diomede917
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venerdì 17 gennaio 2014
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quanto vale una vita....
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Quale è il valore che dai a una vita, qual'e il valore che dai alla tua vita......quanto vale la tua dignità.....non so se esiste una risposta assoluta ma Il capitale Umano cerca di dare una corretta valutazione del senso di una vita.
Paolo Virzì prende spunto dal best seller di Stephen Amidon ambientato nel Connecticut per raccontare il dramma dell'avidità umana della nostra società uscendo per la prima volta dai territori familiari livornesi e incastrando la sua storia in Brianza (suscitando non poche polemiche tra le forze politiche locali)....
Un tragico incidente, un ciclista investito da un pirata della strada è l'evento fortuito che cambierà i destini di due famiglie i Bernaschi e gli Ossola raccontate da diverse prospettive i 4 intensi capitoli.
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Quale è il valore che dai a una vita, qual'e il valore che dai alla tua vita......quanto vale la tua dignità.....non so se esiste una risposta assoluta ma Il capitale Umano cerca di dare una corretta valutazione del senso di una vita.
Paolo Virzì prende spunto dal best seller di Stephen Amidon ambientato nel Connecticut per raccontare il dramma dell'avidità umana della nostra società uscendo per la prima volta dai territori familiari livornesi e incastrando la sua storia in Brianza (suscitando non poche polemiche tra le forze politiche locali)....
Un tragico incidente, un ciclista investito da un pirata della strada è l'evento fortuito che cambierà i destini di due famiglie i Bernaschi e gli Ossola raccontate da diverse prospettive i 4 intensi capitoli.
Fabrizio Bentivoglio interpreta Dino Ossola la classica rappresentazione della differenza tra il ricco e l'arricchito, un immobiliare coi soldi che ne vorrebbe ancora di più e farebbe di tutto pur di entrare nei fondi d'investimento Bernaschi......look alla Maroni è il classico Bauscia che fa lo splendido cercando di apparire quello che non è pur di essere presente......la sua interpretazione è magistrale nel rappresentare un uomo privo di alcuna dignità o rigore morale che si prostra davanti all'arroganza rappresentata dal finanziere Bernaschi.......un uomo che mantiene la solita espressione sia per dire "Sei Bellissima" che per dire "sei rovinato" guardando tutto e tutti dall'alto verso il basso come il ruolo sociale gli riconosce......un Fabrizio Gifuni spaventosamente in parte tanto sicuro di se da permettersi un ardito frontal.....
Ma il vero contro altare di Dino Ossola è Carla la moglie di Bernaschi anche lei vive all'ombra del potere del marito che tenta di uscire dal ruolo assegnatole cercando la strada di un riscatto culturale rappresentato dal salvataggio di un teatro Stabile......interpretata da una Valeria Bruni Tedeschi mai stata così brava nella sua carriera.....
E poi ci sono i giovani, le vere vittime di questo rampantismo senza scrupoli che cercano di uscire, di trovare una speranza per il proprio futuro.......è la personalità determinata di Serena Ossola il vero motore......una ragazza che cerca di trovare in un sofferto amore una luce per uscire dalla cappa buia che avvolge lei e tutti i protagonisti della storia.
Il capitale umano segna la laurea in regia per Paolo Virzì, il raggiungimento di un percorso iniziato con La Prima cosa bella e continuato con il piccolo ma bello Tutti i santi giorni fino ad arrivare a questa opera più curata da tutti i punti di vista......
Un'orchestra di attori dove ognuno suona alla perfezione il suo strumento, colonna sonora del fratello Carlo che calza alla storia e la sua capacità di rappresentare questo mondo cinico e disilluso con scene azzeccate e toccanti dalla scena di sesso che vede protagonista la Bruni Tedeschi attraversata dalle immagini di Carmelo Bene, al distrurbante contratto capestro di Bentivoglio dentro uno scalcinato teatro, fino alla disperata scena finale con la giovane Matilde Gioli (ma potremo usare Jolie visto la somiglianza con l'attrice americana) urlante per il suo amore impossibile.......
Ma il vero colpo di genio che sintetizza il senso di tutto il film è il dialogo tra una rassegnata Bruni Tedeschi e il cinico marito
"Avete scommessa sulla rovina di questo paese e ci siete riusciti"......"Ci siamo...."
Come a voler dire che nessuno è esente da colpe in questa società......la speranza, forse, è nel sorriso di due ragazzi......
Chapeau voto 9
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claudiocaprara
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domenica 19 gennaio 2014
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un virzì dal respiro internazionale
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Il Capitale Umani è un film importante, non un capolavoro (molto lontano dall’esserlo) ma non fatto per piacere, piuttosto direi che è fatto per capire, un pretesto artistico per viaggiare nell’anima dell’Italia, per scandagliarne meandri oscuri.
Qualcuno a proposito di questo film ha citato La Tragedia di Un Uomo Ridicolo. Si, anche a me ha ricordato qualcosa di quel cinema, anche se non si possono mai fare confronti così lontani: ma Tognazzi sarebbe stato un protagonista perfetto in questa storia.
Io considero questo film un affresco inquietante e racconta come mai prima un pezzo della nostra decadenza. Lo fa con coraggio, perchè tiene lo spettatore a disagio, non lo lusinga, non lo circuisce: gli fa far fatica.
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Il Capitale Umani è un film importante, non un capolavoro (molto lontano dall’esserlo) ma non fatto per piacere, piuttosto direi che è fatto per capire, un pretesto artistico per viaggiare nell’anima dell’Italia, per scandagliarne meandri oscuri.
Qualcuno a proposito di questo film ha citato La Tragedia di Un Uomo Ridicolo. Si, anche a me ha ricordato qualcosa di quel cinema, anche se non si possono mai fare confronti così lontani: ma Tognazzi sarebbe stato un protagonista perfetto in questa storia.
Io considero questo film un affresco inquietante e racconta come mai prima un pezzo della nostra decadenza. Lo fa con coraggio, perchè tiene lo spettatore a disagio, non lo lusinga, non lo circuisce: gli fa far fatica. Si sta lì come su una sedia instabile e senti che in ogni momento ci puó essere una caduta. Invece questo equilibrio resta fino alla fine, anzi diventa l’elemento di forza di questo thriller delle coscienze.
Ma è anche un film molto politico, quasi partitico. Quando l’ideologia sinistroide parlava della cultura profonda prodotta dal berlusconismo – in particolare i girotondi di Moretti sono cresciuti su questo concetto – identificava un fondo di verità. VirzÌ – non immune da fremiti movimentisti – ce lo rappresenta in questa storia: il desiderio del denaro, della scalata sociale, la finanza senza cuore, la marginalità della donna, l’irrilevanza della politica, il degrado della cultura… Evita – per quanto gli è possibile – schematismo e dogmatismo, ma sceglie una strada “gramsciana” (pardon) mostrando un disprezzo distaccato verso l’indifferenza che la crisi ha prodotto nelle coscienze (anche degli intellettuali di sinistra, ormai disposti a scambiare scampoli di impegno per una scopata). Lo fa spietatamente, ma delicatamente (come una buona infermiera quando fa i prelievi di sangue)
È uno dei film scritti meglio in italia in questo secolo: “riesce ad andare in profondità nonostante una misura, una leggerezza un equilibrio difficili da raggiungere”, ho scritto a Francesco Piccolo, appena uscito dal cinema. Trovare leggerezza e profondità insieme non è mai facile, ma è ancor più difficile in un racconto corale come questo.
Gli attori sono bravi e azzeccati. Fabrizio Bentivoglio è il personaggio chiave del film. Ecco, pur mostrando indubbie qualità a me è sembrato eccessivo, troppo maschera nel contesto del racconto. In un dipinto ad acquarello, lui è disegnato ad olio. “È davvero sgradevole” – dice di lui il Bernaschi – lo deve essere, ma trovo la sua figura troppo stridente nella vita quotidiana: la pasta dell’immobiliarista Dino Ossola non si puó combinare con quella di Roberta Morelli (una sorprendente Valeria Golino, grandissima attrice non protagonista), la psicologa con cui convive. Insomma ho visto che per molti l’interpretazione di Bentivoglio è un punto di forza. Io lo trovo il punto di debolezza del film.
Fabrizio Gifuni è perfetto e Valeria Bruni Tedeschi fa la sua migliore interpretazione di sempre.
Insomma non siamo di fronte al solito Virzì: toscano, cazzone, intelligente e furbo, dolce e amaro: cresciuto alla grande scuola della commedia all’italiana. È un VirzÌ ambizioso, molto maturo e con un respiro internazionale. Vuole raccontare cosa è diventata l’Italia e lo fa con un coraggio inedito per un uomo di sinistra.
Darei 7 a Il Capitale Umano, ma la prossima volta serve un po’ di Maalox.
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giuliog02
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lunedì 20 gennaio 2014
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uno spaccato neorealistico della società d'oggi
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Un benmisurato commento a una certa parte della società odierna. Personaggi ben tagliati e ottime recitazioni. Su tutte quelle di Valeria Bruni Tedeschi e di Fabrizio Bentivoglio, ben assecondati da tutto il cast. Il film non ha pause e poteva essere girato in bianco e nero tanto é essenziale. Ben calibrati i tipi antropologici. Persino le auto sono commisurate agli aspetti fisiognomici dei protagonisti ed alle loro tasche. Una critica feroce a una società senza valori, incluso il prete del liceo, l'intellettuale in cravatta verde, l'ispettore di polizia che vuole il colpevole immedesimandolo - non professionalmente - in Massimiliano. Tutti fingono o mentono per raggiungere i propri obiettivi ed alla fine sono tutti contenti.
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Un benmisurato commento a una certa parte della società odierna. Personaggi ben tagliati e ottime recitazioni. Su tutte quelle di Valeria Bruni Tedeschi e di Fabrizio Bentivoglio, ben assecondati da tutto il cast. Il film non ha pause e poteva essere girato in bianco e nero tanto é essenziale. Ben calibrati i tipi antropologici. Persino le auto sono commisurate agli aspetti fisiognomici dei protagonisti ed alle loro tasche. Una critica feroce a una società senza valori, incluso il prete del liceo, l'intellettuale in cravatta verde, l'ispettore di polizia che vuole il colpevole immedesimandolo - non professionalmente - in Massimiliano. Tutti fingono o mentono per raggiungere i propri obiettivi ed alla fine sono tutti contenti. Un film da vedere, anche se non lascia spazio alla speranza. O forse no, l'unico che mostra tratti di dignità umana é Luca, il colpevole dell'incidente.
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selly
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giovedì 23 gennaio 2014
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la crisi del capitale umano
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Un film convincente come pochi, “Il capitale umano” è genuino e non fa sconti, mostrando una realtà di ricchezza e lusso. Il plot è liberamente ispirato al romanzo omonimo di Stephen Amidon che il regista livornese Paolo Virzì ha adattato e ambientato in Brianza. La storia è divisa in vari capitoli, analizzata da differenti prospettive, un po’ alla maniera tarantiniana. Il “capitale umano” è l’affresco di uno spaccato di Italia contemporanea, quella ricca e arricchita che affascina e turba, che colpisce e distrugge. È il ritratto del perverso piacere dell’estremo benessere e di un dilagante capitalismo che investe ormai anche la sfera affettiva.
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Un film convincente come pochi, “Il capitale umano” è genuino e non fa sconti, mostrando una realtà di ricchezza e lusso. Il plot è liberamente ispirato al romanzo omonimo di Stephen Amidon che il regista livornese Paolo Virzì ha adattato e ambientato in Brianza. La storia è divisa in vari capitoli, analizzata da differenti prospettive, un po’ alla maniera tarantiniana. Il “capitale umano” è l’affresco di uno spaccato di Italia contemporanea, quella ricca e arricchita che affascina e turba, che colpisce e distrugge. È il ritratto del perverso piacere dell’estremo benessere e di un dilagante capitalismo che investe ormai anche la sfera affettiva. Così tutti i personaggi risultano essere manifeste conseguenze di questa realtà: l’uomo d’affari sempre alle prese con il suo lavoro, la donna frustrata e insoddisfatta, il figlio “modello” su cui investire al pari di un bene, il medio borghese nell’anelante ricerca di una vita fastosa alla stregua di un verghiano Mastro-don Gesualdo. Insomma in questa sfilata di “mostri” l’unico personaggio positivo pare essere quello di Valeria Golino, psicoterapeuta affabile e premurosa, forse l’unico più umano o semplicemente l’unico in cui lo spettatore voglia realmente rivedersi. Particolarmente interessante risulta essere anche la condizione dei figli, ragazzi che sono inevitabilmente turbati e influenzati dagli atteggiamenti dei rispettivi genitori, troppo anaffettivi e poco attenti alle loro reali esigenze. Poca azione insomma, ma molta introspezione psicologica e attenzione ad una sceneggiatura (Virzì, Francesco Bruni, Francesco Piccolo) limpida, precisa e accuratissima. La riuscita trasposizione della vicenda sul grande schermo è garantita da un cast stellare che conta i nomi di Fabrizio Bentivoglio, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino e di una spettacolare Valeria Bruni Tedeschi, forse il personaggio più riuscito. Vera rivelazione è, però, Matilde Gioli ventiquattrenne al suo esordio, convincente e bellissima. A pochi giorni dalla nomination agli Oscar de “La grande bellezza” un altro racconto di sfarzo e perdita di valori, sicuramente un invito alla riflessione. Il capitale umano in linguaggio socio-economico è tecnicamente l’insieme di competenze, emozioni, abilità, conoscenze di un individuo su cui la società in generale e la famiglia in particolare fa investimenti. Per cui questa pellicola pare quasi voler suggerire accanto alla ormai notissima crisi economica, di cui beneficiano i protagonisti, un’ancora più triste crisi nella giusta e opportuna valorizzazione dell’uomo e del suo personalissimo capitale.
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massimo
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lunedì 3 febbraio 2014
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una finta
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con queste recensione tutte positive mi trovo a disagio fare critica. Io non sono un critico ma ho visto molti film e mi sono fatto una idea di cosa deve essere un film.... prima premetto che questo è un film che cavalca la situazione sociale e politica che stiamo vivendo... come lo faccia ..lo fà male e con poca professionalità, bisognerebbe prima spiegare quale la differenza tra un film dove il registra riesce a trasmettere quello che vuol dire e questo lo fà anche troppo.....perchè esagera nelle figure, le carica troppo, le fa correre, saltare, piangere e soffrire ma neanche con molta convinzione. Incominciamo dagli attori,sembra di essere allla televisione, finti sono.
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con queste recensione tutte positive mi trovo a disagio fare critica. Io non sono un critico ma ho visto molti film e mi sono fatto una idea di cosa deve essere un film.... prima premetto che questo è un film che cavalca la situazione sociale e politica che stiamo vivendo... come lo faccia ..lo fà male e con poca professionalità, bisognerebbe prima spiegare quale la differenza tra un film dove il registra riesce a trasmettere quello che vuol dire e questo lo fà anche troppo.....perchè esagera nelle figure, le carica troppo, le fa correre, saltare, piangere e soffrire ma neanche con molta convinzione. Incominciamo dagli attori,sembra di essere allla televisione, finti sono. è un problema del registra portare la realtà sullo schermo con attori adatti, la recita deve essere come sei naturale, un esempio i film di pasolini che devo dire non mi è mai piaciuto ma nessuno non puo negare che i film sono nella realtà quanto la miseria umana, pura desolazione e questo a casa mia è arte... o la commedia italiana noi avevamo bravi registri che avevano bravi attori anche perchè presi da una scuola di teatro che non abbiamo piu, ma io parlo anche di registri che trovano certe persone per strada ...e di colpo ti trovi una super recita nel film da persone sconosciute e questo faceva fellini con la commedia SUA non aveva neanche bisogno del teatro li trovava per strada ...ma adesso per strada chi si trova nessuno, sono tutti figli di papà.....anche perchè gli altri li lasciamo per strada....e poi c'è anche il problema delle sovenzioni.
Prima o detto che per fare un film bisogna essere capaci di fare arte, questo è un passaggio obbligatorio per dare un messaggio che deve esssere di questo tipo non di altro, non puo essere per uso politico non puo essere per uso sociale non per interesse, cosa voglio dire... il cinema non è un mezzo per creare la realta di tutti i giorni . la realta ci passa davanti e noi la interpretiamo secondo la nostra cultura, ache gli eschimesi avevano una loro coltura adesso l'hanno persa .....
Questi sono limiti del nostro ragionare ci rimane perciò di fare arte che non è altro che la capacita che ha il registra di esprime il proprio io... il modo come vede il mondo un pò diverso dagli altri in questo modo manda un messaggio è questo l'unico modo per fare film di qualità , per fare questo non devono esserci interessi, bisogna anche avere delle capacità che non e mestiere ma un modo di comunicare con il cinema, La comunicazione non è facile farla che ci riesce con un mezzo fà arte...saluti
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[+] una vera finta
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carlotta_new
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mercoledì 19 febbraio 2014
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lo sfigato: una speranza
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Un capolavoro, un intuizione coltivata ed attentamente valorizzata.
L'intuizione sta nel decidere di spiegare la malattia della società italiana di oggi mettendo sotto i riflettori il sintomo maggiore: la solitudine.
L'intuizione è quindi valorizzata con una raffinata regia dei tempi, delle inquadrature ed alcuni stratagemmi: la maggior parte degli incontri avvengono quando qualcuno parte e qualcun altro arriva; la storia smontata e ricostruita con gli occhi di ciascun personaggio che la vive, in tutta evidenza, da solo.
Non so come sia sta fatto il casting e da chi, ma anche qui emerge un risultato meticolosamente ricercato e poi, evidentemente condotto sul set: nessun attore è mai troppo o troppo poco.
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Un capolavoro, un intuizione coltivata ed attentamente valorizzata.
L'intuizione sta nel decidere di spiegare la malattia della società italiana di oggi mettendo sotto i riflettori il sintomo maggiore: la solitudine.
L'intuizione è quindi valorizzata con una raffinata regia dei tempi, delle inquadrature ed alcuni stratagemmi: la maggior parte degli incontri avvengono quando qualcuno parte e qualcun altro arriva; la storia smontata e ricostruita con gli occhi di ciascun personaggio che la vive, in tutta evidenza, da solo.
Non so come sia sta fatto il casting e da chi, ma anche qui emerge un risultato meticolosamente ricercato e poi, evidentemente condotto sul set: nessun attore è mai troppo o troppo poco. La misura e la dedizione al proprio personaggio sono sorprendenti.
Lo spaccato sarebbe desolante se il registra non ci lasciasse una speranza che è anche una indicazione precisa:
l'unico momento nel quale si manifesta la voglia di fare un progetto insieme, di immaginare un futuro in comune è nella scena finale quando la figlia dell'Ossola va a trovare "lo sfigato" in carcere.
L'indicazione sta in una moderna parabola del figliol prodigo dove lo sfigato rappresenta il popolo italiano che ne ha fatte di tutti i colori, involontariamente o preterintenzionalmente o colposamente o volontariamente. È lui secondo me il filo rosso della trama dove zone rappresentati i vizi e le virtù del popolo italiano: sensibile (il ritratto), indulgente (i pipistrelli festosi sulla vetrina), autolesionista (pluri-suicida), spaccone (che ci vuole a portare un SUV). Ciò che ci vuole all'Italia, infatti, è una donna caparbia, coraggiosa, complice, sensuale, compassionevole: una mamma!
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alessandro vanin
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sabato 30 agosto 2014
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film bello e raro
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Il capitale umano è un film diverso dai fiolm che Virzì normalmente ci propone. Ha una struttura narrativa particolare ed inconsueta, dove gli avvenimenti che si svolgono nell'arco di sei mesi sono narrati in 4 capitoli visti ogni volta dalla prospettiva di alcuni dei personaggi dei film e ripartendo ogni volta dall'inizio. Il film è anche uno spaccato della società italiana soprattutto dei super ricchi perosne vuote, noiose, spietate. La descrizione è comunque fatta senza cadere negli stereotipi Ma anche i borghesi (rappresentati da un bravissimo Bentivoglio) e i poveri non fanno una miglior figura in quanto cercano do arrivare ai soldi in ogni modo (impegnando la casa intestata alla figlia) o sfruttando l'erdedità di una parenti.
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Il capitale umano è un film diverso dai fiolm che Virzì normalmente ci propone. Ha una struttura narrativa particolare ed inconsueta, dove gli avvenimenti che si svolgono nell'arco di sei mesi sono narrati in 4 capitoli visti ogni volta dalla prospettiva di alcuni dei personaggi dei film e ripartendo ogni volta dall'inizio. Il film è anche uno spaccato della società italiana soprattutto dei super ricchi perosne vuote, noiose, spietate. La descrizione è comunque fatta senza cadere negli stereotipi Ma anche i borghesi (rappresentati da un bravissimo Bentivoglio) e i poveri non fanno una miglior figura in quanto cercano do arrivare ai soldi in ogni modo (impegnando la casa intestata alla figlia) o sfruttando l'erdedità di una parenti. Neppure gli intellettuali vengono risparmiati. Il film è senz'altro il film più amaro di Virzì, che comunque lascia uno spiraglio. I personaggi che sembravano essere i più deboli e subire le decisioni altrui si riveleranno essere i più sinceri e forti.
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lisa costa
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lunedì 19 gennaio 2015
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il male della brianza bene
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Ti ritrovi in Brianza, nelle ville extralusso dei milanesi bene, con il loro accento strafottente prima che fastidioso.
E ti trovi davanti un film di quelli che graffiano, che lasciano il segno non solo per la storia che raccontano ma soprattutto per come la raccontano.
Per ricostruire chi e come ha investito un ignaro e innocente ciclista, Virzì compone un film a quattro tempi, con tre protagonisti, e solo seguendoli, passo passo, ogni pezzo finisce nel posto giusto, ad ogni azione viene ricondotta la sua conseguenza.
Abbiamo Dino, uno che nella Milano bene vorrebbe tanto entrarci, e che vede nel fidanzato della figlia il biglietto di ingresso, tanto da addentrarsi con il suo fare viscido e finto bonaccione tra le grazie dei Bernaschi e concordare un affare che potrebbe finalmente arricchirlo.
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Ti ritrovi in Brianza, nelle ville extralusso dei milanesi bene, con il loro accento strafottente prima che fastidioso.
E ti trovi davanti un film di quelli che graffiano, che lasciano il segno non solo per la storia che raccontano ma soprattutto per come la raccontano.
Per ricostruire chi e come ha investito un ignaro e innocente ciclista, Virzì compone un film a quattro tempi, con tre protagonisti, e solo seguendoli, passo passo, ogni pezzo finisce nel posto giusto, ad ogni azione viene ricondotta la sua conseguenza.
Abbiamo Dino, uno che nella Milano bene vorrebbe tanto entrarci, e che vede nel fidanzato della figlia il biglietto di ingresso, tanto da addentrarsi con il suo fare viscido e finto bonaccione tra le grazie dei Bernaschi e concordare un affare che potrebbe finalmente arricchirlo. Peccato che la moglie sia incinta, e di due gemelli, e che i soldi per entrare nell'affare non li abbia.
Abbiamo Carla, moglie nevrotica e malinconica, che nasconde dietro acquisti e shopping compulsivo la precarietà del suo matrimonio e la sua vita infelice, trovando nel progetto di salvare un vecchio e storico teatro l'occasione per rinascere, per riscoprire anche un po' di amore, inevitabilmente portato a infrangersi.
Abbiamo Serena, che da sola ha più testa di tutti gli adulti presenti, che di stare con Massimiliano Bernaschi non ne ha proprio voglia, né con i suoi amici scapestrati che si divertono con i soldi di papà. E così il problematico Luca si fa interessante, il suo essere vero, anche se con tutte le difficoltà del caso, è molto più affascinante e attraente del mondo di macchinoni, droga e party a cui si è abituata.
Ma non sa che sarà proprio lei il filo conduttore della vicenda, la costante per cui tutto si possa collegare e portare a quell'incidente, a quella morte.
L'ultimo capitolo di un film ad incastro, è proprio il Capitale Umano, e quei fili li tira, mostrandoci da lontano quanto costruito, quanto lasciato e fatto.
Quello che ne esce è un ritratto impietoso di padri e madri che prima di rovinare il Paese hanno rovinato i loro figli, con la certezza che pur nella giustizia quello che si compie ha il sapore amaro dell'ingiustizia.
Nel dramma che Virzì compone, quindi, i graffi non mancano, né a quella Brianza che si è sentita mal rappresentata né ad un cinema italiano che quando si discosta dalle solite commedie esalta e fa applaudire.
Perchè come detto non è solo la storia, ben scritta e avvolgente, che lascia il segno, ma anche la maestria di come questa ti è raccontato, attraverso tempi che avanzano e tornano indietro, che scoprono, finalmente, che mostrano.
La mano esperta di Virzì si estende ai suoi attori, che danno sostanza anche ai cliché, e così l'odio verso il diverso modo di essere subdoli si fa palpabile in Fabrizio Gifuni e Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino e Luigi Lo Cascio, seppur relegati, si fanno umani e teneri, e la sibilante Valeria Bruni Tedeschi riesce a fare dei suoi difetti di attrice di nicchia i suoi punti forti.
Ma la vera sorpresa sta nei giovani, nell'esordiente e folgorante Matilde Gioli che incanta e convince come difficilmente succede da queste parti per parti simili.
Con il senno di poi, quindi, quei giorni, quelle settimane e quei mesi di poca voglia e di naso sempre più storto, sono stati spazzati via in una serata, in cui ci si è ricreduti, e si ha assistito a un film che meritatamente e immeritatamente ci rappresenta e ci rappresenterà.
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vaalee
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giovedì 5 febbraio 2015
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il migliore del 2014
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Difficilmente guardo con piacere un film italiano o spesso non mi convincono mai fino in fondo. Manca sempre qualcosa: agli attori, alla sceneggiatura, alla storia. Il Capitale Umano invece mi ha completamente convinta su tutto. Non c'è niente che non vada in questo film, la storia è potente, reale, è lo specchio perfetto della nostra società triste, avara, cinica, dove i giovani sono martiri di famiglie sbagliate e i genitori succubi delle incomprensioni dei figli. Una società dove la tua vita (quando muori) viene valutata ad un prezzo, in base alla sua qualità, alle cose che hai fatto, che avresti potuto fare o che non avresti fatto mai, con un calcolo di probabilità spaventoso che nasce dal tuo reddito e dal tuo stato sociale.
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Difficilmente guardo con piacere un film italiano o spesso non mi convincono mai fino in fondo. Manca sempre qualcosa: agli attori, alla sceneggiatura, alla storia. Il Capitale Umano invece mi ha completamente convinta su tutto. Non c'è niente che non vada in questo film, la storia è potente, reale, è lo specchio perfetto della nostra società triste, avara, cinica, dove i giovani sono martiri di famiglie sbagliate e i genitori succubi delle incomprensioni dei figli. Una società dove la tua vita (quando muori) viene valutata ad un prezzo, in base alla sua qualità, alle cose che hai fatto, che avresti potuto fare o che non avresti fatto mai, con un calcolo di probabilità spaventoso che nasce dal tuo reddito e dal tuo stato sociale. Questo è il Capitale Umano, o meglio questo è come lo chiamano le assicurazioni.
Il montaggio particolare di questo film rende tutto ancora più intrigante, dove ogni cosa si scopre a poco a poco. Gli attori sono bravissimi e la scelta delle ambientazioni, dei caratteri dei personaggi, del loro modo di parlare calza a pennello. Complimenti a Virzì!
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arual66
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lunedì 13 luglio 2015
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film come questi capitano una volta sola...
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Ma storie come quella descritta nel "Capitale Umano" di Virzì accadono continuamente sotto i nostri occhi ignari e, spesso, colpevoli. L'affresco impietoso e scarno di una società di arricchiti e arrivisti con le loro debolezze e i loro sogni fa da assoluto protagonista in questo film, magistralmente diretto, che attraverso una macchina da presa costruisce e demolisce ogni personaggio per poi scrutare, con solenne delicatezza, la sorprendente verità attraveso i grandi occhi blu di Serena (una splendida ed emergente Marina Gioli).
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