mauro.t
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giovedì 11 maggio 2023
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odissea psichica con temi abusati.
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Beau, un 49enne disturbato che vive in una zona degradata e piena di umanità pericolosa, decide di mettersi in viaggio per andare a trovare mamma. Prima di chiudere casa però, gli rubano chiavi e trolley. Quando telefona alla madre per spiegarle le difficoltà, sembra che questa sia defunta. Lì inizia una vera e propria odissea, meno eroica di quella di Omero e più terrificante di quella di Joyce. Sarà ospitato dall’inquietante famiglia di un medico prodigo nel prescrivere psicofarmaci con annessa figlia ostile e ospite pericoloso; assisterà poi alla rappresentazione teatrale di uno strano gruppo, nella quale si identificherà; proseguirà più avanti verso la casa della madre per partecipare almeno al funerale.
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Beau, un 49enne disturbato che vive in una zona degradata e piena di umanità pericolosa, decide di mettersi in viaggio per andare a trovare mamma. Prima di chiudere casa però, gli rubano chiavi e trolley. Quando telefona alla madre per spiegarle le difficoltà, sembra che questa sia defunta. Lì inizia una vera e propria odissea, meno eroica di quella di Omero e più terrificante di quella di Joyce. Sarà ospitato dall’inquietante famiglia di un medico prodigo nel prescrivere psicofarmaci con annessa figlia ostile e ospite pericoloso; assisterà poi alla rappresentazione teatrale di uno strano gruppo, nella quale si identificherà; proseguirà più avanti verso la casa della madre per partecipare almeno al funerale. Il finale sorprenderà Beau oltre allo spettatore e lo riporterà verso l’origine dei suoi incubi.
Inutile cercare di distinguere le vicende reali da quelle che sono frutto della mente malata del protagonista. Il film inizia promettendo un’immersione in una mente patologicamente ansiosa e perdente, ma poi prende strade troppo battute e note. Belle le immagini iniziali del parto, ma la scena all’interno della storia risulta superflua, eccessiva, forse goffamente esplicativa. Apprezzabile il tentativo di rappresentazione di una società malata, di periferie degradate, di famiglie apparentemente illuminate ma totalmente squilibrate. Però poi c’è una caduta con la solita incursione del teatro come strumento di autocoscienza e di elevazione spirituale, e soprattutto alla fine il film crolla con un coacervo di temi psicanalitici abusati da decenni: una madre forte e castrante, un padre assente, il senso di colpa e di inadeguatezza. Quando vai su questi temi, non puoi ignorare che sono stati trattati in lungo e in largo da grandi scrittori fino ai film di serie B. Manca il guizzo, lo scarto, l’originalità. Tutto si perde nei cliché psicanalitici, distante dalla ironia di Woody Allen e lontanissimo dalla complessità di Kafka.
Eccessiva la durata di tre ore per un film dove il grottesco non si coniuga bene con l’ironia e l’horror non riesce a sposare l’indagine della psiche. Peccato sprecare così il talento di J. Phoenix.
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storyteller
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lunedì 19 giugno 2023
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echi di "synecdoche, new york" e "mother!"
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"Beau ha paura" è il degno successore dei due film sopracitati, e lo dico nell'accezione più lusinghiera possibile.
Non sarà un elevated horror alla maniera di "Hereditary" né eredita (perdonate il gioco di parole) la compostezza formale di "Midsommar", ma di certo è frutto di una visione peculiare e accuratamente cesellata negli anni, che trova la propria consacrazione nell'eccesso, nella ridondanza visiva e contenutistica, e riesce a sorprendere per tutte e tre le ore di durata.
Una pellicola sfaccettata, ricca d'inventiva, disgustosa e soprattutto divertente dall'inizio alla fine, come solo le opere che bilanciano meraviglia e orrore sanno essere.
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"Beau ha paura" è il degno successore dei due film sopracitati, e lo dico nell'accezione più lusinghiera possibile.
Non sarà un elevated horror alla maniera di "Hereditary" né eredita (perdonate il gioco di parole) la compostezza formale di "Midsommar", ma di certo è frutto di una visione peculiare e accuratamente cesellata negli anni, che trova la propria consacrazione nell'eccesso, nella ridondanza visiva e contenutistica, e riesce a sorprendere per tutte e tre le ore di durata.
Una pellicola sfaccettata, ricca d'inventiva, disgustosa e soprattutto divertente dall'inizio alla fine, come solo le opere che bilanciano meraviglia e orrore sanno essere.
Fortuna che esistono ancora registi che non hanno paura di osare (e case di produzione disposte a investire milioni nei loro progetti).
La parte animata, realizzata dagli autori di "The Wolf House" e mediata dal contesto teatrale, riesce a tracciare in modo brillante un volubile confine tra coscienza ed esperienza. Per quanto riguarda il resto, non posso dire di identificarmi col protagonista perché non ho mai avuto una madre castrante né crisi dissociative... ma sospetto che a chi soffre d'ansia il mondo appaia un po' così.
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(di giupili)
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figliounico
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giovedì 4 maggio 2023
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sprofondati nel brodo primordiale
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La prima mezz’ora lascia ben sperare. L’atmosfera straniante, la realtà urbana distopica e degradata all’eccesso che contrasta con la musica leggera della colonna sonora, le scene ispirate al grottesco alternate a quelle di tono drammatico, la grande interpretazione di Phoenix, calato in un personaggio, patetico e comico al contempo, che richiama alla mente quello straordinario di Joker, tutto concorre in una sintesi perfetta a creare l’aspettativa di un capolavoro. In sala di montaggio non ha, però, purtroppo, funzionato qualcosa. Aster non ha tagliato le scene superflue e così un film che avrebbe potuto esprimersi al meglio in circa due ore ne dura una in più. Ad un certo punto nel mezzo del boschetto dove si allestisce uno spettacolo teatrale, che si combina malamente con un film d’animazione tipo Loving Vincent, diventa insopprimibile lo sbadiglio che involontariamente sanziona un’opera che avrebbe meritato un entusiastico applauso se fosse continuata sviluppando in modo coerente e visionario il promettente inizio.
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La prima mezz’ora lascia ben sperare. L’atmosfera straniante, la realtà urbana distopica e degradata all’eccesso che contrasta con la musica leggera della colonna sonora, le scene ispirate al grottesco alternate a quelle di tono drammatico, la grande interpretazione di Phoenix, calato in un personaggio, patetico e comico al contempo, che richiama alla mente quello straordinario di Joker, tutto concorre in una sintesi perfetta a creare l’aspettativa di un capolavoro. In sala di montaggio non ha, però, purtroppo, funzionato qualcosa. Aster non ha tagliato le scene superflue e così un film che avrebbe potuto esprimersi al meglio in circa due ore ne dura una in più. Ad un certo punto nel mezzo del boschetto dove si allestisce uno spettacolo teatrale, che si combina malamente con un film d’animazione tipo Loving Vincent, diventa insopprimibile lo sbadiglio che involontariamente sanziona un’opera che avrebbe meritato un entusiastico applauso se fosse continuata sviluppando in modo coerente e visionario il promettente inizio. Il tema centrale si può riassumere nel rapporto patologico ed angustiante con la madre padrona nella circolarità di una vita che nasce, sogna e muore nel grembo materno, passando attraverso una serie di metafore del liquido amniotico, dalla lotta col gemello fantasma in una vasca da bagno alla fuga in barchetta in una piscina coperta da una volta artificiale che ricorda quella di The Truman show. In alcune scene i dialoghi sono esasperatamente lunghi e contorti, ma Aster, ancora purtroppo, per lui e per noi spettatori, non è Bergman ed il parlato eccessivo diluisce la tensione in un brodo primordiale e smorza l’attenzione invitando alla pennica, complice la comoda poltrona e lo spettacolo pomeridiano.
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imperior max
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mercoledì 3 maggio 2023
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quando la paura è dentro di noi sin dalla nascita e prende svariate forme con gli anni.
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E dopo Nope di Peele e The Northman di Eggers anche il nostro Ari Arister è in careggiata col suo terzo film, BEAU HA PAURA con Joaquin Phoenix. Beau, un uomo di mezz’età con i più alti complessi al mondo, deve andare a trovare sua madre della quale prova tanto amore quanto esserne timorato. Nel farlo affronterà un viaggio man mano sempre più surreale, distorto e grottesco.
Stavolta è un film impegnativo dato che parla tanto di metafore, immagini, figure allegoriche, situazioni non proprio normali, ma significative e rimandi al classicismo greco come il complesso di Edipo o la tragedia di Medea. Anche un po’ di Dante nella struttura. Eppure la narrazione ha una bella linea retta, fuorviata alla lunga solo poche volte per entrare nella testa del protagonista.
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E dopo Nope di Peele e The Northman di Eggers anche il nostro Ari Arister è in careggiata col suo terzo film, BEAU HA PAURA con Joaquin Phoenix. Beau, un uomo di mezz’età con i più alti complessi al mondo, deve andare a trovare sua madre della quale prova tanto amore quanto esserne timorato. Nel farlo affronterà un viaggio man mano sempre più surreale, distorto e grottesco.
Stavolta è un film impegnativo dato che parla tanto di metafore, immagini, figure allegoriche, situazioni non proprio normali, ma significative e rimandi al classicismo greco come il complesso di Edipo o la tragedia di Medea. Anche un po’ di Dante nella struttura. Eppure la narrazione ha una bella linea retta, fuorviata alla lunga solo poche volte per entrare nella testa del protagonista. Qui Phoenix è fenomenale, espressivo sempre, anche quando sta’ immobile e in silenzio per lunghi istanti a non fare niente. La regia è molto quadrata, si prende i suoi tempi, gioca di silenzi e rumori roboanti, di inquadrature in prima e terza persona e un montaggio col giusto ritmo con momenti di tensione pura. Le parti oniriche in animazione sono belle girate. Le musiche sono in gran parte diegetiche e ben azzeccate. Non è un horror o un film che fa’ paura, ma piuttosto è un dramma grottesco e surreale con sfumature ad alti picchi di terrore. Come se a furia di stare a vedere sempre un uomo che è pieno di paure ed insicurezze si finisce per provarle con lui. Almeno una decina di scene rimarranno ceralaccate nella memoria.
Le tre ore possono sembrare spaventosamente lunghe, ma le tante cose narrate e la morbosa curiosità di sapere chi fossero i suoi genitori, se la sua condizione fisica-mentale sia veramente quella che è e a capire di più sul suo passato terranno incollati allo schermo. D’altronde parla di amore distorto e mancato, di sensi di colpa, paure che hanno tutti che prendono forma, di ricordi e sogni infranti, ma anche di morte in un certo senso e di castrazione mentale.
Sarà divisivo, dato che soprattutto nel finale lo spettatore avrà libera interpretazione, esattamente come voleva il regista. Un po’ come un Garland o Aronofsky. Stavolta merita veramente una visione, se non tre.
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