione orientale – dalla sua casa, fornendo un involontario aiuto ai Hmong, questi ultimi lo ricevono nella loro abitazione come un eroe, il rapporto – prima condizionato dai pregiudizi razziali di Kowalsky - si fa sempre più disteso e amichevole e Walt si prende a cuore il ragazzo Thao (Bee Vang) e sua sorella Sue (Ahney Her). Allorquando Sue viene violentata dai teppisti, il vecchio Walt, già a conoscenza dell’esito fatale delle analisi che lo riguardano, escogita un piano tanto originale quanto manifestamente suicida, presentandosi disarmato nel quartiere in cui alloggiano i teppisti. Il suo gesto di prendere un accendino dalla giacca è interpretato da questi come tentativo di impugnare un’arma: Kowalsky viene crivellato di colpi, ma la polizia potrà arrestare i criminali per omicidio. Dopo l’apertura del testamento, lo sconcerto dei parenti dell’uomo è generale, perché Walt li ha diseredati, lasciando la sua “Gran Torino” – fortemente ambita da una nipote - al giovane Thao. Superba interpretazione di Eastwood, che è anche regista, produttore e autore della colonna sonora del film. L’attore con l’incedere degli anni (ne ha 78) ha ormai rinunciato da tempo alle parti che lo hanno reso celebre, ma ne conserva l’essenza, trasferendo l’azione dal suo campo preferito – il western – alla periferia di una moderna città americana. Anche la sua vendetta, un tempo compiuta a suon di pistolettate, si adegua ora alle esigenze del momento. L’eroe non è più quello che spara, ma colui che si fa uccidere; il suo movente non è più il denaro, ma l’amore verso la gente “diversa” inizialmente disprezzata; lo scopo si riassume, anziché nella giustizia sommaria attuata dall’ispettore Callaghan, un gesto autolesionistico che metterà in moto la giustizia legale. Escluso dagli Oscar e con una sola nomination al Golden Globe per la musica, “Gran Torino” si rifà con il National Board of Review Award, che lo classifica fra i migliori 10 film del 2008, assegnando la miglior sceneggiatura a Nick Schenck e classificando Eastwood come miglior attore protagonista. Nel 2009 arrivano anche il David di Donatello (miglior film straniero) e il Nastro d’Argento (miglior film non europeo) oltre ad una serie di altri riconoscimenti. Entusiastica l’accoglienza del pubblico tanto in America e in Europa, quanto nel resto del mondo, che frutta ad Eastwood circa 270 milioni di dollari, pari ad 8 volte la somma spesa per realizzare la pellicola. L’intramontabile Clint, discepolo di Sergio Leone e Don Siegel, per l’ennesima volta dà un saggio convincente delle sue capacità recitative e di regia, interpretando magnificamente il disagio dell’Americano tradizionalista a contatto con le nuove problematiche derivanti dalla promiscuità etnica. Inoltre, dimostra, con un film non molto distante nella dinamica da un contemporary western, come il cinema si debba fare con sentimento.
Domenico Rizzi, scrittore
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