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Oscar 2021, le nomination fanno presagire un’edizione senza sorprese

Il favoritissimo Nomadland (6 candidature) non dovrebbe lasciar spazio a Mank (10). Hollywood sceglie l’inclusione ma non ancora del tutto.
di Roberto Manassero

Frances McDormand (Frances Louise McDormand) (67 anni) 23 giugno 1957, Chicago (Illinois - USA) - Cancro. Interpreta Fern nel film di Chloé Zhao Nomadland.
lunedì 15 marzo 2021 - Oscar

E così anche questa anomala edizione degli Oscar 2021 ha avuto il suo rito delle nomination: un annuncio come al solito molto stringato che altrettanto prevedibilmente ha confermato le previsioni della vigilia, compresa l’esclusione di Notturno di Gianfranco Rosi dalla cinquina del miglior documentario (dove a spuntarla dovrebbe essere Collective di Alexander Nanau), la candidatura di Laura Pausini con la canzone del film La vita davanti a sé, già premiata con il Golden Globe, e il Pinocchio (guarda la video recensione) di Matteo Garrone presente nelle categorie migliori costumi e trucco.
 

Per il resto, la notizia più curiosa è che il film con più candidature, ben dieci, e cioè Mank di David Fincher, molto probabilmente resterà a bocca asciutta nelle categorie principali, superato dal favoritissimo Nomadland di Chloé Zhao per le ragioni che ormai tutti sappiamo: il film ha vinto la Mostra di Venezia e i Golden Globes; è diretto da una regista nel frattempo lanciata nell’universo Marvel; è interpretato da un’interprete, Frances McDormand, anche lei candidata, solitamente molto attenta ai diritti delle donne nell’industria dello spettacolo; è un viaggio nell’America dei diseredati…
 
Le sorprese non sono da escludere, ma delle sei candidature ottenute da Nomadland quelle per il miglior film e la miglior regia dovrebbero portare senza ostacoli alla statuetta. Meno possibilità avranno invece gli altri candidati nella categoria principale: oltre a Mank, favorito comunque per la fotografia di Erik Messerschmidt, The Father, Judas and the Black Messiah, Minari, Una donna promettente, Sound of Metal e Il processo ai Chicago 7, tutti allineati o quasi sulle sei candidature (con l’eccezione di Una donna promettente, fermo a cinque) a dimostrazione di un equilibrio che dice di un’annata in cui l’uscita delle grandi produzioni o di importanti film d’autore (Dune, West Side Story, The French Dispatch) è stata bloccata dalla pandemia. 
 
Difficile, insomma, che in un anno normale film indie come Sound of Metal, produzioni classiche come The Father o anche la sorpresa Minari di Lee Isaac Chung (bellissimo film di un regista da festival oggi coccolato dalla stampa americana) avrebbero potuto concorrere agli Oscar.
Fa parte comunque del gioco, e soprattutto del tentativo di Hollywood di cambiare direzione in termini d’inclusione, vedere film “minori” trovare spazio in una cerimonia pensata in controtendenza rispetto al passato. 
 


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