no_data
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lunedì 26 gennaio 2015
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quanto vale una vita?
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La morte.Il capitale umano parla della morte,nella maniera forse più semplice e diretta in cui se ne può parlare.
Quanto vale una vita umana? il suo valore è davvero quantificabile?Possiamo davvero metterci su di un piedistallo al di sopra di tutto e di tutti e giudicare?.
Questo è il capitale umano.Attraverso il racconto di più situazioni viene descrittta la psicologia umana nelle sue sfaccettature più intime.Toccare corde subliminali dell'animo umano ,attraverso dei personaggi che descrivono l'Italia di tutti i giorni ,l'Italia in cui ognuno di noi vive.Il film non è la volontà di denunciare un fatto,un episodio,una momento,il film tenta di esporre la natura umana a nudo.
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La morte.Il capitale umano parla della morte,nella maniera forse più semplice e diretta in cui se ne può parlare.
Quanto vale una vita umana? il suo valore è davvero quantificabile?Possiamo davvero metterci su di un piedistallo al di sopra di tutto e di tutti e giudicare?.
Questo è il capitale umano.Attraverso il racconto di più situazioni viene descrittta la psicologia umana nelle sue sfaccettature più intime.Toccare corde subliminali dell'animo umano ,attraverso dei personaggi che descrivono l'Italia di tutti i giorni ,l'Italia in cui ognuno di noi vive.Il film non è la volontà di denunciare un fatto,un episodio,una momento,il film tenta di esporre la natura umana a nudo.
Ovviamente è un'interpretazione,a cui si può essere più o meno d'accordo,ma sicuramente non si può obbiettere il fatto che sia efficace.
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folgore94
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mercoledì 21 gennaio 2015
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finalmente
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Finalmente un film thriller italiano con ottima regia e sceneggiatura . Complimenti a Virzi' e al cast
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lisa costa
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lunedì 19 gennaio 2015
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il male della brianza bene
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Ti ritrovi in Brianza, nelle ville extralusso dei milanesi bene, con il loro accento strafottente prima che fastidioso.
E ti trovi davanti un film di quelli che graffiano, che lasciano il segno non solo per la storia che raccontano ma soprattutto per come la raccontano.
Per ricostruire chi e come ha investito un ignaro e innocente ciclista, Virzì compone un film a quattro tempi, con tre protagonisti, e solo seguendoli, passo passo, ogni pezzo finisce nel posto giusto, ad ogni azione viene ricondotta la sua conseguenza.
Abbiamo Dino, uno che nella Milano bene vorrebbe tanto entrarci, e che vede nel fidanzato della figlia il biglietto di ingresso, tanto da addentrarsi con il suo fare viscido e finto bonaccione tra le grazie dei Bernaschi e concordare un affare che potrebbe finalmente arricchirlo.
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Ti ritrovi in Brianza, nelle ville extralusso dei milanesi bene, con il loro accento strafottente prima che fastidioso.
E ti trovi davanti un film di quelli che graffiano, che lasciano il segno non solo per la storia che raccontano ma soprattutto per come la raccontano.
Per ricostruire chi e come ha investito un ignaro e innocente ciclista, Virzì compone un film a quattro tempi, con tre protagonisti, e solo seguendoli, passo passo, ogni pezzo finisce nel posto giusto, ad ogni azione viene ricondotta la sua conseguenza.
Abbiamo Dino, uno che nella Milano bene vorrebbe tanto entrarci, e che vede nel fidanzato della figlia il biglietto di ingresso, tanto da addentrarsi con il suo fare viscido e finto bonaccione tra le grazie dei Bernaschi e concordare un affare che potrebbe finalmente arricchirlo. Peccato che la moglie sia incinta, e di due gemelli, e che i soldi per entrare nell'affare non li abbia.
Abbiamo Carla, moglie nevrotica e malinconica, che nasconde dietro acquisti e shopping compulsivo la precarietà del suo matrimonio e la sua vita infelice, trovando nel progetto di salvare un vecchio e storico teatro l'occasione per rinascere, per riscoprire anche un po' di amore, inevitabilmente portato a infrangersi.
Abbiamo Serena, che da sola ha più testa di tutti gli adulti presenti, che di stare con Massimiliano Bernaschi non ne ha proprio voglia, né con i suoi amici scapestrati che si divertono con i soldi di papà. E così il problematico Luca si fa interessante, il suo essere vero, anche se con tutte le difficoltà del caso, è molto più affascinante e attraente del mondo di macchinoni, droga e party a cui si è abituata.
Ma non sa che sarà proprio lei il filo conduttore della vicenda, la costante per cui tutto si possa collegare e portare a quell'incidente, a quella morte.
L'ultimo capitolo di un film ad incastro, è proprio il Capitale Umano, e quei fili li tira, mostrandoci da lontano quanto costruito, quanto lasciato e fatto.
Quello che ne esce è un ritratto impietoso di padri e madri che prima di rovinare il Paese hanno rovinato i loro figli, con la certezza che pur nella giustizia quello che si compie ha il sapore amaro dell'ingiustizia.
Nel dramma che Virzì compone, quindi, i graffi non mancano, né a quella Brianza che si è sentita mal rappresentata né ad un cinema italiano che quando si discosta dalle solite commedie esalta e fa applaudire.
Perchè come detto non è solo la storia, ben scritta e avvolgente, che lascia il segno, ma anche la maestria di come questa ti è raccontato, attraverso tempi che avanzano e tornano indietro, che scoprono, finalmente, che mostrano.
La mano esperta di Virzì si estende ai suoi attori, che danno sostanza anche ai cliché, e così l'odio verso il diverso modo di essere subdoli si fa palpabile in Fabrizio Gifuni e Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino e Luigi Lo Cascio, seppur relegati, si fanno umani e teneri, e la sibilante Valeria Bruni Tedeschi riesce a fare dei suoi difetti di attrice di nicchia i suoi punti forti.
Ma la vera sorpresa sta nei giovani, nell'esordiente e folgorante Matilde Gioli che incanta e convince come difficilmente succede da queste parti per parti simili.
Con il senno di poi, quindi, quei giorni, quelle settimane e quei mesi di poca voglia e di naso sempre più storto, sono stati spazzati via in una serata, in cui ci si è ricreduti, e si ha assistito a un film che meritatamente e immeritatamente ci rappresenta e ci rappresenterà.
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matteolago
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lunedì 12 gennaio 2015
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squali a varese city
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Ragazzi sono d'accordo con quasi tutte le rece che ho letto qua.
Detto questo, quella non è la Brianza, quella è Varese City.
Lo dico perché sono un local. E dico anche che questo film è più documentario di quel che sembra, nonostante gli stereotipi non manchino certo.
Onore a Virzì.
Umanità RIP.
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iuriv
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domenica 4 gennaio 2015
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il noir senza pietà.
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Un cameriere, all'uscita da una festa in cui ha servito i tavoli, viene investito da un grosso fuoristrada mentre, in bicicletta, fa ritorno a casa. Nel tentare di scovare il colpevole della malefatta, Virzì disegna la sua storia noir dividendola in tre capitoli, ognuno incentrato su un diverso personaggio che ci accompagnerà con i suoi punti di vista.
La scelta vincente del regista è innanzitutto questa: intanto per la struttura gialla del racconto, in quanto consente allo spettatore di partecipare al gioco degli autori e a cercare il colpevole, grazie a un trama che svela i suoi segreti con parsimonia. Ne guadagna anche il ritmo, in certi frangenti vicino a quello di una commedia, che risulta pimpante e divertente da seguire.
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Un cameriere, all'uscita da una festa in cui ha servito i tavoli, viene investito da un grosso fuoristrada mentre, in bicicletta, fa ritorno a casa. Nel tentare di scovare il colpevole della malefatta, Virzì disegna la sua storia noir dividendola in tre capitoli, ognuno incentrato su un diverso personaggio che ci accompagnerà con i suoi punti di vista.
La scelta vincente del regista è innanzitutto questa: intanto per la struttura gialla del racconto, in quanto consente allo spettatore di partecipare al gioco degli autori e a cercare il colpevole, grazie a un trama che svela i suoi segreti con parsimonia. Ne guadagna anche il ritmo, in certi frangenti vicino a quello di una commedia, che risulta pimpante e divertente da seguire.
Ma l'aspetto che viene più premiato da questa scelta narrativa è l'ambientazione, che grazie anche all'apporto importante del comparto recitativo, fornisce un quadro ben definito del mondo con cui abbiamo a che fare.
E probabilmente è proprio la descrizione spietata che il regista fa dei suoi protagonisti ad essere il motore del film, trasformandolo in un noir solido, ricco di personaggi realistici e grotteschi allo stesso tempo. I caratteri in campo sono ben delineati e non sorprende che nessuno di loro sia effettivamente positivo e risolutore.
Virzì si affida ai tempi che viviamo, giocando con elementi come crisi e avidità, popolando la storia di persone poco affidabili, tutte cariche, a loro modo, di ambizioni e scariche di vera umanità. E' un mondo dove impera la ricchezza e la voglia di esibirla, dove prevale la falsità dei comportamenti e la stupidità nel metterli in atto.
A dare forma e sostanza a questo universo ci sono attori davvero indovinati. A partire da Bentivoglio, che carica il suo fallito Ossola in modo talmente plateale da farlo diventare subito riconoscibile. Oppure a Gifuni, in cui non è difficile distinguere la figura falsa e spietata che vuole portare in scena. O la storditissima moglie del capitalista, portata sullo schermo da Bruni Tedeschi, talmente vacua da non capire nemmeno cosa le succede attorno.
Tutta questa impalcatura, fatta di ambientazioni patrizie, piccoli paesi e personaggi che ci si trovano dentro a meraviglia, regge il gioco al corpo pulsante della vicenda, che rimane comunque quello di un noir in stile classico, con tanto di mistero da scoprire.
Insomma, un film che non ne sbaglia una, che funziona da qualsiasi lato lo si guardi e che utilizza il genere per disegnare uno spaccato impietoso di certi ambienti che sono dorati solo all'esterno.
Da vedere.
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gicuz
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giovedì 1 gennaio 2015
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film debole culturalmente
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Mi spiace ma non sono d'accordo con tutti quei giudizi lusinghieri. Di sublime nel film poi non c'è proprio NULLA.Il gap culturale di Virzì è evidente e non mi sembra che sia la sua arma di successo.
Il film contiene molte falsità perchè la brianza non è questa, magari è anche peggio, per altri versi, ma non è fatta di magnati delal finanza benz' di industriali di rilievo che hanno fatto grande l'economia della regione.
Non si conoscono megaville con parco dove risiedano tycoon audaci e spregiudicati della finanza e non è reale, tra l'altro, l'ammontare dell'indennizzo assicurativo al povero ciclista (280.000 € ???) evidentemente mal assistito.
Falso anche il problema del teatro sociale di Como e falso anche l'idiota interpretato da bentivoglio, cioè l'idiota utile (utile solo al film).
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Mi spiace ma non sono d'accordo con tutti quei giudizi lusinghieri. Di sublime nel film poi non c'è proprio NULLA.Il gap culturale di Virzì è evidente e non mi sembra che sia la sua arma di successo.
Il film contiene molte falsità perchè la brianza non è questa, magari è anche peggio, per altri versi, ma non è fatta di magnati delal finanza benz' di industriali di rilievo che hanno fatto grande l'economia della regione.
Non si conoscono megaville con parco dove risiedano tycoon audaci e spregiudicati della finanza e non è reale, tra l'altro, l'ammontare dell'indennizzo assicurativo al povero ciclista (280.000 € ???) evidentemente mal assistito.
Falso anche il problema del teatro sociale di Como e falso anche l'idiota interpretato da bentivoglio, cioè l'idiota utile (utile solo al film). La vicenda, di per sè moralista riguardo al povero ciclista ed al piratismo sarebbe andata meglio in Toscana o nel Lazio, meglio la Campania....
Caro Virzì hai fatto FLOP e meglio era se la storia la lasciavi in Connecticut. A proposito, se ti guardi il film di Scorsese "the wolf of wall street" oppure anche solo l'ultimo "Blue Jasmine" del grande Woody, forse capirai quanto sei "piccolo" al loro confronto.
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[+] beati i brianzoli
(di matteolago)
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filofan
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venerdì 26 dicembre 2014
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il capitale e la vita, una lotta incessante.
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Il capitale. Cos'è il capitale? E' un concetto ibrido. Capitale può essere una ricchezza accumulata. Capitale può essere una facoltà, una capacità. Capitale può essere una persona. In questo caso, l'ultimo, abbiamo la ragione del nostro film, che ci mette davanti una verità misconosciuta, determinante per i giorni nostri. Viviamo nell'età del capitale. Nel suo nome si può compiere qualsivoglia tipo di azione. La sua forza è proprio questo suo esser causa efficiente di ogni agire nella società in cui viviamo. E la causa efficiente delle nostre azioni è ciò che più ci identifica come soggetti morali.
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Il capitale. Cos'è il capitale? E' un concetto ibrido. Capitale può essere una ricchezza accumulata. Capitale può essere una facoltà, una capacità. Capitale può essere una persona. In questo caso, l'ultimo, abbiamo la ragione del nostro film, che ci mette davanti una verità misconosciuta, determinante per i giorni nostri. Viviamo nell'età del capitale. Nel suo nome si può compiere qualsivoglia tipo di azione. La sua forza è proprio questo suo esser causa efficiente di ogni agire nella società in cui viviamo. E la causa efficiente delle nostre azioni è ciò che più ci identifica come soggetti morali. Questo film è la storia di un capitale, un capitale investito, perduto, recuperato. Come? Attraverso l'unico capitale possibile quando quello investito è perso: l'uomo. Ecco dunque il capitale umano, l'ultima spiaggia dei disperati, costretti, inesorabilmente, a cedere (in vece del capitale perduto) la propria vita. Dunque ecco anche però la vita, che lotta, si strugge, cerca di scappare da questo meccanismo perverso, ma ne rimane inevitabilmente inglobata. Il film si conclude però positivamente, la vita vera, quella dove il capitale non c'entra, sopravvive. E' la legge dell'amore che vince su tutto.
Il capitale umano narra l'intreccio di tre storie nato dall'incontro di due famiglie. C'è un evento iniziale però che è determinante: un ciclista investito una notte. La prima storia si apre sul sorriso di Dino, che ne è protagonista. Si tratta di un sorriso meschino, falso, opportunista. E' il sorriso di chi è consapevole di avere davanti l'occasione di accrescere il proprio capitale, conoscendo la famiglia del ragazzo della figlia, una delle più ricche e potenti della Brianza (in cui è ambientato il film). Dino vuole cogliere al balzo l'occasione della vita, investendo tutto ciò che ha (e non ha) nel fondo della famiglia appena conosciuta, e per farlo mette in atto una subdola strategia, instaurando una falsa amicizia con il suocero della figlia. L'intreccio che muove il film nasce da questo investimento, sbagliato, che rischia di portare Dino sul lastrico. La seconda storia è quella di Carla, madre del ragazzo della figlia di Dino, e moglie del suo "socio in affari". Il suo compito da moglie di un uomo ricco e potente è quello di impegnarsi per il nome della famiglia, di salvaguardare le apparenze. Ma le apparenze non si possono salvare e Carla lo imparerà presto. Dinanzi la legge del capitale neanche l'apparenza (che ne è un effetto) può nulla. Ciò che desiderava Carla era restaurare un antico teatro, per donarlo alla comunità, ma non ci riuscirà. L'apparenza e la falsità la spingeranno anche a lasciare il suo amore, colui per cui aveva tradito l'onnipotente marito: un aspirante scrittore dalla vita semplice. Il compito di Carla però è anche occuparsi della famiglia e quindi del figlio, che una notte rientrando a casa ubriaco in macchina ha combinato qualcosa che non vuole raccontare alla madre. La terza è la storia di Serena, figlia di Dino e ormai non più innamorata del figlio di Carla, che però deve fingere di stare ancora con lui perché le famiglie si frequentano. Carla, stufa dell'ex ragazzo viziato e bamboccione, ne incontra un altro, "problematico", di cui s'innamora. Questo ragazzo è il tipico sbandato che sta sulla bocca di tutti, che però la conquista con la sua semplicità. Serena vive profondamente l'inizio di quest'amore, ma tutto cambia quando lui (riportando a casa la macchina dell'ex di Serena, che si era ubriacato a una festa) investe e uccide un ciclista senza fermarsi.
Serena farà di tutto per coprire il suo amore, Carla farà di tutto per salvare il proprio figlio (imputato di omicidio stradale) e Dino farà di tutto per salvare il suo piccolo patrimonio. Il risultato sarà ovviamente che Dino, scoperto che il ragazzo di Serena ha ucciso il ciclista (e non l'ex ragazzo come si pensava), scambierà quest'informazione con la famiglia di Carla in cambio dei soldi persi nell'investimento. Ecco dunque il capitale che domina e dirige le nostre vite, che nasce come numero su un monitor e si trasforma in anni di prigione. L'amore tra i due ragazzi però, simbolo della vita che lotta, non conosce limiti ne leggi, e sopravviverà.
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themorenina
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sabato 20 dicembre 2014
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paolo è sempre uno tra i migliori!
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Questo film è fantastico! Almeno una volta al mese lo debbo visionare,anzi,direi ammirare,si, perché, un capolavoro di questo genere, è solo da ammirare...ed ogni volta è come se fosse la prima, così mi ritrovo letteralmente a bocca aperta. Bravo Virzì e bravissimi gli attori.
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angelo umana
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martedì 4 novembre 2014
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emulare gli abbienti
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Dato che questo film è nel gruppo dei candidati all’Oscar 2015 come miglior film straniero, il mondo potrebbe dire dell’Italia e degli italiani che siamo molto malmessi, coi valori negativi attribuibili alle nostre vite (quelli della nostra economia ne sono conseguenza). Sarebbe un altro film che mette in luce i nostri peggiori difetti, come l’Oscar di quest’anno, “La grande bellezza”: ma il libro da cui il film prende le mosse è totalmente americano, Human Capital di Stephen Amidon, ambientato nel Connecticut del 2001 (i tracolli di borsa del 2000 devono aver dato maggiore risalto a quei valori umani negativi).
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Dato che questo film è nel gruppo dei candidati all’Oscar 2015 come miglior film straniero, il mondo potrebbe dire dell’Italia e degli italiani che siamo molto malmessi, coi valori negativi attribuibili alle nostre vite (quelli della nostra economia ne sono conseguenza). Sarebbe un altro film che mette in luce i nostri peggiori difetti, come l’Oscar di quest’anno, “La grande bellezza”: ma il libro da cui il film prende le mosse è totalmente americano, Human Capital di Stephen Amidon, ambientato nel Connecticut del 2001 (i tracolli di borsa del 2000 devono aver dato maggiore risalto a quei valori umani negativi). In una recensione al suo libro è scritto che “ognuno è consapevole del suo valore e ciò che abbiamo è la sola misura del nostri successi o dei nostri fallimenti”. Il “capitale umano” è quello che gli assicuratori attribuiscono come risarcimento alla vita di un uomo ucciso da un incidente, calcolato sui suoi futuri possibili guadagni, in pratica il valore monetario di una vita umana … In coda al film delle scritte ci dicono che la famiglia di un cameriere, morto in un incidente stradale mentre tornava a casa di sera in bicicletta, ha ricevuto 218000 € come risarcimento: attorno a questo incidente si snodano i fatti del film, con interessanti ed esplicativi piani temporali sfalsati, o flash-back.
Il regista Paolo Virzì traspone la vicenda in una verosimile Brianza. Il personaggio “principe” è un tal Dino Ossola, interpretato in modo più che “verosimile” da Fabrizio Bentivoglio, agente immobiliare abbastanza anonimo o forse in calo di affari, che viene a contatto della coppia Bernaschi, Valeria Bruni Tedeschi e Fabrizio Gifuni, residenti in una villa in cima alla collina da cui sembrano dominare il paese sottostante, con campo da tennis piscina e prati per il golf. La prima è Carla, una donna irrealizzata che finge esteriormente una vita piena, molto vuota in realtà, tra negozi “griffati” e accompagnata dal suo autista su una fiammante Maserati. Avrebbe potuto o voluto dedicarsi all’arte, qualcosa che interruppe e in cui vede maggior senso. Il secondo è un altrettanto credibile finanziere, di quei self-made man aggressivi e spregiudicati che credettero di saper diventare ancora più ricchi con mercati borsistici volubili, ha messo su qualcosa di simile a un fondo d’investimento, con personaggi abbienti come lui (le banche e le sim li chiamerebbero clientela “affluent”…). Richiama molto alla mente però quell’imbroglione di Bernie Madoff oppure, visto che siamo in Italia, imbroglioni più alla buona come Tonna e Tanzi della Parmalat. A un preoccupato summit di finanza in villa le macchine dei convenuti sono strettamente blu, tutte lucenti e di marca, il corteo si addirebbe anche a un funerale (quello delle auto simili del film “Anime Nere” visto qualche giorno prima, ad esempio, e tra criminali e certi finanzieri la distanza non è poi molta).
Ci sono molti più personaggi naturalmente ma paiono far parte di un altro film o di un’altra storia, il tema principale è appesantito (o annacquato), si perde in vari rivoli e l’ora e cinquanta di durata deriva da un dilatamento inopportuno. Serena Ossola è la figlia di Dino, la bellissima Matilde Gioli, inizialmente fidanzata col rampollo dei Bernaschi, così le famiglie si sono conosciute. Valeria Golino è Roberta, compagna dell’Ossola, in un ruolo in fondo poco significativo. Luigi Lo Cascio è nella parte di un direttore artistico di un teatro dalla riapertura ormai improbabile, con lui Carla amoreggia convinta. Un cast fin troppo ricco.
Il tema principale, o più affascinante, a me pare quello “raccontato” dal personaggio di Fabrizio Bentivoglio: l’emulazione dei ricchi da parte di gente normale. Il voler assomigliare a loro, “illuminarsi d’immenso” con la vicinanza di questi, entrare nella loro cerchia per mezzo di partite di tennis o perfino volendo aderire al fondo d’investimento creato da Giovanni Bernaschi. Sembrerebbe attratto, l’Ossola-Bentivoglio, dal 40% prospettatogli come possibile rendimento di un anno, e perciò contrae un mutuo di 700.000 sulla sua casa che potrebbe valerne 900.000€ (potrebbero, sia il valore della casa e sia il rendimento, ma dopo sappiamo com’è andata): in realtà è attratto dall’entrare nel presunto “gotha” dei ricchi, il minimo sarebbe stato di 500 mila € (era in effetti questa la soglia più bassa con cui entrare in qualche “hedge-fund” italiano). Ma non si può far la figura dei meschini col nuovo importante amico e sempre i risparmiatori, nella realtà, hanno ritenuto di partecipare a un fondo per emulare i molto ricchi. Qualche dubbio a firmare l’adesione al fondo gli viene ma firma, e firmando attesta che quella quota di partecipazione è inferiore al 20% dei suoi investimenti (le legalissime clausole dei prospetti informativi!). Non ha nessun investimento in realtà e la casa è pure intestata a Serena, ma gli sembra di elevarsi ad una nuova classe sociale,a cui appartengono gli apparenti nobili: non sa “di che lacrime grondino e di che sangue”, e di quali vergogne. Salverà il suo denaro e pretenderà il 40% d’interesse con un ricatto, ma anche un bacio in bocca dalla povera Carla, forse anche questo un modo di avvicinarsi alla gente “alta”.
Interessante è pure il tema suggerito dalle frasi che scorrono sul trailer del film: Vi vogliamo bene, vi vogliamo vincenti, vi vogliamo felici, abbiamo fatto tutto questo per il vostro bene, siamo i genitori migliori del mondo, per voi ci siamo giocati tutto … anche il vostro futuro. La rapacità di molti a volte è spiegata col bene dei figli, i nostri politici ne sanno qualcosa.
Il teatro Politeama non riaprirà, più conveniente per il gruppo di Bernaschi è realizzarne degli appartamenti, d’altra parte “con la cultura non si mangia”, lo disse un nostro celebrato ministro dell’Economia. E Carla al marito, la frase chiave del film:Avete scommesso sulla rovina di questo Paese e avete vinto. Un pronostico per l’Oscar? Pollice verso.
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rampante
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lunedì 27 ottobre 2014
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una storia
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Il regista Paolo Virzì gira in una zona della Lombardia, la Brianza un film tratto da un romanzo scritto dall'americano Stephen Amidon
e ambientato in una cittadina in Connecticut
Un grande film italiano dal respiro universale, cattivo ma non troppo, un giallo che spiazza e convince
Virzì si addentra di soppiatto nelle terre dei ricchi, racconta una Brianza che non è quella delle piccole fabbriche e della gente che lavora ma, quella dell'Italia che cambia, dei nuovi ricchi, dei borghesi piccoli, piccoli che fanno affari a Milano
Il capitale umano è una commedia che va verso il dramma, fa emergere quanto marcio c'è nella nostra Italia e mostra che i veri cattivi si salvano sempre mentre i poveracci qualcosa lo pagano
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