Titolo originale | An american in Paris |
Anno | 1951 |
Genere | Musical, |
Produzione | USA |
Durata | 105 minuti |
Regia di | Vincente Minnelli |
Attori | Nina Foch, Gene Kelly, Leslie Caron, Oscar Levant, Georges Guétary, Mary Young Eugene Borden, Martha Bamattre, Ann Codee, Anna Q. Nilsson. |
Uscita | giovedì 9 giugno 2016 |
Tag | Da vedere 1951 |
Distribuzione | Cinema |
MYmonetro | 4,46 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 3 giugno 2016
Jerry Mulligan, finita la guerra, è rimasto a Parigi per dipingere. Viene abbordato da una ricca, attempata americana che gli compra un quadro. Ma poi conosce la giovane e graziosa commessa della quale si innamora. Il film ha ottenuto 8 candidature e vinto 6 Premi Oscar,
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ASSOLUTAMENTE SÌ
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Jerry Mulligan, finita la guerra, è rimasto a Parigi per dipingere. Vive in un localino dove il letto e il tavolino rientrano nel soffitto e nella parete e va a esporre i quadri, che nessuno compra, a Montparnasse. Viene abbordato da una ricca, attempata americana che gli compra un quadro. Ma poi conosce la giovane e graziosa commessa della quale si innamora, senza sapere che la ragazza sta per sposare il suo amico Paul. Un altro personaggio è il musicista-genio (Levant), che suona tutti gli strumenti dell'orchestra. Alla fine tutto va a posto. L'amore trionfa.
Sulla base di questa trama quasi banale, "alla musical", Minnelli regista e Kelly ballerino-cantante-attore-coreografo, costruiscono non solo un capolavoro del cinema, ma un'opera composita che figura benissimo nell'arte del Novecento. Naturalmente è determinante la musica di George Gershwin che compose forse la sua più importante sinfonia, fatta apposta per far brillare le prerogative del cinema.
Tutte le canzoni (cantate oltre che da Kelly anche dallo "chansonnier" Paul Guétary, idolo parigino) sono classici indimenticabili. La Metro, nella realizzazione di questi film, era molto rigorosa e generosa, assumeva i più bravi consulenti da ogni parte del mondo. I balletti di Kelly sono studiati in scenografie che si richiamano ai grandi quadri impressionisti (Renoir e Monet soprattutto) e a Toulouse-Lautrec. Il numero centrale viene considerato un capolavoro anche dai grandi coreografi del balletto classico, come Béjard. Naturalmente la tendenza di Minnelli, in quasi tutti i suoi film, era una certa concessione al kitch, che nel musical quasi non andrebbe considerato "caduta", ma valore aggiunto.
Il film è uno dei più premiati nella storia degli Oscar, ben sei. Va detto che il musical è l'unica forma d'arte tutta e solo americana. Molto spesso Hollywood ha attribuito Oscar a film musicali (Gigi, My Fair Lady, Tutti insieme appassionatamente, Oliver!, West Side Story). L'anno dopo lo stesso gruppo produttivo (solo il regista Donen sostituì Minnelli) realizzò Cantando sotto la pioggia che... rimase senza Oscar pur essendo per certi versi più intelligente e con maggiore vedibilità a posteriori. Questa "tardiva" stagione del musical prodotta da Arthur Freed (Sette spose per sette fratelli, Spettacolo di varietà, Baciami Kate! e altri) rappresenta una punta qualitativa altissima del cinema, che poteva contare ancora sulle belle ingenuità indispensabili, sostenute da una tecnica ormai perfezionata.
Nel novembre del 1951 arrivava sugli schermi italiani Un americano a Parigi, uno dei più belli, eterni, felici film del cinema del mondo, oggi disponibile in videocassetta. Il tempo lo ha confermato. Bastano, per cominciare, i nomi in gioco: Vincente Minnelli, regista, profeta massimo del genere insieme a Stanley Donen; Gene Kelly, attore, ballerino, coreografo, cantante, il più grande uomo spettacolo mai esistito; George Gershwyn, il primo compositore americano. E poi la Metro Goldwyn Mayer, la major che per il film assunse i più qualificati esperti di arte francese, spese milioni per le ricostruzioni. E non si può non ricordare la giovanissima protagonista, Leslie Caron, ballerina classica, poi convertita al "leggero". «Un americano» ebbe l'Oscar come miglior film, al quale se ne aggiunsero altri quattro. Il musical era un genere che a Hollywood prendevano molto sul serio, si trattava infatti dell'unica forma di spettacolo «solo e tutta» americana. Ogni volta che fu possibile gli Oscar piovvero sul musical. Basta ricordare titoli come Gigi, West Side Story, My Fair Lady, Tutti insieme appassionatamente, Oliver. La storia è banale. Un pittore americano rimasto a Parigi dopo la guerra è corteggiato dalla ricca maliarda, ma lui ama la giovane commessa. Kelly e la Caron che ballano sulla sponda della Senna sono una delle più belle e perfette "grafiche" dello spettacolo del '900.
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Andando a vedere o a rivedere questo spettacolo non incontreremo un comune americano, uno dei tanti bravi attori di Hollywood, no amici, andremo a passare due ore con uno dei più bravi artisti che abbia calpestato i palcoscenici del mondo a partire da quello del magico Broadway, il tempio del musical. Gene Kelly non è un attore è un personaggio che balla, canta, interpreta, fa mimica e fa danza acrobatica, [...] Vai alla recensione »
Che sia "opera rock", che sia opera lirica o in alcuni casi operetta, che sia quel jazz "melodizzato"e "snfonicizzato"che sapeva realizzare solo Geroge Gershwin(e in parte, ma con altre modalita', COle Porter), il teatro in musica buca lo schermo, quando a realizzarlo e'un grnade come Vincent Minelli: qui abbiamo a che fare con"An American in Paris"(appunto [...] Vai alla recensione »
Anche chi non ama i musical deve riconoscere che questa pellicola, pluripremiata alla notte degli Oscar, offre uno spettacolo di altissimo livello artistico. I balletti e le canzoni sono eseguite con particolare ricercatezza, cura e professionalità; le eccezionali coreografie sono ancora più esaltate dall'ottima regia di Vincente Minnelli, abilissimo nel selezionare le inquadrature [...] Vai alla recensione »
Un grande classico, giustamente intramontabile. Elegante e garbato, trascinante e ricco di trovate fantastiche. Semplicemente straordinari i numeri musicali, inarrivabili per tecnica e bravura Kelly e la Caron. Un magnifico sogno ad occhi aperti!
Nel genere musical il film rimane eccezionale, ma soprattutto colpiscono le coreografie della parte finale, che realizzano la base onirica che ognuno di noi vorrebbe vivere quando si innamora veramente. Bravissimi tutti oltre il magico Gene Kelly e l'aerea Leslie Caron, ma anche il meno bello ma grande pianista, amico dei due amici che il destino rende generosi rivali.
È arrivato nella sale, restaurato, Un americano a Parigi. Parto da una mia personale gerarchia dei film, cinque titoli. Una classifica che ho elaborato anche come risposta di getto a chi me la chiedeva. Dunque discrezionale, ma certo con dei punti oggettivi di verità. Sarebbero dunque questi: La grande illusione 1936, di Renoir; Viale del tramonto 1951, di Wilder; Il posto delle fragole, 1957, di Bergman; l'italiano Ossessione 1942, Visconti. E poi Un americano a Parigi, 1951, di Minnelli. Darei volentieri le motivazioni, ma non c'è spazio. Quando mi si domanda: "ma come, metti un musical e non un Welles o un Hitchcock?" Rispondo che la prima opzione del cinema è l'evasione e Un americano a Parigi è un magnifico dispensatore di gioia di vivere.
Con quel film ho un rapporto... personale. George Gershwin compose il poema sinfonico nel 1928 e la prima si tenne alla Carnagie Hall di New York il 13 dicembre di quell'anno. Nel 1951 la Metro acquisì i diritti e produsse il film. Il risultato fu il capolavoro, anzi, il modello assoluto che conosciamo.
Modello significa che rappresenta, al più alto livello, l'unica forma d'arte del tutto americana, che è il musical. Il produttore Arthur Freed investì moltissimo, assunse il meglio del meglio; alla regia il principe del musical Minnelli, per la sceneggiatura Lerner, per i costumi Plunkett, per la scenografia Gibbons, e poi gli attori: Gene Kelly, Oscar Levant, Georges Guétary, fra gli altri. Inoltre fece venire dalla Francia alcuni dei migliori esperti dell'impressionismo, per applicarli a certe pitture animate di Renoir e Toulouse-Lautrec. Soprattutto fece venire da Parigi Leslie Caron. E poi, naturalmente, le musiche di Gershwin, il più grande compositore americano, capace di coniugare la musica popolare con il classico più avanzato.