
Titolo originale | Beau Is Afraid |
Anno | 2023 |
Genere | Commedia, Drammatico, |
Produzione | Canada, USA |
Durata | 179 minuti |
Regia di | Ari Aster |
Attori | Joaquin Phoenix, Patti Lupone, Amy Ryan, Nathan Lane, Kylie Rogers Denis Ménochet, Parker Posey, Zoe Lister-Jones, Michael Gandolfini, Stephen McKinley Henderson, Joe Cobden, Hayley Squires, Anana Rydvald, Richard Kind, Armen Nahapetian, Julia Antonelli, Théodore Pellerin, Stephanie Herrera, Lily Bird. |
Uscita | giovedì 27 aprile 2023 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14 |
MYmonetro | 2,96 su 30 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 26 aprile 2023
Il pavido Beau, introverso e facile preda di ansie e ossessioni, si appresta a mettersi in viaggio per far visita a sua madre; ma, alla vigilia della partenza, intorno a lui esplode il caos. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Golden Globes, 1 candidatura a ADG Awards, In Italia al Box Office Beau ha paura ha incassato 477 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Il quarantanovenne Beau soffre di gravi disturbi mentali ed è ancora vergine perché convinto dalla madre che se raggiungesse l'orgasmo morirebbe - come accaduto (gli si dice) a suo padre nel momento in cui l'ha concepito. Vive nella paranoia e immagina la città intorno a lui come un inferno, in cui un serial killer si aggira nudo per le strade e i cadaveri vengono lasciati marcire in mezzo agli incroci. Dovrebbe partire per raggiungere la madre, ma in una sequela di atti mancati riesce a farsi rubare le chiavi di casa e il bagaglio, inoltre un incidente con uno psicofarmaco precipita ulteriormente la sua condizione psichica. Investito da un'auto, si risveglia a casa degli amorevoli Roger e Grace, ma non è che la prima tappa di un viaggio allucinante...
Come nell'Ulisse di Joyce, un protagonista ebreo attraversa un'Odissea interiore, che dilata una vicenda di per sé relativamente ordinaria in un inarrestabile flusso di coscienza.
Beau perde però molto presto qualsiasi contatto con la realtà e la sua è una discesa nel delirio, che trasfigura elementi, desideri e incubi della sua esistenza. C'è per esempio una figura che chiede aiuto, ma che allo stesso tempo è anche una presenza minacciosa, una sorta di fratello mancato, come il gemello di Beau che appare in uno degli ultimi atti del film. La figura che chiede aiuto è in fondo Beau stesso, così come la rabbia del "fratello putativo" Jeeves è quella che Beau, per tutta la vita, non ha mai saputo liberare.
Allo stesso modo la presenza paterna, a tratti saggia e quasi catartica, a tratti mostruosa e grottesca, dipinge un rovello psichico insolubile per il protagonista che non l'ha mai conosciuto. Beau è sostanzialmente un inetto nel senso più pieno del termine, non solo per la emblematica verginità, ma perché la sua vita non sembra ammontare a nulla, totalmente schiacciata dalla figura materna.
Non a caso il film si apre con un parto, visto più o meno in soggettiva, e si chiuderà in una caduta nell'acqua, come in un ritorno al liquido amniotico. Nel prologo sentiamo la voce della madre disperata perché il figlio non respira e solo quando finalmente piange, il film volta pagina e ci ritroviamo con Beau adulto dal suo psicanalista, che lo cura con psicofarmaci. Farmaci onnipresenti nella casa di Roger e Grace, che nel secondo atto lo adottano e lo accudiscono quasi come un bambino, in una sorta di contraltare all'assoluto isolamento in cui viveva nel suo appartamento. Ma tanto la solitudine, quanto una famiglia che non vuole lasciarlo andare, sono soffocanti.
Beau, nel terzo atto, arriva così a trasfigurare la propria vita in uno spettacolo teatrale nel mezzo della foresta. È di certo la sezione più visivamente suggestiva del film, che fa ricorso anche a tecniche di animazione e ricorda per certi versi il cinema di Michel Gondry e pure il suo videoclip per il brano Bachelorette di Björk. Infatti anche qui la rappresentazione teatrale arriva a rimettere in scena se stessa, in un gioco di specchi che rischia di precipitare Beau nel solipsismo. Il protagonista crederà tanto al proprio racconto da immaginare di aver avuto persino dei figli. Solo l'apparizione, più o meno fantasmatica, della figura paterna lo scrollerà da questo sogno, costringendolo a procedere nel viaggio verso casa.
Negli ultimi atti Beau ritroverà la fiamma di gioventù, ma soprattutto si confronterà con la madre, prima in un violento faccia a faccia e poi in un kafkiano processo, dove le sue colpe si fanno schiaccianti. In tutta questa astrazione, realizzata spesso con piglio visionario e sorretta dalla coraggiosa interpretazione di un Joaquin Phoenix angosciato da costanti straniamenti, Ari Aster firma un film davvero personale. Si lascia alle spalle la struttura di genere dell'horror, ma come già esplicita il titolo non abbandona la paura e giunge a un finale nerissimo - ammorbidito solo da un tono spesso comicamente assurdo.
Le idee di messa in scena non mancano e la realizzazione fotografica e coreografica è mirabile, così come le interpretazioni di altri attori oltre a Phoenix (Patti LuPone, Amy Ryan, Nathan Lane, Denis Ménochet e Richard Kind su tutti), ma il film procede per fasi sempre più assurde e la tensione finisce confinata a livello esclusivamente intellettuale.
Beau ha paura può in sostanza essere fruito, ma pure rifiutato, solo come un puzzle simbolico. Tenta di portare all'estremo il rapporto con figure genitoriali castranti - in questo ricorda anche quello tra Tony Soprano e sua madre Livia, evocato pure dal casting di Michael Gandolfini - però risulta troppo autoindulgente.
La produzione di A24 sembra aver concesso al regista tanta libertà da non dargli alcun limite e il film, di accumulo in accumulo, è lievitato fino a tre esasperanti ore di durata. Se regge per i primi tre atti, grazie alla sua concentrazione stilistica, arriva stanco al finale e nel minutaggio disperde la propria forza. Anche perché, a differenza del già citato Ulisse, continua a girare - a volte a vuoto - intorno a un solo limitato personaggio.
Dopo Hereditary - Le radici del male e Midsommar - Il villaggio dei dannati il giovane e acclamato regista Ari Aster torna al cinema con il film più divertente e sopra le righe della sua carriera. Mescolando mistero e humor nero, Beau ha paura racconta il viaggio folle e immersivo di un uomo ansioso e paranoico, intento a raggiungere la casa della madre. Quella che Beau dovrà affrontare è un'odissea costellata da pericoli e minacce soprannaturali, che metteranno a dura prova la sua psiche, facendo emergere le sue paure più profonde.
A ricoprire le vesti del protagonista doveva essere originariamente Billy Mayo, collaboratore di lunga data di Aster, deceduto nel 2019. A sostituirlo troviamo Joaquin Phoenix, vincitore nel 2020 di un Oscar e un Golden Globe per la sua interpretazione di Joker nell'omonimo film della DC diretto da Todd Phillips.
Accanto a Phoenix altre stelle del cinema, e soprattutto del teatro americano: Emy Ryan, Nathan Lane e Stephen McKinley Henderson. Quest'ultimo ha parlato delle interazioni tra Aster e Phoenix sul set del film, ponendo l'accento sulla loro chimica, che ha consentito di migliorare costantemente il lavoro nel corso delle riprese.
Distribuito in Italia da I Wonder Pictures, Beau ha paura è un horror surrealista tratto da un cortometraggio del 2011 dello stesso Aster, girato in un'unica giornata e intitolato Beau. Il corto racconta la storia di un uomo di mezza età intento a lasciare casa per andare a far visita alla madre. In un momento di distrazione gli vengono tuttavia rubate le chiavi del proprio appartamento in modo misterioso: da quest'evento prende forma per il protagonista un terribile incubo. E l'incubo ritorna anche nel lungometraggio, che inizialmente doveva chiamarsi Disappointment Boulevard, poi cambiato in Beau Is Afraid. Descritto da Aster come una "stravagante commedia da incubo", il film vede la partecipazione di Pawel Pogorzelski, direttore della fotografia anche in Hereditary e Midsommar.
Ancora una volta Aster collabora con la casa di produzione A24, che con Beau ha paura firma un lungometraggio ad alto budget, le cui riprese sono state effettuate interamente in Canada, a Saint-Bruno-de-Montarville, un sobborgo fuori dall'isola di Montreal.
Insomma, tra la partecipazione di professionisti di alto profilo e l'alto budget a disposizione, la terza fatica di Aster sembra promettere al pubblico una profonda tragicommedia freudiana, che mischia umorismo nero e immaginazione per parlare di senso di colpa e repressione.