zasso
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mercoledì 18 marzo 2009
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eastwood riscopre l'america
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un'altra grande storia americana, raccontata da colui che per anni è stato il simbolo di un'america fatta di sceriffi, gringo e fuorilegge. Questa, se vogliano, è la riproposizione di quei personaggi così cari a questo regista-attore che alla veneranda età di 78 anni sembra aver trovato ora il grimardello, ora la scure, per poter entrare e raccontare i disagi scomodi di un'america costretta ad avere a che fare con cambiamenti non sempre graditi. in un quartiere in cui i(cari) vecchi americani sono andati via cedendo le loro proprietà a coreani di varia etnia, resiste solo il vecchio Walt ormai vedovo e malato, con la sola compagnia di Desy e della sua Gran Torino del 72. Tremendamente pratico ed ancorato ai suoi principi e a quelli di una old america che adesso non c'è più, si scontra con quella che è la realtà di un tempo che fa terribilmente fatica a capire ed accettare.
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un'altra grande storia americana, raccontata da colui che per anni è stato il simbolo di un'america fatta di sceriffi, gringo e fuorilegge. Questa, se vogliano, è la riproposizione di quei personaggi così cari a questo regista-attore che alla veneranda età di 78 anni sembra aver trovato ora il grimardello, ora la scure, per poter entrare e raccontare i disagi scomodi di un'america costretta ad avere a che fare con cambiamenti non sempre graditi. in un quartiere in cui i(cari) vecchi americani sono andati via cedendo le loro proprietà a coreani di varia etnia, resiste solo il vecchio Walt ormai vedovo e malato, con la sola compagnia di Desy e della sua Gran Torino del 72. Tremendamente pratico ed ancorato ai suoi principi e a quelli di una old america che adesso non c'è più, si scontra con quella che è la realtà di un tempo che fa terribilmente fatica a capire ed accettare. americani che comprano macchine coreane, il nemico di sempre ora vicino di casa, etnie che si mescolano, si confondono e si scontrano. Insomma, un gran putiferio in cui lui si intraversa e si incaglia. Fa una tenerezza quasi grottesca vedere questo uomo di una volta sgomitare ed imprecare per mentenere un equilibrio perso da un pezzo, vederlo costretto a fare i conti con un cambiamento rimandato per decenni e reso pesante da terribili colpe di una guerra che ha lasciato cicatrici profonde tanto quanto le rughe.
se vogliamo il film vivacchia su una certa prevedibilità, ma il percorso è reso avvincente da una sceneggiatura in cui le battute sibilano come i proiettili delle colt tanto care al texano dagli occhi di ghiaccio. Essenziale, scarno, duro. ma anche ironico, paterno, fragile, incapace di lasciarsi stare e di perdonarsi. tutto questo è Walt, tutto questo è Clint Eastwood, tutto questo è l'america che a volte sembra essersi persa ma che il regista è riuscito, come un moderno sceriffo, a braccare, a scovare e a raccontare in modo magistrale.
Come già fatto in passato, Clint Eastwood solleva coperchi e lascia uscire tutto, senza mezze misure e senza indorare la pillola. pane al pane, vino al vino. in pieno stile western. Perchè quegli occhi di ghiaccio sono gli stessi di sempre, la capacità di raccontare intatta e collaudata. e la capacità di centrare il bersaglio, nonostante le rughe, non è mai venuta meno. E poco importa che la mano sia armata di una colt o di una telecamera
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giorgio
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mercoledì 18 marzo 2009
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senza ipocrisia
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Cominciamo con il dire che nel film non c’è nulla di fascista o razzista! E’ vero che c’è un linguaggio molto spesso pesante, ma è altrettanto vero che è evidenziato in maniera inequivocabile che non vuole essere offensivo. Coloro che vogliono vedere del razzismo sono gli stessi che pensano che le offese sono negli epiteti e non nei comportamenti. Io posso benissimo pensare che una persona sia diversa da me e definirlo con parole forse non delicate come nero, zingaro ecc, ma avere nei riguardi di queste persone un giudizio che prescinde dal loro colore della pelle o dalla loro etnia; mentre posso usare parole delicate e poi emarginarli. Io penso che le parole se stanno ad indicare dati di fatto non sono offensive: non credo che appellare una persona come cieca sia peggio di definirla non vedente.
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Cominciamo con il dire che nel film non c’è nulla di fascista o razzista! E’ vero che c’è un linguaggio molto spesso pesante, ma è altrettanto vero che è evidenziato in maniera inequivocabile che non vuole essere offensivo. Coloro che vogliono vedere del razzismo sono gli stessi che pensano che le offese sono negli epiteti e non nei comportamenti. Io posso benissimo pensare che una persona sia diversa da me e definirlo con parole forse non delicate come nero, zingaro ecc, ma avere nei riguardi di queste persone un giudizio che prescinde dal loro colore della pelle o dalla loro etnia; mentre posso usare parole delicate e poi emarginarli. Io penso che le parole se stanno ad indicare dati di fatto non sono offensive: non credo che appellare una persona come cieca sia peggio di definirla non vedente. L’importante è come ci si rapporta con lei.
Premesso questo occorre affermare che il film scorre ed è piacevole a vedersi, per il resto posso solo rilevare che la violenza che percorre tutto il film è un dato di fatto del quale dobbiamo prendere atto e che non possiamo non rilevare. La società non ha bisogno di organizzazioni tipo “che nessuno tocchi Caino” in quanto mi sembra che Caino, almeno da Noi in Italia è abbastanza protetto, ma necessita di una vera giustizia che reprima, se non riesce a prevenire, il sopruso, la prepotenza e la violenza, e non ultimo la disonestà. Nel film Kowalsky, ovvero Eastwood, si confessa e tra i vari peccati commessi elenca il fatto di aver venduto un’auto o qualcosa di simile e di non averci pagato le tasse e quindi sente il dovere di confessarlo come un peccato in quanto dice: “PERCHE’ E’ COME RUBARE!!!”. Da noi dove la disonestà la fa da padrona, dove non pagare le tasse è un merito, dove abbiamo uno stato che concede privilegi e che tartassa solo i poveri Cristi, c’esaltiamo perché abbiamo ottenuto la moratoria dell’ONU ( che non serve a niente) contro la pena di morte nel mondo. Ecco questi falsi moralismi e masturbazioni mentali nel film non ci sono. Un ultimo appunto riguarda il giudizio dei nuovi valori americani: la cupidigia, l’indifferenza ed il rincoglionimento! Il “fascista” Eastwood da un’immagine dieci volte migliore della comunità asiatica rispetto a quella americana che traspare attraverso i comportamenti dei figli e dei nipoti del protagonista. Forse vuol credere ancora nei vecchi valori, ma se questi sono sani, è un male? Meglio essere progressisti e poi in ogni momento non fare nulla altrimenti la Chiesa…i cattolici…Comunque, anche non condividendo alcune cose del personaggio Kowalsky , ho apprezzato il fatto che sicuramente non è affetto da ipocrisia congenita che è la malattia più diffusa di questi tempi.
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g. romagna
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sabato 19 dicembre 2009
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gioiello dei nostri tempi
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Brillante, commovente -ma mai retorico- e costruito magistralmente nel delineare la personalità di un personaggio che gradualmente rompe il muro della sua chiusura e fa sì che in lui si possa riconoscere anche lo spettatore che, da subito, non poteva che provare repulsione per un individuo del genere: è proprio qui che scatta la magia del film, in quella simpatia che man mano si è portati a provare nei confronti di Walt pur essendo egli in realtà, nel corso della narrazione, cambiato ma sempre rimasto quello di prima -fulminanti nella loro ironia e significatività sono, in tal senso, le ultime parole del testamento alla fine del film.
L'unica differenza tra il prima ed il dopo, tra l'inizio e la fine -e non è poco- sta nell'esperienza quotidiana che rompe quella scorza xenofobica che, messa a nudo, si rivela in tutta la sua spietata ed inevitabile fragilità.
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Brillante, commovente -ma mai retorico- e costruito magistralmente nel delineare la personalità di un personaggio che gradualmente rompe il muro della sua chiusura e fa sì che in lui si possa riconoscere anche lo spettatore che, da subito, non poteva che provare repulsione per un individuo del genere: è proprio qui che scatta la magia del film, in quella simpatia che man mano si è portati a provare nei confronti di Walt pur essendo egli in realtà, nel corso della narrazione, cambiato ma sempre rimasto quello di prima -fulminanti nella loro ironia e significatività sono, in tal senso, le ultime parole del testamento alla fine del film.
L'unica differenza tra il prima ed il dopo, tra l'inizio e la fine -e non è poco- sta nell'esperienza quotidiana che rompe quella scorza xenofobica che, messa a nudo, si rivela in tutta la sua spietata ed inevitabile fragilità. Essa, ormai vinta, continua a persistere anche nel finale -e in maniera volutamente inutile, giacchè Walt stesso sa che mai Tao potrebbe tradirlo- solo nel simulacro della sua Gran Torino, a cui non devono essere apposti "spoiler da checca o fiamme da coatto bianco". Il vero Walt insomma è il Walt degli ultimi minuti, quello che percorre tutto il suo cammino e si depura da tutte quelle scorie che nella vita avevano dato a lui -e a tanti altri come lui- quelle sembianze negative che solo l'esperienza ha contribuito ad eliminare, facendone emergere la reale natura. Egli continua a vivere nella sua Gran Torino (il suo bene più grande e simbolo del suo pieno riscatto nell'essere donata a quel "muso giallo" che aveva persino tentato di rubargliela), nel suo cane, fido compagno, e, soprattutto, in Tao, suo erede -in tutti i sensi- e sua immagine, immagine reale ed ultima di quell'improbabile mentore che sicuramente è invece stato più alunno.
In sostanza, Gran Torino è un grande film, un film fiducioso e ottimista nel suo modo di affrontare il razzismo e le maniere possibili per sconfiggerlo. Di questi tempo ne abbiamo veramente tanto bisogno.
Ancora più bello poi è poter pensare che, in un'epoca in cui a dominare il cinema è sempre più una triste fucina di mediocri produzioni aventi come unico scopo lo sbancare i botteghini, esistano autori capaci di tenere così alto il nome della settima arte. Archiviata dalla storia -ma non certo dalla memoria- l'esperienza dei Rossellini, dei De Sica, dei Kubrick, degli Hitchcock, dei Chaplin, dei Fellini e di tutti gli altri maestri, non possiamo che essere contenti del fatto che -nell'epoca del mercato prima di tutto- ci siano ancora registi in grado di confezionare capolavori come questo che -a mio modestissimo avviso, e fatte le debite distanze e proporzioni- possono elevarsi considerevolmente fino a raggiungere quelle vette di cui da tempo il cinema era piuttosto immemore.
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massimiliano curzi
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giovedì 2 dicembre 2010
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il senso del sacrificio come patto tra generazioni
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Eccellente apologo di Eastwood sul significato del sacrificio da parte delle generazioni più vecchie a favore di quelle più giovani. Cambiano gli sceneggiatori, ma da Un mondo perfetto a Gran Torino, passando attraverso Mystic River e Million Dollar Baby, la concezione di Eastwood sviluppa diversamente un unico tema di fondo, cioè quello relativo alla necessità di un patto tra generazioni capace di superare incomunicabilità e pregiudizi. Significativo che i film migliori di Eastwood regista siano venuti alla soglia dei settant'anni o, come in questo caso, addirittura dopo. Se, come affermava il reduce di Flags for our fathers, è l'amicizia e non certo un retorico amor di patria a far sopravvivere l'uomo all'orrore della guerra, i rapporti intergenerazionali diventano la base per la sopravvivenza del mondo attuale e futuro.
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Eccellente apologo di Eastwood sul significato del sacrificio da parte delle generazioni più vecchie a favore di quelle più giovani. Cambiano gli sceneggiatori, ma da Un mondo perfetto a Gran Torino, passando attraverso Mystic River e Million Dollar Baby, la concezione di Eastwood sviluppa diversamente un unico tema di fondo, cioè quello relativo alla necessità di un patto tra generazioni capace di superare incomunicabilità e pregiudizi. Significativo che i film migliori di Eastwood regista siano venuti alla soglia dei settant'anni o, come in questo caso, addirittura dopo. Se, come affermava il reduce di Flags for our fathers, è l'amicizia e non certo un retorico amor di patria a far sopravvivere l'uomo all'orrore della guerra, i rapporti intergenerazionali diventano la base per la sopravvivenza del mondo attuale e futuro. A costo di imporre il sacrificio dell'adulto per proteggere le generazioni future.
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gustibus
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venerdì 5 maggio 2017
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grande cinema!
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Con mistic river..Gran Torino e'un capolavoro assoluto..solo per come dirige nella sua forma piu'personale questo emozionante film.Eastwood lo personalizza al massimo livello tra il dramma e la poesia cinematografica.Gran Torino e'un bella e vecchia macchina che e'quasi la protagonista del racconto.Ma che eccelle nelle doti di regista sono le tematiche che inserisce....pizzica il bullismo...le debolezze ..il razzismo...scherza con l'eta'..perche'il suo personaggio kovalski..di origini polacche..e'quello di una persona anziana..tifa quasi di piu' per un ragazzo che vuol proteggere da una una banda di scemotti che la sua famiglia..la moglie ormai era morta e instaura la solitudine nell'essere anziano.
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Con mistic river..Gran Torino e'un capolavoro assoluto..solo per come dirige nella sua forma piu'personale questo emozionante film.Eastwood lo personalizza al massimo livello tra il dramma e la poesia cinematografica.Gran Torino e'un bella e vecchia macchina che e'quasi la protagonista del racconto.Ma che eccelle nelle doti di regista sono le tematiche che inserisce....pizzica il bullismo...le debolezze ..il razzismo...scherza con l'eta'..perche'il suo personaggio kovalski..di origini polacche..e'quello di una persona anziana..tifa quasi di piu' per un ragazzo che vuol proteggere da una una banda di scemotti che la sua famiglia..la moglie ormai era morta e instaura la solitudine nell'essere anziano..e il finale e'tremendamente eastwoodiano...tutto il suo pensiero e'li' e il film finisce triste..ma con una miriade di messaggi al pubblico che assiste alla visione.Grande Clint...ehila'non perdete per nessun motivo un opera cosi'bella!Mi raccomando..e'tra i migliori registi viventi al mondo e potrebbe ancora stupirci.
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solomon
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venerdì 13 marzo 2009
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bel film
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Visto in Inglese,un Clint che a tratti ritorna il pistolero di ghiaccio dei vecchi tempi.
Clint è un uomo amareggiato dal degrado dei valori "Americani",non so se lo definirei razzista, non sopporta i propri figli e i nipoti non è solo un fatto di razza diciamo che tollera poco la stupidità e lo spreco della vita in qualsiasi forma si presenti,non tollera l'ipocrisia, vive in un quartiere da cui tutti gli "americani doc" sono fuggiti lasciando spazio a emigranti e ovviamente a gang di ogni razza che martoriano lui e il quartiere.
Paradossalmente sarà proprio questo ad avvicinarlo ai suoi vicini,vessati più di lui da queste gang, e a portarlo alla redenzione finale.
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pg
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venerdì 13 marzo 2009
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il testamento di eastwood
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Con il volto rugoso ed i valori granitici dei padri fondatori, Eastwood, l'uomo dalle due espressioni, quella con il sigaro e quella senza, ci lascia un messaggio per i posteri da scolpire nella roccia come i volti dei presidenti sul monte Rushmore. Un film amaro, ambientato in una moderna America perennemente alla ricerca di sè stessa, ma che non sembra affatto cambiata negli ultimi 100 anni. Gli stessi scontri generazionali, le stesse difficoltà di integrazione degli immigrati, le stesse comunità chiuse in sè stesse, la stessa lotta tra il bene ed il male e su tutti sovrasta la violenza. Solo il mito dell'eroe sopravvive catartico e che sia un cowboy con la sua fida Colt od un veterano con il suo fido Garand, non fa differenza.
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Con il volto rugoso ed i valori granitici dei padri fondatori, Eastwood, l'uomo dalle due espressioni, quella con il sigaro e quella senza, ci lascia un messaggio per i posteri da scolpire nella roccia come i volti dei presidenti sul monte Rushmore. Un film amaro, ambientato in una moderna America perennemente alla ricerca di sè stessa, ma che non sembra affatto cambiata negli ultimi 100 anni. Gli stessi scontri generazionali, le stesse difficoltà di integrazione degli immigrati, le stesse comunità chiuse in sè stesse, la stessa lotta tra il bene ed il male e su tutti sovrasta la violenza. Solo il mito dell'eroe sopravvive catartico e che sia un cowboy con la sua fida Colt od un veterano con il suo fido Garand, non fa differenza. Così il protagonista, un vecchietto arzillo e coriaceo, cerca la sua soluzione morale assumendosi la responsabilità di dare spazio e credito ad un giovane, così come i padri hanno sempre fatto con i figli. Girato con la sua proverbiale maestria e freschezza da degno erede di John Ford.
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baroqeworks
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venerdì 13 marzo 2009
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gran torino?? gran bel film!!
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Davvero un film bellissimo! Clint interpreta un ruolo che gli calza a meraviglia: è sempre un duro, come in passato, ma è un duro che è ormai sul viale del tramonto e se ne rende amaramente conto. In più il finale è un autentico capolavoro perchè rappresenta un parallelo con i film western che l'hanno reso famoso, ma in questo caso l'epilogo (senza dire quale sia, ma lo capirete guardando il film) è una metafora sulla vita, in particolare su come l'uomo maturi in vecchiaia rispetto a quand'è giovane. Per il resto il film, pur essendo lento nel ritmo, scorre abbastanza piacevolmente grazie anche alle battute di clint e dei suoi vicini di casa che sottolineano come l'integrazione razziale, pur essendo difficile, è possibile anche per i più "duri".
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Davvero un film bellissimo! Clint interpreta un ruolo che gli calza a meraviglia: è sempre un duro, come in passato, ma è un duro che è ormai sul viale del tramonto e se ne rende amaramente conto. In più il finale è un autentico capolavoro perchè rappresenta un parallelo con i film western che l'hanno reso famoso, ma in questo caso l'epilogo (senza dire quale sia, ma lo capirete guardando il film) è una metafora sulla vita, in particolare su come l'uomo maturi in vecchiaia rispetto a quand'è giovane. Per il resto il film, pur essendo lento nel ritmo, scorre abbastanza piacevolmente grazie anche alle battute di clint e dei suoi vicini di casa che sottolineano come l'integrazione razziale, pur essendo difficile, è possibile anche per i più "duri".
In breve, andatelo a vedere... il prezzo del biglietto è ben speso!!
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nick72
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sabato 14 marzo 2009
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clint emoziona
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... raramente ho finito un film con gli occhi lucidi... questo film oltre che ad emozionare, ti arricchisce e ti scava dentro ... il personaggio interpretato da eastwood e' profondo e intenso, antipatico e dolce, rude, ma fiero...in questo film c'e' un po' tutto... rapporto padre figli, paura di invecchiare, senso di colpa, amicizia, speranza e amore... sempre affrontat ocon trasparenza, in modo lineare e diretto... ancora una volta il vecchio cowboy non delude
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ace
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sabato 14 marzo 2009
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gran torino (come il titolo del film)
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Ci sono tempi in cui si uccide a sangue freddo per vendetta, in cui l’istinto prevale sulla ragione, ed i muscoli sulla mente. Walt Kowalski, un tempo ammazzava “musi gialli” in guerra, pur se indifesi od ormai spacciati. Il tempo delle pistole, e delle pallottole a furor di rivalsa, ha avuto la sua parte, com’ è normale che sia, nella vita di quest’uomo così come nella carriera di Clint Eastwood, icona cinematografica che sembra non avere la minima voglia di smettere di stupire.
Questa volta lo fa portando sullo schermo una storia che magari può anche risultare già vista o banale, troppo incentrata sul burbero protagonista che l’attore/regista sembra già aver impersonato più volte. In questo caso si commetterebbe però il grave errore della superficialità.
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Ci sono tempi in cui si uccide a sangue freddo per vendetta, in cui l’istinto prevale sulla ragione, ed i muscoli sulla mente. Walt Kowalski, un tempo ammazzava “musi gialli” in guerra, pur se indifesi od ormai spacciati. Il tempo delle pistole, e delle pallottole a furor di rivalsa, ha avuto la sua parte, com’ è normale che sia, nella vita di quest’uomo così come nella carriera di Clint Eastwood, icona cinematografica che sembra non avere la minima voglia di smettere di stupire.
Questa volta lo fa portando sullo schermo una storia che magari può anche risultare già vista o banale, troppo incentrata sul burbero protagonista che l’attore/regista sembra già aver impersonato più volte. In questo caso si commetterebbe però il grave errore della superficialità. Cogliendo i numerosi spunti ironici, se così si vogliono chiamare, del film, dalla prospettiva errata, si sbaglierebbe strada, totalmente. Anche perché gran parte degli stessi riguarda insulti di stampo razziale: il giovane Thao però, impegnato nel suo percorso reale di “iniziazione”, “se li prende” tutti. E questo è solo uno dei tanti momenti importanti dell’opera, nei quali Eastwood, con estrema semplicità, cerca di porci il proprio messaggio in prima persona, forse per l’ultima volta… Ed è proprio la semplicità il mezzo migliore per farlo, e questo lo sa bene dall’alto della sua esperienza, ed allora eccoci, come lui stesso l’ha definito, il suo “film più piccolo, ma allo stesso tempo più personale ed intimo”. Gli spunti che contribuiscono a rendere lo svolgimento dei fatti più originale del solito, pervengono tutti dagli ideali e dalla personalità di Clint, e quando si sta dalla sua parte, è difficile riuscire nell’impresa di commuovere lo spettatore, o comunque di soddisfarlo. Il personaggio di “Wally”, corre il forte rischio di inciampare nel patetico, nel luogo comune. E questa è a mio avviso la trappola che il regista ci pone volutamente: non esistono personaggi stereotipati fini a se stessi. Ogni essere umano, proprio perché tale, bianco, nero o giallo che sia, può cambiare e redimere i propri mali: il Cambiamento è l’attitudine che ci rende tutti uguali. Ma Kowalski stravolgerà la sua vita solo alla fine di essa, ed aiuterà “Tardo” a sconvolgere la propria a sua volta, però all’inizio della stessa. Il tempo non conta, si è sempre in tempo. Da non sottovalutare la perspicacia nel scegliere il popolo Hmong (sulla cui storia non mi dilungo), nel rappresentare i tanto odiati co-protagonisti “diversi”. Attenzione poi alla figura, secondo me importantissima, del giovane prete: colui non vuole e non deve essere un capro espiatorio, ma piuttosto un’altra immagine stravolta dal veder scorrere una lacrima, nello scantinato dell’abitazione n° 238, da quell’espressione che mai prima di quell’istante aveva trasmesso emotività. Punto chiave del film. Assieme a tutto il pre-finale, dalla comparsa di una Sue distrutta. Un Uomo sopravvissuto alla Korea, e ad una missione suicida che gli ha valso una medaglia custodita fedelmente suo malgrado, in quella situazione riesce a mantenere la Calma, fondamentale per decidere il finale più che mai adeguato.
Ebbene sì, non c’è più tempo per impugnare l’arma, quella vera, e prendere la mira; non è più il tempo degli Uomini, ma dei vigliacchi. Ed in questo tempo non si vuole più cambiare. Clinton Eastwood Jr., uomo della polvere, è riuscito a farlo.
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