Stefano Sollima torna sul grande schermo dopo aver raccontato la vita dei celerini in ACAB e aver conquistato critica e pubblico con le grandi serie tv Romanzo Criminale e Gomorra.
Proprio ai due telefilm può far riferimento lo spettatore per ritrovare le stesse atmosfere, ormai affascinato dalla fotografia cruda del paese e dalle dinamiche di azione condite da una così potente caratterizzazione dei personaggi, che quasi sovrasta la vicenda vera e propria.
Ancora una volta, Sollima si affida a un libro di Giancarlo De Cataldo (scritto con Carlo Bonini) da cui trae la storia, rendendola cinematograficamente impeccabile, con quel suo stile che tanto si avvicina alla scuola americana di azione e crudeltà e al noir più oscuro.
Le tante scene notturne e la pioggia incessante non lasciano mai spazio ai sentimenti, se non a quelli più dark dell'animo umano e alla spicciola malignità di un sottobosco così putrido da inglobare qualsiasi strato della società.
Dal Vaticano in subbuglio per un Papa Ratzinger che pensa alle dimissioni, al politico (Pierfrancesco Favino) che si immischia in qualcosa più grande di lui, ma riesce comunque a influenzare i colleghi per la buona riuscita dell'affare. A dirigere il tutto c'è un ex componente della Banda della Magliana, Samurai (Claudio Amendola) che smessi i panni del grezzo criminale di periferia, gira per la città dispensando ordini e cercando di mantenere una paradossale pace tra criminali pur di far guadagnare ogni pezzo di questo marcio meccanismo.
Più giù nella piramide si trovano invece Numero 8 (Alessandro Borghi) e Manfredi Anacleti (Adamo Dionisi) che si sfidano a colpi di pistole, sangue e vendette per difendere il loro potere a Ostia e l'orgoglio di Rom trapiantati nella capitale per gestire loschi traffici. Alla base, in questo mondo dove la giustizia sembra non esistere, si trova il pr Sebastiano (Elio Germano), suo malgrado coinvolto in questo giro di soldi e violenza, e che pur essendo un pesce piccolo, innesca un cortocircuito che porta a eventi imprevedibili.
La scelta di eliminare il poliziotto protagonista del libro dalla trama del film è volutamente significativa. Come in Gomorra, non c'è nessun rappresentante delle forze dell'ordine e quindi non ci sono personaggi positivi, ma ogni protagonista della pellicola ha le sue debolezze e il suo lato negativo portato all'estremo.
È una pellicola senza filtri, in cui sesso, droga e violenza vengono rappresentate con lo stile tipico di Sollima e soprattutto come referenti rappresentativi di una realtà che si è poi rivelata essere tutt'altro che cinematografica (il film è stato girato prima della scoperta dello scandalo "Mafia Capitale").
Attori veramente al top della loro interpretazione, con un Favino superlativo, bravissimo nel modulare voce e gesti di un viscido politico della nostra disastrata classe dirigente e un Amendola che interpreta magistralmente un personaggio che in comune coi Cesaroni ha solo la cittadinanza.
Le due ore scorrono su una costante liquida (fatta di pioggia,mare, sudore e sangue), con un montaggio perfetto e le musiche degli M83che assordano, ma allo stesso tempo fanno rimbombare la cassa di risonanza delle aspirazioni malvagie che avvolgono la vicenda. Le canzoni sono parte integrante di questo progetto che coinvolge tutti e soprattutto non risparmia nessuno, tra morti previste ed esecuzioni necessarie, tra accordi saltati e agguati improvvisi.
Nonostante la grandezza dell'opera, si rimane con una sensazione di incompletezza, perché è tutto troppo grande per concludersi con l'inevitabile finale. E allora appuntamento con la serie che sbarcherà nel 2017 su Netflix, sperando che sia all'altezza di questo lungometraggio e sbrogli maggiormente una matassa intrisa di malaffare e coscienze vendute al diavolo.
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