Suburra |
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Un film di Stefano Sollima.
Con Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 130 min.
- Italia 2015.
- 01 Distribution
uscita mercoledì 14 ottobre 2015.
MYMONETRO
Suburra
valutazione media:
3,33
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Roma non è più "Accattone" ma non ancora "Sin Citydi KleberFeedback: 1066 | altri commenti e recensioni di Kleber |
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domenica 18 ottobre 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La parte più riuscita è l’intreccio politica-affari-mafia. Un po’ forzato e posticcio il coinvolgimento del Vaticano. Manca del tutto il sottobosco amministrativo – ministeriale - municipale che è invece una componente essenziale della realtà romana. Si sente la mancanza dei sottotitoli alla “Gomorra” in alcuni passaggi: è capito ovunque il romansesco “nazionalpopolare” alla Brignano, ma il borgataro stretto e sbiascicato dei malavitosi, visto fuori Roma necessita dei sottotitoli come il napoletano di Gomorra.Oltre al cast attoriale di ottimo livello, con la mia “scoperta” di Borghi, Scarano e Dionisi. La maturità di Favino e Germano mi fa notare suggestive somiglianze fisiche: Favino con Fernandel, Germano con Eduardo. Gran parte del film è purtroppo affitta dalle semplificazioni cin - .televisive delle scene di genere che vengono riproposte “a prescindere” dal fatto che a Roma non esistano strade dove non passa nessuno, né a piedi né in auto, e malavitosi che girano da soli in luoghi deserti all’esterno di locali notturni; (avete mai visto a Roma l’esterno di un locale notturno dove non c’è nessuno, neanche un venditore di fiori o un parcheggiatore, e non passa nessuno, neanche una macchina, per il tempo necessario a far morire la vittima dissanguata dopo una coltellata alla gola?) Esili ragazze, e pure tossiche, che impugnano la Glock con una sola mano fermissima, facendo sempre centro, nella tradizione western spaghetti. Scene di folla nella Roma multietnica con comparse di soli romani-italiani-bianchi, senza persone di colore, né per strada né nei centri commerciali, quasi fossimo rimasti alla Cinecittà negli anni ’50; addirittura il cortile della casa della famiglia chiassosa e patriarcale degli Anacleti, talmente deserto e incustodito al ritorno del boss, che un raffazzonato killer può azzardare un improbabile agguato uno contro uno? Insomma: l’ambientazione romana richiedeva qualche adattamento in più alla specificità della location, che non è la metropoli generica del serial TV… e non basta far piovere sempre per far digerire certe irreali atmosfere assolutamente “non romane”. Roma non è più quella di "Accattone" ma risulta altrettanto artificiale il travestimento da “Sin City”.
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