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mercoledì 25 marzo 2009
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semplicemente emozionante
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in un momento dove nelle sale si trovano principalmente film dagli effetti speciali mirati a stupire lo spettatore il film di Eastwood nella sua semplicità arriva a toccare nell'animo, nei sentimenti e nella coscenza di una persona.
Ma sopratutto in un mondo dove prevale la violenza e la vendetta,questo monumentale attore/regista, ci presenta una soluzione inaspettata...
porta il film ad una esasperazione emotiva coinvolgendo lo spettatore...e facendo in modo che tutti si aspettano una reazione di vendetta,ma con un colpo di genio come si suol dire salva capra e cavoli togliendosi pure il peso che porta nella sua coscenza morendo allo stsso modo in cui aveva ucciso un soldato che voleva arrendersi.
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in un momento dove nelle sale si trovano principalmente film dagli effetti speciali mirati a stupire lo spettatore il film di Eastwood nella sua semplicità arriva a toccare nell'animo, nei sentimenti e nella coscenza di una persona.
Ma sopratutto in un mondo dove prevale la violenza e la vendetta,questo monumentale attore/regista, ci presenta una soluzione inaspettata...
porta il film ad una esasperazione emotiva coinvolgendo lo spettatore...e facendo in modo che tutti si aspettano una reazione di vendetta,ma con un colpo di genio come si suol dire salva capra e cavoli togliendosi pure il peso che porta nella sua coscenza morendo allo stsso modo in cui aveva ucciso un soldato che voleva arrendersi...
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danielab.
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lunedì 6 aprile 2009
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miglior film drammatico dell'anno
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Film toccante che sfiora tanti temi lasciandone assaporare la dolcezza e al tempo stesso l'amarezza: una paternità fallita viene riscattata dall'incontro con un giovane "muso giallo" che il protagonista (uno struggente Clint Eastwood) prende sotto la sua ala protettrice; la guerra e le ferite morali che lascia; il rimorso per aver ammazzato delle persone che si riscatta attraverso il sacrificio finale. Scene memorabili quelle dell'iniziazione del ragazzo che deve imparare a "parlare come un uomo" e poi finale da brivido. Non sono daccordo con chi definisce il finale troppo melodrammatico, anzi io l'ho trovato sconvolgente, certo insperato ma l'unico finale possibile per il protagonista che, attraverso la sua morte, dona il perdono alla sua anima e una nuova vita a quelle persone che ha imparato ad amare.
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Film toccante che sfiora tanti temi lasciandone assaporare la dolcezza e al tempo stesso l'amarezza: una paternità fallita viene riscattata dall'incontro con un giovane "muso giallo" che il protagonista (uno struggente Clint Eastwood) prende sotto la sua ala protettrice; la guerra e le ferite morali che lascia; il rimorso per aver ammazzato delle persone che si riscatta attraverso il sacrificio finale. Scene memorabili quelle dell'iniziazione del ragazzo che deve imparare a "parlare come un uomo" e poi finale da brivido. Non sono daccordo con chi definisce il finale troppo melodrammatico, anzi io l'ho trovato sconvolgente, certo insperato ma l'unico finale possibile per il protagonista che, attraverso la sua morte, dona il perdono alla sua anima e una nuova vita a quelle persone che ha imparato ad amare.
Sicuramente il miglior film drammatico dell'anno, inspiegabilmente trascurato agli Oscar.
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ziogiafo
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sabato 11 aprile 2009
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un bel film per riflettere…
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ziogiafo – Gran Torino, USA 2008 - Con questo film Clint Eastwood torna a dirigere se stesso, a quattro anni da “Million Dollar Baby” ci propone una storia che a prima vista può apparire lineare e prevedibile, nulla di più, ma non è così. Il film racconta la tormentata esistenza dell’anziano ma arzillo Walt Kowalski (Clint Eastwood ), veterano della guerra di Corea alle prese con le sue profonde riflessioni, con il repentino cambiamento della società e con il difficile compito di arginare quell’esplosione di rabbia che ogni giorno gli scoppia dentro. Il vecchio Walt ormai in pensione trascorre le sue giornate tra una birra e una sistemata alle aiuole del suo giardino, tra una cosa e l’altra il suo sguardo si posa spesso sulla sua stupenda Ford Gran Torino del 1972 parcheggiata nel garage di casa, una bellissima auto d’epoca che custodisce gelosamente, un caro ricordo della sua intera vita lavorativa trascorsa alla catena di montaggio della famosa fabbrica di automobili di Detroit.
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ziogiafo – Gran Torino, USA 2008 - Con questo film Clint Eastwood torna a dirigere se stesso, a quattro anni da “Million Dollar Baby” ci propone una storia che a prima vista può apparire lineare e prevedibile, nulla di più, ma non è così. Il film racconta la tormentata esistenza dell’anziano ma arzillo Walt Kowalski (Clint Eastwood ), veterano della guerra di Corea alle prese con le sue profonde riflessioni, con il repentino cambiamento della società e con il difficile compito di arginare quell’esplosione di rabbia che ogni giorno gli scoppia dentro. Il vecchio Walt ormai in pensione trascorre le sue giornate tra una birra e una sistemata alle aiuole del suo giardino, tra una cosa e l’altra il suo sguardo si posa spesso sulla sua stupenda Ford Gran Torino del 1972 parcheggiata nel garage di casa, una bellissima auto d’epoca che custodisce gelosamente, un caro ricordo della sua intera vita lavorativa trascorsa alla catena di montaggio della famosa fabbrica di automobili di Detroit. Lui stesso montò il volante a quella meravigliosa macchina che poi sarebbe diventata sua. Walt, gestisce a fatica la sua solitudine, ha da poco perso la moglie, non ha molti amici e i suoi due figli sono quasi degli estranei, due persone con le quali non è mai entrato in sintonia. Nel quartiere in cui vive tutto è cambiato, non c’è più rispetto per gli uomini e le cose, bande di teppisti di varie etnie dilagano, un mondo di violenza che il grande vecchio non accetta e che combatte come può… a “muso duro”. In questo scenario deleterio entra a far parte all’improvviso Thao (Bee Vang), un giovane asiatico vicino di casa di Walt che, dopo un primo disastroso approccio con il burbero reduce di guerra, porterà nuova linfa nella sua squallida vita. Infatti, Thao, si lascerà guidare dalla grande esperienza del vecchio Kowalski che apprezzerà la sua tenacia e la sua voglia di fare – a differenza di quelle anime perse dei suoi coetanei del quartiere – gli dedicherà molto tempo della sua giornata, insegnandogli molte cose, regalandogli qualche prezioso attrezzo preso dalla sua fornitissima officina e si batterà al suo fianco fino allo stremo delle forze, per dargli quel fondamentale esempio di coraggio per affrontare la vita nel rispetto della giustizia. «Gran Torino» è un film volutamente scarno e semplice nella sua struttura ma è severo e complesso nella sua tematica, la maturità di “Clint- Kowalski” ci invita a riflettere sulla società che cambia, che bisogna reagire con intelligenza a tutto questo, sull’integrazione dei popoli… sulla vita e sulla morte ci sono gli interrogativi di sempre, ma il senso di responsabilità e la saggezza dei vecchi non devono mai essere presi con superficialità dalle nuove generazioni. Il passaggio delle “consegne” tra il “vecchio” e il “nuovo” avverrà appunto con il grande regalo che Thao riceverà dall’irascibile Walt, che gli lascerà in eredità il suo importante insegnamento e la fiammante Ford Gran Torino. Un bel film per riflettere… cordialmente, ziogiafo
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spalla
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lunedì 8 giugno 2009
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un altro capolavoro targato clint eastwood
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Sembra proprio che Clint Eastwood non smetta più di sorprenderci. Per quanto quasi ottantenne questo attore-regista sembra tuttora migliorare di film in film. Questo film riprende alcuni temi già trattati in "Million Dollar Baby" e ne aggiunge anche altri. Anche qui ad esempio Clint è un vecchio inizialmente scorbutico che poi si rivela sempre più umano nel corso del film, arrivando ad apprezzare cose che inizialmente disprezzava. Ma in più qui vengono analizzati numerosi temi molto attuali, come quello delle differenze razziali e culturali, del bullismo, del problema degli anziani e della criminalità. Il tutto diretto con grande maestria e con un finale a mio parere molto più appagante di quello del film precedente.
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Sembra proprio che Clint Eastwood non smetta più di sorprenderci. Per quanto quasi ottantenne questo attore-regista sembra tuttora migliorare di film in film. Questo film riprende alcuni temi già trattati in "Million Dollar Baby" e ne aggiunge anche altri. Anche qui ad esempio Clint è un vecchio inizialmente scorbutico che poi si rivela sempre più umano nel corso del film, arrivando ad apprezzare cose che inizialmente disprezzava. Ma in più qui vengono analizzati numerosi temi molto attuali, come quello delle differenze razziali e culturali, del bullismo, del problema degli anziani e della criminalità. Il tutto diretto con grande maestria e con un finale a mio parere molto più appagante di quello del film precedente. Inutile dire che gli interpreti sono perfetti, primo fra tutti il protagonista. Assolutamente da vedere.
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danilodac
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martedì 6 aprile 2010
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gran torino- il mondo in un quartiere
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Sopravvissuto alla guerra di Corea, Walt Kowalski ha fatto dell’odio verso i “diversi” la sua ragione di vita e vive ormai isolato dal mondo, pronto a scagliarsi contro chiunque oltrepassi il suo territorio. I suoi unici interessi sono: il suo cane, la birra e una Ford Gran Torino del 1972 che custodisce con una cura maniacale. Dopo aver salvato Thao, un giovane ragazzo della famiglia dei suoi vicini di casa Hmong, dalle mani di un branco di teppisti fannulloni, sarà costretto (ironia della sorte) a fare i conti con la propria coscienza e ad accettare il confronto, le differenze e le tradizioni degli “altri”, simili ad esso più di quanto egli creda.
Il 30° lungometraggio di Eastwood regista mette in scena la crisi esistenziale di un uomo e il suo tragico, tormentato rapporto con la propria anima, evidenziando i demoni di quella che è forse la componente americana più intrisa di sangue in assoluto: l’orgoglio.
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Sopravvissuto alla guerra di Corea, Walt Kowalski ha fatto dell’odio verso i “diversi” la sua ragione di vita e vive ormai isolato dal mondo, pronto a scagliarsi contro chiunque oltrepassi il suo territorio. I suoi unici interessi sono: il suo cane, la birra e una Ford Gran Torino del 1972 che custodisce con una cura maniacale. Dopo aver salvato Thao, un giovane ragazzo della famiglia dei suoi vicini di casa Hmong, dalle mani di un branco di teppisti fannulloni, sarà costretto (ironia della sorte) a fare i conti con la propria coscienza e ad accettare il confronto, le differenze e le tradizioni degli “altri”, simili ad esso più di quanto egli creda.
Il 30° lungometraggio di Eastwood regista mette in scena la crisi esistenziale di un uomo e il suo tragico, tormentato rapporto con la propria anima, evidenziando i demoni di quella che è forse la componente americana più intrisa di sangue in assoluto: l’orgoglio. E’ l’orgoglio di essere un americano che spinge Walt Kowalski a rannicchiarsi nel suo habitat, insultando ed inveendo contro qualsiasi individuo che non gli appartenga. La sua, infatti, è una guerra ancora aperta; una ferita che non vuole rimarginarsi neanche quando, in prossimità della vecchiaia, la sua vita non ha ancora un significato e il suo mondo si riduce ai confini di un prato ben curato ma deserto.
Illuminato splendidamente dalla fotografia di Tom Stern, si respira l’aria di una felicità soffocata nel film, in bilico tra la speranza di un futuro migliore e la rassegnazione al proprio stile di vita. Ancora una volta nei film del regista americano, è il passato a condizionare la vita di un uomo e le sue azioni. E’, infatti, sotto le mentite spoglie di un thriller, un’amara parabola sull’America di ieri, animata da tribolazioni, dalla cui bandiera gronda ancora del sangue, e su quella di oggi, spiazzata e annichilita dal sangue di ieri, il cui futuro è ancora incerto, costantemente sull’orlo di un insondabile abisso. In questo film dove l’America è composta da tutti (polacchi, italiani, asiatici), si dà l’idea di una nazione dal cuore di tenebra contaminato da più razze, tradizioni, ideologie.
Attraverso lo sguardo disincantato del protagonista, Eastwood costruisce, grazie al funzionale apporto di una semplice, asciutta, spoglia eppur efficace struttura stilistico-narrativa, un film ricco di simmetrie e antinomie, tutte rivolte verso la riuscita caratterizzazione di un mondo alla deriva, senza una vera e propria guida morale che ne stabilisca i toni e il carattere, instaurando la consapevolezza di abitare in un universo dominato dall’odio e dal dolore.
Sorretto da un tono sarcastico, dissacrante e blasfemo nella sua pacata furia ribelle, opta per certi codici filmici classici e moderni al tempo stesso, frutto di un’esperienza registica qui portata ad un livello di veterana abilità, capace di integrare perfettamente il genere del thriller americano con l’approfondimento psicologico dei personaggi. Eastwood non altera il suo inconfondibile stile; con il suo ritmo disteso, l’affetto per i personaggi, la complessa semplicità, lascia allo spettatore il tempo e lo “spazio” di commuoversi, arrabbiarsi, rifiutare e immaginare; ne cava, così, un dramma di dolente intensità e risalto figurativo, che adotta, sotto la duplice insegna di vita e morte, una stratificata poetica dei contrasti che trova il suo apice nel memorabile finale. Racconto di formazione o tragedia morale? Forse tutti e due.
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shiningeyes
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martedì 16 aprile 2013
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un duro un po' meno duro
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Questa volta, Clint decide di esplorare i temi del razzismo, delle divisioni culturali e della triste perdita di valori della gioventù americana.
Essa avviene in una storia complessa e ben sceneggiata, raccontata attraverso gli occhi di un vecchio burbero razzista veterano di guerra, Walt Kovalski, interpretato da Clint alla sua vecchia maniera, sempre efficace. L'anziano, ma grintoso Walt, dovrà fare i conti con la sua situazione di solitudine, dopo la morte dell'amatissima moglie, e la troverà nella, inizialmente, odiatissima famiglia Hmong immigrata, sua vicina di casa. Dopo aver strappato il giovane Tao dalle grinfie di una baby gang capeggiata da suo cugino, Walt si troverà nelle grazie della famiglia di Tao, e quest'ultimo, si troverà sotto la sua ala protettrice, guadagnandosi la sua amicizia e stima.
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Questa volta, Clint decide di esplorare i temi del razzismo, delle divisioni culturali e della triste perdita di valori della gioventù americana.
Essa avviene in una storia complessa e ben sceneggiata, raccontata attraverso gli occhi di un vecchio burbero razzista veterano di guerra, Walt Kovalski, interpretato da Clint alla sua vecchia maniera, sempre efficace. L'anziano, ma grintoso Walt, dovrà fare i conti con la sua situazione di solitudine, dopo la morte dell'amatissima moglie, e la troverà nella, inizialmente, odiatissima famiglia Hmong immigrata, sua vicina di casa. Dopo aver strappato il giovane Tao dalle grinfie di una baby gang capeggiata da suo cugino, Walt si troverà nelle grazie della famiglia di Tao, e quest'ultimo, si troverà sotto la sua ala protettrice, guadagnandosi la sua amicizia e stima. Purtroppo, la baby gang deciderà di commettere malefatte che faranno imbestialire Walt, che ormai malato di cancro all'ultimo stadio, deciderà di passare all'azione per redimersi dai suoi peccati (uccisioni ingiustificate durante la guerra di Corea) che non lo hanno mai lasciato in pace.
Oltre a trovarci di fronte ad una strepitosa sceneggiatura, ci troviamo di fronte anche, un personaggio di eccezionale caratura e tremendamente ammirevole come Walt; ogni sua battuta è ormai citazione. E vero che è una vita che Clint ricicla il suo stesso personaggio, ma questa volta lo aggiorna e lo rende un po' più sensibile e umano, ci fa vedere anche che, lo stesso attore sembra essere afflitto da una vecchiaia che non si riesce più a nascondere dalla sua mitica figura di duro.
Ma levando il lavoro di valore effettuato dalla regia e dal carattere impersonato da Clint, c'è da premiare l'ottima prova di Bee Vang, che sembra tutt'altro che intimorito nel recitare accanto ad una leggenda come Clint; spero di vederlo nuovamente al lavoro, il ragazzo.
“Gran Torino” è l'ennesima prova di qualità di un regista capace di raccontarci storie di notevole complessità e importanza, che sanno sempre come farci riflettere nel modo giusto. Facendoci sperare che continui a fare film per altri 10 anni, età permettendo.
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tricio
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sabato 14 marzo 2009
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eastwood omerico
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Come Omero, il poeta cieco che racconta ogni dettaglio, così Eastwood, un vecchio, riesce a vedere l'America meglio di ogni altro. Clint da sempre un maverick alla McCain racconta un film di forte morale obamiana: che tu sia irlandese, polacco, italiano o muso giallo in America c'è posto anche per te, ma lo devi scegliere e affrontare lo schifoso mondo che c'è la fuori come i pionieri del vecchio west, e il west è meraviglioso.
Il canovaccio è noto: un vecchio e un giovane in uno scambio di orrizonti ed esperienze. L'ispettore Calhagan continua a non nutrire dubbi su cosa sia il giusto e il bene e di come sia doveroso combattere l'ingiustizia, ma il dubbio è sul come.
L'analisi è spietata: i figli degli operai ford vendono SUV giapponesi, anzichè guadagnarsi il pane col sudore ora fanno conti.
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Come Omero, il poeta cieco che racconta ogni dettaglio, così Eastwood, un vecchio, riesce a vedere l'America meglio di ogni altro. Clint da sempre un maverick alla McCain racconta un film di forte morale obamiana: che tu sia irlandese, polacco, italiano o muso giallo in America c'è posto anche per te, ma lo devi scegliere e affrontare lo schifoso mondo che c'è la fuori come i pionieri del vecchio west, e il west è meraviglioso.
Il canovaccio è noto: un vecchio e un giovane in uno scambio di orrizonti ed esperienze. L'ispettore Calhagan continua a non nutrire dubbi su cosa sia il giusto e il bene e di come sia doveroso combattere l'ingiustizia, ma il dubbio è sul come.
L'analisi è spietata: i figli degli operai ford vendono SUV giapponesi, anzichè guadagnarsi il pane col sudore ora fanno conti. Ma la salvezza esiste: sono i nuovi americani, perchè in fondo gli americani sono sempre nuovi.
Violento e semplicistico, eppure profondo e lucido proprio come Omero.
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giacomo vezzani
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domenica 15 marzo 2009
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...e clint eastwood non sbaglia un film
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Credo che sia stato Luca Carboni che un tempo scrisse "e intanto Dustin Hofmann non sbaglia un film".
Forse ci siamo abbituati ad andare a vedere un film di Easrwood
e uscire e dire "SI TRATTA DI UN BEL FILM."
Ma dopo il mediocre "Changeling" il regista torna con un gran film, tra i suoi migliori.
Penso che sia il film che meglio interpreta il "ricambio generazionale", una delle tematiche più care a Eastwood, come dire cosa lascerà la mia generazione al futuro, quali sono le strade da seguire, cosa centro io con questi giovani!
Se i personaggi giocano con una realtà crudele e da subito il protagonista burbero si trasforma in eroe e da antipatico si strasfigura in sinpatetico, senza rivoluzionare il metodo più antico di scrivere una sceneggiatura "X", ma rendendola grandiosa come solo lui può fare, le atmosfere e i dati tecnici (dalla fotografia, al montaggio alla sua capacità di comporre anche le musiche) sono veramente ottimi.
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Credo che sia stato Luca Carboni che un tempo scrisse "e intanto Dustin Hofmann non sbaglia un film".
Forse ci siamo abbituati ad andare a vedere un film di Easrwood
e uscire e dire "SI TRATTA DI UN BEL FILM."
Ma dopo il mediocre "Changeling" il regista torna con un gran film, tra i suoi migliori.
Penso che sia il film che meglio interpreta il "ricambio generazionale", una delle tematiche più care a Eastwood, come dire cosa lascerà la mia generazione al futuro, quali sono le strade da seguire, cosa centro io con questi giovani!
Se i personaggi giocano con una realtà crudele e da subito il protagonista burbero si trasforma in eroe e da antipatico si strasfigura in sinpatetico, senza rivoluzionare il metodo più antico di scrivere una sceneggiatura "X", ma rendendola grandiosa come solo lui può fare, le atmosfere e i dati tecnici (dalla fotografia, al montaggio alla sua capacità di comporre anche le musiche) sono veramente ottimi.
Al contrario non sfugge al regista Texano l'obbiettivo della sua indagine sociologica, trasferendo il mondo e le sue insofferenze in un quartiere di periferia. Si parte con la solita barzelletta razzista e si finisce nella poesia del riscatto sublime.
io non sò aggiungere altro:un capolavoro:Credo,Forse,ma,penso,se.
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[+] gran torino.... da un grande regista e interprete
(di patty55)
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manfredi 4ever
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mercoledì 25 marzo 2009
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capolavoro
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Un film molto intenso e carico d'azione in puro stile Eastwood, maestro indiscusso del cinema americano !!
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lukino190
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giovedì 26 marzo 2009
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clint "il mito"
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Assolutamente eccezionale, non banale nè scontato
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