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Da attrici a registe: il cinema delle donne che hanno qualcosa da dire

Il successo di C’è ancora domani accende i riflettori sul fenomeno italiano (ma non solo) delle interpreti che esordiscono alla regia per necessità, per lanciare un messaggio nitido, coraggioso, con l'efficacia del mezzo che conoscono meglio. Da Cortellesi a Buy e Ramazzotti, il trend è in crescita e i risultati quasi sempre brillanti.
di Giovanni Bogani

Paola Cortellesi (50 anni) 24 novembre 1973, Roma (Italia) - Sagittario. Interpreta Delia nel film di Paola Cortellesi C'è ancora domani.
lunedì 13 novembre 2023 - Focus

Sono lusinghieri e sorprendenti gli incassi di C’è ancora domani, film d’esordio alla regia per Paola Cortellesi. Nel momento in cui scriviamo, il film sta sfiorando i dieci milioni di euro di incassi. Un traguardo che il cinema italiano non vedeva da molto tempo. Il doppio, per dire, di Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, che si ferma per il momento a 4 milioni e 600mila euro di incassi sul territorio italiano. È il maggior incasso italiano post-pandemia. E si avvia ad essere anche il miglior incasso nella carriera di Paola Cortellesi: più dei 7,7 milioni di euro de La befana vien di notte (guarda la video recensione), dei 7,9 di Nessuno mi può giudicare, e potrebbe superare anche i circa 11 milioni di euro di Come un gatto in tangenziale

C’è ancora domani è diventato un film amatissimo, con un passaparola che non si vedeva da Perfetti sconosciuti (guarda la video recensione), e si avvia ad essere il maggior incasso degli ultimi tre anni. C’è ancora pubblico, dunque, verrebbe da dire. 

Se si pensa all’altro grande successo della stagione, Barbie di Greta Gerwig, ci si trova davanti ad una situazione nuova: i due film di maggior successo della stagione – il campione d’incassi, ed il film italiano più visto – sono diretti da due donne. Peraltro, due attrici che si misurano con la regia – anche la Gerwig si era rivelata prima come attrice, in Frances Ha. E sono due film che prendono, se si vuole, due miti dell’immaginario – la bambola Barbie e il Neorealismo con le sue situazioni, i suoi arredi, i suoi vestiti – per smontarli, per raccontare attraverso di essi due storie diverse, due storie di autodeterminazione femminile. E il pubblico le premia, si riconosce in queste due storie, nella loro prospettiva femminista. Ma più in generale, c’è un fenomeno che è impossibile non notare. In questi ultimi mesi, abbiamo visto molti interessanti esordi alla regia di attrici italiane


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In foto una scena del film C'è ancora domani di Paola Cortellesi.

A Venezia, abbiamo visto Felicità, l’esordio alla regia di Micaela Ramazzotti, celebrato dal premio del pubblico nella sezione Orizzonti Extra. Un film – non travolgente al box office, però ha comunque superato il mezzo milione di euro di incassi – in cui Micaela Ramazzotti si ritrae in un personaggio di donna oppressa, fra amori tossici, ferite dell’anima, struggente cognizione del dolore. Un film che segna una consacrazione per un’attrice che nonostante un David di Donatello e quattro Nastri d’argento vinti è stata sempre considerata istintiva, selvaggia, dotata di una verità naturale, ma non di più. Invece, la sua Desirée, che a quarant’anni è ancora succube del padre e del compagno, della loro presunzione, della loro arroganza, della loro mancanza di concretezza, è un bel ritratto di donna. E in qualche modo, un’anticipazione del personaggio interpretato dalla Cortellesi in C’è ancora domani. Anche la sua Delia sta zitta, subisce, lavora, tiene in piedi la baracca con un marito geloso e violento, volgare e meschino, e un suocero sguaiato e prevaricatore. 

Il film della Cortellesi – ma ne hanno già scritto in tanti – mette insieme tante suggestioni cinefile e popolari: gli episodi siciliano e napoletano di Paisà di Rossellini, la Loren di Una giornata particolare di Ettore Scola, Campo de’ Fiori di Mario Bonnard, la Magnani di Bellissima, e via citazionando. Ma il cuore è altrove, è negli occhi di Delia che – come scrive un attento Michele Anselmi – “pare spegnersi giorno dopo giorno, murata viva in una sorta di destino immutabile”. Solo che quel destino si può mutare, con il sogno di un riscatto individuale e collettivo che il film mette in campo.


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In foto una scena del film Felicità di Micaela Ramazzotti.

Margherita Buy esordisce con Volare, che presenta alla Festa del cinema di Roma e che sarà nelle sale nel 2024, distribuito da Fandango. La Buy prende in giro se stessa, raffigurandosi nel ruolo di un’attrice che non ha mai potuto sfondare, e che ha una irrazionale quanto solidissima paura di volare. Solo che le occasioni professionali e personali della sua vita avranno sempre a che fare con degli aerei da prendere. E lei deve decidere se decollare, o rimanere sempre a terra. Una commedia ambientata fra il salotto di casa e l’aeroporto di Fiumicino: un film che non ha, come quello della Cortellesi, scelte di regia che fanno dire “ooh”, ma è lei stessa a spiegare le sue scelte: “La cura che ho messo è stata tutta diretta agli attori”. Il risultato è una storia semplice e delicata, una commedia intelligente con un ottimo gruppo di attori. “Credo che gli spettatori ora sapranno conoscermi meglio”, dice Margherita. “Ora che ho diretto un film so quanto è difficile: non mi permetterò più di dire ‘questa scena potremmo farla così, questa battuta potrei dirla in un altro modo’…”. Vedremo a febbraio 2024 quali saranno i risultati al box office. 

È stato presentato al Toronto Film festival e alla Festa del cinema di Roma, per poi uscire nelle sale il 20 ottobre, distribuito da Cinecittà Luce, MUR, l’esordio alla regia di un’altra attrice fra le protagoniste del cinema italiano: Kasia Smutniak. MUR, come il muro che la Polonia – il paese in cui Kasia è nata – sta costruendo per impedire l’entrata di rifugiati dalla Bielorussia. Girato con un’attrezzatura leggera, quasi di nascosto, cercando di essere invisibili, per filmare un muro “del quale non esistono fotografie, e solo poche informazioni”, dice la Smutniak. “Essere in pochi, girare il più possibile e di nascosto. Era l’unico modo per fare questo film”, spiega. “Dividere i popoli è inutile e dannoso”, prosegue. E la foresta polacca, il labirinto di alberi chiamato Puszcza Bialowieza, diventa “come il Mediterraneo: un luogo di morte per chi fugge, un poto dove sopravvivono solo lupi e bufali, in cui si entra senza sapere come uscire”. 


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In foto una scena del film MUR di Kasia Smutniak.

Infine, non è un esordio alla regia: Valeria Golino si è già conquistata un rispetto come regista con film come Miele ed Euforia (guarda la video recensione). Ma certo rappresenta una sfida la regia alla quale sta lavorando: una serie tratta dal romanzo “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza. “Racconto un personaggio femminile scandaloso, un personaggio che non sa che cosa sia il senso di colpa. Una donna forte, vitale, scomoda, immorale secondo la morale comune”, ci dice. È la prima serie televisiva alla quale Valeria Golino lavori, da regista. Le riprese sono finite da poco. “Racconto una donna siciliana in cui si fondono carnalità e intelletto, un personaggio tratto da un libro torbido, scabroso, pubblicato postumo, in pochi esemplari. Un personaggio unico nella letteratura italiana. Un personaggio poco edificante, una persona che non sa che cosa sia il senso di colpa. Un personaggio che rivendica il diritto al piacere e alla felicità”.  Ad interpretare la protagonista, la diciottenne Tecla Insolia, cantante già vincitrice di Sanremo Young e dei premi Lucio Dalla ed Enzo Jannacci. “Modesta è una ragazza selvatica, animalesca, con una sessualità dirompente: Tecla è stata intelligente, è entrata nel personaggio, non la ha giudicata”, dice Valeria Golino

Insomma. Uno dei film più “politici” di questi mesi, come la serie tv più scandalosa, il film di maggior successo di questi anni, siano opere di donne, attrici che esordiscono alla regia dimostrando di avere cose da dire, e di saperle dire con coraggio, con nitidezza, con efficacia.


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