Una carriera lunga e brillante per un grande regista, artista e inventore.
di Pino Farinotti
Stanley Donen (1925-2019) è stato un gigante, regista, artista, inventore. Straordinariamente precoce. Aveva 25 anni quando fece il suo primo film Un giorno a New York, che stravolse le regole del musical. Nel 2004 l'ho conosciuto a Venezia, quando ebbe il Leone d'oro alla carriera. Facevo parte di una commissione del festival e organizzai una cena, un tavolo a quattro, Donen e la moglie Eleine May, io e mia moglie Daniela. Sapevo tutto di lui. Lo dico, ero emozionato.
Puoi vedere tutti i film di un autore, puoi leggere la sua storia, ma se è lui, il titolare, a dirti "Con Gene (Kelly) ci siamo conosciuti a Broadway, nel '42, ballerini in Pal Joey, poi ... abbiamo fatto belle cose insieme? è tutta un'altra cosa." E sì, le belle cose le hanno fatte eccome. A cominciare dal titolo citato all'inizio. Gli ho detto: "Lei era un ragazzino, come faceva a tenere a bada gente come Kelly e Sinatra, e poi Astaire, in Sua altezza si sposa..." "Mi riconoscevano la competenza, soprattutto la passione, certo non era facile."
"Ecco, Gene Kelly, è legittimo se dico che il più grande uomo spettacolo del cinema... cantante, regista, coreografo, attore... ballerino..." Ci pensò un momento: "Aggiungerei Billy Wilder, non cantava e non ballava ma ha fatto i film più belli del mondo. È uno di quelli, di lingua tedesca, che arrivarono in California dopo l'avvento di Hitler e portarono a Hollywood una cultura che non c'era." Poi introdussi qualcosa di particolare, poco conosciuto. "Mr. Donen ho un vinile in cui lei canta alcune delle canzoni di Sette spose per sette fratelli, soprattutto l'intera versione di
Goin' Co't'in (n.d.r. quando Milly insegna ai fratelli la tecnica di approccio con le ragazze). Lei aveva una voce un po' alla Sinatra..." "Sì, un po'. Poi l'ho conosciuto e ho deciso che era meglio che fosse lui a cantare, così come ho lasciato che fosse Gene a ballare."
In quelle stagioni, fine anni quaranta metà cinquanta, Donen e Vincente Minnelli si alternavano nei capolavori. Minnelli girava Un americano a Parigi (1951) Donen rispondeva con Cantando sotto la pioggia (1952), Minnelli replicava con Spettacolo di varietà (1953) e Donen a sua volta con Sette spose per sette fratelli(1954).
Gli dico "C'era una bella competizione fra voi..." "Certo che c'era, ma utile, mi sembra." Mi espongo: "Una volta ho scritto che in quegli anni, con quei film e quella magnifica qualità, il musical aveva fatto uno scatto, era diventato la prima vera arte squisitamente "tutta" americana." Rispose che poteva essere, che si sentiva lusingato e aggiunse un fin troppo gentile "detto da lei".
Poi entrai nella tecnica: "Quando è arrivato il cinemascope, dove tutto si allargava qualcosa è cambiato." "È vero. E dovemmo adattarci. Per esempio due attori a volte non bastavano, in È sempre bel tempo molti numeri sono a tre: Kelly, Dailey e quel genio di coreografo di Michael Kidd. Al quale devo molto, ha inventato la danza acrobatica, ancora tanto praticata. Il ballo centrale dei fratelli e le ragazze di Sette spose è perfetto per il cinemascope. Ed è travolgente. Solo Kelly poteva, da solo, tenere uno spazio tanto largo, perché era dinamico, grande potenza fisica, in È sempre bel tempo per essere più veloce, fece quel numero strepitoso sui pattini a rotelle. Pensate a cosa significa ballare magari il tip tap su otto piccole ruote mobili."
In quell'anno, ospite d'onore a Venezia era Sophia Loren. Donen si esibì in un breve tip tap sul palcoscenico, poi arrivò Sophia e i due si abbracciarono. Nel 1966 il regista l'aveva diretta in Sciarada. Le disse: "Guardati Sophia, sei esattamente la stessa di allora, il tempo per te non è passato, e guarda me, un vecchietto..."