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Stanley Donen

Stanley Donen è un attore statunitense, regista, produttore, sceneggiatore, è nato il 13 aprile 1924 a Columbia, South Carolina (USA) ed è morto il 21 febbraio 2019 all'età di 94 anni a New York City, New York (USA).
Nel 1998 ha ricevuto il premio alla carriera al Premio Oscar.

Musical e buoni sentimenti

A cura di Fabio Secchi Frau

È colpa sua se tutti conosciamo "Singin' in the Rain".
Stanley Donen fu uno degli ultimi uomini della vecchia Hollywood. Quello delle commedie sostenute da gentlemen eleganti, vestiti di bon ton e senso del pudore, e con un cocktail in mano. Sempre pronti a fare colpo sulla bellezza da passerella di turno (Debbie Reynolds, Ann Miller, Betty Garrett, Jane Powell, Vera-Ellen) che però li avrebbe fatti capitolare nella lunga guerra dei buoni sentimenti, a volte combattuta fra note e parole.
Lo straordinario e lunghissimo sodalizio artistico con Gene Kelly gli permise di dare vita ad alcuni dei musical più belli della Storia del Cinema, ma anche di cambiare il tipo di musical di stampo broadwayano, che veniva poi regolarmente trasferito sui grandi schermi.
Era un maestro, un cineasta. Audrey Hepburn disse di lui: "La sua conoscenza cinematografica è sconfinata. Dalla sua abile tecnica fotografica alla grazia coreografica, dal suo orecchio musicale finemente sintonizzato al gusto squisito per il design del colore e per il senso della storia".
Era principalmente noto come coreografo. Aveva lavorato con Vincente Minnelli (il suo più grande rivale), George Sidney, Charles Walters, Bubsy Berkeley. Poi passò dietro la cinepresa firmando opere come Un giorno a New York, Cantando sotto la pioggia, Sette spose per sette fratelli. Quando il genere musicale svanì dalle sale, si trasferì in Europa e divenne un regista indipendente, dirigendo alcune delle più classiche star di Hollywood.
Molti dei suoi film, quando uscirono, furono considerati mediocri e non vennero accolti con grande apprezzamento dal pubblico. Non c'erano ottime recensioni per lui. La maggior parte dei critici lo odiava. Fu la Nouvelle Vague di François Truffaut, Claude Chabrol e Jean-Luc Godard ad applaudirlo per la prima volta e, d'improvviso, la rivalutazione dei suoi film permise al pubblico di cambiare opinione su di lui. Oggi, le sue pellicole piacciono a tutti, perchè portatrici di energia e vitalità, e sono studiate in ogni corso di cinema che si rispetti.
Lo descrissero come un "dittatore amorevole". Un carattere non facile che si scontrò molte volte proprio con l'amico e collega Kelly. Ma quando due persone dirigono un film, è comprensibile che sia l'inferno, se non si mantiene lo stesso punto di vista. Per questo motivo, non amò mai la co-regia. Ma quelle erano le uniche opportunità lavorative all'epoca e lui e Kelly erano considerati una cosa sola. Quando riuscì ad affrancarsi dalla costrizione del lavoro a due, solidificò la sua immagine di regista rispettato con titoli leggeri. Superficiali e stupidi solo all'apparenza. Più a fondo, infatti, possedevano idee condivisibili sul concetto di arte, consumo dell'immagine, danza come pura forma di espressione. Come tutti i grandi che lavorarono a Los Angeles nei golden age, formulò importanti concetti cinematografici e li snocciolò in modi che potessero attirare il più vasto pubblico possibile. Dall'originale Il giuoco del pigiama, che fu descrizione vibrante e sovversiva di una questione chiave della politica americana, al thriller Sciarada, che venne esteticamente definito come "il miglior film di Hitchcock che non era mai stato girato da Alfred Hitchcock". Ci fu spazio per un'ode autoriflessiva sulle arti cinematografiche con Cantando sotto la pioggia. Un film sul fare i film e, allo stesso tempo, un omaggio a un periodo "sanguinante" della storia del cinema americano (quando cioè si passò dal muto ai film parlati). Una meraviglia metatestuale con canzoni dannatamente buone. Ci fu poi la spregiudicata e affascinante difesa antielitista dell'arte pop e commerciale in Cenerentola a Parigi, che criticava le nozioni di bellezza e di valore, opponendosi in maniera quasi puritana alle molteplici forme di volgarità. Più meditativo il suo road movie Due per la strada, che combinava certe caratterizzazioni di angoscia coniugale alla Antonioni con una appariscente raffinatezza, sostenendo una corrente emotiva assolutamente più positiva.
Tutto questo dunque fu Stanley Donen. Il musical portato in marcia trionfante, all'aperto. La freschezza di eccitanti sequenze in cui l'integrazione fra canto, danza e storia è al massimo.

Il conforto cinematografico
Stanley Donen nacque a Columbia, in Carolina del Sud. Suo padre lavorava in un negozio di abbigliamento, mentre sua madre era una casalinga. Vittima di bullismo antisemita, trascorse gran parte della sua infanzia all'interno della piccolissima comunità ebraica della città. Fin da bambino, trovò conforto nei musical di Fred Astaire e Ginger Rogers, nel realizzare filmini con una fotocamera 8 mm e nelle lezioni di danza. Dotato di talentuose potenzialità, ebbe come insegnante di ballo Ned Wayburn, che era stato proprio il docente del suo mito: Fred Astaire. Dopo il diploma, Donen si iscrisse al corso di psicologia della University of South Carolina, ma venne incoraggiato dalla madre a seguire la carriera di ballerino.

Il sodalizio con Gene Kelly
Riuscì a farsi strada grazie all'amicizia con un giovane attore emergente: Gene Kelly. Il quale decise di assumerlo come suo assistente coreografo e di portandoselo a Hollywood. Fascino (1944) e Due marinai e una ragazza (Canta che ti passa) (1944) furono i primi titoli in cui elaborarono squisite coreografie. Purtroppo, la Seconda Guerra Mondiale li separò. Così, mentre Kelly era al fronte, Donen (che era stato esonerato per problemi di salute) continuò a migliorarsi, anche dal punto di vista cinematografico (basi di regia, fotografia, uso della colonna sonora). Quando l'amico tornò, cominciarono a pensare a un film che potessero dirigere da soli. Non ci volle molto perchè il loro sogno di avverasse. Già nel 1949, l'accoppiata Donen-Kelly realizzava Un giorno a New York. L'opera era un adattamento dell'omonimo musical di Betty Comden e Adolph Green (che da allora lavoreranno spesso con Donen) e seguiva le vicende di due marinai in congedo nella Grande Mela. Il mondo intero, oggi, conosce il celebre numero di apertura "New York, New York", girato non in ambienti ricostruiti negli studi (come voleva la tradizione), ma proprio per le strade della città. Dopo questo fortunato esordio, la MGM corteggiò Donen con un contratto da regista per sette anni, ponendo come clausola la non obbligatorietà di lavorare con Gene Kelly. Alla luce di questa nuova libertà artistica, Donen accettò, provocando però una prima insanabile frattura nel loro rapporto. La star di I tre moschettieri cominciò a sminuire i contributi dell'amico, mentre Donen accusò l'altro di essere approssimativo, freddo e di non trattarlo come un suo pari. Ci si metterà di mezzo anche una donna, la ballerina Jeanne Coyne, che prima diventerà la moglie di Donen e poi si accaserà con Kelly.
Purtroppo, non furono rosei nemmeno i primi passi che Donen fece da solista. Fu costretto a lasciare il set di Canzone pagana per incomprensioni con Esther Williams, ma gli fu data l'occasione di rimediare dirigendo proprio il suo idolo, Fred Astaire, in Sua Altezza si sposa. Il film, che è parzialmente ispirato alla vera storia di Adele Astaire (sorella di Fred), ha al suo interno una sequenza dove il grande attore sfida la gravità ballando su pareti e soffitto. Una scena che oggi è pietra miliare della Settima Arte. Nel 1952, dovrà però fare i conti con il suo primo flop: Marito per forza. A decretare l'insuccesso fu la distribuzione tardiva, a causa della caccia alle streghe comuniste, messa in atto dalla Commissione per le attività anti-americane, che mise sotto inchiesta proprio il protagonista, Larry Parks. Intanto, Kelly aveva abbracciato il successo con Un americano a Parigi (1951), diretto da colui che fu considerato l'antagonista di Stanley Donen: Vincent Minnelli. Solo l'anno successivo, i due cominciarono a mettere da parte quelle prime lievi amarezze per realizzare il capolavoro Cantando sotto la pioggia (1952). Kelly era all'apice della fama, Donen lo sostenne studiando attentamente costumi, scenografia e luci e il risultato fu uno dei più bei musical della Storia del Cinema. Tutto di quel film divenne leggenda. Dalle grandi e coinvolgenti coreografie alla bellezza di Cyd Charisse, dalle performance acrobatiche di Gene Kelly alla comicità mimica e gestuale di Donald O'Connor. Malgrado questo, i dissapori proseguirono. Kelly insisteva per prendersi il merito di tutto, lasciando a Donen briciole di responsabilità e genialità. Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Donen si rifiutò categoricamente di lavorare ancora con Kelly e proseguì la sua carriera alla MGM con Fearless Fagan (1952) e Tre ragazze di Broadway (1953), dove comunque non mancò di litigare con altri colleghi (Bob Fosse e Gower Champion). Gli fu tutto perdonato con Sette spose per sette fratelli, che assestò un bel colpo allo stomaco di Gene Kelly e del suo Brigadoon (che aveva un budget più alto e non era andato bene nelle sale). Nonostante qualche critica negativa di natura femminista (qualcuno lo accusò di giustificare lo stupro), Sette spose per sette fratelli piacque molto al pubblico, tanto che anche Gene Kelly dovette fargli i complimenti. Sepolta l'ascia di guerra e dopo un cameo dell'attore in Così parla il cuore (1954), Kelly gli propose di portare avanti un nuovo progetto comune: È sempre bel tempo. Fu il loro ultimo film insieme. Completate le riprese e conclusa la distribuzione, i due amici non furono più tali. Il sodalizio artistico e affettivo si ruppe definitivamente e, da quel momento in poi, comunicarono solo a distanza, solo tramite mezzo stampa e solo rinfacciandosi chi aveva il reale merito di aver fatto cosa. L'ultima soddisfazione di Donen fu quella presa nei confronti di Vincent Minnelli, quando la MGM lo supplicò di aiutarlo a terminare Uno straniero tra gli angeli entro i termini previsti dal loro contratto.

Il periodo post Gene Kelly
Svincolato parzialmente dagli obblighi con la Metro-Goldwyn-Mayer, Stanley Donen fu libero di lavorare con la Paramount, la 20th Century Fox e la Warner Bros., consegnandoci altri musical (Cenerentola a Parigi, Il giuoco del pigiama) e commedie drammatiche (Baciala per me). Fondò poi con Cary Grant, con il quale sentiva un'estrema affinità intellettuale, la Grandon Productions. In virtù di questa ritrovata indipendenza, lo diresse nel romantico Indiscreto (1958), basato su un'opera di Norman Krasna. La critica e il pubblico lo apprezzarono così tanto da paragonarlo a Ernst Lubitsch o George Cukor e cominciarono a chiedersi quale altra gradevole pellicola avrebbe firmato. Quello che però nessuno di loro si aspettava fu un suo ritorno (e neanche tanto eccezionale) al musical con Damn Yankees! nel 1958.

Il periodo inglese
Trasferitosi in Inghilterra, terra nella quale aveva girato Indiscreto e che aveva giudicato abbastanza lontana dalla brutta aria di Hollywood (e da Gene Kelly), Donen capisce al volo che non è più tempo di coreografie e si concentra su commedie leggere e sentimentali. Inizia con Ancora una volta con sentimento (1960), Pacco a sorpresa (1960) e L'erba del vicino è sempre più verde (1960), ma malauguratamente i tre titoli non attirano l'interesse del pubblico e Donen è costretto a rescindere da un importante accordo firmato con la Columbia. Proprio in virtù della sua incapacità di realizzare dei film che potessero produrre incassi, è costretto a rinunciare agli adattamenti di Un uomo per tutte le stagioni e Incontro al Central Park (che verranno rispettivamente offerti a Fred Zinnemann e Guy Green).

I film hitchcockiani
Lo salverà il suo periodo hitchcockiano. Quando cioè si rimetterà in piedi dirigendo il socio Cary Grant e l'amica Audrey Hepburn nel giallo-rosa Sciarada, replicando l'esperimento con Sophia Loren e Gregory Peck in Arabesque (1966). Sono pellicole che riescono da una parte a creare quella tensione tipicamente legata a titoli del Maestro della Suspense come Intrigo internazionale o L'uomo che sapeva troppo, ben ritmati e formidabili nel montaggio, e dall'altra a coltivare un sottofondo rosa estremamente piacevole e glamour.

Gli ultimi film
Rivorrà fortemente la Hepburn sul set di Due per la strada, forse uno dei suoi film più personali, visto che prese in esame le sue innumerevoli esperienze matrimoniali per costituire una commedia dolceamara sull'amore coniugale logorato dal trascorrere del tempo. Lo stesso anno, scelse il comico televisivo Dudley Moore (di cui era grande fan) come protagonista di Il mio amico il diavolo, che però spaccò la critica, indecisa se apprezzarne la satira... o solo Raquel Welch! Il 1969 fu invece l'anno del gay-friendly Quei due, con Rex Harrison e Richard Burton. Ma il mondo non era pronto per una storia omosessuale e il pubblico disertò le sale con grande dispiacere di Donen. Ritornato in America, accettò di portare sui grandi schermi Il piccolo principe con Bob Fosse e Gene Wilder. Ma dal momento in cui prese in mano il progetto, cominciò a eliminare scene, canzoni e parti della colonna sonora, creando un film talmente mutilato e difettoso da autocausarsi un disastro finanziario senza precedenti. Neanche In tre sul Lucky Lady, con Liza Minnelli, Gene Hackman e Burt Reynolds, riuscì a salvarlo economicamente. Anzi, andando oltre il budget, accumulò debiti che non seppe più come risanare. La nostalgia per la vecchia Hollywood lo spinse, nel 1978, verso Il boxeur e la ballerina. Un'opera che in realtà era costituita da due pellicole presentate come un doppio lungometraggio. Indubbiamente di vecchio stile, Il boxeur e la ballerina si avvaleva anche di un finto trailer e di una finta presentazione, ma l'originalità non pagò al botteghino. Pensò quindi di connettersi a un target più giovane, che alla fine degli Anni Settanta preferiva altri generi di intrattenimento. Così passò alla fantascienza con Saturn 3. Mossa sbagliata. Non a suo agio con le tematiche sci-fi, Donen combinò un tale pasticcio che chiese la rimozione del suo nome dai crediti. Nei primi Anni Ottanta, fu quasi tentato dall'accettare la trasposizione del romanzo horror "La zona morta" di Stephen King, ma abbandonò il progetto (che fu poi offerto a David Cronenberg) per non ripetere il medesimo errore di Saturn 3, e a nulla valse lavorare con l'astro appena nascente Demi Moore in Quel giorno a Rio. Furono, insomma, anni di pesanti fallimenti. Lo Stanley Donen del musical, ormai, non esisteva più. Non gli rimase altro che rallentare e trovare un cantuccio dove poter lavorare senza più molte ambizioni.

Il ripiego televisivo
Si avvicinò alla televisione collaborando a una sequenza musicale per un episodio di Moonlighting, poi accettò di firmare il videoclip della canzone "Dancing on the Ceiling" di Lionel Richie e, nel 1999, il film tv Love Letters con Steven Weber e Laura Linney. Sfumò miseramente, dopo le accuse di pedofilia a Michael Jackson, il suo progetto di dirigerlo in un musical ispirato a "Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde".

I riconoscimenti
Nel 1998, ricevette l'Oscar alla Carriera "in apprezzamento di un corpus di opere segnate dalla grazia, dall'eleganza, dallo spirito e dall'originalità visiva", poi seguito da un Leone d'Oro alla Carriera alla Mostra di Venezia.

Vita privata
Stanley Donen si sposò ben cinque volte ed ebbe tre figli. La prima moglie (1948-1951) fu la già citata ballerina, coreografa e attrice Jeanne Coyne. La seconda (1952-1959) fu l'attrice Marion Marshall, ex fidanzata di Howard Hawks e poi in seguito moglie di Robert Wagner. Da lei, ebbe i due figli Peter e Joshua Donen (il primo, artista degli effetti speciali, purtroppo morì di infarto nel 2003, mentre il secondo divenne produttore). La terza moglie (1960-1971) fu Adelle O'Connor Beatty, in precedenza moglie del II Conte Beatty. Da questa unione nacque invece Mark. La quarta moglie (1972-1985) fu l'attrice americana Yvette Mimieux, l'unica con la quale riuscì a mantenere uno stretto rapporto di intima amicizia anche dopo il divorzio. La quinta moglie (1990-1994) fu la giovanissima (trentasei anni meno di lui) Pamela Braden. Altri flirt importanti furono quelli con Judy Holliday ed Elizabeth Taylor, ma il legame più lungo fu quello che lo legò con la scrittrice e regista Elaine May, della quale rimase compagno fino alla morte che lo colpì a 94 anni per arresto cardiaco il 21 febbraio 2019. Le chiese di sposarlo ben 172 volte, ma lei non accettò mai.

Ultimi film

Commedia, (USA - 1984), 100 min.
Commedia, (USA - 1978), 107 min.
Commedia, (USA - 1975), 118 min.
Commedia, (Gran Bretagna - 1969), 100 min.
Commedia, (USA - 1967), 112 min.

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