Anno | 2023 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 107 minuti |
Regia di | Kasia Smutniak |
Attori | Kasia Smutniak . |
Uscita | venerdì 20 ottobre 2023 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Cinecittà Luce |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,19 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 20 ottobre 2023
Un documentario che racconta il muro di 186 km costruito al confine tra Polonia e Bielorussia, con lo scopo di respingere i migranti in cerca di asilo. Il film ha ottenuto 1 candidatura a David di Donatello, In Italia al Box Office MUR ha incassato 45,6 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Per una settimana, nel marzo del 2022, l'attrice polacca naturalizzata italiana Kasia Smutniak è tornata nel suo Paese nativo per vedere, e far vedere, il muro lungo 186 chilometri e alto cinque metri e mezzo che le autorità stavano costruendo lungo il confine con la Bielorussia per impedire il passaggio ai migranti. Al momento il muro, poi completato nel luglio dello stesso anno, aveva ancora alcuni varchi aperti, e i migranti si rintanavano nel bosco con il terrore di essere intercettati dalle guardie di frontiera che con auto, quad, moto, elicotteri e droni cercava di stanarli per ributtarli in Bielorussia. Smutniak ha preso contatto con alcuni attivisti che si occupano di raggiungere quei profughi e portare loro aiuti di prima necessità: Mariusz "l'uomo della foresta", Zosia che coordina i soccorsi dal Galles, Silvia, italiana, che vuole gestire progetti di emergenza, Jakub che non ha dimenticato l'empatia, ed Ewa, che fa la cosa giusta perché "qualcuno la deve fare". Li vediamo tutti in volto tranne Ewa, e vediamo Kasia, filmata da Marella Bombini che cofirma il documentario, addentrarsi sempre più a fondo nel cuore di tenebra che la Polonia sta attraversando.
MUR fa, in maniera documentaristica e attraverso l'immediatezza della realtà quotidiana, quello che Green Border di Agnieszka Holland ha fatto utilizzando la drammaturgia, ovvero raccontare le conseguenze devastanti e disumane di un governo sovranista e intollerante sui migranti che cercano di attraversare il confine fra Polonia e Bielorussia.
In qualche modo sono dunque due film gemelli e complementari, che andrebbero visti insieme se qualcuno avesse dubbi sulla veridicità di quello della Holland, che di fatto non ha esagerato nulla. Smutniak infatti testimonia in prima persona esattamente la stessa situazione, intervallando il suo reportage con immagini di repertorio dell'archivio Associated Press cucite insieme dal montaggio sapiente di Ilaria Fraioli e girate con camera a mano, spesso nascosta alle autorità, e cellulari laddove era impossibile portare la videocamera.
Kasia visita i nonni materni e paterni e non fa sconti a nessuno, compresa la nonna che vive dove un tempo c'era il ghetto ebraico e vede il nuovo muro dalla sua finestra, ma sembra non badarci con un certo fatalismo, ora come allora.
La regista, al suo esordio nel lungometraggio, suggerisce similitudini ma non forza mai la sua interpretazione degli eventi, lasciando che sia il pubblico a costruire parallelismi e a tirare le proprie conclusioni, anche quando lei va in visita ufficiale alla Guardia di Frontiera e alcuni solerti militari raccontano l'efficienza del loro sistema di respingimento, posando per foto che li mostrano intenti a presidiare il territorio. E lascia parlare da sole anche le immagini finali che testimoniano la differenza fra l'accoglienza offerta ai profughi ucraini e quella riservata ai migranti da altri Paesi.
Kasia è radicale nel suo approccio ma mai apertamente giudicante - benché la sua posizione morale sia evidente nel suo stesso essere lì - e dimostra un gran coraggio nel buttarsi, anche solo per una settimana, in situazioni oggettivamente pericolose. Noi respiriamo la sua paura quando sente avvicinarsi le guardie o quando viene fermata ai tanti checkpoint con nel bagagliaio l'attrezzatura di soccorso dei migranti.
Smutniak attraversa campi e foreste dove circolano ancora cerbiatti e bisonti, sorvola il confine in aliante, effettua missioni notturne di salvataggio perdendosi nella zona rossa, e racconta la solidarietà istintiva della gente polacca che manda a quel paese l'esercito o accende luci verdi fuori dalla propria porta, quando non rischia in prima persona pur di non rinnegare l'empatia verso i disperati. E ci ricorda che la Polonia non è solo il suo governo ma anche la sua gente che rimane lì perché "quello è il suo posto", cercando di mettersi dalla parte giusta della Storia.
Nonostante le buone intenzioni, l’attrice di origini polacche Kasia Smutniak nella sua opera prima, il docufilm Mur, fatica a trovare un giusto equilibrio tra il racconto privato e la denuncia dell’ennesima barriera innalzata in Europa per respingere i migranti. Forse troppo davanti e poco dietro la macchina da presa non centra l’obiettivo e non emoziona.
L'attrice esce da ogni personaggio e si fa reporter in missione speciale: direzione Polonia, confine est, per documentare la costruzione del controverso muro eretto per fermare i flussi migratori dalla Bielorussia. Una barriera lunga 186 km e alta cinque metri e mezzo, messa in opera tra la fine del 2021 e l'estate 2022, costata circa 360 milioni di euro.
Marzo 2022: l'attrice Kasia Smutniak si reca nella natia Polonia per documentare la costruzione del muro che il governo di estrema destra sta facendo erigere al confine con la Bielorussia, dove i migranti in cerca di asilo nell'Unione Europea vengono brutalmente e illegalmente respinti (in contrasto con l'accoglienza riservata ai profughi ucraini). Ma il viaggio, scandito dagli incontri con diversi [...] Vai alla recensione »
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