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Quel magico 1953 - Da qui all’eternità e gli 8 Oscar

I titoli che si contesero l’Oscar nel 1953: La Tunica, Giulio Cesare, Vacanze romane, Il cavaliere della valle solitaria, Da qui all’eternità. Quest'ultimo vinse 8 Oscar.
di Pino Farinotti

Burt Lancaster (Burton Stephen Lancaster) Altri nomi: (Hecht-Hill-Lancaster / Lancaster ) 2 novembre 1913, New York City (New York - USA) - 20 Ottobre 1994, Century City (California - USA). Interpreta Il sergente Milton Warden nel film di Fred Zinnemann Da qui all'eternità.
venerdì 10 novembre 2023 - Focus

I titoli che si contesero l’Oscar nel 1953: La Tunica, Giulio Cesare, Vacanze romane, Da qui all’eternità, Il cavaliere della valle solitaria. Mi concedo un’affermazione assoluta: non c’era mai stata, e non ci sarebbe mai più stata, una cinquina di quella qualità. Si tratta di film americani.

Sorpassando Hollywood venne prodotta atra qualità, riconosciuta da premi importanti come Venezia e Cannes. Due titoli sono giapponesi: Viaggio a Tokyo (Ozu), I racconti della luna pallida d’agosto (Mizoguchi), due francesi, Le vacanze di Monsieur Hulot (Tati), Vite vendute (Clouzot), e poi I Vitelloni (Fellini). Opere di alta qualità artistica, ma credo che quell’anno Hollywood abbia prevalso: anche laggiù non mancava l’arte. Quei titoli americani presentano contenuti diversi, che abbracciano alcune delle principali opzioni del cinema: la cultura più alta, (Giulio Cesare) da Shakespeare, il western più nobile (Il cavaliere della valle solitaria); il titolo che reinventò lo spettacolo dello schermo col Cinemascope (La Tunica); un titolo “romano”, quello della Vespa che trasporta Gregory e Audrey (Vacanze romane), e una storia di avventura secondo ottima letteratura (Da qui all’eternità).

Dominò la serata delle stelle Da qui all’eternità, che si vide aggiudicare ben 8 Oscar.
Il focus è su quel titolo. Seguiranno quelli di quella selezione magica. Il cavaliere della valle solitaria l’ho già raccontato.
Secondo lo schema usato nel “Cavaliere”, parto dall’istantanea di Burt Lancaster, che dominò il film.


Nato povero fa molti mestieri, fra questi l'acrobata insieme a un amico, Nick Cravat. I due, in seguito, appariranno insieme in un paio di film. Si sa di certo che è in guerra, in Africa e in Italia. Un produttore della Paramount si scontra con lui entrando in ascensore, è la fine del '45, l'anno dopo Lancaster è già protagonista de I Gangsters, da Hemingway, ed è un successo. Definisce in pochi anni il suo primo personaggio, l'eroe più buono che cattivo del genere nero. Diventa uno di più credibili protagonisti in quel senso, con personaggi come Bogart, Mitchum e Ladd.

Lancaster è una vera forza della natura: molto alto, atletico, biondo, iridi azzurre splendenti, faccia da canaglia, sorriso irresistibile, migliora nella recitazione di film in film. È anche un uomo avveduto, e intelligente, riuscendo presto a liberarsi dei pesantissimi vincoli contrattuali che le majors imponevano e diventando anche un produttore indipendente.

Quando il noir tramonta Lancaster sceglie il western e l'avventura. Nel ruolo del pirata del Corsaro dell'isola verde e di una sorta di Robin Hood ne La leggenda dell'arciere di fuoco Lancaster dà corpo e volto a personaggi nuovi, complessi e ironici, un passo avanti rispetto al grande avventuriero Errol Flynn. La più bella istantanea generale dell'attore viene da quei due film. Ne L'ultimo apache Lancaster anticipa la stagione dei western dalla parte degli indiani e non era piccola intuizione nel 1954. L’anno prima, in Da qui all'eternità gareggia in bravura con Montgomery Clift, ritenuto un genio della recitazione. Successivamente si adegua all'emotività di una Magnani ne La rosa tatuata. Lancaster si pone orizzonti sempre nuovi, non si ferma mai su un cliché. È sempre più bravo. Accanto a Kirk Douglas, da sempre suo grande amico, disegna un Wayatt Earp silenzioso e intensissimo in Sfida all' O.K. Corral. Lancaster è ormai pronto per l'Oscar, che arriva nel '60 con Il figlio di Giuda. Eccolo affrontare nuovi ruoli, impegnativi e complessi come quello del giudice nazista Janning in Vincitori e vinti. Ed ecco una nuova evoluzione, davvero importante, quando nel '63 l'attore diventa il principe di Salina ne Il Gattopardo di Visconti, col quale collabora anche in Gruppo di famiglia in un interno.

Legittimato dunque da uno dei massimi autori europei Lancaster è ormai uno dei più grandi attori del cinema del mondo. Continuerà ad alternare ruoli, anche d'azione, fino alla tarda età, tornerà in Italia, con la Cavani, per La pelle. Lancaster ha mostrato una capacità straordinaria di aderire a qualsiasi tipo di personaggio, al massimo livello. Nessuno è stato altrettanto duttile e credibile. Per la magnifica presenza, per la simpatia, per quel quanto non misurabile che produce un divo fuoriclasse, per l'irresistibile identificazione che sapeva generare, Burt Lancaster ha riempito il cinema come pochissimi altri.


Una scena di Da qui all'eternità.

Da qui all’eternità. Regia di Fred Zinnemann. Con Ernest Borgnine, Montgomery Clift, Deborah Kerr, Burt Lancaster, Donna Reed, Frank Sinatra. Pearl Harbor, qualche giorno prima dell’attacco dei giapponesi. In una caserma americana si intrecciano le vicende di un sergente duro ma umano (Lancaster), di un trombettiere angosciato che non vuol tirare di boxe (Clift), della moglie infelice del comandante del campo (Kerr), di un soldato ubriacone (Sinatra) e di una ragazza che lavora in un locale (Reed). Il sergente si innamora della moglie del comandante e il trombettiere della ragazza del locale, l’alcolizzato muore per le botte di un sergente energumeno. Tutto questo sullo sfondo del proditorio attacco nipponico, il 7 dicembre 1941. Dal romanzo di James Jones.

Che il film sia stato insignito di ben otto Oscar (al film stesso e al regista, oltre che alla musica e a Sinatra) è sicuramente un segnale significativo. Si tratta infatti di un’efficace operazione di qualità applicata allo spettacolo. Zinnemann, autore rigoroso ed equilibrato, trova tutte le giuste misure. Sicuramente film d’attori, tutti al massimo delle loro possibilità con stili a confronto. Clift, con la tensione interna di matrice Actor’s Studio, Sinatra, letteralmente miracolato da questo ruolo che lo rilanciò dopo un brutto periodo. Era chiacchierato per le sue conoscenze nel mondo criminale. Deborah Kerr, attrice e diva inglese affascinante e morbosa, e soprattutto Lancaster, capace di esprimersi nell’azione esattamente come in tutti gli altri esercizi di attore. Fra le tante sequenze che si ricordano una fa parte della più bella mitologia: la scena fra Lancaster e Kerr che si baciano nella risacca.

Gli Oscar Migior film a Buddy Adler, miglior regista a Fred Zinneman, miglior attore non protagonista a Frank Sinatra, migliore attrice non protagonista a Donna Reed, miglior sceneggiatura non originale a Daniel Taradash, miglior fotografia a Burnett Guffey, miglior montaggio a John P. Livadary 


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