maopar
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martedì 28 gennaio 2014
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virzì e il "magico gioco" del raccontare...
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IL CAPITALE UMANO di Paolo Virzì
Questo bellissimo film parla di una vicenda di cronaca raccontata intrecciando le storie e i profili dei
personaggi ,narrate passo passo fino a svelare la realtà dei fatti , sorprendendo lo spettatore per
l’inaspettata conclusione affatto scontata.
Con la stessa sequenza di movenze di un abile esperto del gioco del “cubo magico” di Rubik,il regista Virzì
intreccia con vari passaggi il racconto fino a completarne il “colore” e ,passando dalla storia di un
personaggio all’altro,con efficace tempistica si avvia alla soluzione della vicenda quando i “colori” del
cubo sono ormai ben ordinati .
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IL CAPITALE UMANO di Paolo Virzì
Questo bellissimo film parla di una vicenda di cronaca raccontata intrecciando le storie e i profili dei
personaggi ,narrate passo passo fino a svelare la realtà dei fatti , sorprendendo lo spettatore per
l’inaspettata conclusione affatto scontata.
Con la stessa sequenza di movenze di un abile esperto del gioco del “cubo magico” di Rubik,il regista Virzì
intreccia con vari passaggi il racconto fino a completarne il “colore” e ,passando dalla storia di un
personaggio all’altro,con efficace tempistica si avvia alla soluzione della vicenda quando i “colori” del
cubo sono ormai ben ordinati .
Durante Tutto questo andare avanti e indietro lo spettatore è portato a considerare e confrontare i
comportamenti e le drammatiche decisioni dei vari personaggi che pressati dagli eventi incalzanti ,
continuamente alle prese con la loro coscienza ,assumono ” colorati” atteggiamenti di una “condotta
morale” che costituisce il vero valore che conta nella vita.Un valore che impreziosisce le storie
individuali, che nessuno potrà mai monetizzare , un “CAPITALE UMANO” che non ha prezzo ,che
nessuna assicurazione potrà mai risarcire né tanto meno limitare un esorbitante richiesta di ricatto .
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maopar
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martedì 28 gennaio 2014
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virzì e il "magico gioco" del raccontare...
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IL CAPITALE UMANO di Paolo Virzì
Questo bellissimo film parla di una vicenda di cronaca raccontata intrecciando le storie e i profili dei
personaggi ,narrate passo passo fino a svelare la realtà dei fatti , sorprendendo lo spettatore per
l’inaspettata conclusione affatto scontata.
Con la stessa sequenza di movenze di un abile esperto del gioco del “cubo magico” di Rubik,il regista Virzì
intreccia con vari passaggi il racconto fino a completarne il “colore” e ,passando dalla storia di un
personaggio all’altro ,con efficace tempistica si avvia alla soluzione della vicenda quando i “colori” del
cubo sono ormai ben ordinati .
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IL CAPITALE UMANO di Paolo Virzì
Questo bellissimo film parla di una vicenda di cronaca raccontata intrecciando le storie e i profili dei
personaggi ,narrate passo passo fino a svelare la realtà dei fatti , sorprendendo lo spettatore per
l’inaspettata conclusione affatto scontata.
Con la stessa sequenza di movenze di un abile esperto del gioco del “cubo magico” di Rubik,il regista Virzì
intreccia con vari passaggi il racconto fino a completarne il “colore” e ,passando dalla storia di un
personaggio all’altro ,con efficace tempistica si avvia alla soluzione della vicenda quando i “colori” del
cubo sono ormai ben ordinati .
Durante Tutto questo andare avanti e indietro lo spettatore è portato a considerare e confrontare i
comportamenti e le drammatiche decisioni dei vari personaggi che pressati dagli eventi incalzanti ,
continuamente alle prese con la loro coscienza ,assumono ” colorati” atteggiamenti di una “condotta
morale” che costituisce il vero valore che conta nella vita.Un valore che impreziosisce le storie
individuali, che nessuno potrà mai monetizzare , un “CAPITALE UMANO” che non ha prezzo ,che
nessuna assicurazione potrà mai risarcire né tanto meno limitare un esorbitante richiesta di ricatto .
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kronos
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lunedì 27 gennaio 2014
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altmaniano
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Per interpretazioni, finalità e caratteristiche narrative è un film che ricorda alcune celebri pellicole di Robert Altman (in particolare 'Short cuts').
Virzì si concede alcune lungaggini e lascia troppa briglia ad alcuni personaggi, ma nell'insieme centra il bersaglio realizzando il miglior film della carriera.
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cristel.marla
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lunedì 27 gennaio 2014
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il capitolo umano
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La ricchezza della disillusione di chi viene definito "sdraiato" e la povera illusione dell’uomo adulto, quello che al contrario sta in piedi, che non pone lo sguardo a ciò che ha piuttosto lo pone in un non luogo, quello di un capitale bramato, dove la ripetizione si configura come un investimento primo solo ad un altro.
La vacuità del discorso adulto orientato alla vita nella villa in collina e al sedersi al tavolo giusto, portano il primo e il secondo capitolo ad essere quel “trito e ritrito” che indeboliscono il punto di vista critico di un film socialmente impegnato nel neo-realismo.
Il terzo capitolo “Serena” e l’epilogo rappresentano invece il punto di svolta a quella scampata prevedibilità di un mondo in mano ai codici, ops! ai giovani (a barre).
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La ricchezza della disillusione di chi viene definito "sdraiato" e la povera illusione dell’uomo adulto, quello che al contrario sta in piedi, che non pone lo sguardo a ciò che ha piuttosto lo pone in un non luogo, quello di un capitale bramato, dove la ripetizione si configura come un investimento primo solo ad un altro.
La vacuità del discorso adulto orientato alla vita nella villa in collina e al sedersi al tavolo giusto, portano il primo e il secondo capitolo ad essere quel “trito e ritrito” che indeboliscono il punto di vista critico di un film socialmente impegnato nel neo-realismo.
Il terzo capitolo “Serena” e l’epilogo rappresentano invece il punto di svolta a quella scampata prevedibilità di un mondo in mano ai codici, ops! ai giovani (a barre). Ecco, perché così che sono definiti quelli degli anni zero, quelli senza padri e senza patria, quelli che hanno il cielo vuoto sopra la propria testa, quelli che mal sopportano i buchi interiori, quelli che si incidono il corpo, la carne, quelli che del loro godimento non vogliono perdere neanche una quota.
L’adolescente di Virzì rompe la versione “liquida” oramai naftalinica promossa dalla contemporaneità, mostrandosi come colui in grado di ricostruire i propri confini definendosi.
Definito è Massimiliano che si muove dal rifiuto dell’ipocrita posizione materna alla ricerca dello sguardo autentico paterno, troppo impegnato invece a guardare altrove, nell'osservatorio fallico del “quanto ce l’ho lungo" (percezione fugace di un nudo non celato, rappresentazione durevole di un potere affamato).
Definito è Luca, personaggio solitario, outsider, straniero in terra non straniera, con un piccolo altro vicino a sé a cui ricuce l’identità per non vederlo svanire; persi i genitori, trattenuto lo zio. Lui è l’eroe tragico, colui che accetta di proteggere pur non essendo stato protetto, accetta l’assunzione della responsabilità della miseria umana trovando nel segno artistico un altro modo per incidersi.
Definita è Serena, collocata nel ruolo di colei in grado di mettere insieme i pezzi, non a caso è nel suo capitolo che lo spettatore capisce le dinamiche del fatto su cui apre il film: un ciclista viene investito da un suv e non soccorso dal suo conducente. I pezzi che Serena mette insieme non hanno solo a che fare con la ricostruzione di un evento, lei che sa come sono andati i fatti, lei che sa chi è stato il colpevole, ma hanno piuttosto a che fare con una bonifica del campo paludoso dell’Altro.
La “fragilità” del suo immenso sguardo, colto in un ritratto appeso al muro, mostra una peculiare differenza al senso di “precarietà” proprio del mondo adulto. Serena guarda e accoglie l’alterità sfuggendo "in moto" (con il doppio senso che l'espressione evoca) a ciò che non sa più amare, a ciò che non desidera e in uno spazio ben più piccolo di una villa, arresta la sua corsa per cogliere il momento dell'Incontro.
“Il capitale umano”, parametro attraverso cui si stabilisce la cifra del risarcimento che le assicurazioni pagano in caso di morte ai parenti delle vittime, trova nella soggettivazione delle posizioni di Massimiliano, Luca e Serena, una cifra ben diversa da quella economica, una cifra altra, non sottoponibile alle dinamiche di indennizzo. Quella cifra è ciò che coglie la particolarità soggettiva ricordando che la propria specificità non è capitalizzabile.
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dadado
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lunedì 27 gennaio 2014
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tutto molto bello, l'italia un pò meno...
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film con regia sublime, ben recitato ed una storia avvincente. senza dubbio uno dei migliori film degli ultimi anni. una critica sociale di una certa Italia (ma anche di una società contemporanea in generale... non credo che in Francia, Germania o Stati Uniti siano molto diversi...) ci aiuta riflettere, il chè non guasta in una società mediatica che cerca solo di emozionarci.
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p.curtiss
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lunedì 27 gennaio 2014
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ma che relazione è?
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L'ho trovato un film interessante nel suo descrivere avidità e dinamiche (con i loro effetti sulle generazioni future) che evidentemente cominciano a diventare narrativamente ben visibili, così come diventa visibile il nesso, lo specchio, tra i personaggi dell'alto livello nostrano con i personaggi della nostra realtà. Virzì compie un deciso passo avanti in questa opera di decifrazione dell'apparente facile realtà italiana e la rende fruibile a un pubblico vasto, cioè quel pubblico congelato dalla cultura televisiva che offre vie d'uscita solo ridanciane, illuso che certa immondezza sia il continuo del modo di opere come, per esempio, "Rosalino Paternò soldato" o "La vita è bella". Vi è invece, nel film di Virzì, la descrizione del dramma che scaturisce dalla nostra globalità sociale.
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L'ho trovato un film interessante nel suo descrivere avidità e dinamiche (con i loro effetti sulle generazioni future) che evidentemente cominciano a diventare narrativamente ben visibili, così come diventa visibile il nesso, lo specchio, tra i personaggi dell'alto livello nostrano con i personaggi della nostra realtà. Virzì compie un deciso passo avanti in questa opera di decifrazione dell'apparente facile realtà italiana e la rende fruibile a un pubblico vasto, cioè quel pubblico congelato dalla cultura televisiva che offre vie d'uscita solo ridanciane, illuso che certa immondezza sia il continuo del modo di opere come, per esempio, "Rosalino Paternò soldato" o "La vita è bella". Vi è invece, nel film di Virzì, la descrizione del dramma che scaturisce dalla nostra globalità sociale.
Quanto al suo finale irrisolto, l'ho trovato opportuno in funzione di alcuni aspetti "irrisolti" del film ma che sviluppare avrebbe reso l'opera troppo complessa e, forse, inopportunamente faziosa oltre che ben più lunga. Resta tutto sommato irrrisolto il personaggio del ciclista, del quale sappiamo solo che lui sa di essere un perdente ma, di fatto, non conosciamo la sua opinione su tutto ciò. Ma l'oggetto veramente misterioso del film è il su cosa si fonda la relazione tra il personaggio interpretato da Fabrizio Bentivoglio e quello interpretato da Valeria Golino: a mio avviso inspiegabile.
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carlottamags
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lunedì 27 gennaio 2014
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il capitale troppo umano.
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C'è qualcosa nei film di Paolo Virzì che mi fa impazzire, anche se devo ancora individuarne la natura con precisione. E questo, “Il capitale umano”, questo è il suo capolavoro. Con questa vicenda tratta liberamente dal romanzo di Stephen Amidon, il regista mette in mostra anche con una sottile ironia degli stereotipi tipici della società, oserei aggiungere italiana, trattandoli dal punto di vista psicologico così in profondità da arrivare a trovare una sorta di “alibi” per ogni loro comportamento ed ogni loro debolezza. La vicenda narradi un ciclista che viene investito una notte da un Suv, ma sembra impossibile stabilire chi fosse alla guida dei veicolo fin verso la fine del film.
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C'è qualcosa nei film di Paolo Virzì che mi fa impazzire, anche se devo ancora individuarne la natura con precisione. E questo, “Il capitale umano”, questo è il suo capolavoro. Con questa vicenda tratta liberamente dal romanzo di Stephen Amidon, il regista mette in mostra anche con una sottile ironia degli stereotipi tipici della società, oserei aggiungere italiana, trattandoli dal punto di vista psicologico così in profondità da arrivare a trovare una sorta di “alibi” per ogni loro comportamento ed ogni loro debolezza. La vicenda narradi un ciclista che viene investito una notte da un Suv, ma sembra impossibile stabilire chi fosse alla guida dei veicolo fin verso la fine del film. Il tutto è raccontato da tre diversi punti di vista, partendo da quello più superficiale e più esterno alla vicenda, il signor Ossola(Fabrizio Bentivoglio), arrampicatore sociale piccolo-borghese che cerca di entrare in un ambiente elitario riempiendosi di debiti, per poi passare alla signora Bernaschi(Valeria Bruni Tedeschi, sorella di Carla Bruni), donna e moglie assai benestante trascurata e piena di frustrazioni che la portano ad intrecciare per un breve periodo una relazione extraconiugale e infine il punto di vista di Serena, interpretata da Matilde Gioli, figlia del signor Ossola e ragazza del figlio dei Bernaschi, Massimiliano(Guglielmo Pinelli), che pare l'unica a poter svelare l'effettiva verità su quella notte. La quarta parte, intitolata proprio “Il capitale umano”, è un epilogo della narrazione. Nel corso della vicenda spiccano anche le personalità dei consorti dei primi due personaggi presi in esame, il signor Bernaschi(Fabrizio Gifuni), cinico uomo in affari che trascura la propria famiglia e dedica se stesso unicamente al lavoro e Roberta, interpretata da una brava Valeria Golino, psicologa ignara della viscidità del marito tramite la quale Serena conoscerà Luca, impersonato da Giovanni Anzaldo. Spettatore, che cos'è l'illecito? Mentire alle autorità per proteggere la persona che si ama? Fare accordi sottobanco per salvare la reputazione del proprio figlio? Questa è una delle innumerevoli riflessioni che sembra proporci Virzì nella carrellata di luoghi comuni che ci fa vedere senza filtri, superati I quali sembra riporre una certa fiducia nella generazione successiva: Serena è il personaggio più positivo della vicenda, diciottenne molto matura e totalmente disinteressata alla ricchezza del suo ragazzo Massimiliano che si innamorerà di Luca, minorenne umile che abita solo con lo zio con una denuncia alle spalle e una grande fragilità psicologico. Uno schiaffo emotivo a mio parere molto forte, uno dei migliori film degli ultimi anni, un piacere che non dovete negarvi.
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(di gabry)
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melvin ii
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domenica 26 gennaio 2014
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nè carne nè pesce
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Un film di Paolo Virzì, con Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio,Giovanni Anzaldo e Matilde Gioli
Liberamente tratto dal thriller di Stephen Amidon, ambientato nel Conneticut.
Non ho letto il libro, ma “l’adattamento” di Virzì in Brianza non convince.
Il film parte da un tragico incidente di un ciclista speronato da un’auto pirata in una fredda notte d’inverno.
Virzì ricostruisce la dinamica dell’incidente attraverso le vicende dei protagonisti.
Film è diviso in capitoli.
Con lo scorrere dei capitoli, scopriamo, Dino Ossola interpretato da Bentivoglio, un’ ambizioso agente immobiliare cosi desideroso di fare il salto di qualità nella vita che investe i risparmi di una vita in una rischiosa e spericolata operazione di Borsa gestita dallo spregiudicato manager Gifuni.
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Un film di Paolo Virzì, con Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio,Giovanni Anzaldo e Matilde Gioli
Liberamente tratto dal thriller di Stephen Amidon, ambientato nel Conneticut.
Non ho letto il libro, ma “l’adattamento” di Virzì in Brianza non convince.
Il film parte da un tragico incidente di un ciclista speronato da un’auto pirata in una fredda notte d’inverno.
Virzì ricostruisce la dinamica dell’incidente attraverso le vicende dei protagonisti.
Film è diviso in capitoli.
Con lo scorrere dei capitoli, scopriamo, Dino Ossola interpretato da Bentivoglio, un’ ambizioso agente immobiliare cosi desideroso di fare il salto di qualità nella vita che investe i risparmi di una vita in una rischiosa e spericolata operazione di Borsa gestita dallo spregiudicato manager Gifuni.
Seguiamo la Tedeschi nella sua“dorata” vita di moglie di Gifuni.
Un passato d’attrice di teatro”, un presente di noia e mondanità con l’illusione di un cambiamento, quando conosce il “cupo” Lo Cascio.
Con Serena, figlia di Ossola, interpretata dalla brava ed esordiente Matilde Gioli, osserviamo il mondo vacuo e futile della gioventù brianzola.
Il film ha un ritmo lento e poco incalzante, nonostante sia stato presentato come un thriller.
I dialoghi non convincono, spesso banali ed scontati
Bentivoglio e soprattutto la Tedeschi danno credibilità ed intensità al film
Gifuni rimane un buon attore di fiction, ma non dà sostanza e carisma al suo personaggio.
Senza lode e senza infamia la performance della Golino.
Il capitale umano vorrebbe essere una critica a un modo di fare e soprattutto di pensare di larga parte del nostro Paese, ma risulta sterile ed retorico, come spesso capita al cinema italiano d’oggi.
Il film resta incompiuto , anche se ben diretto.
Il finale non “sazia” rispetto alle attese delle vigilia
Nè carne, né pesce, pensa il perplesso spettatore all’uscita del cinema.
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angelo bottiroli - giornalista
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sabato 25 gennaio 2014
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film di grande livello, da vedere
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Tanto di cappello di fronte a questo film di Paolo Virzì (Tutti i santi giorni e La prima cosa bella) che ho trovato di una bellezza straordinaria, sotto molti punti di vista.
Innanzi tutto nel raccontare la vita personale dei protagonisti e non soltanto i tre su cui si sofferma il regista.
Raccontando la stessa storia vista da tre diversi punti di vista, infatti, si riesce a comprendere anche la vita anche degli altri personaggi, il loro modo di pensare e la motivazione delle loro azioni.
Il film è un affresco dei tempi moderni, con una grande vastità di personaggi ambientato nel milanese.
C’è il ricco imprenditore che vive in una villa da sogno, con moglie annoiata e figlio al college fidanzato con la figlia di un piccolo imprenditore, la compagna di quest’ultimo psicologa nella sanità pubblica.
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Tanto di cappello di fronte a questo film di Paolo Virzì (Tutti i santi giorni e La prima cosa bella) che ho trovato di una bellezza straordinaria, sotto molti punti di vista.
Innanzi tutto nel raccontare la vita personale dei protagonisti e non soltanto i tre su cui si sofferma il regista.
Raccontando la stessa storia vista da tre diversi punti di vista, infatti, si riesce a comprendere anche la vita anche degli altri personaggi, il loro modo di pensare e la motivazione delle loro azioni.
Il film è un affresco dei tempi moderni, con una grande vastità di personaggi ambientato nel milanese.
C’è il ricco imprenditore che vive in una villa da sogno, con moglie annoiata e figlio al college fidanzato con la figlia di un piccolo imprenditore, la compagna di quest’ultimo psicologa nella sanità pubblica.
Attorno a questi 5 personaggi se ne aggiungono altri in un affresco milanese di grande attualità che ruota attono ad una festa per vip e a diversi drammi familiari.
Ottima la trama, e l’interpretazione degli attori, ma tra tanti nomi famosi come Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi, a me è piaciuta la giovane Matilde Gioli: al suo debutto come attrice, ha dimostrato grande personalità, capacità dialettica, espressività e tante altre doti.
Siamo di fronte ad un gran bel film, insomma, realizzato con abile regia, ottime inquadrature, con i personaggi tutti abilmente collegati tra di loro, che merita di essere visto.
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