"Il più giapponese dei registi giapponesi", e il più premiato in patria. Pressoché sconosciuto al pubblico europeo, godette invece in patria di considerazione almeno pari a quella di autori famosi come Mizoguchi o Kurosawa. In quarant'anni esatti di cinema Ozu ha realizzato cinquantacinque film, cifra piuttosto bassa per un regista giapponese della sua generazione, nei quali ha ripetuto costantemente lo stesso tema: la vita familiare, e quasi sempre nell'ambiente della piccola o media borghesia. Anche i titoli delle sue opere sono alquanto simili tra loro: Tarda primavera (1949), Prima estate (1951), Inizio di primavera (1956), Un pomeriggio d'autunno (1961), Tardo autunno (id.), Tarda estate (1962). Il regista stesso ha dichiarato: "I miei film possono sembrare tutti eguali, ma io cerco di creare qualcosa di nuovo ogni volta: come fa il pittore che dipinge la stessa rosa, sempre la stessa, e ogni volta arricchisce la propria visione". Ozu era nemico giurato degli effetti tecnici e dei trucchi; rinunciò ben presto alle dissolvenze; e prima di convincersi al parlato, gli ci vollero quasi gli anni di Chaplin. Il suo montaggio era un capolavoro di semplicità e i suoi dialoghi (perché ne scrisse di bellissimi, in collaborazione con Kogo Noda) davano l'impressione di una naturalezza estrema, quotidiana e domestica: eppure avevano, nel contempo, il sapore dell'alta letteratura. Anche il ritmo dei film di Ozu è lento, pacato; ma la quiete è solo apparente: sotto la crosta delle abitudini, delle convenzioni, dei gesti rituali, delle ipocrisie piccole o grandi, cova la cenere del distacco, del rancore, dei contrasti tra generazioni. Tutto ciò porta al dramma, talvolta anche alla tragedia, oppure a una vera serenità ottenuta attraverso grandi impegni di carattere, grandi recuperi di umanità genuina. Oltre ai film citati, che sono tra i suoi migliori e più maturi, almeno questi altri titoli di Ozu dovrebbero essere conosciuti in occidente per un approccio serio alla sua personalità d'eccezione: La vita di un impiegato (1930); Sono nato, ma ... (1932), capolavoro di umorismo "assurdo" su un tema anche socialmente stimolante, come quello di due bambini che giudicano il padre, troppo servile nei confronti del principale; Il figlio unico (1936), primo film parlato dell'autore; Il fratello Toda e le sue sorelle (1941), suo primo grande successo di pubblico; C'era una volta un padre (1942); e poi, dopo cinque anni di silenzio: La testimonianza di un signor inquilino (1947) e Una gallina nel vento (1948), due quadri veritieri del dopoguerra, l'uno sui ragazzi senza casa e l'altro su una madre costretta alla prostituzione; Il sapore del riso al tè verde (1952), su due coniugi di mezza età che, pur non avendo figli, trovano in se stessi e nello sviluppo delle loro individualità i motivi di continuare un'unione; Una storia di Tokyo (1953), film che, visto dagli studenti dell'Università di California, suscitò il loro entusiasmo, smentendo così tutte le previsioni di quei giapponesi i quali temono che Ozu sia 'troppo giapponese" per gli occhi e la sensibilità degli stranieri.