Il film, girato tra Palermo e altri luoghi siciliani, è ambientato nel 1860 e si svolge durante l'epopea dei Mille in Sicilia. Espandi ▽
5 maggio 1860. Giuseppe Garibaldi si prepara a compiere l'impresa dei Mille e affida al colonnello Vincenzo Giordano Orsini l'incarico di reclutare i volontari. Vanno bene un po' tutti, anche i giovanissimi e gli sprovveduti. Fra questi ultimi ci sono Domenico, un siciliano claudicante specializzato in fuochi d'artificio, e Rosario, un palermitano emigrato al Nord che millanta un titolo nobiliare e un passato all'accademia militare: poco importa che sia un imbroglione e un giocatore d'azzardo con la tendenza a barare perché, data la pericolosità dell'impresa, "anche gli impostori possono esserci utili".
Il manipolo di uomini provenienti da tutta Italia vuole liberare la Sicilia dai Borbone e unire il Paese, ma alla prima battaglia a Marsala Domenico e Rosario disertano e si imbarcano in un viaggio attraverso la Sicilia, il primo per ritrovare la donna che ha promesso di sposare, il secondo cercando riparo da chi al Nord ha scoperto i suoi trucchi.
Nel film di Roberto Andò c'è un gusto sincero di raccontare una pagina fondamentale del passato italiano, distinguendo fra chi si è messo dalla parte giusta della Storia, pagandone tutte le conseguenze, e chi invece ha preferito mantenersi in campana. Al centro della storia (e della Storia) è anche il popolo siciliano "che si rivela nei silenzi e nelle parole che non dice", come ricorda Orsini. Recensione ❯
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Un'opera che risponde alla necessità di non seppellire nell'oblio quanto accaduto in Brasile negli anni della dittatura. Thriller, Brasile, Francia, Paesi Bassi, Germania2025. Durata 158 Minuti.
Negli anni '70 in Brasile un uomo torna nella propria città di origine essendo ricercato da chi lo vuole morto. Espandi ▽
1977. Il Brasile vive sotto un regime militare dittatoriale. Con il falso nome di Marcello un professore universitario torna con il figlio nel nordest del Paese per cercare notizie sulla madre in attesa di espatriare. Nel passato si è messo di traverso rispetto all’attività di un corrotto imprenditore di origini italiane ed ora due killer sono sulle sue tracce per eliminarlo. Kleber Mendonça Filho torna a Recife, sua città di nascita, per raccontare il clima di violenza che dominava nel Brasile degli anni della dittatura. Il film viene strutturato in capitoli come fosse un romanzo e inserito, da un certo punto in poi, nella ricerca che due giovani studentesse stanno svolgendo nel presente in un archivio al fine di far emergere storie del periodo della dittatura. Questa modalità di narrazione ci rimanda alle origini giornalistiche del regista offrendo anche occasione per un riferimento alla necessità di non seppellire nell’oblio quanto accaduto in quegli anni. Recensione ❯
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Un viaggio nel tempo nella ville lumière in cui Monet, Renoir, Degas, Morisot,
Pissarro, Sisley, Cézanne inventarono la pittura impressionista Espandi ▽
Quando, verso la fine del XIX secolo, un gruppo di pittori inizia a creare paesaggi, ritratti e narrazioni con uno stile nuovo e dei colori non aderenti alla realtà, il pubblico e la critica sono spiazzati. Hanno davanti ai loro occhi qualcosa che non conoscono, e dunque, all'inizio, non lo accettano. Questo gruppo di artisti, che viveva e lavorava a Parigi, si riuniva negli atelier e frequentava il caffè La Nouvelle Athène, dopo qualche anno dalle prime coraggiose e indipendenti esposizioni, iniziò a farsi chiamare "impressionista".
La preziosità di questo documentario sta proprio in questa relazione tra le immagini lente, dense e descrittive dei dipinti e dei loro soggetti, e le parole che accompagnano i vari momenti. È grazie a questo bilanciato e raffinato racconto che scopriamo come si può essere rivoluzionari facendo pittura.
Dal leggendario Salon des Refusés, voluto da Napoleone III fino alla prima mostra in studio di Eduard Manet nel 1967 (che non ebbe alcun successo), passo per passo si riscoprono le tappe e i pensieri che hanno portato gli impressionisti ad essere, ancora oggi, gli artisti che appartengono alla corrente più nota e di successo (anche di mercato) al mondo. Recensione ❯
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Un ritratto dei ventenni di oggi, alla ricerca di utopie e speranze che non gli sono state concesse, della loro voglia di vivere e amare e della loro grande infelicità. Espandi ▽
Bianca ha 23 anni, dovrebbe frequentare l’università, ma non ci va mai. Ha poche ossessioni: il tempo che passa, la droga e Angelica. Da quando vivono insieme, tutto corre più veloce. Anche la loro amicizia, tra amore e dipendenza. Bianca ha un quaderno su cui scrive appunti per i suoi libri, ma vorrebbe annotarci altro: che perdiamo tutto continuamente e che alla fine, forse – tra le strade notturne di Roma e l’albero che si intravede, muto, dalla finestra di casa – niente andrà perduto. L’opera prima di Sara Petraglia convince per la sua naturalezza nel raccontare due ragazze poco più che ventenni in cerca di se stesse. Uno dei pregi maggiori dell’opera prima di Sara Petraglia – sì la figlia dello sceneggiatore Sandro e non se ne parli più – è la schiettezza, sic et simpliciter. Perché è un pregio? Perché raccontare con semplice naturalezza, senza approcci moralistici, senza giudicare, due donne di vent’anni o poco più, Bianca e Angelica, è qualcosa di inedito e, in certa misura, di scandaloso. Certo la riuscita del film, che si muove su corde che è un attimo pizzicare male, è dovuta alla naturalezza della sceneggiatura ma, soprattutto, all'adesione totale ai personaggi delle due interpreti, Tecla Insolia, sempre più sorprendente e Carlotta Gamba in un ruolo fantasmatico. Recensione ❯
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Tratto dal romanzo vincitore del National Book Award di Sigrid Nunez. Espandi ▽
La romanziera e docente di scrittura di New York Iris vive da tempo un blocco creativo, aggravato dal dolore per la morte del suo amico e mentore Walter. Iris viene a sapere dalla vedova di Walter una delle ultime volontà dell'amico: affidare a lei il suo adorato alano Apollo, altrimenti destinato a un canile. Il grosso animale è anche lui in lutto, apatico e malinconico; nell'edificio è vietato tenere animali domestici e la sua presenza rinverdisce in Iris i ricordi di Walter. La difficile convivenza, però, anche attraverso la scrittura, insegnerà a entrambi, alla donna e all'alano, a capirsi a vicenda.
Il film è la trasposizione di un romanzo, "L'amico fedele" di Sigrid Nunez, che nel 2018 vinse il National Book Award: l'elaborazione del lutto di una scrittrice, l'attraversamento di una crisi creativa senza sbocchi e la fuoriuscita attraverso il confronto con una presenza inattesa.
Tra la donna e il cane si innesca un transfert che riporta idealmente in vita Walter: un amico per lei, un padrone per lui, e per entrambi qualcuno la cui assenza ricorderà per sempre la sua vicinanza. Dal vuoto a volte può nascere la vita. Recensione ❯
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La storia della leggenda della canzone popolare Rosa Balistreri. Espandi ▽
Rosa trova alloggio in casa della figlia Angela, che però non la vuole lì. Alla sera Rosa si addormenta guardando vecchie foto di una famiglia che non c'è più. Ma suo nipote Luca la spinge a fare ciò che sa fare meglio, ovvero cantare. Nel suo passato ci sono violenze, abbandoni e amori impossibili, e soprattutto c'è una maternità difficile che l'ha tenuta lontana da Angela. Del resto anche Angela non è riuscita a crescere Luca, come è successo anche a Maria, la sorella di Rosa.
Una durata leggermente inferiore e qualche momento di respiro in più (che forse la vera Rosa non ha mai avuto) avrebbero reso la visione meno grave per lo spettatore, così come la frammentazione della storia non sempre risulta facile da riassemblare.
Ma L'amore che ho resta un sincero omaggio ad un'artista con un talento eccezionale e un'esistenza tragica, specchio di una cultura patriarcale e retrograda che vorremmo appartenesse soltanto al passato. Recensione ❯
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Un dramedy musicale che racconta l'amore di una coppia che si spegne e lui si dà al crimine. Espandi ▽
Al tempo della memoria magnetica e del Vogue Peugeot, dei Cure e di Prince, Jacqueline e Clotaire si incontrano davanti alla scuola ed è subito amore, amour ouf. Non hanno niente in comune ma sono fatti l’uno per l’altra. A cavallo di un motorino avanzano a tutta velocità verso il tramonto, l’eclissi e l’ellissi carceraria, perché Clotaire si unisce a una rapina orchestrata dal boss locale, che ammira più del padre, e finisce in prigione per un omicidio che non ha mai commesso. Ne uscirà dieci anni dopo spezzato e con un chiodo fisso in testa: ritrovare Jackie, che ha scelto per sé un marito conformista e una vita nei ranghi. Sei anni dopo 7 uomini a mollo, commedia sincronizzata che metteva ‘in costume’ un team di uomini depressi, Gilles Lellouche ritorna con un grande ‘romanzo criminale’, forse troppo grande per lui. Un oggetto curioso e non identificato, un film sbagliato e chiassoso che ne contiene uno riuscito, immaginifico e audace. A immagine dei suoi amanti adolescenti, L’amour ouf si abbandona completamente all’amore e alla sua disfatta che lo rende improvvisamente commovente. Recensione ❯
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Il film è del 1930. È il grande momento della Germania, della Repubblica di Weimar che rappresenta la più alta manifestazione culturale del nostro secolo. Espandi ▽
Il professor Immanuel Rath è estremamente esigente con i suoi studenti che lo dileggiano in sua assenza. Quando scopre che sono degli ammiratori della bella Lola Lola, che si esibisce nel cabaret "L'angelo azzurro", decide di andare a verificare sul posto come sia questo elemento di distrazione. Ne verrà attratto al punto di sposarla e lasciare per lei l'insegnamento. La decisione non sarà senza conseguenze.
Il capolavoro di von Sternberg costituisce l'esempio classico di un duraturo connubio a prima vista tra regista e attrice.
Era difficile rendere sullo schermo un personaggio simile e la Dietrich ci è riuscita in una fusione di sensualità, slanci di tenerezza e determinazione. Con von Sternberg avrebbe girato altri sei film ma L'angelo azzurro resta al vertice della loro collaborazione. Recensione ❯
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Una sofisticata opera di contrasti. Una fiaba nera che affonda negli abissi del mistero, delle inquietudini, del misticismo. Drammatico, Francia2025. Durata 98 Minuti.
Nel 1899, una giovane insegnante arriva in un remoto villaggio alpino e porta modernità, ma si scontra con credenze oscure e misteri nascosti. Espandi ▽
È una notte tempestosa dell’inverno 1899 quando Aimée, una giovane ed emancipata insegnante, arriva in un villaggio innevato sperduto tra le Alpi italo-francesi. Aimée inizia a diffondere una certa modernità di pensiero laddove ancora resistono oscure credenze. Ma nulla è come sembra.
L’esordio nel “lungo” di finzione di Louise Hémon è una sofisticata opera di contrasti, polarizzata tra il nero assoluto e il bianco abbacinante, tra i silenzi e i suoni/musiche assordanti, tra la civiltà e la forza irresistibile della wilderness, tra il buio delle antiche credenze e la luce della ragione.
Intersezione fra generi e filoni consolidati - horror, thriller, feminist movie, sensual drama - senza dimenticare il documentario antropologico e sul folklore di cui è già composta parte della filmografia di Hémon, L’engloutie è soprattutto una fiaba nera che affonda negli abissi del mistero, delle inquietudini, del misticismo. Recensione ❯
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Un thriller incalzante sulla violenza maschile. Espandi ▽
Ellias Barnès è un celebre stilista francocanadese considerato "il nuovo principe della moda". Vive a Parigi ed è diventato il giovane direttore artistico della famosa maison Orsino. Dopo un attacco di panico legato alla sua sfilata di debutto nell'haute couture, Ellias riceve la notizia che il padre è morto. Il figlio non aveva più rapporti con quel padre rimasto in Canada, mentre anche la madre si era trasferita lontano dall'ex marito. Ma ora Ellias dovrà andare ad occuparsi di ciò che il tanto detestato defunto ha lasciato e delle sue spoglie mortali.
Legrand gestisce molto bene la tensione noir del film, che ha a che fare non solo con gli accadimenti effettivamente dark, ma anche con quel buio della mente che un padre scellerato è riuscito a creare in un figlio sensibile e gentile, un giovane uomo che fatica a dire di no ed è educato fino alla sottomissione, a dispetto del successo e dello sfogo creativo che è riuscito a creare nella sua seconda vita.
Il film è una sfida allo spettatore che va premiata per il coraggio con cui non spiega tutto e lascia senza risposta le domande che mette sul piatto, più indagine psicoanalitica che "giallo" dalle soluzioni nette (e facili). Ci costringe a domandarci se i nostri destini siano segnati, se esista davvero un libero arbitrio Recensione ❯
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Un uomo aggrappato ai successi del passato si trova a fare i conti con un presente nostalgico e solitario. Una storia dolce e malinconica, ma che lascia luce alla speranza. Espandi ▽
Umberto è uno sceneggiatore avvilito. Si nasconde dalla vita e aiuta una giovane sceneggiatrice a scrivere una storia, ammira una suora armena pulire i vetri delle finestre, passa le serate in un locale a bere alcolici. Un ragazzo bussa alla sua porta, e gli rivela una notizia importante. Una sua ex viene a trovarlo e gli regala una serata diversa, un'altra deve decidere se finanziare o no la sua storia, e una suora lo accompagna al cimitero dov'è sepolta sua madre. Lì Umberto, per gli amici Umbe, dovrà fare i conti con traumi e memorie del passato.
È un film malinconico, a tratti poetico, a tratti catatonico, ma sempre infarcito di aforismi, quello che segna il debutto alla regia dello sceneggiatore Umberto Contarello. L'influenza sorrentiniana (Sorrentino produce e co-sceneggia il film) è dichiarata e risulta evidente nella messa in scena, come anche nel tipo di ironia e nella descrizione di certi personaggi.
La cifra del racconto si assesta tra il decadente e l'ironico, con un umorismo alla Kaurismäki, specie nell'insistenza sull'ossessione filoamericana del "turning point" degli sceneggiatori contemporanei e nel rivendicare l'importanza delle "scene che non servono a niente", ma anche nella "to do list" in cui il protagonista inserisce compiti come "andare in banca a chiedere pietà" e "non impazzire". Recensione ❯
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L'incontro tra una giovane coppia di ladri e gli abitanti di una villa sperduta dà vita a un gruppo di sogni e fallimenti. Espandi ▽
Guido e Beatrice sono due ladri che stanno cercando di sfuggire alla cattura da parte della polizia e che sono sottoposti alle non amichevoli attenzioni di un boss malavitoso. Raggiungono nottetempo un’isola su cui sorge un’ampia villa abitata dalla famiglia Reffi. Ognuno dei componenti ha una passione particolare. C’è chi è stato direttore d’orchestra; chi, un tempo medico, ora sviluppa il suo interesse per la matematica; chi scrive romanzi e chi vorrebbe saperli scrivere. Tra il gruppo e la coppia si ingaggia una scommessa: chi abita la villa pensa di riuscirne a cambiare le attitudini. In quel caso non si provvederà a denunciarli alle forze dell’ordine. Eugenio Lio ed Elisabetta Sgarbi hanno operato su un romanzo scritto negli anni’40 da Giorgio Scerbanenco, ritrovato dagli eredi e pubblicato nel 2018 da La Nave di Teseo, casa editrice di cui Elisabetta Sgarbi è l’anima nonché il direttore generale. Ne hanno spostato l’azione sul finire degli anni ’60 (su una pagina di giornale per un istante sembra di leggere il nome di Valpreda) e il loro intervento è sui personaggi (non sulle persone) che lo scrittore ha immaginato. Tutto però è rigidamente ancorato all'interno di uno schema algido ed è questa freddezza che viene volutamente conferita alla recitazione degli attori che denunciano la loro derivazione letteraria non per una mancanza di consapevolezza da parte degli sceneggiatori ma proprio (questo è ciò che si coglie) per sottolinearne l'artificiosità del pensiero e quindi delle vite. Recensione ❯
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Quando un illustratore britannico resta vedovo tutto sembra crollare. Alla disperazione per la perdita della moglie si accompagnano molteplici difficoltà di gestire i due figli. Espandi ▽
Quando un illustratore britannico resta vedovo tutto sembra crollare. Alla disperazione per la perdita della moglie si accompagnano le molteplici difficoltà, pratiche come emotive, di gestire i due figli e nel frattempo provare a elaborare il suo lutto. Lo farà attraverso la sua passione per le illustrazioni e in particolare attraverso una sua creatura che prenderà vita, con insospettabili conseguenze. Struggente, inquietante, a tratti spaventoso, il film di Dylan Southern tratto dal romanzo di Max Porter Grief is the thing with feathers ha sicuramente il merito di restare impresso. Intanto per il suo protagonista e coproduttore Benedict Cumberbatch, che in The Thing with Feathers (letteralmente: la cosa con le piume) regala una performance di rara intensità nell'interpretare un uomo devastato dalla perdita di sua moglie. Southern dimostra di saper raccontare bene il senso di profonda alienazione quando si perde l'amore della propria vita e tuttavia la vita deve continuare: i figli devono essere nutriti e accompagnati a scuola, i lavori d'illustrazione portati a termine. Ma * non ce la fa, è un uomo spezzato che malgrado la terapia non riesce a risollevarsi dal suo dolore. Funziona l'idea originale di inserire quel tocco di black fantasy che sfocia nel thriller cupo per raccontare le inquietanti deviazioni che la labirintica mente umana è in grado di seguire. Un film che ha il merito di intrattenere, intenerire, stupire, spaventare persino, accompagnando lo spettatore lungo l'abisso in cui inevitabilmente cade il disperato protagonista. Recensione ❯
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Una ragazza causa un incidente. Inizierà a frequentare l'inconsapevole marito della vittima. Espandi ▽
Eva è una diciannovenne che, in crisi per un video intimo diffuso a sua insaputa in rete, tenta il suicidio gettandosi sotto un'auto. Accade invece che, nel tentativo di evitarla, sia la conducente a perdere la vita senza che la ragazza tenti di soccorrerla. Finirà con l'avvicinarsi a Bruno, veterinario francese, che della donna era il marito che quella notte era stato violento con lei.
Rossella Inglese, al suo primo lungometraggio, sa come far 'parlare' i corpi e gli attori chiamati ad incarnare i personaggi da lei scritti con Dario D'Amato.
Su Fabrizio Rongione si corre il rischio di essere ripetitivi quando se ne sottolinea la versatilità e la capacità di bucare lo schermo fin da quando, nel 1999, facemmo il primo incontro con lui sul grande schermo con Rosetta dei fratelli Dardenne. Recensione ❯
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Un ragazzo inizia una tesissima ricerca della sua amata nel Mid West americano, Espandi ▽
L’orto americano è basato sul romanzo omonimo a firma di Pupi Avati, che oltre alla regia cofirma anche la sceneggiatura insieme al figlio Tommaso. La vicenda narrata è misteriosa, anche perché sembra alludere ad un limite sfumato fra realtà e follia, immagini concrete e visioni fantasmagoriche dal possibile risvolto psichiatrico. La ricostruzione d’epoca è precisa ed evocativa non solo di un periodo ma anche di una dimensione magica. Ma ci sono anche aspetti stranianti che vanno al di là delle intenzioni narrative. È soprattutto la trama convoluta e raminga a lasciare perplessi, rendendo arduo per lo spettatore seguire il filo della vicenda. Avati è abilissimo nel creare atmosfere sospese, insinuare dubbi sulla verità delle immagini alle quali stiamo assistendo, e indagare il lato oscuro delle persone e delle cose. Ma L’orto americano rischia di risultare davvero troppo poco comprensibile per consentirne un vero apprezzamento, e l’incantamento passa in secondo piano rispetto al disorientamento. Recensione ❯
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