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Clint Eastwood, l'eroe e il modello

Il grande americano fra politica, industria, pubblicità e speranza.
di Pino Farinotti

In foto il regista e attore Clint Eastwood.
Clint Eastwood (Clinton Eastwood Jr.) (94 anni) 31 maggio 1930, San Francisco (California - USA) - Gemelli.

lunedì 13 febbraio 2012 - Focus

L'accorato, efficace, "totale" spot della Chrysler con Eastwood testimone, riesce a essere un unicum in un campo dove, per definizione, tutto è stato sperimentato. La promozione, lo spot, il modello: l'America certo può dire la sua, la dice da sempre. È roba che ha inventato lei. Ho più volte scritto delle immani campagne americane in momenti difficili, anzi drammatici. Due film, in realtà due "spot": Gary Cooper che fa il sergente York e induce il popolo ad accettare una guerra che solo i politici volevano, e Greta Garbo che fa Ninotchka, che disarma la sindrome della paura rossa che attanagliava gli Usa negli anni trenta. Cooper&Garbo, le divinità massime di allora. Se ti davano un'indicazione, la seguivi.
Clint Eastwood è uno di loro.

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Quasi tutti i divi americani sono stati testimoni di prodotti italiani. È utile una retrospettiva fulminante in questo senso.
Brando e DiCaprio (certo, target diversi) si sono prestati alla Telecom, Harrison Ford alla Lancia, De Niro all'illuminazione (Beghelli), Costner alle scarpe (Valleverde).
Semplicemente i massimi divi in circolazione. L'immagine dettata apparteneva a questi "fenomeni", cioè il grande sogno, personalità e fascino lontani dall'uomo della strada. Rappresentavano l'identificazione alta, irraggiungibile.
Poi c'è stata un'evoluzione, sempre con semidei. Chiamarli "testimonial" non è più esatto. Sono diventati la trasposizione del target; prelevati dallo star system, diventano il vicino di casa (George Clooney nello spot Martini), il fidanzato alle prese con la propria ragazza (Ben Affleck per Gioielli Morellato o Brad Pitt per Gioielli Damiani), o il passeggero al quale ti ritrovi pigiato in metropolitana (Banderas per Deodoranti Lycia). Sono più simpatici, più vicini a noi, e truccati per essere meno belli. Altro esempio: Dustin Hoffman, alla sua prima esperienza pubblicitaria in assoluto, che viene in Italia per imparare a fare il caffè dal Signor Vergnano.

Gente molto importante dunque, il meglio del meglio. Eppure Clint Eastwood è ... "ancora meglio". Riproduco uno stralcio del mio intervento riferito al recente J.Edgar.
" ...Nella fase recente della sua carriera, Clint Eastwood si è assunto argomenti grandi e responsabilità alte. Ed è sempre intervenuto con grande potenza. I suoi film sospendono il resto del cinema. Arriva un "Eastwood" ed è obbligatorio prestare attenzione. Soprattutto, qualunque cosa dica, Eastwood ha ragione. Non è stato davvero semplice acquisire credibilità, autorevolezza e franchigia quasi assolute. C'è dietro un lavoro di mezzo secolo che gli ha permesso, oltre a tutto il resto, di sottrarsi alle definizioni. Clint non è un repubblicano riformato e neppure un democratico-figliol-prodigo. È semplicemente un americano che dice la sua a ragion veduta e senza pregiudizi, un trasversale non schierato. Certo, in sintesi immediata, scorrendo velocemente il tempo, emergono le differenze del percorso. Il Biondo e Callaghan, giustizieri nel west e nelle metropoli, non si ponevano tanti problemi nell'ammazzare i cattivi, evocavano a sé tutti i ruoli dell'azione giudiziaria e della giustizia, erano scarsamente garanti. Patrioti repubblicani alla Wayne. Poi l'autore Eastwood ha intuito che vento e orizzonte cambiavano, ha cercato di leggere, capire e approfondire e poi, lentamente, con l'applicazione che certo in parte gli aveva trasmesso Leone, si è schierato sul fronte progressista della cultura prevalente. Se non lo avesse fatto sarebbe rimasto un brillante outsider isolato. Invece ha trovato il suo stile e lo ha imposto..."

Non è uno slogan eccessivo dire che Clint è l'America. Del suo spot sulla Chrysler continua a parlare il mondo. Operazione gigantesca, onnicomprensiva. Comprende anche l'Italia, la Fiat, Marchionne, che hanno partecipato a salvare il gigante americano dalla bancarotta. Nello spot, trasmesso nell'intervallo dell'incontro di Super Bowl a Detroit fra i Giants e i Patriots, Eastwood prende spunto dal gergo sportivo e in due minuti racconta di un'America ferita, prostrata, ma capace di recuperare, secondo la sua tradizione. Un Paese a metà del guado (l'intervallo della partita) che ha trovato le forze per superare il momento peggiore, nonostante tante forze contrarie, a cominciare dai litigi dei politici. Fra i commenti, quelli decisivi, strumentali, di David Axelrod e di Dan Pfeiffer, collaboratori stretti e potenti del presidente Obama. Insomma un'elegante "appropriazione" dell'iniziativa e del merito, da parte del presidente Obama, che ha contribuito a salvare, insieme agli italiani, la Chrysler.

In mezzo a tutto questo l'eroe indiscusso di tutti, con quella sua faccia da geografia americana, rughe proprie e della nazione, la voce bassa e stanca. Se Eastwood decidesse, apertamente, di sponsorizzare la seconda amministrazione Obama, davvero sarebbero problemi per gli antagonisti. Tutti i dati e i codici da rivedere, con una variabile irresistibile e indefinibile nei sondaggi.
Gli attori, i cineasti hanno sempre partecipato alla campagne presidenziali, John Wayne entrava nelle assemblee a cavallo per sostenere il candidato repubblicano. Il gruppo progressista, impegnato, dell'Actor's Studio (I Brando e i Newman) erano in testa nelle manifestazioni per i diritti civili e, in automatico, per il candidato democratico. Quelli vincevano e perdevano. Ma questo 82enne... pocomortale, è diverso. Lui vince.

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