Scarlett Johansson (Scarlett Ingrid Johansson) è un'attrice statunitense, regista, produttrice, produttrice esecutiva, è nata il 22 novembre 1984 a New York City, New York (USA). Al cinema il 26 settembre 2024 con il film Transformers One. Scarlett Johansson ha oggi 39 anni ed è del segno zodiacale Scorpione.
Quando un'occhiata di sfuggita ai tuoi capelli è celebrata come uno dei momenti più erotici visti al cinema nell'ultimo anno, vuol dire che qualcosa è successo. Vuole dire che la passione che nel 2003 la diciannovenne Scarlett Johannson ha scatenato tra i cinefili di tutto il mondo con due soli film (Lost in Translation e La ragazza con l'orecchino di perla) sfiora l'ossessione.
Emerge dalla massa fin da giovanissima
Lei veramente ha iniziato giovanissima, appena adolescente, a costruirsi le basi per tanta gloria: non ha sbagliato un film (neanche un teen movie all'attivo), ha lasciato che la mamma la guidasse senza tracimare, ha continuato a vivere e studiare a New York. Ha evitato di mescolarsi alla massa degli attori emergenti, ha lasciato ad altre l'effimera ebbrezza delle lolite di celluloide, partecipando a film indipendenti come il dolceamaro Ghost World di Terry Zwigoff.
Un film di culto dopo l'altro
Oggi lascia che i giornali si riempiano di elegie indirizzate alle sue labbra, alla sua voce. Ma non ha intenzione di essere una meteora. Enigmatica e misteriosa, sa che la fama è un patrimonio da amministrare con sapienza. Un film di culto della stagione puoi azzeccarlo. Se i film sono due non può essere solo un colpo di fortuna. Perfetta partner di uomini maturi, dopo Bill Murray, Colin Firth e Dennis Quaid, ha poi scelto John Travolta nel malinconico Una canzone per Bobby Long, e ha dimostrato una spiccata poliedricità alternando commedie e film drammatici o addirittura fantascientifici (The Island).
Musa ispiratrice per Woody Allen
Saggia e diligente sui set, sembra proprio una che studia da regista, come racconta Woody Allen, del quale è divenuta la musa ispiratrice. E infatti nel 2008 firma un episodio di New York, I love you. Dopo la femme fatale di Match Point Woody Allen l'ha trasformata in una giornalista svampita che ha a che fare con un mago (come in The Prestige di Nolan) in Scoop, anche se pure Brian De Palma l'ha preferita in versione fatale (The Black Dahlia).
Una richiestissima diva anni '30
Chiacchierata, desiderata, questa giovane ragazza con l'aria da diva anni Trenta ha poi vestito i panni di una tata "alla Mary Poppins" nel film Il diario di una tata, firmato dai due registi indipendenti Shari Springer Berman e Robert Pulcini, è stata la sorella di Natalie Portman ne L'altra donna del Re per poi tornare dal suo mentore Woody Allen per la commedia Vicky Cristina Barcellona. E dopo le performance calienti in terra spagnola con Penelope Cruz e Javier Bardem, ecco arrivare anche la procace fanciulla all'ennesima trasposizione da un fumetto, The Spirit, dove recita al fianco di Eva Mendes, Paz Vega e Samuel L. Jackson.
Conciliando vita privata e carriera
Nel frattempo, per quanto riguarda la vita privata, la giovane diva si è sposata con l'attore Ryan Reynolds, a lungo fidanzato in passato con la cantante Alanis Morissette. Ma non ha certo rinunciato alla carriera per la famiglia: nel 2009 la ritroviamo nella commedia romantica La verità è che non gli piaci abbastanza, nel misterioso progetto ideato da Stanley Kubrick Lunatic at Large, e - per non farsi mancare il genere action - nei panni della sensuale e felina nuova assistente di Tony Stark Natasha Romanoff, detta anche Black Widow (Iron Man 2). Nel dicembre 2010, dopo appena due anni di matrimonio, divorzia da Reynolds. Questo però non ferma la sua fervente attività professionale: in uscita nel 2012, altri interessanti lavori: La mia vita è uno zoo, commedia di Cameron Crowe (e con Matt Damon) ispirata a una storia realmente accaduta, e The Avengers, attesissimo film supereroistico firmato da Joss Whedon. Nel 2013 è invece Janet Leigh nel biopic di Sacha Gervasi Hitchcock, oltre a partecipare al film di Spike Jonze Her come voce, nel ruolo di un sistema operativo. Questo ruolo le vale il premio come migliore attrice al Festival del Film di Roma 2013.
Continuando a partecipare alle avventure blockbuster di Captain America e Avengers, non disdegna il cinema autoriale dei fratelli Coen, partecipando ad Ave, Cesare!, film d' apertura della 66esima Berlinale. L'anno successivo presta la voce al serpente Kaa nell'adattamento in motion capture Walt Disney Pictures Il libro della giungla e al porcospino Ash nel musical d'animazione Sing. Nel 2017 la vedremo in versione cyborg nel film di Rupert Sanders Ghost in the Shell.
Dopo Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, nel 2019 è nel pluripremiato Storia di un matrimonio di Noah Baumbach accanto ad Adam Driver, e nel film di Taika Waititi Jojo Rabbit. Nel 2021 è attesa invece in Black Widow di Cate Shortland.
Molti la considerano la nuova Marilyn. Altri rivedono in lei il fascino di Lana Turner. A qualcuno ricorda la languida Kim Basinger. Fatto è che Scarlett Johansson è la bionda più glamour del cinema americano che in questa sensualissima ventunenne newyorkese, diafana e un po’ impacciata, ha trovato la dark lady del Terzo millennio. Fragile e tormentata come quelle che hanno fatto la storia della settima arte. L’unica, autentica star di questi ultimi anni, parola di Woody Allen che l’ha scelta come musa nel thriller hitchcockiano Match Point e nella commedia brillante Scoop, le cui riprese sono da poco terminate a Londra. Con quel look da diva anni Quaranta, con quella voce rauca di chi è abituato a nascondere le proprie inquietudini dietro la cortina di fumo di sigarette fumate l’una dopo l’altra, la giovanissima Scarlett sarà una delle donne insicure, pericolose e inevitabilmente fatali di Brian De Palma che in The Black Dalia, dall’omonimo romanzo di James Ellroy, le ha affidato i panni di Kay Lake, dolce e generosa, ma perseguitata da uno squallido passato. Nel libro, a poche pagine dall’inizio, lo scrittore ce la mostra mentre con la sigaretta in mano inanella una serie di cerchi di fumo nell’aria. Ha la testa rivolta all’insù, la schiena arcuata e per mantenere l’equilibrio si appoggia alla portiera di un’automobile. E la fidanzata del poliziotto ed ex pugile Leeland “Lee” Blanchard (Aaron Eckhart) ma, dopo averla incontrata, Dwight “Bucky” Bleichert (Josh Hartnett), collega di Lee, ammette: «Ebbi per la prima volta la sensazione che il signor Fuoco e io stessimo per diventare amici». Oggetto del desiderio di due uomini, il destino di Kay e dei due poliziotti sarà indissolubilmente legato a quello della Dalia Nera, al secolo Elizabeth Short (Mia Kirshner), ex prostituta e attricetta del sottobosco hollywoodiano torturata e brutalmente uccisa il 15 gennaio del 1947. Il barbaro assassinio, realmente accaduto e rimasto insoluto, dà il via a una delle più accanite e appassionanti cacce all’uomo della storia americana diventando una vera e propria ossessione per i media, ma soprattutto per Lee e Bucky che si occupano delle indagini con maniacale scrupolosità scoprendo cospirazioni e corruzione nello stesso dipartimento di polizia. Perché è chiaro che non ci saranno né pace né amore in città finché il crudele assassino non verrà smascherato. La Johansson dunque farà i conti con uno dei crimini che sconvolsero l’America. Altro che le commediole adolescenziali che la vorrebbero vittima del solito serial killer impegnato a massacrare studenti di college! Forte di una mamma manager e di un nome che è da sempre un classico del cinema (si chiamava così in lingua originale la nostra Rossella di Via col vento), Scarlett è saltata dai film per bambini (Genitori cercasi, Mamma ho preso il morbillo) ai fratelli Coen, a Robert Redford, a Sofia Coppola, a Woody Allen e Brian De Palma senza passare per quella tappa quasi obbligata costituita dai teen movie popolati da ragazze pon pon in cerca di autostima e del fidanzato giusto. Lei, che vanta il proprio nome nel cast di una trentina di film, è stata l’idolo dei ragazzi “contro” nei panni di Rebecca nel film di culto Ghost World per poi entrare nell’Olimpo del cinema dalla porta principale. Da grande Scarlett vuole stabilirsi nell’amatissima New York e fare la regista di piccoli film indipendenti e di documentari, ma come attrice sogna un regista che la faccia cantare. Nel frattempo, nella tradizionale lista stilata ogni anno dall’ex stilista Mr. Blackwell, figura tra le cinque star più eleganti. E fa del suo meglio per smentire o minimizzare tutte le storie d’amore o le fugaci passioni (ricordate la storia del sesso in ascensore con Benicio Del Toro?) che la vedrebbero protagonista, ultima proprio quella con Josh Flartnett. Per il momento l’attrice pensa solo a lavorare. In The Prestige di Christopher Nolan la rincontreremo tra due maghi, Christian Bale e Hugh Jackman, che la rivalità trasformerà in assassini, mentre in The Nanny Diaries sarà una studentessa che sbarca il lunario come tata presso una ricca famiglia di New York. Al fianco di Colin Farrell vestirà i panni di Lucrezia in Borgia, dramma ricco di intrighi e delitti diretto da Neil Jordan, ma anche Benjamin Ross l’ha voluta in un film in costume, Napoleon and Betsy, nel quale è la giovane donna inglese di cui l’imperatore si innamora durante il suo ultimo armo di esilio a Sant’Elena. E il capitombolo della Johansson nel futuristico The Island di Michael Bay non ha scoraggiato chi continua a credere che l’attrice sia perfetta anche nei ruoli ricchi di adrenalina: sfumata l’occasione di vederla in Mission: Impossible 3, i suoi fan la reclamano tra i protagonisti del quarto Indiana Jones. Staremo a vedere.
Da Ciak, febbraio 2006
Quando Scarlett Johansson sorride, metà della sua faccia rimane seria. Nella saletta dove mi aspetta per l’intervista, è semisdraiata sul divano. Indossa una canotta a costine, un paio di pantaloni neri a sigaretta. Con la bocca, lucidissima di lipgloss mi sorride, ma lo sguardo rimane imbronciato, mentre con gli affilatissimi tacchi delle scarpe rosa cipria tormenta un cuscino. «I piedi sono la mia parte preferita. E le spalle. Voglio dire, succede che si guardi allo specchio e, una volta dici vorrei essere più alta», l’altra «Vorrei essere più bassa, avere un po’di più qui, un po’di meno là...». Ma in realtà mi piaccio abbastanza anche se non trovo fantastico nessun pezzo del mio corpo».
The Perfect Score, il suo ultimo film, è nelle sale italiane dal 30 luglio. Niente a che vedere con Lost in Transiation di Sofia Coppola, che l’ha consacrata stellina pensante, e neppure con La ragazza con l’orecchino di perla, che l’ha incoronata sex symbol: perché se riesci a sedurre il pittore Vermeer e il pubblico con una cuffia in testa e la faccia stanca di chi lava pavimenti di
giorno e mescola colori di notte, sei davvero irresistibile. In The Perfect Score la Johanisson ha una piccola parte, quella di Francesca, la ragazza che aiuta alcuni studenti a rubare i test dell’esame per accedere al college. «È il primo film in cui i rapporti tra ragazzi sono raccontati in modo autentico, non
come le persone di mezza età pensano che siano», dice Scarlett. Nel film ha i capelli scuri. «Per lavoro posso colorarli in qualunque modo, ma nella vita mi sento bionda».
A New York, per il lancio di Eternità Moment, il nuovo profumo di Calvin Klein, si presenta quasi platino, la pelle bianchissinia e gli occhi acqua-marina. Il suo parrucchiere, italiano, la segue ovunque. Prima dell’inizio della conferenza stampa le ha risistemato la pettinatura, liscia e soffice, almeno un paio di volte. E ancora, durante le pause, l’ha inseguita per impercettibili ritocchi. Lei lo lascia fare con lo stesso distacco cori cui affronta l’impegno di testimonial: «I miei segreti di bellezza? Mi lavo la faccia tutte le mattine.., e anche prima di andare a letto». Con punte di ironia: «Questo profumo è incredibile. Mi fa sentire come una star del cinema». Le chiedo che cosa ne pensa di chi l’ha paragonata a Marilyn Monroe: Che posso rispondere? È un complimento fantastico. Ma il mio ideale di bellezza è Lauren Bacall, sexy e sicura di sé. Anch’io lo sono, la maggior parte del tempo».
A tre anni, Scarlett annunciò a stia madre Melanie Sloan, casalinga, e a suo papà Karsten, architetto di origine danese, che sarebbe diventata un’attrice; a sette, sua madre, che oggi è la sua manager; cominciò a portarla alle audizioni per gli spot pubblicitari; un anno dopo debuttò a Broadway in Sophistry con Ethan Hawke. A 13 anni, quando diventa la figlia di Robert Redford nell’Uomo che sussurrava ai cavalli, è già una veterana. Comprensibile che a 19 abbia messo su la faccia di una che la sa lunga. Anche in fatto di uomini, sesso e sentimenti. «Non c’è un tipo di bellezza maschile che mi attrae particolarmente«, dice, «mi piacciono gli uomini molto impegnati, concentrati sul lavoro. Non sopporterei un fidanzato che non ha niente da fare». Altra cosa che non sopporta? «Sono stufa di film dove ho storie d’amore con uomini che hanno il triplo della mia età«. Nel 2005, negli Stati Uniti uscirà Synergy con Dennis Quaid che, però, fa suo padre, mentre a innamorarsi di lei è Topher Grace, 26 anni. Poi sarà con John Travolta in A Love Sung for Bobby Long. Per finire sta girando il prossimo film di Woody Allen. Kate Winslet ha dato forfait e lei è subentrata. Del film top-secret si sa solo che è ambientato nell’alta società londinese e che con Scarlett recitano Emily Mortimer e Jonathan Rhys Meyers
Da qualche mese. Scarlett è single. Praticamente una mina vagante. Al party di Calvin Klein si aggirava con il suo portamento spavaldo, un vestito stile Jacqueline, i capelli raccolti, i tacchi sempre vertiginosi (la Johansson, come faceva notare Bili Murray in Lost in Translaton, non è esattamente una stangona). «Come si sente quando è innamorata?», domando. «Per me è sempre molto eccitante. Quando provi qualcosa di forte per un’altra persona è il momento in cui puoi scoprire anche parecchie cose di te stessa».
Da Vanity Fair, 9 agosto 2004
I capelli biondi raccolti con una molletta, le ombre scure sotto gli occhi, Charlotte, alla finestra di un grande albergo di Tokyo, guarda perduta la città di notte. E l’immagine emblematica di una solitudine in cui un profondo mal di vivere si mescola al malessere da jet lag e che è valsa a Scarlett Johansson, interprete del nuovo film di Sofia Coppola, L’amore tradotto, il premio San Marco come miglior attrice alla Mostra del cinema di Venezia. Dove, per dirla con la regista di questa storia, “Scarlett si è imposta come la musa dell’alienazione dell’ultima generazione. Tanto che bisogna risalire alla Vitti di Antonioni per ritrovare un’interprete con una forza altrettanto seducente nell’uso dei silenzi e delle pause”.
Silenzi con cui Scarlet, in un altro film di prossima uscita, La ragazza con l’orecchino di perla, trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Tracy Chevalier diretta da Peter Webber, tratteggia la figura di Griet, giovane serva che iispirò il pittore fiammingo Jan Vermeer: l’interpretazione più toccante, forse, di questi ultimi tempi.
Ma chi è questa giovane attrice (nata nell’84 a New York) di cui tutta Hollywood parla con ammirazione? In realtà è una veterana del cinema, con 13 film alle spalle e una carriera iniziata da bambina. Scarlet ha debuttato in teatro a otto anni con Sophistly, a fianco di Ethan Hawke. Dopo il prestigioso Lee Stasberg institute e il battesimo cinematografico in North di Rob Reiner, a 14 anni Robert Redford ne fa una diva con L’uomo che sussurrava ai cavalli, subito seguito dai fratelli Coen con L’uomo che non c‘era.
Sembra che a Scarlet tutto venga facile: “Non ho bisogno di molta preparazione sul set. Mi piace farmi ispirare dalle situazioni”. E magari ispirare personaggi. Come quello di Charlotte, che Sofia Coppola ha scritto su misura per lei: “Mi è bastato arrivare a Tokyo e passarci la note per sentirmi disperata come lei” racconta Johansson. Conferma Coppola: “Nessun’altra attrice poteva dare vita a Charlotte”. Mentre Peter Webber, che l’ha diretta in La ragazza con l’orecchino di perla, trova che Scarlet abbia “una naturalezza che è pura sensualità. Basta guardarla negli occhi del resto: trasuda emozioni”.
Nel 2004, nella corsa agli Oscar, sarà proprio con lei che dovranno fare i conti le varie Kidman, Paltrow, Watts e Theron.
Scarlett, per nulla turbata, dopo A Love Song for Bobby Long, il film che ha appena finito di girare con John Travolta, si appresta a partire per la Costiera Amalfitana per interpretare A Good Woman, versione cinematografica del Ventaglio di Lady Windermere di Oscar Wilde. E in attesa della nomination pensa al suo prossimo progetto: la regia di un film.
Da Panorama, 4 dicembre 2003
La sua forza è nello sguardo: intenso, mutevole, capace di far trapelare una maturità che l’età anagrafica non farebbe supporre. perché, malgrado la sua nutrita filmografia (68 titoli), Scarlett Johansson ha solo 19 anni. Poco più di una ragazzina, ma con un carattere e una determinazione che fanno pensare a quella Miss O’Hara da cui ha preso il nome. Quel personaggio volitivo e romantico che piaceva tanto a mamma Melanie, al punto da chiamare così la sua terzogenita - in qualche modo e con il senno di poi - influenzandone il destino. Di Miss Rossella Scarlett ha ereditato grinta, cocciutaggine e la propensione alla “scena”: fin da piccola (si racconta che avesse 3 anni) si orienta verso la recitazione, assecondata da una famiglia che, pur non frequentando il mondo dello spettacolo, è pronta a sostenerne gli sforzi. Dopo un’esperienza off-Broadway al fianco di Ethan Hawke a 8 anni, il debutto sul grande schermo avviene nel 1994: il film è Genitori cercasi di Reiner, Scarlett ha solo io anni e il suo partner è Elijah “Frodo” Wood. È un piccolo ruolo, poco più di un’apparizione, la prima però di una serie di presenze significative. Conquistata la Luna di ragazzina di un mal di gola...», racconta con un pizzico di insofferenza) è ora segno distintivo. In Ghost World, girato nel 2000 con Thora Birch, interpreta - lei appena quindicenne - una diciottenne divisa fra il desiderio di distinguersi e quello di trovare il proprio posto nell’ordine del mondo, mentre in L’uomo che non c’era dei fratelli Coen (2001) è un’intrigante lolita al fianco del disilluso Billy Bob Thornton. Adolescente insofferente nel parodistico Arac Attack - Mostri a 8 zampe, Searlett non ama però i ruoli “leggeri” («Sono un’attrice drammatica a volte alle prese con situazioni divertenti»), ma è subito afflosciata dal personaggio della commedia Lost in Translation di Sofia Coppola. Fra le due donne è amore (e stima) a prima vista: la regista ne ammira la capacità di riassumere in un’occhiata il senso di un’intera scena e le cuce addosso un personaggio tormentato ed etereo, allegro e dolente, che con Bill Murray costituisce una coppia romantico-platonica destinata a rimanere nel cuore dei cinefili. Il premio come miglior interprete femminile della sezione Controcorrente a Venezia 2003 è solo uno dei consensi raccolti dal film. Caso raro, Scarlett ha una doppia nomination ai Golden Globe 2004, per il film della Coppola e per la sua Griet in La ragazza con l’orecchino di perla di Peter Webber, suo primo film in costume nel quale è la musa ingenua, languida e magnetica del pittore Vermeer. È ininfluente, in fondo, che le nomination siano disattese, la carriera di Miss Scarlett è tutta in levare. Nell’arco di pochi mesi ha girato il giovanilistico e ribelle The Perfect Score di Brian Robbins e il drammatico A Love Song for Bobby Long con John Travolta, sta vestendo i panni wildiani di Lady Windermere in A Good Woman con Helen Hunt ed è attesa dai fratelli Weitz sul set di Synergy: domani è un altro giorno e i premi non tarderanno. Ma non saranno questi a cambiare la visione del cinema di una ragazza che è convinta che «con un bell’aspetto e le occasioni giuste tutti possono diventare famosi. Diventare una star è un’altra cosa: per quello occorre talento...»
Da Film Tv, n. 8, 2004
Il suo primo cd, cover di Tom Waits, ha diviso la critica. Ora l'attrice ci riprova in coppia con l'amico musicista Pete Yorn. Lui pensava al celebre duetto tra Gainsbourg e B.B. Lei, invece, alla musa di Lou Reed...
Era bastato un sms: «Ho un'idea, facciamo un disco». Scarlett Johannson aveva accettato l'imito di quel vecchio amico «senza pensarci troppo»: non era ancora stata trasformata da Woody Allen nella musa sexy che ora il cinema si contende. Lui, Pete Yorn, tre album alle spalle, era stato in tour con i Coldplay e adesso cercava qualcosa di forte. Lui aveva 32 anni, lei 21.
«Due giorni chiusi a suonare e a cantare», nel garage del produttore Sunny Levine, a Los Angeles. Da allora sono passati più di tre anni e due album: uno per lui, Blak and Fourthpubblicato a giugno, e uno per lei. Anywhere I Lay My Head cover di Tom Waits. In mezzo, il successo di Vicky Christa Barcelona(per lei) e un matrimonio (ancora per lei). Com'è che quel disco salta fuori dai cassetti soltanto ora?
Nove canzoni sensuali e malinconiche, il declino di un amore descritto, spiega Pete Yorn, «dai due punti di vista». Break Upin uscita l'11 settembre, «è stato concepito fin dall'inizio come un duetto, dove ciascuno racconta il momento in cui si è accorto che le cose non vanno, fino a trovare il coraggio di dirsi addio».
Storia di un amore finito, dunque. Autobiografia di coppia? Dice oggi Pete Yorn: «Ero ossessionato da questo progetto e sapevo a cosa avrei voluto ispirarmi: a Bonnie & Clydedisco realizzato da Serge Gainsbourg con Brigitte Bardot nel 1968 proprio mentre la loro storia d'amore stava per esaurirsi. Un disco struggente e sensuale. Non riuscivo a dormire dall'ansia che mi dava questo progetto, fin quando una notte, con gli occhi sbarrati, ho pensato: Scarlett. È lei la Brigitte Bardot dei nostri tempi. E le ho mandato il messaggio. Avevo un vecchio numero, non sapevo nemmeno se funzionasse ancora. Mi sono buttato».
E lei, Scarlett? Si è buttata anche lei?
S.J. «Il messaggio non mi ha stupito. Non ci sentivamo da tempo ma abbiamo amici comuni che ci aggiornavano l'uno sull'altro. Mi sono detta: perché no? Facciamolo. E poi sognavo di cantare ben prima di fare l'attrice, da bambina volevo fare la cantante jazz, per me si realizzava un vecchio sogno. Ho semplicemente risposto: Ok. Quando ci siamo rivisti è stato come se ci fossimo sempre frequentatï».
Avete provato a, lungo?
(P.V) «Macché. E poi all'inizio pensavo a Scarlett solo come presenza, la femme ipotetiquedei poeti... Ma quando abbiamo cominciato a suonare è stato incredibile. Ha un talento naturale nell'imparare i testi e declinare la voce. Lo spirito del disco è tutto nella copertina: una foto che ci ha scattato mio cugino, io le mostro come eseguire la canzone prima di entrare in studio, lei attenta che impara. È una vera attrice, entra subito nel personaggio, ha dato quel tocco di femminilità realistica alle canzoni e tutto è stato fatto in due giorni. Eravamo lì nel garage e ci sentivamo proprio come una coppia che si sta lasciando, che sa che quando uscirà da lì non si vedrà più. Abbiamo inciso l'album e non ne abbiamo più parlato per anni».
Perché ci avete messo tanto a pubblicarlo?
(S.J.) «Io sono andato in tournée. Scarlett ha fatto i suo' film. Hanno insistito gli amici. Un giorno Scarlett mi ha mandato un messaggio dicendo: "Lo stiamo ascoltando, è fantastico". L'ho riascoltato anch'io e mi sono detto: "Wow, non è poi così male"».
Scarlett, il suo disco di cover di Tom Waits, realizzato dopo il lavoro con Pete, ha diviso la critica.
(P.V) «Considera quell'album un lavoro concettuale. La critica ha detto la sua, ma io so che Tom Waits ha apprezzato il tentativo Mi ha detto sua moglie che ê stato gratificato dal fatto che un'artista esor'diente, come me, avesse scelto di misurarsi proprio con le sue canzoni, una sfida tanto complicata»
Hanno paragonato la sua voce a quella di Marilyn Monroe...
(S.J.) «Non so cosa intendevano. Di Marilyn conosco una sola canzone, ì&e non mi sembra che le nostre voci si somiglino»
Conosceva il disco di Gainsbourg e Bardot al quale pensava Pete?
(S.J.) «Sì, lo conoscevo fin dagli anni del liceo. Ma il mio riferimento è stato un altro, pensavo alla coppia Lou Reed-Nico. Poi le canzoni erano così letterali che abbiamo potuto essere semplicemente noi stèssi. Dimenticandoci degli altri».
P.V. «Non ho mai pensato di raggiungere il livello di sensualità di quell'album. Il nostro è piuttosto un omaggio casto a quell'esotismo erotico così europeo che negli Stati Uniti non so quanto sia stato capito».
Come farete a promuovere l'album tra un film e un tour?
S.J. «Probabilmente non lo promuoveremo affatto. Io sono:impegnata sul set di Iron Man 2; Pete sta lavorando a un nuovo disco. Forse faremo un paio di concerti in piccoli club di New York e Los Angeles, forse un paio in Europa. A meno che l'album non sia un . successo strabiliante e il pubblico non li invochi. Un'idea che mi terrorizza, ho paura della folla. Ma è una sfida che potrei affrontare».
Da Il Venerdì di Repubblica, 11 settembre 2009
Da giovane attrice pluripremiata è diventata una delle stelle più richieste dell‘industria cinematografica.
Ha ottenuto quattro candidature ai Golden Globe, l‘ultima nel 2006 per la sua interpretazione nel thriller Match Point, la prima delle tre collaborazioni con il regista Woody Allen. L‘anno precedente era stata candidata per il film indipendente Una canzone per Bobby Long, con John Travolta, mentre nel 2004 aveva ottenuto due nomination, una per La ragazza con l‘orecchino di perla e l‘altra per Lost in Translation – L‘amore tradotto di Sophia Coppola, con Bill Murray. I due film le hanno portato anche due candidature ai BAFTA Award come miglior attrice, premio vinto poi con Lost in
Translation – L‘amore tradotto, che le ha fatto ottenere anche il premio come miglior attrice al Festival del Cinema di Venezia. Negli ultimi quattro anni, Johansson ha lavorato in dieci diversi film, fra i quali ricordiamo il successo di Woody Allen Vicky Cristina Barcelona, con Javier Bardem e Penelope Cruz; L‘altra donna del re, con Natalie Portman ed Eric Bana; Diario di una tata; The Prestige, di Christopher Nolan, con Christian Bale e Hugh Jackman; Scoop di Woody Allen; e Black Dahlia di Brian De Palma. Il suo film più recente è The Spirit di Frank Miller, tratto dal libro di Will Eisner. Nata a New York, Johansson ha iniziato la sua carriera di attrice all‘età di otto anni in una produzione off-Broadway di Sophistry, con Ethan Hawke. Ha esordito nel cinema nella commedia di Rob Reiner Genitori cercasi ed è apparsa anche in film come La giusta causa, Appuntamento col ponte e Manny & Lo, con cui ha ottenuto una candidatura agli Independent Spirit come miglior attrice. Nel 1988 ha recitato con Robert Redford in L‘uomo che sussurrava ai cavalli, nel ruolo di una di una ragazzina traumatizzata da una tremenda caduta da cavallo. Due anni dopo ha ottenuto un buon successo in Ghost World, con cui ha vinto il premio di miglior attrice non protagonista del Toronto Film Critics Circle. Fra gli altri film di Johansson ricordiamo L‘uomo che non c‘era dei fratelli Coen, The Island di Michael Bay, e In Good Company dei fratelli Weitz.