bordata
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giovedì 8 marzo 2012
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disastro planetario.
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A parte qualche buona immagine, il bello di 'sto film è stata l'opera del pianeta MELANCHOLIA che in un lampo è riuscito a togliere di mezzo i noiossissimi protagonisti del film!
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mahleriano
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lunedì 5 marzo 2012
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film molto bello, ma con qualche critica.
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Film diviso in tre parti: un prologo, bellissimo, fatto di immagini e sequenze splendide, della durata di poco meno di dieci minuti, che in breve lascia intuire la sciagura che di lì a poco si abbatterà sulla Terra. Una seconda parte della durata di circa un'ora, dedicata a una delle due protagoniste e al suo matrimonio appena celebrato che si evolve nel giro di poche ore verso un completo disastro. Decisamente la meno riuscita. Perché l'intero intreccio di fatto spesso si risolve in una sequenza di atti o dialoghi più o meno forzati, fini a sé stessi, o in certi casi ridicoli: e soprattutto quasi sempre volutamente incomprensibili, dunque alla lunga decisamente stancanti.
Rimane comunque un fascino legato spesso alle atmosfere e ai colori, che si mantengono con una dominante giallastra per tutta la seconda parte per poi sconfinare in una più algida dominante azzurra nella terza.
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Film diviso in tre parti: un prologo, bellissimo, fatto di immagini e sequenze splendide, della durata di poco meno di dieci minuti, che in breve lascia intuire la sciagura che di lì a poco si abbatterà sulla Terra. Una seconda parte della durata di circa un'ora, dedicata a una delle due protagoniste e al suo matrimonio appena celebrato che si evolve nel giro di poche ore verso un completo disastro. Decisamente la meno riuscita. Perché l'intero intreccio di fatto spesso si risolve in una sequenza di atti o dialoghi più o meno forzati, fini a sé stessi, o in certi casi ridicoli: e soprattutto quasi sempre volutamente incomprensibili, dunque alla lunga decisamente stancanti.
Rimane comunque un fascino legato spesso alle atmosfere e ai colori, che si mantengono con una dominante giallastra per tutta la seconda parte per poi sconfinare in una più algida dominante azzurra nella terza. Ed è in questa parte, anch'essa della durata di circa un'ora, in cui si arriva a una visione della fine del mondo con un impatto sullo spettatore di una potenza straordinaria e realmente angosciante sia visivamente che per il ricorso a un espediente sonoro molto efficace: un rombo sordo che progressivamente e inesorabilmente accresce sempre più la sua intensità nell'ultimo quarto d'ora del film. Qualche caduta di stile c'è anche qui: risibile la proposta di bere vino ascoltando la nona di Beethoven, aspettando la fine, né a molto vale l'esplicita replica che di "stronzata" trattasi, appunto. Provate a tagliare quella sequenza e vi accorgerete che la storia non ne avrebbe perso, anzi. Il lato a mio parere debole del film consiste nel voler inserire costantemente "componenti psicologiche" e dialoghi spesso pretestuosi e inutili (uno per tutti, l'unicità della vita nell'universo...!) quando non ve ne sarebbe stato alcun bisogno pressante: la macchinosità dell'ingranaggio che a tutti i costi alterna logicità e illogicità, e che in certi momenti sembra quasi voler imitare Lynch, a mio avviso alla lunga lo imprigiona.
Infine, per tutto il film ricorre un'unica, importante, colonna sonora: il preludio di Tristano e Isotta. Analizzando con attenzione tutti i momenti in cui la musica appare, sono però arrivato a una conclusione un po' sconcertante. Spesso non ho trovato un reale nesso fra le situazioni descritte e la musica, con poche eccezioni, in cui il punto di contatto è proprio la bellezza delle immagini e della musica insieme: il prologo, la scena, stupenda, in cui la protagonista si espone nuda alla luce del pianeta Melancholia, e la fine. Sinceramente, durante il film, il dubbio di captatio benevolentiae per la bellezza intrinseca della musica potrebbe anche insinuarsi nei più smaliziati... Bello, azzeccato e in tema, invece, l'attacco tenebroso e sinistro del terzo atto durante i titoli di coda, dopo un lungo e altrettanto azzeccato silenzio.
Film che rimane comunque decisamente difficile da dimenticare nel suo complesso, per la bellezza inquietante della sua prima e soprattutto ultima parte, intrisa di un'amara mancanza di salvezza in generale e nello stesso tempo per la stupenda illusione finale: una capanna magica di riparo, dal sapore primitivo, che sembra unire gli albori della vita all'istante della fine! Immagine meravigliosa.
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stabeinrhapsody
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lunedì 5 marzo 2012
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melancholia: predizione o metafora della vita?
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Solitamente io non sono una di quelle persone che si diverte a fare ipotesi su film. Anche perchè c'è da dire che i film che escono di recente non sono così sofisticati da poter far pensare più di tanto lo spettatore. Ma v'è sempre l'eccezione alla regola, e quell'eccezione si chiama Melancholia, il nuovo Capolavoro firmato Lars Von Trier, che propone una versione molto "sofisticatragica" del genere Fantascienza. In fondo, però, questo non è un film fantascientifico. Non è una commedia. Non è un film drammatico. Non è il solito film che si va a vedere al cinema tanto per far passare il tempo. Questo è qualcosa che, a parer mio come quasi tutte le opere di Lars, va oltre il semplice concetto di Cinema.
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Solitamente io non sono una di quelle persone che si diverte a fare ipotesi su film. Anche perchè c'è da dire che i film che escono di recente non sono così sofisticati da poter far pensare più di tanto lo spettatore. Ma v'è sempre l'eccezione alla regola, e quell'eccezione si chiama Melancholia, il nuovo Capolavoro firmato Lars Von Trier, che propone una versione molto "sofisticatragica" del genere Fantascienza. In fondo, però, questo non è un film fantascientifico. Non è una commedia. Non è un film drammatico. Non è il solito film che si va a vedere al cinema tanto per far passare il tempo. Questo è qualcosa che, a parer mio come quasi tutte le opere di Lars, va oltre il semplice concetto di Cinema. E' un'esperienza. Fate voi, in quanto a spettatori, se è un'esperienza di vita o semplicemente un'esperienza visiva. Ma è innegabile il fatto che è totalmente diverso da qualsiasi altro film (soprattutto se recente). La storia si svolge in due capitoli che portano il nome delle due donne che sono, quasi odiosamente ed amabilmente, protagoniste. Una è Justine, interpretata da una bravissima e bellissima Kirsten Dunst; l'altra, sorella della prima, è Claire, un'ottima -come sempre- Charlotte Gainsbourg. Vi sono moltissimi celebri attori in quest'opera, tra i quali Kiefer Sutherland, Charlotte Rampling, John Hurt, e l'inevitabile Udo Kier. Insomma, un cast veramente fantastico. Ma un film, come Von Trier sa benissimo, non si basa sugli effetti speciali nè sul cast. Ed infatti, la storia, per quanto semplice possa essere, contiene (a parer mio) centinaia di piccoli dettagli che possono far riflettere anche il pubblico meno attento. La storia si svolge durante il matrimonio di Justine, nel quale NULLA va bene, facendolo trasformare in una tragedia; e poi, alienando completamente il periodo storico, ma io PENSO sia ambientato una qualche settimana dopo le vicende del primo capitolo, la storia viene ambientata sempre nello stesso luogo, ma vede come protagoniste Claire e le sue fobie, riguardanti il pianeta azzurro Melancholia che lentamente si avvicina verso il pianeta terra e che, però, teoricamente, dovrebbe allontanarsi. Secondo me questo film non sottolinea quasi per nulla l'aspetto fantascientifico del film, ma quello tragico. Il pianeta Melancholia potrebbe benissimo rappresentare la morte, per quanto mi riguarda, perchè lentamente si avvicina sempre di più e FINGE poi di allontanarsi, per poi ritornare ancora più velocemente con conseguenze molto peggiori delle precedenti. Ed è da notare soprattutto la diciannovesima buca del campo da golf, che per tutto il film ad occhio nostro non esiste, in quanto tutti i personaggi sono fermamente convinti che ve ne siano 18. Non è forse così, la morte? Io purtroppo non posso saperlo, ma la immagino così. Poeticamente malvagia, perfida ed egoista. Proprio come il pianeta azzurro del film. E per quanto riguarda la diciannovesima buca, ho concluso che non importa quanto una persona si possa reputare perfetta e precisa, qualcosa sbaglierà sempre anche se non lo saprà mai. Io reputo, personalmente, questo film come uno dei più riusciti del recente Lars Von Trier, che MAI mi ha deluso e spero mai mi deluderà. Insomma: Capolavoro per storia, recitazione, sceneggiatura e direzione (sempre più impeccabile, da non lasciarsi scappare la scena iniziale a rallentatore). Capolavoro, nient'altro che un Capolavoro.
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massimiliano riccardi
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venerdì 24 febbraio 2012
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capolavoro
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Film di grande impatto, i dialoghi contano poco, immagini ed atmosfere che si susseguono come penellate su di una tela fatta di tessuto grezzo e stropicciato. Le due sorelle, due parti di un unica anima, il marito che all'ultimo fugge davanti all'inevitabile cercando una morte solitaria a simboleggiare l'uomo che da egoista abbandona tutti al suo destino dopo aver preso tutto ciò che poteva da questo pianeta, il bambino, innocente e inconsapevole e mantenuto tale sino alla fine.
Un grande ritorno di un grande regista,qui la fantascienza centra poco, tutto ciò che scorre sotto i nostri occhi attiene piuttosto all'arte subliminale.
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Film di grande impatto, i dialoghi contano poco, immagini ed atmosfere che si susseguono come penellate su di una tela fatta di tessuto grezzo e stropicciato. Le due sorelle, due parti di un unica anima, il marito che all'ultimo fugge davanti all'inevitabile cercando una morte solitaria a simboleggiare l'uomo che da egoista abbandona tutti al suo destino dopo aver preso tutto ciò che poteva da questo pianeta, il bambino, innocente e inconsapevole e mantenuto tale sino alla fine.
Un grande ritorno di un grande regista,qui la fantascienza centra poco, tutto ciò che scorre sotto i nostri occhi attiene piuttosto all'arte subliminale.Bellissimo.
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steelybread
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venerdì 10 febbraio 2012
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un capolavoro che ferisce.
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Melancholia è un capolavoro che ferisce. Lars Von Trier dimostra ancora una volta cosa vuole dire fare un cinema libero da paradigmi narrativi e costrizioni commerciali, aprendo il film con una sequenza che, fosse stata furbamente usata nel finale, gli avrebbe fatto togliere non poche soddisfazioni festivaliere.
Egli descrive la nostra condizione di anime perse di fronte all'impossibilità di sottrarci alla fine della nostra esistenza. A nulla valgono tutti i nostri miseri tentativi per evitarne il solo pensiero. Nulla possono l'amore, i sacramenti, il sesso, il credo religioso, il lusso, l'estetica, la scienza, la famiglia, i figli, l'ordine e la razionalità.
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Melancholia è un capolavoro che ferisce. Lars Von Trier dimostra ancora una volta cosa vuole dire fare un cinema libero da paradigmi narrativi e costrizioni commerciali, aprendo il film con una sequenza che, fosse stata furbamente usata nel finale, gli avrebbe fatto togliere non poche soddisfazioni festivaliere.
Egli descrive la nostra condizione di anime perse di fronte all'impossibilità di sottrarci alla fine della nostra esistenza. A nulla valgono tutti i nostri miseri tentativi per evitarne il solo pensiero. Nulla possono l'amore, i sacramenti, il sesso, il credo religioso, il lusso, l'estetica, la scienza, la famiglia, i figli, l'ordine e la razionalità. Von Trier lascia sfilare tutti questi elementi in un atmosfera sospesa, dove di fronte all'imminenza della tragedia finale alla quale siamo tutti destinati, avremmo quasi preferito non nascere. La morte è l'unica cosa con la quale l'uomo, da che è sceso dagli alberi, non è mai riuscito a convivere. L'ha semplicemente superata, ignorandola, con l'invenzione della religione. La visione atea di Von Trier, al contrario di Malick, è priva di ammirazione e non produce speranze ne certezze. Provoca e manifesta rabbia verso l'ingiustizia della natura e l'inevitabile fine di questo pianeta, dove la casualità finisce per dominare qualsiasi esistenza. Non c'è mai conversione ne pentimento, ne, tanto meno, un miraggio di continuità.
Come nella vita, in questo film si aspetta la fine. Se ignorate ciò, vedendolo storcerete sicuramente il naso.
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sergiotti
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giovedì 9 febbraio 2012
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film per "intenditori"?
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il film è di una lentezza incredibile...da vedere con la moka di caffè piena!
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kyotrix
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domenica 5 febbraio 2012
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senza parole
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La corazzata Potemkin del 2011.....Opera darte? si si, siatene pur convinti.....
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avvo1981
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domenica 29 gennaio 2012
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il dipinto della fine del mondo
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Come nella creazione di un dipinto, Lars Von trier miscela i colori e li compone in un fragile equilibrio. Film in due parti. Nella prima, l'atmosfera cupa e il dedalo di labirinti (dell'imponente villa palcoscenico del matrimonio di Justine) la fanno da padrona; kirsten dunst- debole sposa sopraffatta dal malessere di vivere, pianta in asso tutto e tutti preda di un richiamo oscuro. Nella seconda parte, invece, sullo sfondo di un'imminente fine del mondo, è proprio l'eroina Justine a prendere per mano la razionale sorella Claire e il nipotino verso la serena accettazione del declino dell'umanità.
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Come nella creazione di un dipinto, Lars Von trier miscela i colori e li compone in un fragile equilibrio. Film in due parti. Nella prima, l'atmosfera cupa e il dedalo di labirinti (dell'imponente villa palcoscenico del matrimonio di Justine) la fanno da padrona; kirsten dunst- debole sposa sopraffatta dal malessere di vivere, pianta in asso tutto e tutti preda di un richiamo oscuro. Nella seconda parte, invece, sullo sfondo di un'imminente fine del mondo, è proprio l'eroina Justine a prendere per mano la razionale sorella Claire e il nipotino verso la serena accettazione del declino dell'umanità. Paesaggi sconsolati, solitudini immense, simbolismi e richiami artistici per palati raffinati disseminati qua e là, il tutto condito da un cast di stelle all'altezza di una grande prova d'autore non accessibile alla massa.
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osteriacinematografo
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giovedì 19 gennaio 2012
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devastante von trier
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Film d’impatto devastante.
C’è tutta la potenza sinfonica di Von Trier.
Nell’incipit il film è dipinto in un riassunto onirico delirante,
poi tracce di Dogma,ed ecco Festen nella prima parte, ecco la macchina da presa a mano e l’isteria dei commensali,
le nevrosi, la follia sintetizzata ai minimi termini,
tutto che si sfalda, che finisce miseramente.
Nel secondo capitolo c’è la certezza della fine e la reazione dei tipi umani ad essa.
C’è chi ha paura di perdere tutto, chi non regge l’eventualità e non la concepisce, e ne scappa,
chi ha un consapevole disincanto, chi una lucida, asettica rassegnazione.
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Film d’impatto devastante.
C’è tutta la potenza sinfonica di Von Trier.
Nell’incipit il film è dipinto in un riassunto onirico delirante,
poi tracce di Dogma,ed ecco Festen nella prima parte, ecco la macchina da presa a mano e l’isteria dei commensali,
le nevrosi, la follia sintetizzata ai minimi termini,
tutto che si sfalda, che finisce miseramente.
Nel secondo capitolo c’è la certezza della fine e la reazione dei tipi umani ad essa.
C’è chi ha paura di perdere tutto, chi non regge l’eventualità e non la concepisce, e ne scappa,
chi ha un consapevole disincanto, chi una lucida, asettica rassegnazione.
La suddivisione in capitoli, così cara al regista,
non è necessariamente legata alle due protagoniste:
si delineano molteplici punti di vista sotto lo sguardo intermittente di Dunst e Gainsburg,
ma il film asseconda indubbiamente lo sguardo delle due sorelle.
E’ un film che poi non consente di dormire realmente,è un film che vibra e fa tremare.
Il Pianeta Dunst è inesorabile come la fine . La fine assume i caratteri dell’imminenza,
e lei accoglie, nuda, il pianeta che sorge, e su di esso si riflette e s’illumina catarticamente.
Al chiaro di Melancholia tutto si placa. La palese umana involuzione sta proprio nella perdita del legame telepatico con un Pianeta che non siamo più in grado di leggere o “sentire”. Quando la Natura, quando gli animali che ancora ne avvertono i segnali cessano il baccano, rinunciano alla rivoluzione, la consapevolezza congela l’immagine.
Qui si avverte il distacco nello sguardo di una Dunst assente ed alienata, poichè apparentemente involuta -agli occhi di una società distorta- nel suo profondo e innato legame con l’Universo. Il suo disagio è la consapevolezza del male annidato nell’uomo, del punto di rottura con la natura circostante, il disagio di una collocazione impossibile, di un eterno limbo insonorizzato.
Kirsten Dunst riflette l’inesorabile, avverte l’errore umano,
e i suoi comportamenti la relegano ai margini di una società che accetta solo chi ha compreso la logica del gregge.
Lei non prova alcuna pietà per i suoi simili, con un’eccezione:
sceglie di salvaguardare, assecondandola, l’illibata innocenza di un bambino, che poi rappresenta tutti bambini,
di un bambino che come lei sa tutto, ma in modo diverso, di un bambino incontaminato dal circolo vizioso degli umani.Il film è ispirato al cinema di Visconti, sembrano esserci Malick, Kubrick, Lynch, e persino Gilliam per la parte dipinta.
Ci sono soprattutto Lars Von Trier e il suo arrogante imperscrutabile nichilismo cosmico.
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[+] bravo!!!!!!!!!!!!!!!
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momoiro
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domenica 8 gennaio 2012
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tristezza e malinconia
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Semplicemente: brutto.
La parte che ho gradito di più è stato il tanto desiderato scontro con il pianeta sconosciuto: meno male che non si è salvato nessuno.
Tante storie per un paio di corna che poi tanto muoiono tutti, senza contare che un matrimonio del genere avrebbe cmq ucciso tutti indipendentemente dal pianeta.
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