evildevin87
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mercoledì 9 luglio 2014
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suggestivo e inquietante allo stesso tempo
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Dopo averci traumatizzato con il tenebroso e disturbante Antichrist, Lars Von Trier decide, con questo secondo episodio della trilogia della depressione, di stupirci ancora ma stavolta con l'ausilio della spettecolarità delle immagini (oltre all'inquietudine generale).
Lo sfondo apocalittico e fantascientifico si fa strada attraverso un film che ci mostra, nella prima parte, il matrimonio andato allo sfacelo di Justine (Kirsten Dunst) che durante i festeggiamenti mostrerà avere degli squilibri mentali che finiranno per farle perdere tutto ciò che ha: il lavoro, il marito e una buona considerazione da parte della famiglia. Quest'ultima assai egoista e che non si rende conto della gravità dei problemi mentali di Justine, tra una madre insensibile e un padre don giovanni che pensa più alle donne che alle proprie figlie.
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Dopo averci traumatizzato con il tenebroso e disturbante Antichrist, Lars Von Trier decide, con questo secondo episodio della trilogia della depressione, di stupirci ancora ma stavolta con l'ausilio della spettecolarità delle immagini (oltre all'inquietudine generale).
Lo sfondo apocalittico e fantascientifico si fa strada attraverso un film che ci mostra, nella prima parte, il matrimonio andato allo sfacelo di Justine (Kirsten Dunst) che durante i festeggiamenti mostrerà avere degli squilibri mentali che finiranno per farle perdere tutto ciò che ha: il lavoro, il marito e una buona considerazione da parte della famiglia. Quest'ultima assai egoista e che non si rende conto della gravità dei problemi mentali di Justine, tra una madre insensibile e un padre don giovanni che pensa più alle donne che alle proprie figlie. A Justine rimane solo la sorella Claire (Charlotte Gainsbourg), e insieme nella seconda parte avranno a che fare con un problema molto più grande: l'avvicinarsi inesorabile del gigantesco pianeta Melancholia che finirà per entrare in collisione con la Terra, distrugggendola.
Nella pellicola viene mostrata la totale alienazione delle persone affette da depressione che perfino in momenti come la fine del mondo, che normalmente solleverebbero il panico generale, riuscirebbero a mantenere la calma.
C'è da dire che qui Kirsten Dunst (che siamo abituati a vedere sempre incastrata nel ruolo della pulzella dolcina messa in mezzo ad amori impossibili e tormentati) si è dimostrata davvero all'altezza della parte, non certo facile nella sua ecletticità. Davvero spettacolare la fotografia, valorizzata molto da una regia estremamente variegata di Von Trier, che riesce lo stesso a mantenere il suo riconoscibilissimo marchio di fabbrica.
Pellicola che, nella sua lentezza, risulta molto potente e drammatica.
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stefano capasso
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lunedì 26 maggio 2014
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la melancolia che non ha scampo
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Lars Von Trier dipinge con dolorosa profondità la melancolia. La melancolia intesa come patologia, come tristezza di base che ciclicamente cambia e che può assumere tono variabile fino alla depressione.
Ne parla descrivendo due sorelle Justine e Claire, ed un evento catastrofico che si approssima: il passaggio dell'asteroide Melancholia vicino alla terra. Asteroide che simbolicamente è lo stato patologico descritto nel film.
E' una lunga indagine sui caratteri dei protagonisti e sulle situazioni che sono proposte. Nessuno è al riparo da Melancholia, come nessuno può essere veramente immune dalla melancolia.
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Lars Von Trier dipinge con dolorosa profondità la melancolia. La melancolia intesa come patologia, come tristezza di base che ciclicamente cambia e che può assumere tono variabile fino alla depressione.
Ne parla descrivendo due sorelle Justine e Claire, ed un evento catastrofico che si approssima: il passaggio dell'asteroide Melancholia vicino alla terra. Asteroide che simbolicamente è lo stato patologico descritto nel film.
E' una lunga indagine sui caratteri dei protagonisti e sulle situazioni che sono proposte. Nessuno è al riparo da Melancholia, come nessuno può essere veramente immune dalla melancolia. Quando entra nell’orbita della terra o di un individuo inscena un ballo che non ha termine.
Cambia il grado di affezione che le persone sviluppano nei suoi confronti e le situazioni che creano per relazionarvisi.
Lentamente col suo stile frammentato e ipnotico Lars Von Trier fa uscire di scena i personaggi che apparentemente più forti e risoluti risultano invece essere i più fragili agli effetti di Melancholia. Uno ad uno lasciano la scena dopo averla calcato a loro modo, per lasciare il posto alle due sorelle e al bambino di Claire, le tre anime più pure nella relazione con malinconia. E tra Justine e Claire apparentemente così diverse, ma in fondo solo per il mondo di contrastare Melancholia, non per il grado di affezione ad esso, è soprattutto Justine che è quella che ha il contatto più profondo. La sua vita tra cadute nella depressione profonda e tentativi di normalità è disastrosa fino al momento dell'arrivo del pianeta. Allora lei è la più pronta, e sarà lei a prendere per mano la sorella e il figlio per affrontare l’ultimo passo,
E anche a mio avviso il percorso che può compiere lo spettatore. Chi conosce quel sentimento non può rimanerne rapito entrandoci progressivamente e senza possibilità di contrastarlo.
Il linguaggio onirico e visionario di Von Trier, restituisce con una meticolosa profondità emotiva il colore della melancolia, descrivendola con la contradditoria sequenzialità con cui prende piede nell’animo umano
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fabio1957
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martedì 18 marzo 2014
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diverso
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Film estremamente originale, a cavallo tra la fantascienza e il dramma umano-esistenziale.Ha un ritmo cadenzato e si sviluppa in modo bizzarro,altalenando il buio depressivo della protagonista, con le immagini catastrofiche dell'imminente fine del mondo.Non è classificabile con facilità, ma trova una sua grandezza soprattutto nell'atmosfera decadente-crepuscolare.Il regista scava con cognizione di causa nell'animo umano, quello tormentato da angoscia esistenziale, ma che ritrova un suo slancio nell'afflato finale.
Da non perdere
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massi(mo)rdini
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sabato 11 gennaio 2014
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nulla è uno slogan non male!
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E non sarebbe male nemmeno come termine per indicare ciò che ha spinto Lars Von Trier a girare questo capolavoro; nulla in quanto nichilismo, paura del niente e, paradossalmente, di tutto. Il terrore che tutto finisca, la consapevolezza della propria inutilità, il non riuscire a trovare un senso a ciò che ci accade: sono questi i sentimenti che tormentano, nel secondo capitolo del film, Claire (Charlotte Gainsbourg) nel momento in cui vede la vita prossima ad abbandonare sé e il suo pianeta a causa dell'impatto con Melancholia. Definire Melancholia un pianeta sarebbe improprio; quest'ultimo prima ancora di essere un corpo celeste è un'inclinazione all'omonimo umor nero, un male che si impossessa di noi quando siamo ancora sulla terra, o persino al nostro matrimonio.
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E non sarebbe male nemmeno come termine per indicare ciò che ha spinto Lars Von Trier a girare questo capolavoro; nulla in quanto nichilismo, paura del niente e, paradossalmente, di tutto. Il terrore che tutto finisca, la consapevolezza della propria inutilità, il non riuscire a trovare un senso a ciò che ci accade: sono questi i sentimenti che tormentano, nel secondo capitolo del film, Claire (Charlotte Gainsbourg) nel momento in cui vede la vita prossima ad abbandonare sé e il suo pianeta a causa dell'impatto con Melancholia. Definire Melancholia un pianeta sarebbe improprio; quest'ultimo prima ancora di essere un corpo celeste è un'inclinazione all'omonimo umor nero, un male che si impossessa di noi quando siamo ancora sulla terra, o persino al nostro matrimonio. Lo sa bene Justine (la più che mai malinconica Kirsten Dunst), sorella di Claire e novella sposa di Michael, la quale non è mai stata così triste come nel giorno (che dovrebbe essere il) più felice della sua vita. Non sono sufficienti, infatti, l'amore di un uomo, l'affetto di una sorella o il successo lavorativo per placare il malessere di chi si è accorto che la vita è solo un palcoscenico su cui, per di più, si recita una tragedia. Questa (in)aspettata rivelazione sconvolge Justine, che a sua volta sconvolge ciò che le sta intorno: una delle sue prime azioni è infatti la sostituzione, sugli scaffali della biblioteca in cui si è ritirata, dei cataloghi contenenti le confortanti cosmogonie di Malevic con opere pervase da scenari cupi e presagi di morte (Bruegel, Caravaggio, Bosch, Millais). Il regista danese si affida, ancora una volta, al mondo dell'arte per descrivere ciò che è difficile spiegare con le parole. Le luci vengono utilizzate in maniera (e con intenzione) analoga: una fotografia calda, ma artificiale, nel primo capitolo (in cui però la fiamma di una lanterna non esita a bruciarne l'involucro...); luci fredde nella seconda parte, a preannunciare l'inevitabile dramma finale.
Inevitabile poiché non è data alcuna possibilità di salvezza: fuggire non solo è impossibile, dal momento che cavalli, automobili e minicar si rifiutano di allontanarsi dalla villa, ma pure inutile poiché se anche ci fosse un luogo in cui rifugiarsi (la diciannovesima buca in un campo da golf che ne contiene diciotto) l'impatto del pianeta lo travolgerebbe comunque. Ancora una volta è nell'arte che si cerca riparo, in quella grotta magica costruita lavorando ramoscelli come fa la protagonista del quadro di Cranach intitolato, non a caso, come la pellicola di Von Trier. In questa raffigurazione, che è a sua volta debitrice verso l'omonima stampa di Dürer, si nota inoltre un oggetto che vedremo più volte maneggiato dal piccolo Leo, il quale (come i bambini del quadro) si diletta nel misurare con questo arnese la circonferenza di una sfera: Melancholia. Ben presto questa circonferenza si dilaterà fino a raggiungere, fisicamente, quella della Terra e cancellando definitivamente ogni immagine dall'universo e dallo schermo che lo conteneva. Esaurita la suggestione visiva, la musica torna a segnare il tono con cui si succedono gli eventi: nessuna eroica sinfonia, qui la Nona di Beethoveen (suggerita come apocalittica colonna sonora da Claire) viene sostituita dal rassegnato motivo del “Tristano e Isotta” wagneriano e infine da un boato a cui succede ciò da cui siamo partiti: il Nulla.
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snozzillo
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venerdì 13 dicembre 2013
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crollo dell'universo
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“Melancholia” è un film composto da una serie di dipinti; “Melancholia” è un film che non lascia spazio al respiro. Si potrebbero dire tante cose di Melancholia, tutte derivazioni del fatto che Lars Von Trier è chiaramente uno sperimentalista visionario. Il prologo anticipa già l'atmosfera cadente e drammatica del film: con un omaggio a Wagner e all'opera "Tristan und Isolde", ci viene proposta una composizione al rallentatore che riassume le situazioni nelle quali i personaggi si ritroveranno durante tutta la visione.
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“Melancholia” è un film composto da una serie di dipinti; “Melancholia” è un film che non lascia spazio al respiro. Si potrebbero dire tante cose di Melancholia, tutte derivazioni del fatto che Lars Von Trier è chiaramente uno sperimentalista visionario. Il prologo anticipa già l'atmosfera cadente e drammatica del film: con un omaggio a Wagner e all'opera "Tristan und Isolde", ci viene proposta una composizione al rallentatore che riassume le situazioni nelle quali i personaggi si ritroveranno durante tutta la visione. E quest'ultima scorre, quasi come fossero tante diapostive, attraverso una serie di colori, luci, linee, chiaro-scuri, accompagnati da un ripetitivo senso di angoscia che non si stanca mai di ricordarti che: “tra poco succede qualcosa”. Un’ora dedicata a Justine e al suo pomposo matrimonio, che fallisce addirittura prima di poter cogliere il fatto che la povera ragazza è un’inquieta, insoddisfatta, sensibile e depressa. E come la sua malinconia la porta all’auto-distruzione, analogamente, nella seconda parte, Melancholia crolla sulla Terra; in entrambi i casi è la depressione che, incontrollata, travolge ciò che è più debole. Così tutto il film si gioca su questo paragone: la vita può essere vista come un particolare dell’Universo, ma ogni cosa è controllata dalle stesse leggi. Nonostante questa visione meccanicistica ci spinga verso una potenziale fredda visione del sistema generale del mondo, le paure e le ansie delle due sorelle ci fanno capire quanto, attraverso un’infinità di variabili, l’uomo rimanga di fatto attaccato con amore alla vita. Justine sembra rifiutare l’umanità e non riuscire a concepire la vita come qualcosa di prezioso, ma quando si trova di fronte al fatto di non poterla mai più continuare se ne rattrista. Claire, con una forza incredibile, fino alla fine lotta per far vivere se stessa e gli altri, disperandosi per non poter contrastare una forza che va al di là di tutte le sue. L’unico che decide di abbandonarsi alla morte è John, il marito di Claire, poiché vede la fede di una vita intera, quella scientifica, crollargli addosso.
Il contrasto tra una visione così innocua e commovente del pianeta blu, che sconvolge l’abitudinario panorama celeste, e la sua potenza di distruzione è angosciante: nel vedere il pianeta allontanarsi Claire si rilassa, lo apprezza, è felice di esser stata partecipe di un fenomeno così singolare; ma quando la verità le si presenta davanti agli occhi, il pianeta diventa indice di morte.
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ecaro
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mercoledì 11 dicembre 2013
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autoerotismo su pellicola
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Quando valuto un film assegno una stelletta in base al parziale o pieno soddisfacimento di ognuno di questi 5 punti:
1)Trama (fabula, intreccio, ritmo generale) - 0
Film diviso in 2 parti. Ritmo estenuantemente lento, 2 ore e 20 minuti che sembrano un'eternità, dialoghi scialbi se non in poche occasioni. Sembra di assistere a due storie diverse, senza che nessuna delle due si possa considerare ruscita.
2)Comparto tecnico (fotografia, audio, colonna sonora, effetti speciali) - 1
Come tradizione di von Trier la fotografia, i filtri, il movimento di camera e la colonna sonora sono ineccepibili. Eccezionale la sequenza di "istantanee" con cui si apre il film e la scena della capanna sulla 19ma buca alla fine.
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Quando valuto un film assegno una stelletta in base al parziale o pieno soddisfacimento di ognuno di questi 5 punti:
1)Trama (fabula, intreccio, ritmo generale) - 0
Film diviso in 2 parti. Ritmo estenuantemente lento, 2 ore e 20 minuti che sembrano un'eternità, dialoghi scialbi se non in poche occasioni. Sembra di assistere a due storie diverse, senza che nessuna delle due si possa considerare ruscita.
2)Comparto tecnico (fotografia, audio, colonna sonora, effetti speciali) - 1
Come tradizione di von Trier la fotografia, i filtri, il movimento di camera e la colonna sonora sono ineccepibili. Eccezionale la sequenza di "istantanee" con cui si apre il film e la scena della capanna sulla 19ma buca alla fine.
3)Cast e interpretazione - 0,5
Gran Cast. Tutti all'altezza del compito. Spicca Kirsten Dunst, ma i dialoghi poco incisivi sembrano penalizzare un po tutti.
4)Interpretazione dei significati (purtroppo in molti film non c'è, quindi la considero un punto aggiuntivo) - 1
La depressione che opprime Justine è parallela alla minaccia del pianeta Melanchonia. La novella sposa prima si ammutolisce, poi si dispera ma alla fine è l'unica che riesce ad accettare del tutto il destino inevitabile suo e dell'umanità, che lei crede meriti di essere cancellata (ovviamente sono possibili anche altre letture, ma questa è di sicuro la più immediata).
5)Sensazioni che lascia nello spettatore - 0
Non posso pretendere di giudicare oggettivamente questo punto, dato che dipende dal responso emotivo che il film suscita, ma non sono riuscito a provare altro che noia e un pizzico di fastidio durante la proiezione. Credo che l'intenzione fosse di suscitare un senso di angoscia nichilista ma ,come scritto nel titolo della recensione, mi è sembrata una masturbazione del regista durata 2 ore conclusasi con von Trier che veniva sulla pellicola.
Giudizio finale (2,5/5): autocompiacimento allo stato puro, senza giustificazioni o attenuanti. Von Trier sa di essere bravo e vuole mostrarlo a tutti, anche a scapito della qualità finale. Si pavoneggia tra bei primi piani, scene oniriche e introspezione,ma alla fine sembra di assistere alla fiera delle vanità. Forse per questo se ne è uscito con una sparata filonazista prima della presentazione, una provocazione assurda con lo scopo di dare maggiore visibilità ad un film che sinceramente non ne merita.
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homer52
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giovedì 14 novembre 2013
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la rappresentazione della depressione
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Il film è un magnifica rappresentazione della depressione, fatta di scene e musiche ben equilibrate, con immagini
terribilmente fisse della catastrofe universale alternate a sequenze traballanti del dramma personale dei protagonisti.Il
tutto a creare un clima ansiogeno e depressivo che invade lo spettatore facendolo calare progressivamente nella
dimensione emotiva della depressione per poi paradossalmente sollevarlo dall'angoscia attraverso l'agghiacciante
spettacolo della fine del mondo.L'inizio del film è una galleria di quadri degna della migliore pinacoteca.
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fede81
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sabato 2 novembre 2013
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melancholia
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E pensare che c'era un periodo in cui Von Trier faceva addirittura bei film. Ricordo con piacere opere come The Kingdom, Le Onde del Destino, Dancer in the Dark...Ma a un certo punto, quando diventano grassi e ricchi e non hanno più nulla da dire, a certi registi andrebbero semplicemente impedito di girare, per inerzia, cose di questo genere. Non so, ci sono tanti hobby, potreste per esempio metter su una serra e coltivare rose, o anche imparare a giocare a scacchi, insomma tenere impegnato il cervello con qualcosa che non sia il cinema. Questo qui, in particolare, penso che sia uno dei film più inutili e pretenziosi che abbia mai avuto il dispiacere di vedere. Non ci sono nemmeno idee registiche interessanti, cosa che stupisce in un regista che è riuscito a girare qualcosa come Dogville.
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E pensare che c'era un periodo in cui Von Trier faceva addirittura bei film. Ricordo con piacere opere come The Kingdom, Le Onde del Destino, Dancer in the Dark...Ma a un certo punto, quando diventano grassi e ricchi e non hanno più nulla da dire, a certi registi andrebbero semplicemente impedito di girare, per inerzia, cose di questo genere. Non so, ci sono tanti hobby, potreste per esempio metter su una serra e coltivare rose, o anche imparare a giocare a scacchi, insomma tenere impegnato il cervello con qualcosa che non sia il cinema. Questo qui, in particolare, penso che sia uno dei film più inutili e pretenziosi che abbia mai avuto il dispiacere di vedere. Non ci sono nemmeno idee registiche interessanti, cosa che stupisce in un regista che è riuscito a girare qualcosa come Dogville. Il messaggio poi, profondissimo...penso che l'idea di base sia dimostrare che la depressione della protagonista sia in un certo qual senso in linea con la mancanza di senso della vita, tanto che risulta più adatta ad affrontare la fine della sua sorella attiva e positiva. Quindi in pratica il nostro buon Lars, pasciuto e annoiato nordeuropeo senza più speranza, ci vorrebbe tutti depressi, che tanto non vale la pena resistere, lottare o cercare. Grazie, mitico Lars, ci hai aperto gli occhi. Però la prossima volta gli scacchi eh, o le rose.
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dennyalle
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venerdì 4 ottobre 2013
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aldolg
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mercoledì 11 settembre 2013
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da vedere
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La storia personale del regista influenza e non di poco. Ennesimo film sulla fine del mondo causata da un pianeta in avvicinamente con la morale che anche i ricchi piangono. Tenetevi forte se volete vederlo. Ma la vita è un rischio e ogni tanto vale la pena di rischiare... Tematica: FINE DEL MONDO
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