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Robert Altman

Robert Altman (Robert Bernard Altman) è un attore statunitense, regista, produttore, sceneggiatore, è nato il 20 febbraio 1925 a Kansas City, Missouri (USA) ed è morto il 20 novembre 2006 all'età di 81 anni a Los Angeles, California (USA).
Nel 2002 ha ricevuto il premio come regista dell'anno al AFI Awards per il film Gosford Park. Dal 1992 al 2002 Robert Altman ha vinto 3 premi: AFI Awards (2002), Festival di Cannes (1992), Festival di Venezia (1996).

Un diavolo di nome Robert

A cura di Fabio Secchi Frau

Robert Altman, l'adorabile odioso d'America, che non seguiva le tendenze del cinema. Nessuno è riuscito a superarlo. Il maestro delle perfide commedie corali, un simpatico mostro cinematografico, sapiente nell'uso del sarcasmo e fortemente ammirato da critica e pubblico. In fin dei conti, meglio lui che una massa di registi commerciali e mediocri che vanno a spasso per gli Studios. Eccezionale il suo charme, sempre in forma smagliante nonostante gli anni che passavano. Un vecchio diavolo del Kansas di nome Robert.
Figlio di un assicuratore e di una casalinga, studiò in differenti scuole: a sei anni era alla St. Peter Catholic School, poi per breve tempo studio alla Catholic High School, passando alla più artistica Rockhurst High School, diplomandosi però all'accademia militare di Wentworth, a Lexington, in Missouri, e laureandosi in ingegneria. Poi la guerra che, nel 1945, lo vide copilota di un B-24 per l'Air Force e, finita questa, la passione per il cinema spinse lui e la sua prima moglie, LaVonne Elmer (le altre sono l'attrice Lotus Corelli e Kathryn Reed), a trasferirsi a Hollywood, dove Altman tentò la carriera di: attore (apparendo nel film Sogni proibiti di Norman Z. McLeod), autore di canzoni (scrisse il musical di Broadway "The Rumors are Flying") e sceneggiatore (Squadra mobile 61 di Richard Fleischer del 1948 e Tre figli in gamba del 1947 di Edwin L. Marin). Direttore pubblicitario e autore di testi per la radio, Altman decise di ritornare nel Kansas, dove avrebbe perseguito il sogno di diventare un regista a tutti gli effetti. Fu un suo vecchio amico a raccomandarlo a una casa di produzione cinematografica, la Calvin Co., che lo tenne fra le sue fila dal 1950. Dopo mesi di gavetta come sceneggiatore, passò alla regia firmando documentari, filmati educativi e pubblicitari e sessantacinque cortometraggi su soggetti vari (dal football agli incidenti stradali).
Dopo aver scritto la sceneggiatura dell'ennesimo musical, produce e dirige una serie tv The pulse of the city (1953) che venne trasmessa per un anno da un network indipendente, poi si diede anche alla regia teatrale, guidando la compagnia locale. Ma il suo debutto come regista di lungometraggi avvenne nel 1957 con The Delinquents, in cui recitava anche la sua seconda moglie, Lotus Corelli, inedito in Italia e seguito dal documentario The James Dean Story, sulla vita del giovane divo scomparso tragicamente l'anno prima.
Nel 1956, lasciò la Calvin Co., e si trasferì a Hollywood dove diresse, oltre a vari film tv e telefilm, anche lo show "Alfred Hitchcock presenta..." e il serial Bonanza. Negli anni Sessanta tornò al grande schermo con il thriller fantascientifico Conto alla rovescia con James Caan e il drammatico Quel freddo giorno nel parco, seguito dal primo dei suoi più grandi successi, la pellicola antimilitarista MASH (1970) con Elliott Gould e Donald Sutherland. Derisorio, beffardo, amante della parodia, Altman si segnala come uno dei registi più originali, irriverenti e critici del cinema degli anni Settanta, vincendo prima la Palma d'Oro a Cannes e aggiudicandosi un nomination all'Oscar come miglior regista. Suo figlio, Mike Altman, di soli quattordici anni, scrisse la canzone tema della pellicola e dal film venne tratta una serie televisiva che però incontrò le critiche molto aspre del regista.
Il suo cinema, denotato da una forte bizzarria, prosegue con Anche gli uccelli uccidono (1971), simbolica denuncia sul razzismo nel profondo e vecchio sud degli States e con la rivisitazione western I compari (1971), con Julie Christie (la sua migliore amica) e Warren Beatty (con il quale ebbe numerosi screzi sul set). Attorno ad Altman, comincia a delinearsi una sorta di corte di interpreti feticcio, i più richiesti sono: Elliott Gould, Jeff Goldblum, Shelley Duvall, John Schuck (l'Herman Munster del telefilm I Munster), Lily Tomlin e Sally Kellerman. Seguono il parapsicologico Images (1972), il chandleriano Il lungo addio (1973), il malavitoso Gang (1974) e California Poker (1974).
Nel '75, arriva il suo film più noto e apprezzato: Nashville, cronaca di un festival della musica country, che gli permetterà di avere due nomination all'Oscar (una come miglior regista e l'altra per il miglior film), cui seguirà Buffalo Bill e gli indiani (1976), rivisitazione demitizzante degli eroi americani del West. Membro del NORML (Organizzazione Nazionale per la Riforma di Leggi sulla Marijuana), a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, sfornò un numero impressionante di pellicole, ma non sempre il pubblico, i produttori e la critica riuscirono a stare al passo, soprattutto quando i suoi film si fecero più eccentrici e complessi: Tre donne (1977), Un matrimonio e Quintet del 1978 (entrambi con il nostro Vittorio Gassman), il flop Popeye - Braccio di Ferro (1980), l'intenso Jimmy Dean, Jimmy Dean (1982), Streamers (1983) e Terapia di gruppo (1987).
L'arrivo degli anni Novanta, lo porta alla regia teatrale e a quella televisiva firmando Vincent e Theo, incentrato sulla biografia di Van Gogh, poi nel 1992 dirige l'anti-hollywoodiano I protagonisti, spaccato satirico sull'ambiente hollywoodiano che incontrò i favori del botteghino, vincendo la Palma a Cannes come miglior regista. Da quel momento in poi, Altman è ufficialmente ritenuto il maestro del cinema sarcastico, di quelle pellicole che sono un complesso intreccio di microstorie ambientate in un "luogo chiuso", coadiuvate da un numero impressionante di grandi attori diretti coralmente. Motivazioni più che valide per insignirlo del Leone d'Oro alla Carriera nel 1996, premio che gli era stato consegnato anche nel 1993 per il miglior film, quando portò alla rassegna veneziana il film America oggi (1993).
Chiamato a disegnare l'orologio Swatch che commemorò il centenario della nascita del cinema, nel 1995, riunì perfino la coppia Mastroianni-Loren (Prêt-à-Porter, 1994) e, in l'età avanzata, fu autore di pellicole denotate da una freschezza impressionante: La fortuna di Cookie (1999), Il dottor T. e le donne (2000) e Gosford Park (2001). Poi, dopo l'Oscar alla carriera, si dedicò al teatro, dirigendo una piece di Arthur Miller, tornando sul grande schermo solo con Radio America (2006).
La morte ce lo porta via il 20 novembre del 2006. Rivoluzionario del grande schermo, aggiunse acidità e umorismo acre a dei quadri d'insieme decisamente amari, nonché una nuova luce di visione che ha incontrato i favori della critica. Fu lui l'unico che riuscì a mettere il naso fuori dal girone infernale di Hollywood e il cinema lancia un commovente e intenso, nonché lancinante, addio a uno dei suoi maestri. E per chi ha giudicato Altman un "signor nessuno che ha fatto dei film qualsiasi per nulla utili alla comunità", possiamo solamente affermare che l'ignoranza è una brutta cosa, e questo il diavolo di nome Robert lo sapeva bene.

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