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Timothée Chalamet, 5 interpretazioni memorabili

Anti-macho vulnerabile e seducente, il giovane attore sarà Wonka. Dal 14 dicembre al cinema.
di Giovanni Bogani

Timothée Chalamet (Timothée Hal Chalamet) (28 anni) 27 dicembre 1995, New York City (New York - USA) - Capricorno. Interpreta Willy Wonka nel film di Paul King Wonka.
domenica 3 dicembre 2023 - Celebrities

Se c’è un divo di questi anni senza divi, è lui. Timothée Chalamet, l’amico fragile, con quello sguardo delicato, che hai paura si spezzi mentre tu lo guardi. Anti-macho, ma con un sex appeal fatto di tenerezza, profumo francese, voce leggera, quasi evanescente. Che cosa è che lo rende così desiderabile, amato, così capace di interpretare lo spirito di questi anni?
Lo abbiamo incontrato, tutti, in Chiamami col tuo nome (guarda la video recensione) di Luca Guadagnino. Era il 2017, e Timothée irrompeva sulla scena, con una performance di stupefacente maturità, nonostante avesse, al momento delle riprese, ventun anni appena. Nello stesso anno, lo abbiamo rivisto in Lady Bird (guarda la video recensione) di Greta Gerwig, e pochi mesi dopo al Kodak Theatre, a Hollywood, seduto fra i candidati all’Oscar per il miglior attore. Poi vinse Gary Oldman per L’ora più buia (guarda la video recensione), ma poco male: la sua carriera era partita, e nel modo migliore. 

Da allora, Timothée ha potuto sfogliare la margherita, e scegliere i registi che amava, salvo poi rinnegarli, come Woody Allen con cui lavora in A Rainy Day in New York (guarda la video recensione) nel 2019. Viene accolto nel monumentale cast di The French Dispatch di Wes Anderson, fra Bill Murray e Adrien Brody, Benicio del Toro e Tilda Swinton. Diventa il giovane e ribelle principe Enrico V d’Inghilterra in The King di David Michod, alla Mostra del Cinema di Venezia del 2019. Torna a Venezia con Dune di Denis Villeneuve, l’evento più atteso della Mostra del 2021. Ed è di nuovo a Venezia, nel 2022, con Bones and All, in cui è un giovane cannibale in un film insieme macabro e romantico, diretto da colui che lo ha rivelato ai più: Luca Guadagnino

Ma, insomma, perché Timothée Chalamet si è incastonato nel nostro immaginario, perché ha invaso tanto prepotentemente – avverbio paradossale per lui, così delicato – la scena del cinema? 

Storicamente, Hollywood e tutta la cultura occidentale ci hanno regalato, al cinema, eroi forti, di una mascolinità decisa. Da John Wayne a Sean Connery, da Gary Cooper a Sylvester Stallone: il protagonista maschile, al cinema, è forte, combattivo, aggressivo, poco sentimentale. Se ha la faccia e i tormenti di Montgomery Clift, finisce male.  
Il maschio, al cinema, è disegnato per combattere, proteggere la sua donna, o per averne tante e non pensarci su. Anche Rock Hudson, per dire, dovette impersonare l’eroe romantico, forte e dalle spalle larghe, nei melodrammi di Douglas Sirk, e tenne ben celata – come molti altri attori – la propria omosessualità. Tranne che negli ultimi anni, quando minato dall’Aids, a metà degli anni ’80, fece coming out. Ma in quegli stessi anni ’80, i giovani divi erano etero, con una sicurezza di sé che niente poteva scalfire, e andavano molto in palestra: un esempio per tutti, Tom Cruise con i suoi bicipiti e il suo sorriso a trentaduemila denti.
Non sarebbe cambiato molto, in seguito: non tutti si sarebbero cuciti da soli le ferite come Rambo, ma tutti avevano almeno un personal trainer e bicipiti da medaglia.  

Lui no. Intimo, vulnerabile, seducente e sexy senza essere passato dalla palestra, senza un filo di barba, con un volto angelico, quasi femmineo. Certo, altri lo hanno preceduto: il Tadzio di Morte a Venezia di Luchino Visconti è più angelico e perverso di Timothée, ma era una sorta di apparizione, di icona astratta. Timothée, invece, è reale, non ti stupisci a vederlo sotto la pioggia nelle strade di New York. Intanto, però, ha fatto uscire il concetto di divo dalla riserva indiana del machismo.

Ma non è solo la leggerezza, non è solo l’aver saltato a piè pari il machismo che entrano in gioco, con lui. C’è il suo modo di vivere e di comunicare i sentimenti. In modo complesso, sfaccettato, maturo. In ogni ruolo è autentico, vulnerabile, trova il modo per farti entrare in connessione con i suoi sentimenti, i suoi desideri. E in Wonka, il prequel di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato,  in uscita il 14 dicembre in Italia, nel ruolo che è già stato di Gene Wilder e di Johnny Depp, metterà in mostra i suoi talenti anche nel canto e nel ballo. Giusto così, per stendere del tutto i suoi fan. 
E non è finita. Dune: Part Two uscirà nel marzo 2024, mentre poco dopo uscirà A Complete Unknown, il film su Bob Dylan diretto da James Mangold. Il futuro è già pieno di Timothée.
 


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In Don’t Look Up di Adam McKay, dramedy su un’Apocalisse prossima ventura con un cast spaziale, da DiCaprio a Meryl Streep, da Cate Blanchett a Mark Rylance – disponibile su Netflix – Timothée ha un ruolo relativamente secondario: è Yule, lo skateboarder un po’ teppista, un po’ ossessivamente religioso. Ha insistito per avere un taglio di capelli mullet: corti davanti, sopra e sui lati, e lunghi dietro. Lo sfoggiava già David Bowie negli anni Settanta, e gli allievi di Procopio di Cesarea, uno storico bizantino, nel sesto secolo dopo Cristo. 


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Lady Bird (guarda la video recensione), ovvero ritratto di una adolescente in bilico, fra il difficile rapporto con la madre e il difficile rapporto con se stessa, con la sua voglia di diventare qualcosa e qualcuno. Un po’ Boyhood al femminile, diretto da Greta Gerwig – che si ispira alle sue vicende personali, alla sua adolescenza a Sacramento, “il Midwest della California” – e magnificamente interpretato da Saoirse Ronan.
Chalamet è Kyle, fumatore accanito, giacca di pelle, sempre vestito di nero, aria tenebrosa da ribelle di provincia, di cui ovviamente lei si innamora. Lui interpreta con formidabile esattezza di dettagli l’outsider un po’ maledetto, irresistibile. Lo trovate su Amazon Prime. 


SCOPRI LADY BIRD
Timothée Chalamet nel film Il re (2019).

Siamo in Inghilterra, alla fine del Medioevo: Timothée è il figlio primogenito del re. Di regnare non gliene importa niente, preferisce l’alcol e le donne, la guerra la odia. Ma quando il fratello viene ucciso in battaglia, non gli resta che accettare la corona. Il re, su Netflix, è una variazione sul tema dell’ “Enrico V” di Shakespeare, già portato sullo schermo infinite volte, dalla versione con Laurence Olivier a quella di e con Kenneth Branagh. Chalamet diventa un re introspettivo, con una recitazione fatta tutta di sottrazioni. Tranne che in un caso: “Ogni uomo è destinato a morire, lo sappiamo: viviamo con questa consapevolezza. Se la vostra ora giungerà oggi, così sia: la mia giungerà domani, o viceversa, non ha importanza. Conta che voi oggi siete l’Inghilterra, ognuno di voi! E lo spazio in mezzo a voi: combattete per quello spazio, rendetelo impenetrabile…”.
Ogni maledetto centimetro. Il suo discorso del re, davanti a un esercito di cavalieri e soldati perplessi, poco a poco conquistati dalle sue parole, è un piccolo gioiello. Un po’ come quello dell’allenatore Al Pacino ai suoi atleti in Ogni maledetta domenica di Oliver Stone… no, quello rimane irraggiungibile. 


SCOPRI IL RE

Siamo in Italia, provincia lombarda, all’inizio degli anni Ottanta. Il film – da una sceneggiatura che James Ivory ha tratto dal romanzo “Chiamami col tuo nome” di André Aciman, sceneggiatura premiata con l’Oscar – racconta la storia d’amore fra un diciassettenne franco/americano, che sta trascorrendo le vacanze in Italia, e un dottorando ebreo americano. Timothée interpreta un ragazzo introverso, riflessivo, sensibile, che si lascia travolgere da questo sentimento nuovo, instabile, destinato all’abisso, quando uno dei due tornerà in America. Chalamet aveva letto il romanzo di Aciman prima di essere coinvolto nel progetto del film. “Quando lo incontrai”, dice Guadagnino, “sentii immediatamente che Timothée aveva l’ambizione, l’intelligenza, la sensibilità e l’ingenuità per il ruolo di Elio”. 


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Nel film di Woody Allen, Timothée decide di trascorrere un fine settimana nella metropoli insieme alla fidanzata, aspirante giornalista, interpretata da Elle Fanning. Le strade dei due ragazzi divergeranno ben presto: lui si ritrova a recitare la scena di un bacio per un cortometraggio, lei incontra ogni sorta di uomo affascinante, per finire fra le braccia di un fascinoso attore. Nel giro di poche ore si sono traditi mentalmente mille volte: il mattino dopo fanno un giro in carrozza per Central Park, ma il loro rapporto si è incrinato per sempre. 

La produzione del film è coincisa con la nascita del movimento #MeToo, che ha rispolverato antiche accuse di abusi sessuali contro Woody Allen – accuse dalle quali Woody è stato completamente scagionato. Ma nel gennaio 2018 Timothée Chalamet ha donato il suo stipendio per il film al fondo Time’s Up, l’organizzazione in difesa delle vittime di violenze sessuali, a RAINN, organizzazione contro la violenza sessuale, e all’LGBT Center di New York. 
Woody non l’ha presa benissimo. E nel suo mémoir “A proposito di niente” scrive: “Timothée ha manifestato il rammarico di essere comparso in un mio film e l’intenzione di versare il suo cachet in beneficenza, ma a mia sorella ha giurato di averlo dovuto fare perché era in lizza per l’Oscar con Chiamami col tuo nome (guarda la video recensione), e pensava di avere maggiori chance di vincere prendendo le distanze da me. In ogni caso, non rimpiango di avere lavorato con lui”.


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