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Harrison Ford, un eroe tra le stelle. A Hollywood

Non basta appeal, popolarità, qualità, gradimento, occorre qualcosa di più, di molto raro. Occorre l'eroe. E Harrison lo è.
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di Pino Farinotti

Harrison Ford (81 anni) 13 luglio 1942, Chicago (Illinois - USA) - Cancro. Interpreta Han Solo nel film di J.J. Abrams Star Wars: Episodio VII - Il risveglio della forza.

domenica 20 dicembre 2015 - Focus

In questa settimana irrompono nelle sale titoli e personaggi da grande cinema, anzi da storia del cinema moderno. Star Wars, con Harrison Ford, Il ponte delle spie, di Steven Spielberg, con Tom Hanks, Irrational Man, di Woody Allen. Autori e attori che ci accompagnano da tempo, nell'evasione, nella qualità, nell'identificazione. Ribadisco, molto importanti perché tale è diventato il cinema nell'epoca moderna, questa disciplina, questa "arte minore" ormai leader rispetto magari alla letteratura, ormai racchiusa in uno spazio, diciamo pure nicchia, sempre più ridotta. Purtroppo.
La saga di Star Wars è una striscia che parte 38 anni fa. Un paio di volte ogni decennio si è riproposta, con alterne fortune. Ma mai come questa volta la produzione ha imposto comunicazione, promozione, lancio, mercato, in modo così enfatico e trionfale, quasi violento. E tutto questo, non c'è dubbio, funzionerà, il botteghino esploderà. Rispetto ai titoli detti sopra il focus parte da Star Wars, e si installa sul suo protagonista, Harrison Ford, un nostro amico da così tanto tempo. "Amico" è una definizione pensata, apparterrebbe, a prima vista, a tanti attori, che frequentiamo e conosciamo. Ma non è proprio così. Per diventare amico di chi va al cinema o ti vede sullo schermo piccolo, dunque amico praticamente di tutti, devi avere certi requisiti. Non basta l'appeal, la popolarità, la qualità, il gradimento, occorre qualcosa di più, di molto raro, soprattutto in questa epoca. Occorre l'eroe. E Harrison lo è. Fa parte di una generazione ricchissima di talenti e di personaggi. Cito un Pacino o un De Niro. Artisticamente più dotati di lui, in possesso di maggiori registri, loro, padroni del "metodo", usciti dal celebre Actors Studio e capaci di passare da un film sul Vietnam o sul calcio americano a ruoli di teatro nobile. Ma Al e Robert sono caratteri complessi e implosi, magari portatori di angosce artistiche, a volte inquietanti. Dopo averli visti quasi mai esci dalla sala felice o rassicurato. Più che amarli, li ammiri. Ma Ford possiede quel qualcosa in più di umano e di eroico, appunto. E resiste nonostante i suoi 73 anni. È un'età quella, in cui si declina, per minori forze, per un entusiasmo che, per definizione, è un sentimento giovanile. Ma lui no. Lo abbiamo visto nell'Indiana Jones più recente, dove agiva, si muoveva e correva in modo ancora credibile, certo lontano dall'avventuriero intellettuale degli anni d'oro, dove era figlio... di Sean Connery. I divi contemporanei, più giovani di lui, come Pitt, Cruise, Depp, DiCaprio presentano l'immagine di ragazzotti aitanti fuori età, sono soprattutto eroi del botteghino. Clooney avrebbe i connotati, ma è ambiguo, presenta una cifra non afferrabile, insomma come eroe non convince. Harrison Ford ha, a parer mio, l'esclusiva. La carriera, le parti nei quasi cinquanta film lo hanno molto aiutato. È stato paziente e intelligente, raramente ha sbagliato ruolo, è stato un modello quasi sempre buono e rassicurante. Ed è stato qualcosa che non è più di moda: forte e leale. Di nuovo, rispetto ai suoi omologhi di generazioni precedenti, alla Gary Cooper, John Wayne e James Stewart, ci ha messo una cifra ironica, trasmessa da quel sorriso a occhi stretti. Quando faceva Indiana Jones sapeva che non poteva che essere così. L'avventura pura, quella di Errol Flynn, ingenua, giovanile e senza implicazioni, era sorpassata. Ecco, quello era il suo registro quasi esclusivo, senza essere adepto del metodo. Diretto quasi sempre da maestri è stato protagonista in grandi classici del cinema, magari capisaldi di genere come Blade Runner (R. Scott), nella parte dell'agente Rick Deckard;. In Una donna in carriera (Nichols) è il manager di cui tutte si innamorano; in Witness (Weir) è il poliziotto onesto che si batte contro i suoi colleghi corrotti; in Frantic (Polanski) è il malcapitato, vagamente hitchcockiano, che si trova in un intrigo più grande di lui; in Sabrina (Pollack) si confronta col classico di Billy Wilder, nella parte che era stata di Bogart: perde il confronto naturalmente, ma ai punti, non per k.o. In Air Force One (Petersen) è addirittura nella parte del presidente degli Stati Uniti: supereroe alla James Bond. Un attore eroe, è successo a tutti, deve, prima o poi, confrontarsi con ruoli da cattivo. Comunque è meno a disagio del suo pubblico nelle Verità nascoste, dove fa un marito che cerca di assassinare la moglie Michelle Pfeiffer. Nel mare grande delle sue performance io scelgo il ruolo di Jack Ryan, l'agente della Cia creato da Tom Clancy in Giochi di potere e Sotto il segno del pericolo. C'è azione, umanità, intelligenza, e onestà. E poi avventura e... eroismo.

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