liuk!
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domenica 13 luglio 2014
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ben fatto
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Film ben fatto dal punto di vista tecnico, nel cast, nei tempi e nel ritmo. La storia di fondo é debole, un thriller senza pathos e senza colpi di scena, con un plot del genere il regista di piú non poteva di certo fare.
Notevole é la caratterizzazione dei personaggi, magistralmente interpretati da un buin cast.
Da vedere.
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gabbro91
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domenica 13 luglio 2014
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finalmente un film italiano
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Avevo sentito molto bene di questo film e anche qualche critica da parte di gente del Nord: dopo averlo visto, posso solo dire che i numerosi riconoscimenti vinti ultimamente sono più che meritati e che le critiche sono superficiali e senza senso. Il capitale umano non presenta degli stereotipi ma rispecchia bene diverse figure in cui ci si può rispecchiare: Carla, donna che ha sposato il ricco marito per avere una vita facile(lasciando l'aspirazione del teatro) ma che sente un vuoto interiore; Dino, lavoratore e padre medio italiano, con i problemi comuni a un pò a tutti che non vuole farsi scappare l'occasione giusta(rimandendo fregato, come previsto) per elevarsi socialmente, oltre che per risollevarsi economicamente; Serena, teenager scontrosa verso i "suoi", innamorata (e pronta a qualsiasi cosa per lui) non del rampollo di famiglia benestante bensì del ragazzo malvisto dalla gente(anche dagli amici stessi di serena) a causa dei suoi passati problemi con la legge.
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Avevo sentito molto bene di questo film e anche qualche critica da parte di gente del Nord: dopo averlo visto, posso solo dire che i numerosi riconoscimenti vinti ultimamente sono più che meritati e che le critiche sono superficiali e senza senso. Il capitale umano non presenta degli stereotipi ma rispecchia bene diverse figure in cui ci si può rispecchiare: Carla, donna che ha sposato il ricco marito per avere una vita facile(lasciando l'aspirazione del teatro) ma che sente un vuoto interiore; Dino, lavoratore e padre medio italiano, con i problemi comuni a un pò a tutti che non vuole farsi scappare l'occasione giusta(rimandendo fregato, come previsto) per elevarsi socialmente, oltre che per risollevarsi economicamente; Serena, teenager scontrosa verso i "suoi", innamorata (e pronta a qualsiasi cosa per lui) non del rampollo di famiglia benestante bensì del ragazzo malvisto dalla gente(anche dagli amici stessi di serena) a causa dei suoi passati problemi con la legge.
E a questi 3 personaggi corrispondono i capitoli in cui saggiamente Virzì ha suddiviso il film, realizzato in maniera moderna mostrando i fatti da diversi punti di vista(c'entra qualcosa Tarantino? anche nella divisione in capitoli).
Il miglior film italiano dell'anno e non solo...altro che Grande Bellezza: 2 ore e mezza a rallentatore contro le meno di due ore di questo film che tiene sulle spine per scoprire come sono andati i fatti. E quelle frasi finali che fanno riflettere tristamente su cosa(e intorno a chi) gira questa società: "Il capitale umano".
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no_data
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sabato 12 luglio 2014
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codice a barre= capitalismo senza parole
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Il film ha ricevuto molti premi più che per il valore intrinseco perchè , a mio modesto parere , rappresenta lo spirito del tempo .Se il cinema realista è narrazione di concreta situazione esistenziale Virzì può essere considerato , mutatis mutandis, il Balzac della Brianza. Anche se tutta la polemica sulla scelta di un territorio a concentrazione leghista non ha ragione d' essere perchè la denuncia di una deriva morale e culturale va ben oltre i confini brianzoli.La storia è di per sè esile , Virzì dimostra grande mestiere , scenografia perfetta , grande interpretazione di Fabrizio Bentivoglio , attualmente tra i più grandi attori italiani e convincente Valeria Bruni Tedeschi , donna di grandi doti , vista anche la sua regia del bel film " Un castello in Italia".
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dave69
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mercoledì 2 luglio 2014
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forse il miglior film di virzì
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Paolo Virzì alza il tiro. Ispirandosi all'omonimo romanzo dello statunitense Stephen Amidon, il regista livornese ha realizzato quella che è forse la sua opera migliore, un'amara (ma non disperata) riflessione sull'Italia di oggi, attraversata dalla crisi economica e piegata dalla speculazione finanziaria, in cui quasi tutti i personaggi principali sono meschini, avidi o ipocriti. Gli unici che si salvano sono i giovani, che non sono stati ancora corrotti dalla falsità degli adulti e conservano un pizzico di umanità e di innocenza. La vicenda ruota attorno ad un evento drammatico (l'investimento di un ciclista) che viene poi raccontato da tre punti di vista differenti, con un approfondimento psicologico ed una cura del dettaglio davvero ammirevoli.
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Paolo Virzì alza il tiro. Ispirandosi all'omonimo romanzo dello statunitense Stephen Amidon, il regista livornese ha realizzato quella che è forse la sua opera migliore, un'amara (ma non disperata) riflessione sull'Italia di oggi, attraversata dalla crisi economica e piegata dalla speculazione finanziaria, in cui quasi tutti i personaggi principali sono meschini, avidi o ipocriti. Gli unici che si salvano sono i giovani, che non sono stati ancora corrotti dalla falsità degli adulti e conservano un pizzico di umanità e di innocenza. La vicenda ruota attorno ad un evento drammatico (l'investimento di un ciclista) che viene poi raccontato da tre punti di vista differenti, con un approfondimento psicologico ed una cura del dettaglio davvero ammirevoli. Film molto bello, con un ottima compagnia d'attori. 7 David di Donatello, 7 nastri d'Argento. ^_^
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trammina93
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martedì 24 giugno 2014
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bello ma non eccezionale
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Il film nel complesso non è male. La storia è interessante. Inoltre mi piace com'è stata sviluppata la trama, incentrata su due famiglie, sviluppata in capitoli. Ogni capitolo tratta di uno dei componenti di queste famiglie e i fatti vengono spiegati secondo il punto di vista di un determinato personaggio a seconda del capitolo da un certo punto della storia fino al momento di un misterioso delitto. Il delitto mantiene molta suspance. Ad ogni capitolo ti convinci che sia stato prima uno, poi l'altro ad averlo compiuto. Di certo la trama non è prevedibile, anzi non te l'aspetti il colpevole del delitto, è una fine tutt'altro che scontata. Il film ha un'atmosfera un pò noir, cupa per tutta la durata che non m'è dispiaciuta.
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Il film nel complesso non è male. La storia è interessante. Inoltre mi piace com'è stata sviluppata la trama, incentrata su due famiglie, sviluppata in capitoli. Ogni capitolo tratta di uno dei componenti di queste famiglie e i fatti vengono spiegati secondo il punto di vista di un determinato personaggio a seconda del capitolo da un certo punto della storia fino al momento di un misterioso delitto. Il delitto mantiene molta suspance. Ad ogni capitolo ti convinci che sia stato prima uno, poi l'altro ad averlo compiuto. Di certo la trama non è prevedibile, anzi non te l'aspetti il colpevole del delitto, è una fine tutt'altro che scontata. Il film ha un'atmosfera un pò noir, cupa per tutta la durata che non m'è dispiaciuta. Lodevole anche il fatto che tratti di vari temi: l'ormai nota crisi finanziaria, corsa agli investimenti, sogni di chi aspira a diventare ricco, l'avidità dei ricchi, problemi familiari, emarginazione sociale, le difficoltà dei figli dovuti al modo di essere cresciuti dai genitori, tradimenti, vite d'eccessi.E' una miscellanea di tanti temi. A mio avviso la vera pecca di questo film sono gli attori. Mi aspettavo interpretazioni divine visti i tre premi Donatello vinti dalla Golino, Valeria Bruni Tedeschi e Fabrizio Gifuni. Forse le mie aspettative erano troppo alte, quindi vedendo l'effettiva realtà la delusione è stata ancor più grande. Sicuramente le loro performance non hanno superato quelle degli attori de La grande bellezza, che avrebbe sicuramente meritato più premi, tra cui lo stesso al miglior film, perchè Il capitale umano, per quanto bello, non supera certo La grande bellezza, è imparagonabile. La Golino ha recitato quattro scene contate, forse anche meno, da qui ad osannarla ci passa un treno, anche perchè in queste quattro scene non ha fatto chissà che performance. La Tedeschi era troppo smorta, con la voce flebile, sinceramente mi faceva venire la depressione quando parlava con quella vocina, tra l'altro con l'accento nordico anche se non troppo marcato . Gifuni non m'ha detto chissà che, però probabilmente tra i quattro adulti è stato il migliore. La creme de la creme è stato Fabrizio Bentivoglio. Dovevano necessariamente farlo recitare con quella cadenza nordica? A tratti non lo capivo proprio, sembrava che parlasse austriaco. Poi come se non bastasse lo hanno dovuto circondare nel suo capitolo anche di altri personaggi con l'accento nordico. Forse avrei capito di più un film in tedesco. Se il regista voleva renderlo il personaggio più simpatico, sinceramente non c'è riuscito perchè mi faceva cadere il latte alle ginocchia ad ogni battuta. Avrò una repulsione insensata verso gli attori con l'accento nordico, ma proprio non ce la faccio a sentirli. I due ragazzi non sono stati molto bravi, forse lei si salvava un pò, ma il ragazzo a parte darmi fastidio per le sue parolacce non lo trovavo nè carne nè pesce. Dunque il mio parere finale è che il film non è da bocciare solo grazie ad una solida trama.
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kondor17
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lunedì 16 giugno 2014
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la grande tristezza...
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Prova di maturità di Paolo Virzì, che in questo film dipinge a tratti forti il malcostume di una certa aristocrazia cinica e senza scrupoli, che, approfittando degli ingenui di turno e del proprio lussuosissimo tenore di vita, si arricchisce truffando e deprededando il prossimo e puntando con derivate sul fallimento dei governi. Lehman Brothers docet.
Per raccontar la storia, Virzì trae spunto da un investimento notturno di un ciclista, da parte di un Suv, il cui pilota si dà poi alla fuga. In tale evento sono coinvolte alcune famiglie, ed altre entreranno poi nel contesto, che ruotano attorno alla relazione, prima, tra i giovani Serena (bravissima la Gioli) e Max Bernaschi, figlio di Giovanni (grande e odiosissimo Gifuni, oserei dire perfetto) e di Carla (la Bruni Tedeschi eccezionale, da oscar!!), e poi alla sua amicizia con Luca, minorenne appena uscito dal riformatorio per spaccio.
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Prova di maturità di Paolo Virzì, che in questo film dipinge a tratti forti il malcostume di una certa aristocrazia cinica e senza scrupoli, che, approfittando degli ingenui di turno e del proprio lussuosissimo tenore di vita, si arricchisce truffando e deprededando il prossimo e puntando con derivate sul fallimento dei governi. Lehman Brothers docet.
Per raccontar la storia, Virzì trae spunto da un investimento notturno di un ciclista, da parte di un Suv, il cui pilota si dà poi alla fuga. In tale evento sono coinvolte alcune famiglie, ed altre entreranno poi nel contesto, che ruotano attorno alla relazione, prima, tra i giovani Serena (bravissima la Gioli) e Max Bernaschi, figlio di Giovanni (grande e odiosissimo Gifuni, oserei dire perfetto) e di Carla (la Bruni Tedeschi eccezionale, da oscar!!), e poi alla sua amicizia con Luca, minorenne appena uscito dal riformatorio per spaccio. Con lo stratagemma poi del film ad episodi, il regista non fa altro che ripercorrere a ritroso lo stesso episodio, visto però dai differenti punti di vista dei relativi protagonisti. Capitolo primo: Dino (Bentivoglio) un immobiliarista medio borghese, che approfitta della relazione della figlia Serena con Bernaschi jr. per intruffolarsi a casa loro ed infine cadere, come pinocchio col gatto e la volpe, nel tranello dell'albero delle monete d'oro. Capitolo secondo: Carla, con una Bruni Tedeschi assolutamente ai livelli di Cate Blanchett in Blue Jasmine, in una parte poi in fondo molto simile, ad interpretare una ex attrice sensibile e dolcissima, ma viziata e mobbizzata dal marito dominante, e stressata dal ritmo incessante dei suoi impegni quotidiani (pilates, yoga, scarpe, tende ed infine il teatro). Capitolo terzo: Serena, chiave di volta di tutto il thriller, con Max Bernaschi prima e con Luca, poi, ed infine il capitolo finale, struggente ed un tantino mieloso, ma comunque ben fatto e diretto.
I personaggi sono calcati ma praticamente perfetti, a far quasi direi da compendio a quell'ode circense di felliniana memoria che è il pluripremiato "la grande bellezza", di Paolo Sorrentino. A differenza di questo, però, qui si salvano i giovani Serena e Luca, ed in fondo anche Max, e questo conforta, perchè sono loro stessi a fornire prova di quella maturità, sincerità e moralità che i propri genitori (o tutori, si pensi solo al viscido zio di Luca, perfetto anche questo) di sicuro non potevano loro insegnare, in quanto praticamente privi.
E ai detrattori degli Italiani (con l'I maiuscola) dico: questi sono film, ottimi film. Fanno riflettere sul malcostume generalizzato (si pensi solo agli USA) e a volte istruiscono pure. Ognuno è beninteso padrone di identificarsi con gli uni o con gli altri, durante il film, ma mi auguro che, dopo, ne veda i lati buoni ed i lati cattivi, magari paragonandoli tra loro e con se stessi, non facendone invece, come spesso qui vedo, motivo di discriminata generalizzazione o addirittura di ispirazione.
Veramente un gran film: voto 9
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gianleo67
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venerdì 6 giugno 2014
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il vizio del...capitale secondo virzì
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La storia ruota attorno ad un incidente d'auto di cui rimane vittima un povero ciclista di ritorno dal suo turno di lavoro come cameriere in una cena di gala studentesca e nel quale sono coinvolti, a vario titolo, i personaggi della vicenda narrata: l'agente immobiliare Dino Ossola, separato dalla moglie e con la nuova compagna incinta, decide incautamente di investire in un rischioso fondo azionario di un finazire rampante il cui figlio ne frequenta la figlia e la cui moglie, attrice da tempo lontana dalle scene e annoiata dalla vita da mantenuta, si è messa in testa di restaurare un teatro con i soldi del marito. Il ciclista alla fine muore e tutti i nodi sembrano venire al pettine ma.
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La storia ruota attorno ad un incidente d'auto di cui rimane vittima un povero ciclista di ritorno dal suo turno di lavoro come cameriere in una cena di gala studentesca e nel quale sono coinvolti, a vario titolo, i personaggi della vicenda narrata: l'agente immobiliare Dino Ossola, separato dalla moglie e con la nuova compagna incinta, decide incautamente di investire in un rischioso fondo azionario di un finazire rampante il cui figlio ne frequenta la figlia e la cui moglie, attrice da tempo lontana dalle scene e annoiata dalla vita da mantenuta, si è messa in testa di restaurare un teatro con i soldi del marito. Il ciclista alla fine muore e tutti i nodi sembrano venire al pettine ma...
Ispirato all'omonimo romanzo dello scrittore americano Stephen Amidon e sceneggiato dal regista insieme alla fidata coppia Bruni&Piccolo, Virzì concepisce una struttura del racconto secondo una singolare organizzazione delle regole aristoteliche di unità di tempo e di luogo, facendo ruotare vicende e personaggi attorno ad un banale quanto tragicamente esemplare fatto di cronaca nera e frammentandone così i punti di vista, ciascuno dalla prospettiva di uno dei tre interpreti principali, per poi ricomporne una sintesi nel precipitare degli eventi di un epilogo in cui emergono meschinità e avventatezza, coraggio e debolezze, frustrazioni e (finte) rivalse: l'arte di un compromesso al ribasso dove a perdere sono sempre i deboli ed i furbi la fanno comunque franca. Attraverso un gusto del paradosso che rimanda alla esibita teatralità della narrazione, Virzì sembra riscrivere i canoni di una (tragi)commedia all'italiana che rappresenta uno spaccato impietoso e squallido di una società nostrana dove i modelli di riferimento sembrano essere le false sirene di una imprenditoria finanziaria corsara e arrembante, capace di corrompere e incantare, con le mendaci promesse del guadagno facile, le grette ambizioni di una classe media arrancante e meschina ma anche di frustrare le ambizioni di una velleità artistica ridotta alla bulimica routine dello shopping compulsivo (nell'ordine: la manicure,lo shiatzu, le scarpe, le tende, l'antiquariato, il restauro ed il rilancio di un vecchio teatro destinato alla demolizione). Pur nel didascalismo inevitabile di un cinema dimostrativo in cui i personaggi finiscono per assolvere a semplici funzioni di ruolo (il finanziere cinico e paludato, la mantenuta apatica in preda al mecenatismo bulimico dell'ultim'ora, il rampollo viziato e privo di spina dorsale, il borghesuccio arrivista e sprovveduto,la ragazza consapevole e fricchettona, l'intellettuale progressista e navigato), Virzì ricompatta la deriva morale e materiale di un'Italia allo sbando e facile al compromesso, attorno ai vizi capitali (al vizio del capitale) che sembrano affliggerla e dove persino il concetto di unità familiare sembra frammentarsi e scindersi nei modelli succedanei di una fragile e occasionale convivenza/convenienza. Le premesse insomma ci sono tutte e sebbene la struttura del racconto ed il registro di feroce ironia sembrano reggere il gioco per gran parte del film, il finale pare precipitare nell'inconprensibile sintesi della semplice didascalia che precede i titoli di coda, oscillando tra il buonismo sentimentale di una tragedia solo sfiorata e l'amara constatazione della sconfitta sociale di una tragedia purtroppo realizzata. Attori tutti in parte con gli alti di una sempre credibile Valeria Bruni Tedeschi e i bassi dell'istrionismo un pò gigione di Fabrizio Bentivoglio. Valanga di candidature ai Natri d'Argento 2014.
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lubra
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sabato 31 maggio 2014
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bello!
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Senza ricorrere a cose sofisticate, Virzi' costruisce un film che arriva al cuore. Crudele, commovente.
Bello e vero come pochi.
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ragthai
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mercoledì 28 maggio 2014
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discreto ma con una pecca
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La storia e' ben realizzata, ma i personaggi sono ridotti a macchietta caricaturale e pertando poco veritieri negli atteggiamenti. Chi abita in Brianza capisce cosa intendo.
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michela rossitti
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giovedì 10 aprile 2014
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un film molto bello
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Sono rimasta molto colpita da questo film, secondo me il migliore di Virzì. Non gli do il massimo del punteggio solo per l'interpretazione troppo sopra le righe di Bentivoglio e perché non mi convince in sceneggiatura proprio la relazione tra Bentivoglio e il personaggio della Golino. Per il resto un film davvero molto bello.
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