Suburra |
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Un film di Stefano Sollima.
Con Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 130 min.
- Italia 2015.
- 01 Distribution
uscita mercoledì 14 ottobre 2015.
MYMONETRO
Suburra
valutazione media:
3,33
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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la distopia della Roma contemporaneadi jaki95Feedback: 100 |
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sabato 14 novembre 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Siamo a Roma ed è il 5 novembre2011 - 7 giorni prima dell'Apocalisse, ovvero la caduta del Governo Berlusconi, dimostratosi incapace di arginare gli effetti della devastante crisi economica e di valori scoppiata nel 2008. Suburra è uno spaccato crudo, asciutto a tratti disturbante dell'odierna società romana, dipinta come un coacervo di criminali spietati e opportunisti pronti a sfruttare gli errori delle cosche avversarie e dei politici per ottenere profitto e potere. Le vicende scaturiscono da una serata all'insegna dell'eccesso del politico Malgradi, quando, dopo un cocktail di sfrenati piaceri carnali e inibizione da droghe, una prostituta muore di overdose. La reazione a catena è innescata e il gioco si fa inarrestabile: guerre di vendetta tra clan, ricatti ai politici, omertà, connivenza stato-mafia sono le travi che sorreggono la “Cupola” romana, una fotografia noir e distopica della Capitale ammantata da cupe tenebre notturne, in cui le uniche diafane luci che trionfano sono quelle di sordidi bar usati dai boss per il regolamento dei conti. Ma, a parte il contenuto di per sé scioccante, il merito va anche alla brillante regia di Stefano Sollima che riesce a imprimere alla narrazione un ritmo sostenuto per tutti i 130', con un taglio delle inquadrature estroso e iconico che, sebbene presti più attenzione alle vicende, non manca tuttavia di plasmare la personalità dei suoi personaggi: da Sebastiano, interpretato da Elio Germano, imprenditore untuoso e pusillanime, l'on. Malgradi (Pierfrancesco Favino), politico ipocrita e connivente con la mafia, numero 8 (Alessandro Borghi), impulsivo boss dallo sguardo allucinato della cosca ostiense, finendo con la composta, autorevole pacatezza di “samurai” (Claudio Amendola). In una interpretazione magistrale, che rilancia in grande stile Amendola come interprete di livello assoluto, stupisce come l'unico personaggio fonte di autorità non sia un poliziotto stile “Untouchables”, un politico o un luminare della religione (perfino il papa, sul finale, si spoglia del suo corredo, abdicando i suoi poteri), ma “samurai”, il gangster che dice di essere diventato Roma per l'influenza che è in grado di esercitare sull'organizzazione della Capitale. E il fatto che anche il boss all'apice della Cupola rimane vittima del gioco di cui egli stesso ha contribuito a dettare le regole, fa riflettere sulla desolante difficoltà della società nel porsi regole che non seguano le egoistiche logiche della violenza, dello sfruttamento e della sopraffazione, per uscire dalla crisi di valori, ancor prima che economica, nella quale è piombata.
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