Per Kirk Jones gli inizi di carriera sono fulminanti: vince la Gara nazionale per gli studenti di cinematografia e si laurea all'autorevole Newport Film School nel 1987. Lavora come assistente montatore per la BFCS londinese, e poi comincia a scrivere e dirigere varie pubblicità dopo due premi che fungono da consacrazione in questo campo (nel 1990 ai Creative Circe per lo spot di un test Mercedes, e poi uno per quello di Absolute vodka). Seguono lavori pubblicitari, tra i molti altri, per la Coca Cola e McDonalds e altre vittorie: ai Premi Televisivi Britannici, NABS e l'importante Leone d'argento a Cannes nel 1996.

Vincita alla lotteria (cinematografica)
Nel 1998 un giovane esordiente fa capolino sulle affollate scene del cinema britannico (e non), scrivendo e dirigendo una commedia graffiante e originale composta da un cast di attori poco conosciuti (esclusi i grandi Fionnula Flanagan e lo scespiriano Ian Bannen, impegnato soprattutto a teatro). La scommessa di Kirk Jones, che fino a quel momento si era prevalentemente occupato di vari spot pubblicitari e di montaggio, è vinta: impossibile non lasciarsi contagiare dall'entusiasmo irriverente (e con una punta di cattiveria) con cui il regista racconta la storia di Svegliati Ned (Waking Ned in originale, titolo che dà l'idea di 'azione in progressione' e che assegna sfumature diverse agli intenti dei protagonisti): una comunità di villaggio viene travolta dalla vincita alla lotteria dell'anziano Ned Devine, che per l'emozione muore sul colpo prima ancora di poter riscuotere il primo premio. Quando i suoi compaesani se ne accorgono, decidono di allestire una messinscena fingendo che il vecchio Ned sia ancora nel mondo dei vivi, per ottenere comunque i soldi della vincita.
Il film è un immediato successo di critica e di pubblico: Jones si aggiudica il Critic's Choice Award e il Bafta come Miglior regista esordiente; inoltre Svegliati Ned ottiene due nomination ai SAG Award: miglior attore non protagonista a David Kelly e miglior performance dell'intero cast (a confermare l'ottimo casting).

S.O.S Tata, brutta ma con stile
Tutto ci si poteva aspettare, meno che l'opera seconda di Kirk Jones fosse un prodotto dall'apparenza disneyana, quasi un cartoon dall'ironia british su una banda di ragazzini scalmanati e dispettosi (che sembrano tanto la versione infantile dei terribili protagonisti di Svegliati Ned), i cui modi saranno raddrizzati in maniera poco ortodossa da una tata che farebbe impallidire (dallo spavento) la deliziosa Mary Poppins.
All'epoca, nella graziosa comedy targata Disney, una deliziosa Julie Andrews si muoveva leggiadra fra spazzacamini e pinguini; ma nel film per ragazzi Nanny McPhee - Tata Matilda, una irriconoscibile (ma sempre brava) Emma Thompson dietro una maschera bitorzoluta e con un nasone orrendo mette in riga mocciosi scalmanati, maiali, papere e perfino un ansioso Colin Firth, al quale farà persino scoprire il vero amore (nella timida persona di Kelly Macdonald).
Completano il cast una meravigliosamente perfida Angela Lansbury (uno come Jones avrebbe rinunciato a lavorare con la 'signora in giallo'?), la strepitosa Imelda Staunton, Phyllida Law e Derek Jacobi. Tratto da una serie di libri dell'inglese Christianna Brand, la simpatica pellicola piace e avrà un seguito targato 2010, non diretto però da Kirk Jones, che passa invece ad un progetto piuttosto ambizioso e di alta caratura: Everybody's fine.

Questo remake s'ha da fare
Vent'anni dopo la realizzazione da parte di Giuseppe Tornatore di uno dei suoi film più intimistici, Stanno tutti bene (presentato al Festival di Cannes nel 1990 e vincitore del Premio della giuria ecumenica), Hollywood ne mette il cantiere il remake ed è Kirk Jones a prenderne in mano le redini, dirigendo e (ri)scrivendo l'avventura 'normale' di un padre che, al momento del pensionamento invita ad un barbecue i suoi figli, ormai adulti; ma quando tutti e tre si tirano indietro senza spiegare il perché, lui intuisce che qualcosa non va e decide di andare a trovarli, uno per uno, per scoprire cosa non va in quelle vite così preziose che lui aveva perso di vista.
Al suo terzo film, il regista inglese si trova a dirigere un mostro sacro come Robert De Niro (l'unico interprete possibile come sostituto del mito Marcello Mastroianni, protagonista dell'originale italiano), ma anche stars sopraffine come Drew Barrymore, Kate Beckinsale e Sam Rockwell. Jones riesce ad adattare a tutti e tre un modus recitandi delicato, più sussurrato, permettendogli di trovare le giuste corde per affrontare in maniera realistica e verosimile una commedia drammatica spesso amara ma intrisa di speranza; permette alla prima di staccarsi dai toni rosei delle rom com precedenti (Amore a 1000... miglia, La verità è che non gli piaci abbastanza), alla seconda di riscattarsi da quelli adrenalinici di Whiteout e dei vari Underworld, e all'ultimo di confrontarsi finalmente con accenti più minimal e quotidiani dopo ruoli minori in action movies (Iron man 2), inquietanti (Chooke) e fantascientifici (Moon) . Azzeccata scelta di casting è anche Melissa Leo (candidata all'Oscar nel 2009 per Frozen River), ulteriore conferma della saggezza e misura con cui questo director sceglie gli attori, non sbagliandone uno e investendo su interpreti meno conosciuti o a cui non si penserebbe immediatamente.
Nel 2012 dirige poi Cameron Diaz e Jennifer Lopez nella commedia sulla gravidanza Che cosa aspettarsi quando si aspetta. Torna al cinema dopo 4 anni per dirigere Il mio grosso grasso matrimonio greco 2, sequel dell'enorme successo del 2002 diretto da Joel Zwick.

Beautiful freaks
In effetti, la capacità di Kirk Jones (già evidente dopo 'soli' - ma significativi - tre film) è proprio questa: far emergere da storie anche sgradevoli, e sicuramente non accomodanti, un'umanità che pur sentendosi (ed essendo un po') storta e inadeguata, riesce a trovare un posto nel mondo: si tratti di anziani attempati ma acuti che mirano al miliardo, una babysitter più strega che fata, bambini spaesati che preferiscono ribellioni scomposte piuttosto che domande, padri impacciati e figli insicuri. Tutti, a loro modo, alla ricerca di una propria identità, per guardarsi allo specchio senza imbarazzo né rimorsi, bensì con un sorriso e una risata.