Un esuberante manifesto femminista che affonda unghie e denti nel cinema di Almodóvar e Tarantino, unendo commedia, thriller e surreale a temi attuali come la violenza di genere e il sessismo. Espandi ▽
Seconda regia per Noémie Merlant, furiosamente audace, che esplora il terreno sinuoso dei generi. Dramma, commedia, gore, ghost story, horror, il film debutta col tour di un’immobile che registra la violenza domestica e reagisce con una radicalità eclatante: quando è troppo è troppo, se un uomo è violento va liquidato. Senza se, senza ma e senza sconti di pena.
Mette in scena tre giovani donne che incarnano tre diversi approcci al maschile. Per Rosy è una relazione facile e frequente, per Nicole è difficile e rara, per Élise è terribilmente complicata. La sorellanza è lampante: parole in (grande) libertà, esposizione del corpo senza giudizio, sostegno morale, meteorismo, sesso, confidenze.
Un femminile come non lo abbiamo mai visto, o poco almeno, e la volontà dell’attrice di rappresentarlo libero dai codici imposti dall’industria del cinema. Noémie Merlant firma un film punk e ricorre a oltranza all’umorismo e all’assurdo, alleggerendo soltanto un po’ la realtà greve delle violenze sessiste e sessuali. Recensione ❯
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Algeri, 1938. Meursault vive apaticamente finché un delitto commesso su una spiaggia sconvolge la sua esistenza, portandolo verso un destino ineluttabile. Espandi ▽
Algeri, 1938. Meursault (Benjamin Voisin), un giovane sulla trentina, modesto impiegato, partecipa al funerale della madre senza mostrare la minima emozione. Il giorno dopo inizia una relazione con Marie, una collega d'ufficio. Poi riprende la sua vita di tutti i giorni. La quiete quotidiana viene però interrotta dal vicino Sintès (Pierre Lottin) che trascina Meursault nei suoi loschi affari fino a quando, in una giornata torrida, su una spiaggia, accade un tragico evento... Recensione ❯
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Clémence, dopo la separazione e l'amore per una donna, affronta la manipolazione dell'ex marito che le impedisce di vedere il figlio liberamente. Espandi ▽
La separazione tra Clémence e il marito Laurent sembra all’inizio serena, senza troppi problemi nel gestire la custodia condivisa del figlio di otto anni Paul. Avendo abbandonato il mestiere di avvocato, Clémence si è data nel frattempo alla scrittura, all’amato nuoto in piscina e alla scoperta dei rapporti con le donne. Proprio questo dettaglio fa inasprire il rapporto con Laurent, che attraverso la manipolazione del bambino intrappola Clémence in un’odissea giudiziaria impedendole di vedere il figlio se non sotto stretta supervisione. Vicky Krieps è una delle certezze nel panorama del cinema indipendente europeo contemporaneo, e in Love Me Tender trova il tipo di progetto che meglio la rappresenta. In cambio riceve la possibilità di aggiungere un’ennesima ottima interpretazione al suo catalogo, in uno sfaccettato dramma francese che parla di una donna a tutto tondo e non solo di una madre in lotta per la custodia del figlio. Recensione ❯
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Un film che raccoglie circa cento opere restaurate dei fratelli Lumière. Espandi ▽
Chi credeva di conoscere i Fratelli Lumière solo perché ha contezza delle loro più famose "vedute" - L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, L'uscita dalle officine Lumière, La battaglia di palle di neve - dovrà ricredersi davanti ai 120 brevissimi film inediti firmati dai padri del cinema, restaurati dal laboratorio "L'immagine ritrovata" della Cineteca di Bologna e presentati da Thierry Fremaux, Direttore artistico del Festival del cinema di Cannes e dell'Institut Lumière di Lione, che riprende il suo viaggio iniziato nel 2017 con Lumière! La scoperta del cinema.
La voce narrante in francese di Lumière - L'avventura del cinema è proprio quella di Fremaux (in italiano quella di Valerio Mastandrea, che purtroppo non rende giustizia all'originale): ma quel che conta sono soprattutto le immagini, sorprendentemente moderne e ricche di suggestioni per la contemporaneità.
Lumière - L'avventura del cinema è un documento indispensabile non solo per i cinefili puri, che andranno in brodo di giuggiole davanti a questa cornucopia di immagini inedite, ma per il pubblico che vuole ricordare un mondo e un'epoca forgiatori di quelli attuali, carichi di energia innovativa, di speranza e assertività, diversamente dagli attuali tempi di rassegnazione ed impotenza. Recensione ❯
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Marcel Pagnol, ormai anziano, rivive l'infanzia in Provenza guidato dal suo sé bambino, per scrivere a puntate la propria storia su Elle. Espandi ▽
Marcel Pagnol è già un uomo più che maturo quando riceve la richiesta, da parte della caporedattrice di Elle di scrivere a puntate la sua storia. Mentre cerca di raccogliere le idee per capire come affrontare il foglio bianco, gli appare accanto il sé stesso bambino, che lo aiuta a farsi strada tra gli avvenimenti del passato. Più tradizionalmente narrativo dei precedenti lavori di Chomait, e un po’ meno ispirato, Marcel et Monsieur Pagnol è ugualmente straordinario nel disegno. I tetti di Parigi e la campagna provenzale, il cinema di Londra e i bar del porto di Marsiglia, il mulino e Montecarlo: non c’è ambientazione che non sia un piacere leggere attraverso il filtro del colore di Chomet, il suo tratto acuto e elegante, anche quello in perpetuo movimento. Ed è un racconto sincretico, quello di Marcel et monsieur Pagnol , che combina il disegno alla musica (di Stefano Bollani) e alla grafica, mescolando i formati, per costruire un’atmosfera viva e pulsante, che trascina il passato al tempo presente. Recensione ❯
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Dopo otto anni dal Canto uno e sei dall'Intermezzo, i personaggi ritornano, cristallizzati nel loro presente. Drammatico, Francia2025. Durata 134 Minuti.
Amin torna a casa nel sud della Francia e si riconnette con la sua famiglia, gli amici d'infanzia, suo cugino Tony e la sua migliore amica Ophelie. Espandi ▽
Stessa spiaggia, stesso mare: proseguono le avventure di quell’estate del 1994 a Sète, tra gli altri con Amin che vuole fare cinema, vive a Parigi ed è tornato per le vacanze, e Ophélie che sta per sposarsi con Clément ma è segretamente incinta di Tony, cugino scapestrato di Amin, e vuole andare a Parigi per abortire. E poi il ristorante tunisino, la grande famiglia allargata, gli amici e i flirt, le interminabili serate di festa. La novità è l’arrivo dell’attrice americana Jessica Patterson e di suo marito, il produttore Jack, che si interessa alla sceneggiatura scritta da Amin e invita spesso i due cugini nella sua villa.
L’elemento del destino c’era in fondo sempre stato, e lo aveva individuato lo stesso Abdellatif Kechiche quando - reduce dal successo de La vita di Adele - decise di girare una grande saga dedicata all’idea del “mektoub”, che in arabo rappresenta “ciò che è scritto”.
Il primo film, Canto uno, arrivò nel 2017 come un capolavoro folgorante. Cristallizzati nel loro presente, i personaggi riprendono da dove avevano lasciato - ma forse con un po’ meno di quello smalto che rendeva il naturalismo di Kechiche così fluido e abbacinante, e l’educazione sentimentale di una gioventù bellissima così luminosa. Un regista che aveva il dono di governare e modellare lo scorrere del tempo si trova ora a inseguire quello perduto. Recensione ❯
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Cronaca di sopravvivenza e romanzo di formazione. La regista si riappropria del proprio passato. Drammatico, Francia, Paesi Bassi2025. Durata 98 Minuti.
Un film tra l'autobiografico e il poetico in cui la protagonista rivisita traumi del passato e si chiede se sia possibile spezzare il ciclo della violenza. Espandi ▽
Rievocazione autobiografica degli eventi che hanno segnato l’infanzia della regista Vladlena Sandu, nata in Crimea e poi trasferitasi con i nonni a Grozny, in Cecenia.Tra deportazioni e scontri letali, la vita della ragazza verrà sconvolta e la costringerà a spostarsi ancora, stavolta nella Russia post-sovietica. Tramite il sapiente uso dei codici visivi e della prospettiva personale del voice over, la regista trova una chiave originale per dar voce alle sue memorie, in un trattato che è al tempo stesso romanzo di formazione e cronaca di sopravvivenza con un tocco di autoanalisi. Sfruttando un’accattivante estetica contemporanea l’autrice si riappropria del passato, mentre l’orrore viene raccontato in un presente ciclico. Pezzi eterogenei di un racconto che una volta assemblato ci appare come l’autopsia di un’infanzia, fatta di folklore rivisitato, simboli che ritornano, e di un’apprezzabile verve mimetica nella messa in scena. Recensione ❯
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Puro oggetto di fascinazione e favolosa esperienza cinematografica. Drammatico, Francia, USA2001. Durata 145 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Una bruna che ha perso la memoria e non sa perchè è perseguitata, una bionda aspirante attrice che si innamora di lei: un noir così onirico e surreale non poteva che essere di David Lynch. Espandi ▽
Mulholland Drive è una lunga e vecchia strada di Los Angeles: nasce nel deserto, attraversa i quartieri ricchi e finisce a strapiombo sulla costa di Malibù. Bisognerebbe ricordarsi di questa simbologia per cercare di dare un senso all'ultimo onirico ed enigmatico film di David Lynch. Quella che il regista stesso ha definito come "una semplice storia d'amore nella città dei sogni" è in realtà un intricato enigma sospeso tra allucinazione e realtà, con un tocco di nostalgia per il noir degli anni '40 ed una aperta ostilità verso l'attuale star system. Rita è un'avvenente bruna sopravvissuta ad un incidente d'auto in seguito al quale ha però perso la memoria, Betty un'aspirante attrice di belle speranze che la ospita nel proprio appartamento e se ne innamora. Recensione ❯
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Un'animata allegoria che parla del delicato momento che vede il passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Dagli autori di Un gatto a Parigi. Espandi ▽
Nina ha un papà che le racconta e disegna storie prima di dormire. Arriva però il momento in cui questa tradizione viene interrotta. Non solo perché cresce ma soprattutto perché il genitore è preoccupato perché la fabbrica in cui lavorava ha chiuso l'attività. Con l'aiuto del coetaneo Mehdi, che si trova in una situazione analoga, e con il supporto del riccio che il padre le aveva disegnato, mette in atto un piano per trovare il denaro che il direttore della fabbrica aveva rubato portandola così alla chiusura.
Felicioli e Gagnon tornano a parlare della realtà facendo uso dell'inventività che l'animazione consente. Sanno come partire da una base di realtà sociale, mantenendola sempre presente, per poi costruire una storia di amicizia (e forse di amore) in cui non mancano i momenti thriller. Tutto sempre ad altezza di bambini ma senza dimenticare il pubblico adulto.
Tutto ciò senza forzature grazie proprio all'integrazione di realismo e fantasia che consente di realizzare dei titoli di coda da non perdere. Recensione ❯
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A Parigi, Nino scopre di avere un tumore e, in attesa della terapia, affronta scelte cruciali sul futuro e i suoi legami, perdendosi nella città. Espandi ▽
A Parigi, Nino si reca in ospedale per un controllo di routine ma scopre all’improvviso di avere un tumore alla gola. Servirà iniziare una terapia invasiva entro tre giorni, un periodo durante il quale il ragazzo dovrà anche prendere decisioni sul suo futuro, per preservare la possibilità di avere figli e per ragionare su quale sia davvero il rapporto con le persone che lo circondano, dalla madre al migliore amico. Avendo perso le chiavi e non riuscendo a rientrare a casa, Nino si avventura per la città alla scoperta di sé. Il bell’esordio nel lungometraggio della regista francese Pauline Loquès non è un “film sulla malattia”, nonostante ne abbia tutte le premesse. Ha più a che fare con lo sgomento che precede la realizzazione, e nel comprimere la finestra temporale a pochi giorni e nell’immaginare un protagonista schivo e reticente, Loquès firma uno studio di momenti fugaci, in perenne controtempo. Ricco di sfumature e di sottili trovate narrative, Nino è una piccola opera che contiene moltitudini. Recensione ❯
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Un'opera attuale sulla difficoltà, o addirittura impossibilità, di un dialogo. Vincent Lindon sempre una garanzia. Drammatico, Belgio, Francia2024. Durata 110 Minuti.
Pierre, operaio nelle ferrovie, ha due figli uno dei quali, il maggiore, si avvicina a gruppi di estrema destra che rappresentano l'esatto contrario dei principi del padre. Espandi ▽
Pierre, ferroviere cinquantenne, alleva i suoi due figli da solo. Quando Louis, il più giovane, lascia casa per studiare alla Sorbona di Parigi, Fus, un po' più grande e non molto bravo negli studi, diventa sempre più riservato. Affascinato dalla violenza, si ritrova coinvolto in gruppi di estrema destra, antitesi dei valori di suo padre. Recensione ❯
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Il conte Dracula secondo Herzog: un reietto che vorrebbe amare ma è condannato alla solitudine. Un film sempre attuale. Drammatico, Francia, Germania1978. Durata 107 Minuti.
Harker va al castello del conte Dracula per trattare l'acquisto di una casa. Tutti cercano di fargli cambiare idea, ma lui non ha paura né dei vampiri né dei misteri. Espandi ▽
Wismar. Metà Ottocento. I presagi della moglie Lucy e gli avvertimenti della comunità gitana non frenano l'immobiliarista Jonathan Harker: per soldi raggiunge un castello stregato su un monte della Transilvania perché Dracula vuole acquistare un appartamento in città. Il Conte lo accoglie nella magione spettrale, firma il contratto, lo imprigiona nel maniero, lo assoggetta, lo vampireggia e, nascosto in una bara, raggiunge Wismar via nave. Jonathan, intanto, ristabilitosi in parte dal morbo, lo rincorre a cavallo per proteggere la moglie. Il principe della notte, però, sbarca in incognito in città e, seminata ovunque la peste tramite topi trasportati nelle cassa da morto, si accinge a ghermire anche Lucy. Non sa, però, che la candida donna sta imparando dai libri come fronteggiarlo.
A quarantasei anni dall'uscita, Nosferatu non ha perso un briciolo di attualità e pregnanza stilistica per gravitas funerea; magniloquenza iperbolica della messinscena (fu Orso d'Argento a Berlino 1979 per la scenografia); espressività dei chiaroscuri e solennità musicale (il pentagramma di Fricke, fido collaboratore di Herzog, è alternato alle musiche di Wagner e Gonoud). Recensione ❯
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La storia dietro il leggendario film Fino all'ultimo respiro. Espandi ▽
Un film che narra la storia della produzione dell'iconico Fino all'ultimo respiro di Jean-Luc Godard. Recensione ❯
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Un dramma carico di tensione dedicato alla storia di sfruttamento di un giovane macellaio in cerca di un futuro migliore. Drammatico, Lettonia, Belgio, Lituania, Francia2019. Durata 108 Minuti.
La storia di un uomo che, dopo essersi trasferito in cerca di un futuro migliore, si troverà ad affrontare problemi ancora più grandi di quelli che aveva. Espandi ▽
Oleg è un giovane macellaio lettone trasferitosi in Belgio con la speranza di ottenere un salario dignitoso. Viene licenziato improvvisamente per via di un incidente: un collega si taglia un dito con un macchinario e lo accusa ingiustamente di aver causato l'infortunio. Senza soldi e senza un visto che gli consenta di rimanere a Bruxelles, Oleg decide di affidarsi all'affabile Andrzej, che promette di procurargli un nuovo lavoro e, per di più, anche un passaporto.
Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2019, Oleg è un dramma intenso costruito sulla solida interpretazione di Valentin Novopolskij e sull'abile regia di Juris Kursietis, che si muove con sapienza sul confine tra riparabile e irreparabile, sopravvivenza e morte.
La regia di Kursietis, nel frattempo, costruisce una tensione crescente, che fa perno sull'ambiguità. Ambigua è la figura del lunatico Andrzej - interpretato da un bravissimo Dawid Ogrodnik - e ambiguo è anche lo stile utilizzato dal regista, continuamente sospeso tra un piglio documentaristico e un taglio più onirico e metaforico, in cui quello che succede diventa simbolo di qualcos'altro. Recensione ❯
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Gaza, 2007: tra blocco israeliano e potere di Hamas, Osama traffica farmaci sotto copertura. Un film d'azione riapre vecchie ferite due anni dopo. Espandi ▽
Gaza, 2007. Osama è un trafficante di farmaci illeciti. Al bancone lavora il giovane Yahya, che vede Osama entrare in conflitto con il poliziotto corrotto Abou Sami finché la situazione non raggiunge un punto di non ritorno. Due anni dopo, un film d’azione trova a sorpresa un attore principale che possa prestare il volto alla leggenda. In un’epoca in cui le immagini provenienti da Gaza si rincorrono strazianti e quotidiane come testimonianza del genocidio, il cinema rischia a volte di sembrare impotente. Ecco allora che operazioni sui generis come questo dramedy metatestuale e crepuscolare dei fratelli Arab e Tarzan Nasser diventano tanto più significative. Un cinema che affonda nel passato eppure risponde d’istinto al presente, aggiungendo ad esempio sui titoli di testa l’audio di Trump su come trasformare Gaza in una riviera di lusso; è il tipo di scelte che forse, più che nell’immediato, pagherà tra vent’anni, quando la prospettiva futura renderà l’oltraggioso ancor più evidente. Recensione ❯
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