Droga, eccessi, vizi, corruzione, mancanza di scrupoli e di moralità, donne, sesso, lussuria, avidità, soldi, tanti soldi. Ho già detto droga?
Immaginate tutto questo in un solo film. Fatto? Bene ora scordatevelo perché quello che potete anche lontanamente immaginare non è niente in confronto a quello che vedrete. Niente.
“The Wolf of Wall Strett” è il quinto lavoro della coppia Scorsese-Di Caprio ed è l'adattamento cinematografico dell'omonimo libro autobiografico di Jordan Belfort, un broker di Wall Street che dopo essere stato ridotto sul lastrico dal venerdì nero dell’ottobre del 1987 cercò di rimettere in piedi la sua vita trovando lavoro in una piccola agenzia che vendeva nel cosiddetto penny market, aziende “emergenti” non quotate. Da lì iniziò la sua scalata al cuore della Finanza e la sua ascesa senza limiti. Come? Se lo farà in modo legale? Certo che no.
Avete presente l'ingordigia, l'avidità e i grattacieli in cui si muoveva Gordon Gekko? Bene, dimenticate anche quelli. Non è un film sulla finanza in senso stretto. È piuttosto una riflessione sociologica in cui le radici dei mali attuali dell'economia vengono prese come pretesto per raccontare ben altro: i vizi, l'ingordigia, la depravazione, la tendenza all'auto-distruzione e la mancanza di limiti di un uomo e di "quei bravi ragazzi" del suo staff.
Nel cast oltre a un Di Caprio gigantesco, candidato all’Oscar come miglior attore protagonista grazie ad una delle sue migliori interpretazioni (se non vince la statuetta neanche stavolta è un crimine contro l’umanità), anche Jonah Hill candidato all'Oscar come migliore attore non protagonista (il braccio destro Donnie Azoff), Matthew McConaughey (il suo mentore Mark Hanna), Margot Robbie (la moglie dal corpo mozzafiato Naomi), Kyle Chandler (l’agente dell'FBI Patrick Denham), Jon Favreau, Rob Reiner, Jon Bernthal, e Jean Dujardin. Martin Scorsese, ottava nomination all’Oscar per la migliore regia, supera se stesso. I dialoghi, le situazioni, il montaggio, tutto è ai suoi massimi. Una fiera dell’eccesso, una giostra priva di limiti, un’esagerazione continua sottolineata da una colonna sonora strepitosa (ben 60 canzoni utilizzate) e varia (da “Mrs Robinson” dei Lemonheads a “Gloria” del nostro Umberto Tozzi).
179 minuti che corrono via veloci senza pause. 567 variazioni della parola “fuck”, sniffate di cocaina su corpi nudi, masturbazioni, cocktail di droga e psicofarmaci e lancio di nani. E’ come farsi un’endovena di adrenalina. Un film che è come una droga e ti lascia “fatto” e affamato tanto da pensare alla fine “Cazzo, ne voglio ancora!”.
“Mi chiamo Jordan Belfort. L'anno in cui ho compiuto 26 anni ho guadagnato 49 milioni di dollari, cosa che mi ha fatto incazzare, perché ne mancavano solo tre e avrei ottenuto una media di un milione a settimana”
Impossibile restare sobri e resistergli.
Un capolavoro.
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