Nashville

Film 1975 | Drammatico 159 min.

Regia di Robert Altman. Un film Da vedere 1975 con Geraldine Chaplin, Karen Black, Keith Carradine, Gwen Welles, Robert Doqui. Cast completo Genere Drammatico - USA, 1975, durata 159 minuti. - MYmonetro 4,18 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento martedì 7 febbraio 2023

A Nashville (Tennessee), in occasione del grande festival annuale di musica, convergono molti personaggi. Contemporaneamente si svolge la campagna elettorale di un candidato qualunquista Il film ha ottenuto 4 candidature e vinto un premio ai Premi Oscar, ha vinto un premio ai David di Donatello, 6 candidature e vinto un premio ai Golden Globes,

1975
Consigliato assolutamente sì!
4,18/5
MYMOVIES 4,50
CRITICA
PUBBLICO 3,87
ASSOLUTAMENTE SÌ
Carrellata ironica e magistrale su una certa America.
Recensione di Giancarlo Zappoli
Recensione di Giancarlo Zappoli

Nashville, Tennessee. In occasione della campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti da parte di un outsider che fa dell'antipolitica la propria filosofia, viene organizzato un grande concerto di musica country all'aperto. Il film segue le vicende di 24 personaggi che, per i motivi più diversi, ruotano attorno a questo evento.
Film eccezionale sin dal momento della sua preparazione Nashville rappresenta una pietra miliare nella storia del cinema americano oltre che nella filmografia altmaniana. Dopo aver rifiutato una brutta sceneggiatura di tematica country Altman si accorda con la United Artists per un soggetto da sviluppare con Joan Tewkesbury (sceneggiatore di Gang). Ad ogni revisione i personaggi aumentano e dai quattordici iniziali si arriva a ventiquattro. Di cui Altman riprenderà le vicende volutamente in ordine cronologico e non sfruttando le singole presenze degli attori per far recitare loro le scene tutte insieme indipendentemente da dove si collocano nella sceneggiatura. Ma fa di più: coloro che dovranno cantare (le canzoni sono 27) possono anche, se vogliono, scrivere i propri pezzi.
Queste sono solo alcune delle 'stranezze' produttive di un film che è stato e resta un potente affresco sugli States. Non è un caso che, dopo un finto trailer volutamente sopra le righe, il film si apra con Henry Gibson che canta una retorica celebrazione del Bicentenario. Le vicende dei singoli mettono allo scoperto fragilità, contraddizioni, slanci nella cornice di un mondo in cui lo show business si confronta con la politica che lo vorrebbe al proprio servizio. Altman è impietoso con alcuni dei suoi personaggi mentre mostra chiara empatia nei confronti di altri che sente meno attrezzati alla lotta per la sopravvivenza. Ma se ci propone un ritratto amaro di un'America che cerca di voltare la testa dall'altra parte anche dinanzi alla tragedia (It don't Worry Me) non è meno caustico nei confronti di un'Europa (lo straordinario personaggio della reporter della BBC interpretata da Geraldine Chaplin) che utilizza griglie di valutazione retoriche e comunque sorpassate pretendendo di 'capire' gli States.
In tutto questo e in una miriade di situazioni degne di memoria la scena in cui Keith Carradine canta "I'm Easy" (premio Oscar per la miglior canzone in un film) e alcune donne presenti in sala pensano che sia dedicata a loro, è da antologia del miglior cinema di tutti i tempi.

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Stefano Lo Verme

A Nashville, in occasione dei cinque giorni dedicati al festival della musica country, si incrociano le esistenze di una serie di personaggi: Barbara Jean, una superstar venerata dal pubblico ma sull'orlo del collasso; giovani cantanti in cerca di fama e vecchie glorie del country; e poi ammiratori a caccia di autografi, giornalisti e semplici curiosi. Nel frattempo, un ambiguo candidato alla presidenza sfrutta il festival a vantaggio della sua campagna elettorale...
Memorabile ed inquietante affresco della società americana degli anni '70, Nashville costituisce senza dubbio l'opera più emblematica e significativa nella produzione del grande regista Robert Altman, autore di primissimo piano nel panorama della New Hollywood. Realizzato nel 1975, in prossimità della celebrazione del bicentenario degli Stati Uniti, Nashville si colloca nel bel mezzo di uno dei periodi più difficili e controversi della storia contemporanea, poco dopo lo scandalo Watergate e il disastro del Vietnam. In un certo senso, il film di Altman fotografa proprio questo: l'immagine di un'America confusa e smarrita, che aveva appena sperimentato la perdita dell'innocenza e che tentava di aggrapparsi a dei valori nei quali ormai non riusciva più a riconoscersi. E lo fa raccontando le vicissitudini di ventiquattro personaggi che per cinque giornate consecutive si ritrovano nella città di Nashville, capitale del Tennessee, in occasione di un immaginario festival della musica country & western.
Con una spiazzante ed innovativa tecnica registica che ha rivoluzionato radicalmente le regole del cinema classico (e che in parte riflette quel senso di smarrimento di un ordine ben definito tipico della cultura degli anni '70), il regista di M*A*S*H dipinge un caleidoscopico ritratto di una civiltà alla deriva, "una cronaca americana attraverso la quale si esprime l'anima di un popolo, di una nazione" (Morando Morandini). Per due ore e mezzo la macchina da presa segue da vicino i vari protagonisti del film, senza mai forzare il giudizio dello spettatore, ma limitandosi a descrivere le loro esistenze quotidiane con uno sguardo in apparenza lucido e distaccato, ma in realtà silenziosamente partecipe delle sofferenze umane, secondo quella struttura corale che in seguito Altman riprenderà in quasi tutti i suoi film. La sceneggiatura, firmata da Joan Tewkesbury, intreccia in maniera magistrale i vari piani narrativi, evitando qualunque didascalismo ed offrendo di volta in volta un punto di vista diverso.
Assistiamo così alle storie parallele di Barbara Jean (Ronee Blakley), una star della musica idolo del pubblico ma vittima di una grave crisi psico-fisica, e della sua collega / rivale Connie White (Karen Black), pronta a rubarle la scena alla prima occasione; dell'eccentrico Haven Hamilton (Henry Gibson), che nelle sue canzoni inneggia con inossidabile anacronismo ai valori della patria e della famiglia, e di sua moglie Lady Pearl (Barbara Baxley), ossessionata dal culto necrofilo di JFK; di Linnea Reese (Lily Tomlin), moglie e madre modello, che si concede un'avventura di una notte con l'affascinante musicista Tom Frank (Keith Carradine); della svampita L.A. Joan (Shelley Duvall), che preferisce andare in giro a spassarsela piuttosto che recarsi al capezzale della zia moribonda; dell'aspirante cantante Sueleen Gay (Gwen Welles), ambiziosa ma priva di talento, la cui prima esibizione si conclude con uno squallido spogliarello; e di Opal (Geraldine Chaplin), una bizzarra cronista inglese della BBC che non può fare a meno di inanellare una gaffe dietro l'altra. Intanto, sullo sfondo, un candidato senza volto di nome Hal Phillip Walker porta avanti la sua martellante campagna elettorale a suon di slogan demagogici e qualunquisti, diffusi dagli altoparlanti di un furgoncino (quegli stessi altoparlanti che comparivano anche in M*A*S*H).
Ma il film raggiunge il suo climax nell'indimenticabile ed agghiacciante finale al Partenone di Nashville, quando (in una scena quanto mai profetica) la diva Barbara Jean viene uccisa dal colpo di fucile sparato da uno squilibrato durante lo show di chiusura del festival, sotto gli occhi di un suo giovane fan nel cui sguardo attonito si può leggere tutto l'orrore di una generazione che ha visto morire le proprie speranze. Ma lo spettacolo deve andare avanti: il cadavere di Barbara Jean viene portato via in fretta e furia dal palco e il microfono è affidato per puro caso alla sbandata Albuquerque (Barbara Harris), che dopo un attimo di esitazione intona il brano It don't worry me, "Non me ne importa nulla", accompagnata in coro da una folla pressoché indifferente, mentre la bandiera a stelle e strisce continua a sventolare in un cielo senza nubi.
Tramite un formidabile montaggio visivo e sonoro, che fa un uso sapiente della frantumazione dei dialoghi e dei numerosi intermezzi musicali, Robert Altman dà vita ad un'opera unica nel suo genere, perfetta metafora della fine del Sogno Americano e dell'odierna società dello spettacolo, della quale il film demolisce in maniera impietosa la retorica patriottica e i falsi miti propagati dalla politica e dallo show-business. Quella rappresentata in Nashville è un'America prigioniera delle proprie nevrosi e dei propri incubi, in cui l'illusione del successo a tutti i costi non fa altro che generare sopraffazione e violenza. L'occhio del regista conduce lo spettatore all'interno di un microcosmo dominato dal caos, soffermandosi con sardonica ironia sugli aspetti più assurdi e grotteschi (c'è perfino un incidente in autostrada fra una barca ed un sofà), per culminare infine in un epilogo quanto mai atroce. A fare da contrappunto alle vicende narrate c'è una bellissima colonna sonora country che include la splendida I'm easy, composta ed interpretata da Keith Carradine e premiata con l'Oscar come miglior canzone originale. Da applauso l'intero cast, in particolare il reparto femminile, mentre Elliott Gould e Julie Christie compaiono in un breve cameo nei ruoli di se stessi. Il più importante film americano dai tempi di Quarto potere, ed un capolavoro assoluto e imprescindibile nella storia della cinematografia mondiale.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
lunedì 24 ottobre 2011
Gianni Lucini

Annunciato come un  un grande affresco sul mondo della musica country, Nashville è anche una lucida analisi, tutt'altro che metaforica, sulla provincia statunitense con i suoi vizi e con le sue tentazioni razziste, autoritarie e di destra. La narrazione descrive lo svolgersi parallelo di due avvenimenti che si intersecano tra di loro: un festival di musica country per il bicentenario [...] Vai alla recensione »

giovedì 28 gennaio 2010
G. Romagna

Lo svolgimento di un grande concerto a Nashville è il pretesto per raccontare, attraverso una miriade di personaggi singolari, uno spaccato di America con mirabile sarcasmo e perfidia. Ogni singolo individuo è lo specchio di qualche bassezza, di qualche mediocrità figlia della popolarità, del consumismo, del conformismo o del successo a tutti i costi.

domenica 10 luglio 2016
urbano78

Fondendo le storie di molti personaggi, per ciascuno dei quali offre un attendibile ritratto psicologico, Altman ritrae la società americana della metà degli anni '70 con un virtuosismo degno del miglior Fellini (come molti capolavori felliniani è un film insieme corale e intimo e un grande circo), in una ricca, folta ma fluida e avvincente opera che è anche una celebrazione degli Stati Uniti nel loro [...] Vai alla recensione »

venerdì 12 febbraio 2016
Andrea Alesci

Come detriti trasportati lungo un fiume, si affastellano le storie di ventiquattro personaggi cui Robert Altman concede medesimi spazio, peso e libertà d’azione. Il procedere incontrollato di uomini e donne che si muovono nell’orizzonte di Nashville (Tennessee) e di un atteso festival di musica country.   Un festival preannunciato da una (finta) sigla interna al film nella [...] Vai alla recensione »

sabato 11 settembre 2010
il cinefilo

TRAMA:La storia si svolge nella città americana di Nashville dove si sta svolgendo un festival di canzoni country e si intrecciano le vicende di un gruppo di persone...COMMENTO:Il regista Robert Altman firma uno dei film più importanti degli anni 70 e considerato anche,successivamente,come il punto più alto del suo cinema. Il film racconta l'america di quel periodo descrivendo [...] Vai alla recensione »

Frasi
It don't worry me, It don't worry me You may say that I ain't free, but it don't worry me!
Albuquerque (Barbara Harris)
dal film Nashville
STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Adelio Ferrero
Cinema Nuovo

Il disincanto e lo scetticismo malinconico di A. che si erano esercitati, finora, prevalentemente sulla struttura e sul mito dell'eroe (Giman, gangster, detective o giocatore), all'interno di un genere rispettato nelle sue strutture istituzionali ma connotandole di segni opposti e di esiti imprevedibili, comunque rovinosi e deludenti, si applica qui a una intera collettività: "the people".

winner
miglior canzone
Premio Oscar
1976
winner
miglior film straniero
David di Donatello
1976
winner
miglior canzone
Golden Globes
1976
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