American Sniper |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Bradley Cooper, Sienna Miller, Jake McDorman, Luke Grimes.
continua»
Azione,
Ratings: Kids+16,
durata 134 min.
- USA 2015.
- Warner Bros Italia
uscita giovedì 1 gennaio 2015.
MYMONETRO
American Sniper
valutazione media:
3,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un film onesto sull'odierna guerra al terrorismo.di GreatStevenFeedback: |
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giovedì 16 marzo 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
AMERICAN SNIPER (USA, 2015) diretto da CLINT EASTWOOD. Interpretato da BRADLEY COOPER, SIENNA MILLER, JAKE MCDORMAN, LUKE GRIMES, NAVID NEAHBAN, KEIR O'DONNELL Chris Kyle fa il cowboy nei rodei del Texas, e viene addestrato fin da bambino dal padre a sparare alla cacciagione. Quando assiste per televisione all’attentato alle Torri Gemelle dell’11/09/2001 e si rende conto dell’avanzata della minaccia terroristica, decide di arruolarsi nei Seals. Prima di partire per l’Iraq, si sposa con Taya, lasciandola incinta. Raggiunto il Medio Oriente, gli viene affidato il delicato e pericolosissimo compito di proteggere i marines dai terroristi islamici e dai kamikaze umani. Chris prende molto sul serio la sua missione difensiva nei confronti dei commilitoni, lavorando con impegno e abnegazione, ma quando poi rimpatria e riabbraccia la moglie che nel frattempo ha partorito il loro figlio, sentirà che quella cosa da cui non riesce a liberarsi né a smarcarsi col pensiero è proprio la guerra, che lo ha sia attratto come una droga sia contagiato nel profondo dell’anima. Di recente Eastwood si concentra su episodi della storia statunitense recente (basti pensare all’ultimo, ottimo Sully, una spanna sopra American Sniper) e li racconta non con un taglio documentaristico, ma mettendo sempre al centro la storia e i personaggi che la popolano, descrivendo queste vicende con un tono decisamente cinematografico. Anche troppo, perfino. E questo è il difetto di questo war movie (invenzione mia, N.d.A.), che concentra un’eccessiva attenzione alla psicologia del protagonista, mettendo in secondo piano i moventi patriottici dell’esercito americano nei confronti della lotta contro il terrorismo di Al-Qaeda, nel senso che il nazionalismo (e anche un po’ razzismo) di Chris Kyle (un B. Cooper in stato di grazia, che ci regala un’interpretazione intensa e coi fiocchi) è molto personale e addirittura autoreferenziale: parte sì dal presupposto di proteggere il suo Paese, ma poi finisce per muoversi su binari egocentrici, dimenticando il valore di un’azione che viene fatta per il bene di un’intera nazione. Altro handicap del film è la storia d’amore che comunque riveste un peso fondamentale, malgrado la prevalenza della guerra come elemento centrale: la love story fra Chris e Taya (S. Miller non in formissima, ma pur sempre funzionale) viene costruita troppo in fretta, senza l’inserimento di un "dietro le quinte" sufficiente a spiegare come nasce la passione fra un cecchino Seal e una donna che necessita di affetto, coniugale e materno insieme. Gli aspetti positivi, invece, oltre alle già sopracitate prove di recitazione di ottima qualità, riguardano l’eccellente gestione dei momenti di violenza, alternati a quelli di tranquillità: il montaggio, in questo senso, aiuta parecchio ad equilibrare l’azione, consegnando agli spettatori i minuti di suspense di quando Kyle mira una donna e suo figlio mentre cercano di far esplodere una granata senza che nessuno li veda, e altresì la lunga sequenza della tempesta di sabbia, in cui i soldati si muovono nel tentativo disperato, ma coronato da successo, di portare a compimento la loro cruciale missione militare. Non è un film antibellicista, anzi, spiattella un nazionalismo un po’ sfegatato, riconducibile al pensiero intimamente repubblicano del regista, ma non si schiera tuttavia a favore della guerra, ritraendola piuttosto come un veicolo per edificare e ottenere la pace. L’indice contro la barbarie autodistruttiva dei fondamentalisti mediorientali è comunque puntato con fermezza. Non è fra i migliori dell’ultimo Eastwood, e rivela un’insolita vena di stanchezza, e avrebbe potuto essere valorizzato meglio se avesse prediletto un taglio meno narrativo, pur conservando comunque una cornice adatta alla settima arte, e adottato piuttosto un metodo storico-sociologico nel dipingere il ritratto mostruoso e inquietante dell’imbarbarimento che dilania il Medio Oriente dall’epoca dell’11 settembre. Cooper candidato all’Oscar, ma gli fu preferito Eddie Redmayne per La teoria del tutto. Peccato. Ma non si può negare che Clint rimanga sempre un narratore di prima categoria, che tiene in grande considerazione la storia e utilizza un’altra Storia (con la S maiuscola), del Paese in cui è nato e al quale è legato da un sentimento viscerale, per restituire dignità a individui quasi sconosciuti, ma che hanno comunque compiuto imprese eroiche e meriterebbero pertanto una fama superiore. Lui, da quando si è consacrato come cineasta anche dietro la macchina da presa, cerca di agire affinché questo avvenga.
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