Nato a Nuova Delhi nel 1946 da padre inglese e madre austriaca, Michael Radford studia ad Oxford per poi iscriversi alla National Film School. Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta realizza alcuni documentari per la BBC come The Last Stronghold of the Pure Gospel, Three Men Up a Goat e La Belle Isobel. Tra gli altri spicca Van Morrison in Ireland (1980), un'ora scarsa di esibizione dal vivo del cantautore irlandese registrata a Belfast nel febbraio del 1979 con la fotografia del grande Roger Deakins, abituale operatore dei fratelli Coen, col quale il regista lavorerà più volte. E' dello stesso anno l'esordio nel racconto di finzione con The White Bird Passes (1980), ispirato ad un romanzo di Jessie Kesson e prodotto dalla televisione. Nel 1983 firma un titolo che buona parte della critica ritiene ancora tra i suoi migliori, Another Time, Another Place - Una storia d'amore (1983). Sempre tratto da un romanzo della Kesson, il film prodotto da Channel Four con le magiche luci di Deakins - perfettamente capaci di sottolineare il passaggio dall'inverno alla primavera - racconta della fugace storia d'amore, ambientata nella Scozia del '44, tra un prigioniero di guerra italiano e una contadina sposata; sebbene girata per la televisione, la pellicola ebbe anche una distribuzione nelle sale.
Dal Grande Fratello all'Italia del Sud
Orwell 1984, il passo successivo, è la trasposizione - prodotta nello stesso anno immaginato dal romanzo - dell'attualissimo capolavoro di George Orwell, un'opera di efficace confezione, recitata benissimo da John Hurt e Richard Burton, variamente amata e odiata. Sempre Hurt è tra gli interpreti del successivo Misfatto bianco (1987), esangue storia di tradimenti nell'Africa coloniale segnata da un eccessivo formalismo nella messa in scena. Sette anni di silenzio portano al titolo più noto: Il postino (1994), ispirato al romanzo Ardiente Paciencia di Antonio Skármeta, scritto da Radford insieme a Furio e Giacomo Scarpelli, Anna Pavignano e all'attore protagonista Massimo Troisi, che morì poche ore dopo la fine delle riprese. Anche per questa sua componente testamentaria riferibile alla scomparsa del regista-attore napoletano, è un lavoro in cui risulta quasi impossibile scindere il fattore emozionale da quello propriamente artistico, per la cui riuscita sono essenziali le interpretazioni di Trosi e Noiret, un credibilissimo Pablo Neruda che insegna valore e forza della poesia ad un giovane disoccupato del Sud Italia incaricato di recapitargli la posta.
Grandi attori e vecchie passioni
Confondendo di nuovo le piste, il cineasta inglese dirige B. Monkey - Una donna da salvare (1998), con Asia Argento e Rupert Everett, discutibile noir con storia d'amore incorporata che aspetta due anni in sala di montaggio prima di essere distribuito. Ritorna in carreggiata con il ben migliore Dancing at the Blue Iguana (2000), inaspettato ed efficace ritratto di alcune spogliarelliste che sognano una vita diversa. A conferma della sua ecletticità, seguono un'efficace, ma troppo calligrafica trasposizione dello shakespeariano Il mercante di Venezia (2004) con Al Pacino e Jeremy Irons e Un colpo perfetto (2007) con Michael Caine e Demi Moore, scatenati in un crime-movie calato nella Londra degli anni Sessanta. Quattro anni dopo, Radford torna alla forma documentaria, esplorata ai tempi dei primi incarichi per la BBC, con Michel Petrucciani-Body & Soul (2011), appassionato ritratto del pianista jazz francese colpito da osteogenesi imperfetta.
Michel Petrucciani era alto meno di un metro e suonava il pianoforte come pochi uomini sulla terra. Simili misure ha suo figlio Alex, diventato anche lui musicista dopo aver perso il padre, a 9 anni: «Lui era il mio eroe», dice sicuro. Anche se, aggiunge poi senza imbarazzo, non ha mai avuto il coraggio di suonare davanti a lui. Ora che la vita di Michel Petrucciani, uno dei più apprezzati jazzisti del mondo, è diventata un film-documentario in sala dal 22 giugno, per il figlio Alex è arrivato il momento di riappacificarsi con il mito paterno
Ci sono storie d'amore burrascose che hanno fatto epoca nel mondo del cinema. Ma quella che forse ha più appassionato e diviso l'opinione pubblica internazionale fu quella tra Roberto Rossellini e l'attrice svedese Ingrid Bergman, al centro di un triangolo amoroso che alla fine degli anni Quaranta esplose tra gli splendidi scenari incontaminati delle Eolie. Mettendo fine alla relazione che il regista aveva già con Anna Magnani e innescando una reazione a catena che portò alla produzione di due film "gemelli" eppure diversissimi, proprio come le rispettive protagoniste