
Titolo originale | Oleg |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Lettonia, Belgio, Lituania, Francia |
Durata | 108 minuti |
Al cinema | 1 sala cinematografica |
Regia di | Juris Kursietis |
Attori | Valentin Novopolskij, Dawid Ogrodnik, Anna Próchniak, Guna Zarina, Adam Szyszkowski Marcos Adamantiadis, Ronald Beurms, Paulius Cizinauskas, Jean-Henri Compère, Jurijs Djakonovs, Valentinas Krulikovskis, Edgars Samitis. |
Uscita | giovedì 19 giugno 2025 |
Distribuzione | Kitchen Film |
MYmonetro | 2,98 su 3 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 19 giugno 2025
La storia di un uomo che, dopo essersi trasferito in cerca di un futuro migliore, si troverà ad affrontare problemi ancora più grandi di quelli che aveva. Oleg è 100° in classifica al Box Office. lunedì 23 giugno ha incassato € 85,00 e registrato 87 presenze.
CONSIGLIATO SÌ
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Oleg è un giovane macellaio lettone trasferitosi in Belgio con la speranza di ottenere un salario dignitoso. Impiegato in uno stabilimento per la lavorazione della carne, viene licenziato improvvisamente per via di un incidente: un collega si taglia un dito con un macchinario e lo accusa ingiustamente di aver causato l'infortunio. Senza soldi e senza un visto che gli consenta di rimanere a Bruxelles, Oleg decide di affidarsi all'affabile Andrzej, che promette di procurargli un nuovo lavoro e, per di più, anche un passaporto. Con una nonna a casa da mantenere e una grande quantità di debiti da saldare, Oleg segue Andrzej nella sua abitazione, dove vive insieme ad altri operai e alla fidanzata Malgosia. Ben presto, però, il suo benefattore si trasformerà in un brutale e crudele carnefice.
Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2019, Oleg è un dramma intenso costruito sulla solida interpretazione di Valentin Novopolskij e sull'abile regia di Juris Kursietis, che si muove con sapienza sul confine tra riparabile e irreparabile, sopravvivenza e morte.
Dopo Modris (2014), con Oleg (2019) il cineasta lettone Juris Kursietis torna a indagare le dure conseguenze del disagio sociale, questa volta attraverso una storia di immigrazione ambientata nel cuore dell'Europa. Il protagonista della vicenda è infatti un giovane lettone che parla russo e conosce l'inglese, si trasferisce in Belgio dove viene sfruttato da criminali polacchi, di cui però non sa la lingua. Kursietis si immerge così in una Bruxelles operaia caratterizzata da una variegata commistione di popoli e culture, oltre che da una grande disparità sociale ed economica.
Esemplificativa, in questo senso, la scena dedicata alla piccola fuga di Oleg, che per una notte si finge un altro - un attore di un'importante compagnia teatrale - e mentre è imbucato a un evento culturale finisce a letto con una donna, affascinata dalla sua carriera da artista. Quando, il mattino dopo, i due si risvegliano a casa di lei Oleg confessa la sua reale identità, venendo così scacciato dall'abitazione: il giovane si ritrova quindi costretto a fare ritorno dal volubile Andrzej, vedendo ancora una volta infrangersi la possibilità di una nuova vita.
La regia di Kursietis, nel frattempo, costruisce una tensione crescente, che fa perno sull'ambiguità. Ambigua è la figura del lunatico Andrzej - interpretato da un bravissimo David Ogrodnik - e ambiguo è anche lo stile utilizzato dal regista, continuamente sospeso tra un piglio documentaristico e un taglio più onirico e metaforico, in cui quello che succede diventa simbolo di qualcos'altro.
Labile è, inoltre, il confine tra ciò che si può riparare e ciò che è irreversibile: Kursietis ci induce spesso a immaginare che stia per accadere qualcosa di terribile e definitivo; e tuttavia la situazione si risolve sempre, inaspettatamente, in modo meno brutale di quanto non si pensasse. Oleg è infatti costantemente sul ciglio del baratro, la sua vita è perennemente minacciata e, per tutta la durata del film, temiamo che possa improvvisamente morire o rimanere vittima di una violenza brutale. Così rimaniamo incollati allo schermo per scoprire quale sarà la prossima mossa dell'imprevedibile Andrzej e continuiamo a domandarci se Oleg riuscirà a cavarsela, se questa volta sarà in grado di reagire o se sia dolorosamente arrivata la sua fine.
La sua parabola - paragonata a quella di un agnello sacrificale, la cui carne viene sballottata da un ambiente a un altro, offesa e maltrattata - è incastonata in una fotografia grigia e glaciale, che contribuisce a creare un senso di desolazione e oppressione da cui sembra (forse) impossibile poter uscire.
Oleg rivela una insolita storia di moderna schiavitù e un grande attore, Novopolskij, nel ruolo di un giovane macellaio lettone che arriva a Bruxelles per lavorare in uno stabilimento dove si processa la carne. Ha dei debiti e quando è licenziato ingiustamente finisce nel mirino di Andrzej, apparentemente un tipo un po' losco ma amichevole, che si rivela invece tirannico e squilibrato.
Dovrebbe essere una storia esemplare di integrazione europea quella di Oleg, macellaio lettone giunto a Bruxelles con un permesso di lavoro. E invece la sua vicenda ha tutti i connotati della discesa agli inferi, della disperata parabola del giusto ingiustamente perseguitato, avviluppato in trame oscure che lo cingono in giri sempre più stretti. Lo si capisce presto, anche dalla grammatica: camera [...] Vai alla recensione »