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Oscar 2024, Oppenheimer e la consacrazione di Nolan nell'olimpo dei registi hollywoodiani

Il film ha vinto 7 premi. Cillian Murphy ed Emma Stone sono i migliori attori. La zona d'interesse vince come miglior film internazionale e miglior sonoro.
di Roberto Manassero

Christopher Nolan (Christopher Johnathan James Nolan) (53 anni) 30 luglio 1970, Londra (Gran Bretagna) - Leone. Regista del film Oppenheimer.
lunedì 11 marzo 2024 - Oscar

È finita come finiva un tempo, con il favorito della vigilia (ma a pensarci bene nemmeno troppo, viste alcune recenti sorprese e la moda di premiare produzioni indie…), Oppenheimer di Christopher Nolan, che si è portato a casa i premi più importanti: film, regia, attore protagonista (Cillian Murphy), attore non protagonista (Robert Downey Jr), fotografia (Hoyte van Hoytema), montaggio (Jennifer Lame), musica (Ludwig Göransson). Un trionfo che inserisce finalmente Nolan nell’olimpo dei registi hollywoodiani e che consacra il sodalizio sentimentale e artistico con la moglie Emma Thomas, produttrice di tutti i suoi film: ritirando la statuetta, i due coniugi hanno entrambi ringraziato i loro bambini e si sono scambiati reciproci ringraziamenti, oltre ad avere (lei) parole di riconoscimento verso i «gestori dei cinema». Del resto, l’estate scorsa Oppenheimer è stato con Barbie il protagonista di uno dei più grandi fenomeni di massa della recente cultura pop (milioni di spettatori in tutto il mondo in piena estate, discussioni social a non finire, slogan, meme,…) ed era giusto che i giurati dell’Academy lo riconoscessero: l’altra parte del “Barbenheimer”, quella in rosa, dopo l’esclusione dalla nomination di Greta Gerwig e Margot Robbie, ha vinto una sola statuetta, quella per la miglior canzone "What Was I Made For" di Billie Eilish, ma è stata comunque protagonista della serata presso il Dolby Theatre di Los Angeles, quando la popstar americana si è presentata sul palco con un spilla che invocava il cessate il fuoco, guadagnandosi una standing ovation, e quando Ryan Gosling, rimasto a mani vuote come miglior attore, si è esibito nella canzone del film "I’m Just Ken", vestito ça va sans dire di rosa barbie… Nella categoria dei premi inevitabili ma giusti s’inserisce anche quello per la miglior attrice, andato a Emma Stone per Povere creature di Yorgos Lanthimos: nel discorso di ringraziamento (il suo secondo, dopo la vittoria nel 2017 con La La Land (guarda la video recensione)) l’attrice ha parlato del vestito rotto e della voce perduta, ma ha voluto condividere il premio con le altre interpreti candidate, con un pensiero in più, forse, all’altra favorita, la Lily Gladstone di Killers of the Flower Moon.


Robert Downey jr, Da'Vine Joy Randolph, Emma Stone e Cillian Murphy, vincitori dei premi come migliori attori.

Il film di Scorsese è rimasto a mani vuote, come del resto molti altri film nominati per le categorie più importanti (e deve bruciare parecchio a Bradley Cooper la disfatta del suo ambiziosissimo Maestro) e come pure Io capitano di Matteo Garrone, che ha visto andare l'Oscar per il miglior film internazionale al favorito La zona d’interesse di Jonathan Glazer, candidato anche come miglior film nella categoria principale e vincitore anche per il miglior suono (mentre gli effetti speciali sono andati al giapponese Godzilla Minus One). Nel suo discorso, Glazer ha denunciato gli orrori del 7 ottobre e dei bombardamenti su Gaza, dimostrando un lato più ecumenico rispetto al pugno chiuso di Mark Ruffalo (candidato e sconfitto come non protagonista), che sul ret carpet (non esattamente un posto da militanti, va detto…) si è schierato esplicitamente dalla parte della Palestina (ma nel frattempo la guerra in Ucraina regge ancora come argomento del momento, con il premio al miglior documentario a 20 Days in Mariupol). In una cerimonia senza vere e proprie sorprese (non conta il momento in cui l’ex wrestler John Cena si è presentato nudo sul palco, essendo un previsto riferimento a un analogo momento dell’edizione 1974, anche in quel caso con intento pacifista), i premi forse meno scontati sono stati quelli per la sceneggiatura: per quella originale hanno vinto (meritatamente, per quanto da outsider) la regista Justine Triet e Arthur Harari per Anatomia di una caduta (altro trionfo per il film francese dopo la Palma d’oro a Cannes) e per quella non originale Cord Jefferson per il suo American Fiction: uno di quei casi in cui Hollywood premia chi la prende in giro (nel film uno scrittore nero trova il successo e l’adattamento con un romanzo fasullo scritto per ridicolizzare la moda bianca di prostrarsi alle storie black…), un po’ perché si riconosce e un po’ perché ci tiene a farsi vedere autoironica. Giustissima, infine, la vittoria come miglior attrice non protagonista di Da’Vine Joy Randolph, madre di un figlio morto in Vietnam negli Stati Uniti dei primi anni '70 celebrati da The Holdovers, e belli, per quanto non proprio necessari alle carriere dei rispettivi autori, i riconoscimenti a due grandi registi: Wes Anderson, premio Oscar come miglior cortometraggio con La meravigliosa storia di Henry Sugar (gli altri corti premiati sono stati l’animazione War is Over! e il doc The Last Repair Shop) e Hayao Miyazaki, vincitore di un Oscar per il miglior film animato (Il ragazzo e l’airone), 21 anni dopo quello per La città incantata.


TUTTI I VINCITORI

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