yris2002
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lunedì 16 marzo 2009
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gran clint eastwood
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Ancora una volta Clint Eastwood lascia il segno, forte, profondo, emozionante. Lo fa con una regia impeccabile, e con la sua stessa presenza fisica, che a quasi ottant'anni sa ancora imporsi con decisione e commozione nello spettatore.
Le vicende sono drammatiche, ma a tratti autenticamente divertenti(la scena dal barbiere col ragazzo asiatico è davvero spassosa!), la violenza e l'orrore dell'uomo (che non ha colore, perché anche i bianchi non fanno una gran bella figura) si alternano a momenti in cui anche l'umanità e la sincerità dei personaggi sa trovare il giusto spazio, senza togliere nulla alla profondità delle tematiche trattate.
Il problema della difficoltà nello stare assieme, del condividere spazi e tempi quando ci si sente così diversi da chi ci sta intorno e quando la vita ci ha lasciato delle ferite così profonde, pone interessanti riflessioni, valide non solo per l'old America, ma molto attuali in qualsiasi contesto in cui ci si sente obbligati a convivere con culture che paiono inconciliabili con la nostra.
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Ancora una volta Clint Eastwood lascia il segno, forte, profondo, emozionante. Lo fa con una regia impeccabile, e con la sua stessa presenza fisica, che a quasi ottant'anni sa ancora imporsi con decisione e commozione nello spettatore.
Le vicende sono drammatiche, ma a tratti autenticamente divertenti(la scena dal barbiere col ragazzo asiatico è davvero spassosa!), la violenza e l'orrore dell'uomo (che non ha colore, perché anche i bianchi non fanno una gran bella figura) si alternano a momenti in cui anche l'umanità e la sincerità dei personaggi sa trovare il giusto spazio, senza togliere nulla alla profondità delle tematiche trattate.
Il problema della difficoltà nello stare assieme, del condividere spazi e tempi quando ci si sente così diversi da chi ci sta intorno e quando la vita ci ha lasciato delle ferite così profonde, pone interessanti riflessioni, valide non solo per l'old America, ma molto attuali in qualsiasi contesto in cui ci si sente obbligati a convivere con culture che paiono inconciliabili con la nostra.
Un film che, al pari di tutti gli altri diretti dal genio di Eastwood, merita di essere visto: dalla sala si esce sicuramente arricchiti!
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pipay
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lunedì 16 marzo 2009
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fascismo, xenofobia, razzismo. ma che dite?
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Certo che quando si vuol dare del fascista a qualcuno non si fanno complimenti! E' ridicolo travisare così la realtà e rilasciare giudizi del tutto privi di fondamento! Nel film non c'è una matrice fascista e non c'è razzismo. Clint Eastwood ha cercato di descrivere una realtà molto attuale: quella della difficile integrazione tra persone di etnie e di culture diverse. Questa integrazione costa al protagonista una fatica immane. Lui si è trovato in Corea faccia a faccia con i "musi gialli" e ha dovuto combattere, ha dovuto uccidere e questi ricordi costituiscono ancora una piaga nel suo animo. Ma a distanza di decenni "i selvaggi" riappaiono, proprio accanto alla sua abitazione. Lui non può ignorarli.
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Certo che quando si vuol dare del fascista a qualcuno non si fanno complimenti! E' ridicolo travisare così la realtà e rilasciare giudizi del tutto privi di fondamento! Nel film non c'è una matrice fascista e non c'è razzismo. Clint Eastwood ha cercato di descrivere una realtà molto attuale: quella della difficile integrazione tra persone di etnie e di culture diverse. Questa integrazione costa al protagonista una fatica immane. Lui si è trovato in Corea faccia a faccia con i "musi gialli" e ha dovuto combattere, ha dovuto uccidere e questi ricordi costituiscono ancora una piaga nel suo animo. Ma a distanza di decenni "i selvaggi" riappaiono, proprio accanto alla sua abitazione. Lui non può ignorarli. Prima li detesta, poi a poco a poco li accetta e si sente accettato da loro. E Walt, l'americano di origine polacca, dimostrerà infine piena solidarietà verso la famiglia di asiatici, famiglia che sarà costretta a subire diverse angherie, non dagli americani, ma da gente che ha la loro stessa origine. Walt sarà capace, semmai, di compiere un atto di estremo ed encomiabile altruismo nei confronti dei suoi vicini. E anche alla fine del film, dal suo testamento, si colgono frasi che denotano un'ironia e una generosità che si pensava non potessero far parte della sua mentalità e del suo atteggiamento scorbutico. Altro che fascista! altro che razzista! Troppo facile parlare a vanvera e criticare aspetti deleteri che nel film di Clint proprio non esistono... E la sua interpretazione è semplicemente stupenda!
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(di puntiglioso)
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diomede917
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martedì 17 marzo 2009
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callaghan in pensione
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L'ispettore Callaghan è andato in pensione, adesso vive in un quartiere dove è l'unico americano circondato da vicini "musi gialli" e baby gang di varie etnie. Si chiama Walt Kowalski ma è meglio rivolgersi come Mr. Kowalski se vuoi che ti risponda, lui non parla ringhia. E' rimasto vedovo da poco, passa le sue giornate in veranda benvendo birra e contemplando la sua bellissima Gran Torino. E' proprio il tentativo di furto della macchina da parte del figlio della sua vicina di casa a spalancare a questo vecchio burbero una realtà che non conosceva ma che ha molti più punti in comune con lui rispetto al suo rapporto con i figli.
Gran Torino è da definire il vero testamento cinematografico di Clint Eastwood dove si racchiude la somma del suo modo di vedere e fare cinema.
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L'ispettore Callaghan è andato in pensione, adesso vive in un quartiere dove è l'unico americano circondato da vicini "musi gialli" e baby gang di varie etnie. Si chiama Walt Kowalski ma è meglio rivolgersi come Mr. Kowalski se vuoi che ti risponda, lui non parla ringhia. E' rimasto vedovo da poco, passa le sue giornate in veranda benvendo birra e contemplando la sua bellissima Gran Torino. E' proprio il tentativo di furto della macchina da parte del figlio della sua vicina di casa a spalancare a questo vecchio burbero una realtà che non conosceva ma che ha molti più punti in comune con lui rispetto al suo rapporto con i figli.
Gran Torino è da definire il vero testamento cinematografico di Clint Eastwood dove si racchiude la somma del suo modo di vedere e fare cinema.
Il film ha parecchi punti in comune con l'altro suo piccolo grande capolavoro Million Dollar Baby:
abbiamo un protagonista arrabbiato con la vita, senza un legame con la famiglia che si fa tutore di principi e ideali verso gli emarginati;
c'è il rapporto conflitttuale con la chiesa e il bene e il male, anche se in questo caso la lezione la imparerà il giovane sacerdote 27enne vergine che tiene sottobraccio vecchiette supestiziose alle quali promette la vita eterna;
mentre Morgan Freeman è sostituito da un barbiere mangiaspaghetti al quale viene riservato una delle migliori scene del film ossia la vera iniziazione del giovane Thao.
La vera forza di questo splendido film è la semplicità con cui tratta queste tematiche evitando retorica e luoghi comuni.
Voto 10
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sassolino
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sabato 21 marzo 2009
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quel che resta del male
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Abbiamo sempre più bisogno di eroi e questo Clint lo sa bene. Del resto erano eroi Hillary Swank che prendeva a pugni il mondo, Kevin Costner nel padre ambiguo di un mondo perfetto e persino l'atroce William Munny che insegnava la morale a colpi di fucile. Stavolta l 'eroe Eastwoodiano è un vecchio 80 enne razzista con il cancro alle porte. Un antieroe cosi' caro a Clint, abbandonato dalla vita e dagli affetti con un unico cimelio, la Gran Torino, flessuosa Ford anni 70 che ne rappresenta il potere o forse i superpoteri.
Rimasto a contemplare la sua "proprietà" in un america sempre più individualista, s'imbatte in una famiglia di asiatici e dopo infinite resistenze entra nel loro microcosmo finendo per diventare il padre putativo di un timido ragazzino alle prese con gli sberleffi della piccola gang di quartiere.
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Abbiamo sempre più bisogno di eroi e questo Clint lo sa bene. Del resto erano eroi Hillary Swank che prendeva a pugni il mondo, Kevin Costner nel padre ambiguo di un mondo perfetto e persino l'atroce William Munny che insegnava la morale a colpi di fucile. Stavolta l 'eroe Eastwoodiano è un vecchio 80 enne razzista con il cancro alle porte. Un antieroe cosi' caro a Clint, abbandonato dalla vita e dagli affetti con un unico cimelio, la Gran Torino, flessuosa Ford anni 70 che ne rappresenta il potere o forse i superpoteri.
Rimasto a contemplare la sua "proprietà" in un america sempre più individualista, s'imbatte in una famiglia di asiatici e dopo infinite resistenze entra nel loro microcosmo finendo per diventare il padre putativo di un timido ragazzino alle prese con gli sberleffi della piccola gang di quartiere.
In un set molto limitato, confinato alle poche villette a schiera tenute a guardia dal suo bianco cane, Eastwood costruisce un ghetto impietoso, un confine oltre il quale il male prevale sul bene e la violenza non è che mera ripetizione di se stessa diventando vana tendenza di ribellione a una società implacabile.
Se è vero che il film costituisce una svolta nella poetica del male del regista è altrettanto leggiadro osservare come Eastwood affronti per l'ennesima volta il rapporto padri/figli, un legame che di fatto non esiste e che è destinato a generare nuovi loser, soggetti incapaci d'amare, portati per istinto naturale alla perdizione. Bellissimo il finale, degno di una favola hollywoodiana, con la snella e muscolosa Gran Torno che sfila via placida in riva a un lago di tranquille acque.
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franco
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mercoledì 25 marzo 2009
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viva il cinema "apolitico"
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Dopo aver visto "Australia" mi son detto: questo è il miglior film dell'anno! Dopo aver visto "Revolutionary Road" ho fatto lo stesso, così come per "Il Curioso caso di Benjamin Button". E lo faccio anche stavolta, ben sicuro che del 2008 ormai trascorso da alcuni mesi "Gran Torino" sia senza dubbio il miglior film. Ingiustamente snobbato agli Oscar (in fondo tratta temi scomodi), è una profonda, quindi non superficiale, riflessione su diversi temi: il razzismo, il militarismo, la vecchiaia e la violenza. Anche la religione. Clint, ovvero Walt Kowalski, è un reduce della Guerra di Corea che si trova ad aver a che fare con un gruppo di immigrati coreani che si è stabilita nel suo quartiere. Dapprima il suo atteggiamento verso i nuovi arrivati è duro e critico, razzista, ma poi le cose cambiano: arriviamo al punto della rappresaglia dei coreani ai danni di Thao.
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Dopo aver visto "Australia" mi son detto: questo è il miglior film dell'anno! Dopo aver visto "Revolutionary Road" ho fatto lo stesso, così come per "Il Curioso caso di Benjamin Button". E lo faccio anche stavolta, ben sicuro che del 2008 ormai trascorso da alcuni mesi "Gran Torino" sia senza dubbio il miglior film. Ingiustamente snobbato agli Oscar (in fondo tratta temi scomodi), è una profonda, quindi non superficiale, riflessione su diversi temi: il razzismo, il militarismo, la vecchiaia e la violenza. Anche la religione. Clint, ovvero Walt Kowalski, è un reduce della Guerra di Corea che si trova ad aver a che fare con un gruppo di immigrati coreani che si è stabilita nel suo quartiere. Dapprima il suo atteggiamento verso i nuovi arrivati è duro e critico, razzista, ma poi le cose cambiano: arriviamo al punto della rappresaglia dei coreani ai danni di Thao. Clint non si è deciso a difenderlo per bontà morale, perchè è un "buono che fa il cattivo", ma perchè la difesa per i più deboli è integrata nel DNA di ogni uomo. Chi non la possiede, come i membri della gang, è un criminale. Dallo sguardo del protagonista capiamo che lui è sconvolto da quello che ha fatto, non si è reso conto di aver aiutato quelli che disprezzava fino a pochi giorni prima. Da lì in poi assistiamo al suo lento cambiamento, che non è un caso: i figli si interessano a lui solo per avere la casa, come dimostrato nella scena in cui gli propongono l'ospizio, i nipoti non lo considerano neanche e il parroco, almeno all'inizio, si interessa a lui per esaudire l'ultima richiesta della moglie. Solo i coreani desiderano instaurare un rapporto con lui per rispetto, per riconoscenza. E poi, man mano che il film va avanti, Clint arriva a cambiare, finalmente, arrivando a darci una riflessione sul Bene e sul Male: esso è radicato negli animi di qualsiasi persona, che sia del nostro Paese o meno, una cosa che pare scontata, ma che in realtà non è! E poi non è un messaggio dato in un modo ingenuo: la gang non è vista con occhi di pietà, bensì con occhi critici, con occhi spietati! E' la famiglia coreana, vessata dalla violenza di questi criminali, a meritarsi la vera pietà degli spettatori e di Clint. L'ironia con cui lui prende in giro gli stranieri e insegna a Thao come parlano i "veri uomini", è un vero colpo da maestro, non si può non comprenderne il senso burlesco, qui Clint si prende gioco dei vari Rambo, Terminator, soggetti che esaltano il machismo. E prende in giro pure sè stesso, in maniera sottile, velata, mettendo in mostra gli stereotipi dell'Uomo senza Nome, ovvero lo sguardo affilato, l'espressione scultorea, incisa nella roccia. Per chiudere, spieghiamo la morte di Clint: lui va in chiesa a confessare i propri peccati, ma cosa confessa? Confessa errori umani (un bacio ad un'altra donna, una frode...), perchè il prete non è il portavoce di Dio, ma un uomo comune e quindi lui si sottomette al perdono degli uomini. Poi va, completamente disarmato (quindi NON si esalta la violenza!!!), all'appuntamento con la Morte e viene ucciso; una volta a terra, appare martirizzato, quasi crocefisso e questo indica che lui facendo così si è sottoposto alla punizione divina per tutto ciò che ha fatto in vita. Questo è un discorso profondamente ateo, gente. Insomma, un film che non si può classificare, come giusto che sia, nè a destra ne a sinistra (anche se ne ho visto molti aspetti, che mi sono ovviamente piaciuti!). Ciao a tutti! Commentatemi, commentate!
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(di aurora)
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marezia
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domenica 29 marzo 2009
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una riflessione sulla violenza
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Pellicola alla Eastwood (il che non è poco in un mondo in cui spesso i registi cambiano stile a seconda della materia da trattare senza averne uno a prescindere) dal ritmo inesorabilmente lento, come una marcia, lungo i viali dell'umanità, verrebbe da dire di ogni razza e colore; un'umanità varia quindi che però alla fine a ben guardare tanto diversa non è. Io l'ho vista come la rappresentazione della possibilità della riconciliazione col proprio passato inserita in una riflessione globale sul binomio vita/morte che da un piano patriottico si fa del tutto umano. E' un film antimilitarista secondo me, la cui fine dice tutto. Bello, e stranamente non preso in considerazione dall'Accademy.
Peccato!
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carmine antonello
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venerdì 3 aprile 2009
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eastwood tra pregiudizi e sensi di colpa
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Non sbaglia un colpo questo regista quasi ottantenne che migliora negli anni come il buon vino. “Gran Torino” è l’ultimo film di Clint Eastwood, un titolo preso a prestito dalla mitica Ford del ’72 custodita nel garage del burbero protagonista. Vedovo e con un profondo rancore verso i “musi gialli” che gli ricordano la Guerra di Corea, ultraconservatore con il fucile sempre imbracciato, padre scostante e mai gentile con una famiglia che sembra nemmeno appartenergli: Walt Kowalsky è un duro che nasconde un senso di colpa da cui non riesce a liberarsi, un uomo in cerca di redenzione ma incapace di perdonare se stesso per le atrocità commesse al fronte. Almeno fino a quando non incontra alcuni vicini chiassosi e con qualche problema da risolvere: scatta improvviso l’istinto paterno, il ragazzino sensibile pestato da una gang potrebbe essere quel figlio che si è sempre voluto.
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Non sbaglia un colpo questo regista quasi ottantenne che migliora negli anni come il buon vino. “Gran Torino” è l’ultimo film di Clint Eastwood, un titolo preso a prestito dalla mitica Ford del ’72 custodita nel garage del burbero protagonista. Vedovo e con un profondo rancore verso i “musi gialli” che gli ricordano la Guerra di Corea, ultraconservatore con il fucile sempre imbracciato, padre scostante e mai gentile con una famiglia che sembra nemmeno appartenergli: Walt Kowalsky è un duro che nasconde un senso di colpa da cui non riesce a liberarsi, un uomo in cerca di redenzione ma incapace di perdonare se stesso per le atrocità commesse al fronte. Almeno fino a quando non incontra alcuni vicini chiassosi e con qualche problema da risolvere: scatta improvviso l’istinto paterno, il ragazzino sensibile pestato da una gang potrebbe essere quel figlio che si è sempre voluto. Stupendamente interpretato da un Eastwood dalla faccia granitica, chiuso in se stesso e vittima dell’odio verso una comunità di cinesi che a malapena capisce; eppure i pregiudizi sono destinati a cadere se il colore della pelle è molto più simile di quanto si possa immaginare. Dramma a metà strada tra “Million Dollar Baby” e “Gli Spietati”, la storia che inizia con un funerale e si conclude con un altro funerale. Virile ma commuovente nell’estremo sacrificio del malato terminale perchè quando dietro la macchina da presa c’è l’ex pistolero di Leone i miracoli accadono anche al cinema.
Carmine Antonello Villani
(Salerno)
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domenico argondizzo
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venerdì 3 aprile 2009
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gran torino
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Spesso le schematizzazioni che devono farsi nelle espressioni artistiche, per il fatto di dover rappresentare ed esprimere fenomeni e sentimenti non contenibili in stretti limiti di spazio e tempo, ma che occupano la realtà di intere vite, risultano troppo artificiose.
Non è questo il caso dell’opera di Clint Eastwood, in cui è tutto distillato alla perfezione. L’attenzione si concentra sui buoni, senza santificarli, ma mostrandone tutta la umana verità. Nuovi e sinceri legami familiari si sovrappongono ai vecchi; corrosi dal tempo. Nuove culture vengono ri-conosciute più familiari della propria, ove mai ancora esistesse.
Si può cogliere, volendo, anche una emulazione del martirio cristiano.
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Spesso le schematizzazioni che devono farsi nelle espressioni artistiche, per il fatto di dover rappresentare ed esprimere fenomeni e sentimenti non contenibili in stretti limiti di spazio e tempo, ma che occupano la realtà di intere vite, risultano troppo artificiose.
Non è questo il caso dell’opera di Clint Eastwood, in cui è tutto distillato alla perfezione. L’attenzione si concentra sui buoni, senza santificarli, ma mostrandone tutta la umana verità. Nuovi e sinceri legami familiari si sovrappongono ai vecchi; corrosi dal tempo. Nuove culture vengono ri-conosciute più familiari della propria, ove mai ancora esistesse.
Si può cogliere, volendo, anche una emulazione del martirio cristiano. Si può, ancora, affermare che la propria famiglia, come la propria identità culturale, è soprattutto un atto di volontà, scelta consapevole, da rinnovare e costruire ogni giorno, nutrendosi delle interrelazioni con l’Altro da sé, che fanno evolvere il proprio io.
Una amara verità: quel finale pieno di speranza nella giustizia degli uomini, non sarebbe verosimile se ambientato in buona parte del territorio italiano.
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massimiliano di fede
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mercoledì 6 maggio 2009
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un'automobile che fa riflettere
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In questo film Clint Eastwood, vuole ripercorrere un tema molto attuale e particolare, che vede divise etnie diverse che hanno contribuito a formare clan che spesso e volentieri impongono una violenza fuori dal comune. la parte dell'americano vecchio stampo e razzista gli si addice bene, sopratutto quando poi da vecchio burbero si trasforma in paladino in difesa dei più deboli, anche se questi sono asiatici. Il film si compone di scene di vita quotidiana, l'intolleranza verso i vicini, verso i suoi stessi figli che non stima, una vita in solitario che ha raggiunto l'apice dopo la morte della moglie. E poi la protagonista silenziosa di questo film, la Gran Torino, l'automobile prodotta dalla Ford a cavallo della fine degli anni 60 fino alla metà degli anni 70, che il vecchio burbero custodisce in maniera maniacale.
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In questo film Clint Eastwood, vuole ripercorrere un tema molto attuale e particolare, che vede divise etnie diverse che hanno contribuito a formare clan che spesso e volentieri impongono una violenza fuori dal comune. la parte dell'americano vecchio stampo e razzista gli si addice bene, sopratutto quando poi da vecchio burbero si trasforma in paladino in difesa dei più deboli, anche se questi sono asiatici. Il film si compone di scene di vita quotidiana, l'intolleranza verso i vicini, verso i suoi stessi figli che non stima, una vita in solitario che ha raggiunto l'apice dopo la morte della moglie. E poi la protagonista silenziosa di questo film, la Gran Torino, l'automobile prodotta dalla Ford a cavallo della fine degli anni 60 fino alla metà degli anni 70, che il vecchio burbero custodisce in maniera maniacale. Un film dalle tante sfaccettature comiche e drammatiche che porta ad un finale che noi tutti vorremmo diverso, ma che in fondo finisce bene. Possiamo dire che Eastwood, dopo essere un attore versatile con tantissimi film all'attivo, è diventato uno dei registi più geniali del nostro tempo. E' un'ottimo film, che merita in pieno le 4 stelle.
Massimiliano Di Fede www.fmfilm.it
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il critico
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mercoledì 2 settembre 2009
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gran torino
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L'anziano Walt abita in un quartiere pieno di immigrati ma purtroppo anche di gang, èè un anziano alquanto scurbutico e l'unica cosa che ci tiene davvero è la sua macchina, la Gran Torino che lui stesso ha costruito e montato, fa amicizia con Thao,componente della famiglia di immigrati asiatici accanto a casa sua proprio grazie alla sua macchina. Ma presto Walt deve affrontare la banda di gang che minaccia la famiglia di aiatici compreso Thao.Il film di Eastwood è bello, toccante,commovente e divertente (comunque cambierei il genere da azione a drammatico), sceneggiatura potente anche si ricalca molto la maleducazione e il carattere di Walt. (per esempio alla fine del film Walt dice: "Lascio la mia Gran Torino a Thao a condizione che non mi scoperchi il tetto come uno s*****o messicano, che non ci dipinga le fiamme come un coatto bianco e non ci metta quegli spoiler da checca sul retro come tutte le macchine dei musi gialli").
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L'anziano Walt abita in un quartiere pieno di immigrati ma purtroppo anche di gang, èè un anziano alquanto scurbutico e l'unica cosa che ci tiene davvero è la sua macchina, la Gran Torino che lui stesso ha costruito e montato, fa amicizia con Thao,componente della famiglia di immigrati asiatici accanto a casa sua proprio grazie alla sua macchina. Ma presto Walt deve affrontare la banda di gang che minaccia la famiglia di aiatici compreso Thao.Il film di Eastwood è bello, toccante,commovente e divertente (comunque cambierei il genere da azione a drammatico), sceneggiatura potente anche si ricalca molto la maleducazione e il carattere di Walt. (per esempio alla fine del film Walt dice: "Lascio la mia Gran Torino a Thao a condizione che non mi scoperchi il tetto come uno s*****o messicano, che non ci dipinga le fiamme come un coatto bianco e non ci metta quegli spoiler da checca sul retro come tutte le macchine dei musi gialli"). Confesso che questo è il mio primo fil di Eastwood che vedo ma questo film secondo me è da vedere,.
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