carlo lisotto
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domenica 12 gennaio 2014
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una magistrale prova di psicanalisi sferzante
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Tornatore ha lasciato la chiassosa, stentorea e coloratissima Sicilia per addentrarsi in una indefinita Mitteleuropa, creando il capolavoro che ben conosciamo. Inaspettamente anche Virzì ha operato la medesima scelta, ottenendo quasi gli stessi risultati. Lasciato lo spirito burlone e ridanciano della Toscana, anche Virzì si volge a nord, pur non stravolgendo il suo stile filmico, che è essenzialmente sociologico e antropologico, "politico". Abbandona i cieli tersi della sua terra per entrare tra le brume, le nebbie, il ghiaccio della Brianza. Ciò che colpisce de Il capitale umano è l'analisi feroce, tagliente, spietata degli eventi narrati.
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Tornatore ha lasciato la chiassosa, stentorea e coloratissima Sicilia per addentrarsi in una indefinita Mitteleuropa, creando il capolavoro che ben conosciamo. Inaspettamente anche Virzì ha operato la medesima scelta, ottenendo quasi gli stessi risultati. Lasciato lo spirito burlone e ridanciano della Toscana, anche Virzì si volge a nord, pur non stravolgendo il suo stile filmico, che è essenzialmente sociologico e antropologico, "politico". Abbandona i cieli tersi della sua terra per entrare tra le brume, le nebbie, il ghiaccio della Brianza. Ciò che colpisce de Il capitale umano è l'analisi feroce, tagliente, spietata degli eventi narrati. Il male è rappresentato nella sua peggiore atrocità, nefandezza, tracotanza, stupidità, non lasciando spazio ad alcuna redenzione. Me c'è chi si oppone, si ribella, non accetta questa condizione "disumana", che misura la vita come un valore monetario, come un "capitale". Se alla fine prevale il più arrogante, c'è comunque spazio per la pietà e per l'amore. Stranamente, i temi trattati sopo piuttosto simili a quelli di Blue Jasmin di Woody Allen. Ma nel film di Virzì, l'analisi introspettiva dei personaggi è molto più profonda, la definizione del male molto più drammatica e la tenue speranza di chi si oppone è molto più toccante. In conclusione, film assolutamente da vedere.
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albplet
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giovedì 16 gennaio 2014
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capitale con interesse capitale
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Una vigilia di Natale come non ti aspetti: non ostante i fatti drammatici si coglie anche un pizzico d’atmosfera. La direzione del film è stata estremamente attenta al concatenersi degli eventi e accurata nei dettagli: sono cose che mi hanno sorpreso molto; eppoi quanto mestiere nella scelta del cast. Virzì ha fatto un signor lavoro: complimenti. Forse ci vuole la crisi per far sbocciare qualcosa di meglio del solito.
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alberto bognanni
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domenica 19 gennaio 2014
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il capitale artistico
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In "la prima cosa bella" Virzi mi aveva fatto piangere di commozione, dando risalto alla parte bella della nostra anima. Ne "Il capitale umano" Virzi mi ha fatto incupire dando spazio alla parte meno bella della nostra anima. Non per questo sono uscito meno contento dalla sala. Il capitale umano di cui si parla nel film ha un'accezione negativa nella sua triste e cinica realtà. Ma un'opera d'arte è tale quando smuove coscienza e sentimento, quando ci lascia quell'agrodolce sapore fatto di attrazione e repulsione verso le parti oscure dell'essere umano. Il resto è grande cinema. Due ore senza un minimo cedimento. Un cast ottimo, sapientemente diretto.
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In "la prima cosa bella" Virzi mi aveva fatto piangere di commozione, dando risalto alla parte bella della nostra anima. Ne "Il capitale umano" Virzi mi ha fatto incupire dando spazio alla parte meno bella della nostra anima. Non per questo sono uscito meno contento dalla sala. Il capitale umano di cui si parla nel film ha un'accezione negativa nella sua triste e cinica realtà. Ma un'opera d'arte è tale quando smuove coscienza e sentimento, quando ci lascia quell'agrodolce sapore fatto di attrazione e repulsione verso le parti oscure dell'essere umano. Il resto è grande cinema. Due ore senza un minimo cedimento. Un cast ottimo, sapientemente diretto. Un nuovissimo e convincente neo-realismo dove gli attori sanno come muoversi e il regista sa come manovrarli. Una sceneggiatura a ragnatela che non lascia spazio a fraintendimenti. Le polemiche strumentali che hanno accompagnato l'uscita di questo film non hanno nessun fondamento nè ideologico nè territoriale. Viva il cinema italiano quando sa essere così appassionatamente convincente!
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carlottamags
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lunedì 27 gennaio 2014
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il capitale troppo umano.
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C'è qualcosa nei film di Paolo Virzì che mi fa impazzire, anche se devo ancora individuarne la natura con precisione. E questo, “Il capitale umano”, questo è il suo capolavoro. Con questa vicenda tratta liberamente dal romanzo di Stephen Amidon, il regista mette in mostra anche con una sottile ironia degli stereotipi tipici della società, oserei aggiungere italiana, trattandoli dal punto di vista psicologico così in profondità da arrivare a trovare una sorta di “alibi” per ogni loro comportamento ed ogni loro debolezza. La vicenda narradi un ciclista che viene investito una notte da un Suv, ma sembra impossibile stabilire chi fosse alla guida dei veicolo fin verso la fine del film.
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C'è qualcosa nei film di Paolo Virzì che mi fa impazzire, anche se devo ancora individuarne la natura con precisione. E questo, “Il capitale umano”, questo è il suo capolavoro. Con questa vicenda tratta liberamente dal romanzo di Stephen Amidon, il regista mette in mostra anche con una sottile ironia degli stereotipi tipici della società, oserei aggiungere italiana, trattandoli dal punto di vista psicologico così in profondità da arrivare a trovare una sorta di “alibi” per ogni loro comportamento ed ogni loro debolezza. La vicenda narradi un ciclista che viene investito una notte da un Suv, ma sembra impossibile stabilire chi fosse alla guida dei veicolo fin verso la fine del film. Il tutto è raccontato da tre diversi punti di vista, partendo da quello più superficiale e più esterno alla vicenda, il signor Ossola(Fabrizio Bentivoglio), arrampicatore sociale piccolo-borghese che cerca di entrare in un ambiente elitario riempiendosi di debiti, per poi passare alla signora Bernaschi(Valeria Bruni Tedeschi, sorella di Carla Bruni), donna e moglie assai benestante trascurata e piena di frustrazioni che la portano ad intrecciare per un breve periodo una relazione extraconiugale e infine il punto di vista di Serena, interpretata da Matilde Gioli, figlia del signor Ossola e ragazza del figlio dei Bernaschi, Massimiliano(Guglielmo Pinelli), che pare l'unica a poter svelare l'effettiva verità su quella notte. La quarta parte, intitolata proprio “Il capitale umano”, è un epilogo della narrazione. Nel corso della vicenda spiccano anche le personalità dei consorti dei primi due personaggi presi in esame, il signor Bernaschi(Fabrizio Gifuni), cinico uomo in affari che trascura la propria famiglia e dedica se stesso unicamente al lavoro e Roberta, interpretata da una brava Valeria Golino, psicologa ignara della viscidità del marito tramite la quale Serena conoscerà Luca, impersonato da Giovanni Anzaldo. Spettatore, che cos'è l'illecito? Mentire alle autorità per proteggere la persona che si ama? Fare accordi sottobanco per salvare la reputazione del proprio figlio? Questa è una delle innumerevoli riflessioni che sembra proporci Virzì nella carrellata di luoghi comuni che ci fa vedere senza filtri, superati I quali sembra riporre una certa fiducia nella generazione successiva: Serena è il personaggio più positivo della vicenda, diciottenne molto matura e totalmente disinteressata alla ricchezza del suo ragazzo Massimiliano che si innamorerà di Luca, minorenne umile che abita solo con lo zio con una denuncia alle spalle e una grande fragilità psicologico. Uno schiaffo emotivo a mio parere molto forte, uno dei migliori film degli ultimi anni, un piacere che non dovete negarvi.
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(di gabry)
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themaster
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giovedì 30 gennaio 2014
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straziante,sconvolgente e senza speranza
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Eh sì,straziante,sconvolgente e senza speranza,sono queste le giuste parole per definire il messaggio che Il Capitale Umano vuole mandare allo spettatore e credetemi se vi dico che ci è riuscito in pieno.Il Capitale Umano è un film clamoroso,che ti si insinua nella mente e non ti molla più.
innanzitutto la regia di Virzì è veramente notevole,è una regia briosa costutuita da piani sequenza e movimenti di macchina veramente bellissimi tuttavia è una regia anche clinica,dettagliata che attraverso primi piani molto suggestivi scava nell'animo dei personaggi rivelandoci le loro emozioni,il loro carattere,questo anche grazie alla bravura degli attori. Abbiamo una fotografia molto colorata,quasi armoniosa e per niente cupa che va a cozzare con l'anima stessa del film,tuttavia questo dualismo è voluto come per creare una metafora,una sorta di allegoria di come gli affari sporchi e le malefatte di certe persone vengano portate a compimento alla luce del sole,come se niente fosse e questo mi ha disturbato particolarmente.
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Eh sì,straziante,sconvolgente e senza speranza,sono queste le giuste parole per definire il messaggio che Il Capitale Umano vuole mandare allo spettatore e credetemi se vi dico che ci è riuscito in pieno.Il Capitale Umano è un film clamoroso,che ti si insinua nella mente e non ti molla più.
innanzitutto la regia di Virzì è veramente notevole,è una regia briosa costutuita da piani sequenza e movimenti di macchina veramente bellissimi tuttavia è una regia anche clinica,dettagliata che attraverso primi piani molto suggestivi scava nell'animo dei personaggi rivelandoci le loro emozioni,il loro carattere,questo anche grazie alla bravura degli attori. Abbiamo una fotografia molto colorata,quasi armoniosa e per niente cupa che va a cozzare con l'anima stessa del film,tuttavia questo dualismo è voluto come per creare una metafora,una sorta di allegoria di come gli affari sporchi e le malefatte di certe persone vengano portate a compimento alla luce del sole,come se niente fosse e questo mi ha disturbato particolarmente.
Gli attori sono eccezionali,Valeria Bruni Tedeschi interpreta un personaggio che mette veramente tanta tristezza,perchè incarna lo stereotipo della borghese arricchita che si è sposata con un uomo molto potente e questo le ha praticamente distrutto ogni ambizione e sogno,finendo per farla impelagare in una vita grigia e monotona che non le appartiene e a cui lei non appartiene,inoltre è interessante come lei cerchi di capire le persone senza successo e come al minimo accenno di difficoltà scappi a rifugiarsi nel suo universo privato. Fabrizio Bentivoglio interpreta Dino Ossola che è uno dei personaggi più sgradevoli e viscidi mai visti in un film italiano,è proprio l'incarnazione dell'arrivismo e di come gli uomini cerchino di avere ciò che vogliono a tutti i costi,un personaggio per certi versi Verghiano,ovvero appartenente a un basso ceto sociale che tenta l'ascesa pur non avendone la possibilità. Il resto del cast è anch'esso eccezionale.Diciamo che il film mette in gioco degli stereotipi,elevandoli e dando loro una grande caratterizzazione.
I messaggi che il film vuole mandare sono molteplici e alla fine della visione ci si sente come se qualcuno ci avesse tirato un pugno nello stomaco,ma andiamo a capire perchè.
Innanzitutto la scena del bacio di Dino Ossola è un'allegoria di come la natura umana si prenda ciò che vuole con prepotenza e anche di più se gli si presenta l'occasione,poi vabbeh il finale,con la frase straziante di Valeria Bruni Tedeschi indica come in Italia e nella società odierna in generale,tutti i malfattori ottengano ciò che vogliono senza venire puniti dalla società,denuncia una triste realtà,la realtà italiana,uno stato in rovina,e la realtà delle persone come Dino Ossola che traggono beneficio da questo crollo e poi il tutto è una grande allegoria alla falsità umana e di come la vita di ognuno di noi non sia altro che merce di scambio,del Capitale Umano per l'appunto.
Film consigliatissimo per chi cerca un messaggio e arricchimento a livello culturale e emozionale,sconsigliato se invece si cerca solo del mero intrattenimento,in quest'ultimo caso,beh optate per I,Frankenstein.
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roncola
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lunedì 3 febbraio 2014
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un punto di partenza
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Si sarebbe potuto iniziare dalla fine del film, con la definizione di "capitale umano" dal punto di vista economico. Così, dal concetto freddo e accademico, si evince una società altrettanto cinica, egoista, e furba, tanto da approfittare immediatamente di quelli che per pura umanità provano un senso di pietà o semplicemente "scoprono il fianco". L'analisi che Virzì propone si svolge in un apparente anonima provincia del nord italia, ma si sarebbe potuta vivere ovunque, con quelle caratteristiche umane che possiamo ritrovare ogni giorno in qualsiasi circostanza e luogo, nonostante ognuno abbia una propria prospettiva. Nel suo neo realismo Virzì non lascia aspettative, ognuno è condannato a ritagliarsi un proprio spazio a scapito degli altri, che sia la preda o il predatore, ma, lasciando spazio allo stesso senso umano calpestato, si potrebbe cogliere un "nuovo" punto di partanza, ovvero a partire dal concetto di "Speranza", quella vera, quella concreta, che fa in modo di dare sopravvivenza alla dignità dell'uomo.
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Si sarebbe potuto iniziare dalla fine del film, con la definizione di "capitale umano" dal punto di vista economico. Così, dal concetto freddo e accademico, si evince una società altrettanto cinica, egoista, e furba, tanto da approfittare immediatamente di quelli che per pura umanità provano un senso di pietà o semplicemente "scoprono il fianco". L'analisi che Virzì propone si svolge in un apparente anonima provincia del nord italia, ma si sarebbe potuta vivere ovunque, con quelle caratteristiche umane che possiamo ritrovare ogni giorno in qualsiasi circostanza e luogo, nonostante ognuno abbia una propria prospettiva. Nel suo neo realismo Virzì non lascia aspettative, ognuno è condannato a ritagliarsi un proprio spazio a scapito degli altri, che sia la preda o il predatore, ma, lasciando spazio allo stesso senso umano calpestato, si potrebbe cogliere un "nuovo" punto di partanza, ovvero a partire dal concetto di "Speranza", quella vera, quella concreta, che fa in modo di dare sopravvivenza alla dignità dell'uomo.Probabilmente questo è un film che potrebbe tranquillamente essere proiettato fuori dal bel paese ed avere un suo riscontro.
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gianleo67
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venerdì 6 giugno 2014
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il vizio del...capitale secondo virzì
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La storia ruota attorno ad un incidente d'auto di cui rimane vittima un povero ciclista di ritorno dal suo turno di lavoro come cameriere in una cena di gala studentesca e nel quale sono coinvolti, a vario titolo, i personaggi della vicenda narrata: l'agente immobiliare Dino Ossola, separato dalla moglie e con la nuova compagna incinta, decide incautamente di investire in un rischioso fondo azionario di un finazire rampante il cui figlio ne frequenta la figlia e la cui moglie, attrice da tempo lontana dalle scene e annoiata dalla vita da mantenuta, si è messa in testa di restaurare un teatro con i soldi del marito. Il ciclista alla fine muore e tutti i nodi sembrano venire al pettine ma.
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La storia ruota attorno ad un incidente d'auto di cui rimane vittima un povero ciclista di ritorno dal suo turno di lavoro come cameriere in una cena di gala studentesca e nel quale sono coinvolti, a vario titolo, i personaggi della vicenda narrata: l'agente immobiliare Dino Ossola, separato dalla moglie e con la nuova compagna incinta, decide incautamente di investire in un rischioso fondo azionario di un finazire rampante il cui figlio ne frequenta la figlia e la cui moglie, attrice da tempo lontana dalle scene e annoiata dalla vita da mantenuta, si è messa in testa di restaurare un teatro con i soldi del marito. Il ciclista alla fine muore e tutti i nodi sembrano venire al pettine ma...
Ispirato all'omonimo romanzo dello scrittore americano Stephen Amidon e sceneggiato dal regista insieme alla fidata coppia Bruni&Piccolo, Virzì concepisce una struttura del racconto secondo una singolare organizzazione delle regole aristoteliche di unità di tempo e di luogo, facendo ruotare vicende e personaggi attorno ad un banale quanto tragicamente esemplare fatto di cronaca nera e frammentandone così i punti di vista, ciascuno dalla prospettiva di uno dei tre interpreti principali, per poi ricomporne una sintesi nel precipitare degli eventi di un epilogo in cui emergono meschinità e avventatezza, coraggio e debolezze, frustrazioni e (finte) rivalse: l'arte di un compromesso al ribasso dove a perdere sono sempre i deboli ed i furbi la fanno comunque franca. Attraverso un gusto del paradosso che rimanda alla esibita teatralità della narrazione, Virzì sembra riscrivere i canoni di una (tragi)commedia all'italiana che rappresenta uno spaccato impietoso e squallido di una società nostrana dove i modelli di riferimento sembrano essere le false sirene di una imprenditoria finanziaria corsara e arrembante, capace di corrompere e incantare, con le mendaci promesse del guadagno facile, le grette ambizioni di una classe media arrancante e meschina ma anche di frustrare le ambizioni di una velleità artistica ridotta alla bulimica routine dello shopping compulsivo (nell'ordine: la manicure,lo shiatzu, le scarpe, le tende, l'antiquariato, il restauro ed il rilancio di un vecchio teatro destinato alla demolizione). Pur nel didascalismo inevitabile di un cinema dimostrativo in cui i personaggi finiscono per assolvere a semplici funzioni di ruolo (il finanziere cinico e paludato, la mantenuta apatica in preda al mecenatismo bulimico dell'ultim'ora, il rampollo viziato e privo di spina dorsale, il borghesuccio arrivista e sprovveduto,la ragazza consapevole e fricchettona, l'intellettuale progressista e navigato), Virzì ricompatta la deriva morale e materiale di un'Italia allo sbando e facile al compromesso, attorno ai vizi capitali (al vizio del capitale) che sembrano affliggerla e dove persino il concetto di unità familiare sembra frammentarsi e scindersi nei modelli succedanei di una fragile e occasionale convivenza/convenienza. Le premesse insomma ci sono tutte e sebbene la struttura del racconto ed il registro di feroce ironia sembrano reggere il gioco per gran parte del film, il finale pare precipitare nell'inconprensibile sintesi della semplice didascalia che precede i titoli di coda, oscillando tra il buonismo sentimentale di una tragedia solo sfiorata e l'amara constatazione della sconfitta sociale di una tragedia purtroppo realizzata. Attori tutti in parte con gli alti di una sempre credibile Valeria Bruni Tedeschi e i bassi dell'istrionismo un pò gigione di Fabrizio Bentivoglio. Valanga di candidature ai Natri d'Argento 2014.
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sissio78
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mercoledì 30 luglio 2014
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soprendente
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Paolo Virzì soprende in questo film. Dimenticatevi lo stile a cui ci ha abituato che in questo film ha totalmente cambiato. All'inizio può sembrare un classico film italiano di oggi che parla di crisi familiare e di crisi economica che il nostro paese sta vivendo ma improvvisamente si trasforma in un thriller con un incedere alla tarantino di pulp fiction e jackie brown, cioè con un film non lineare ma a puzzle che la mente dello spettatore deve mettere in ordine cronologico e con vari colpi di scena che portano alla soluzione del giallo. Un film assolutamente non didascalico e che prende dall'inizio alla fine senza annoiare mai complimenti a Virzì.
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angelo umana
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martedì 4 novembre 2014
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emulare gli abbienti
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Dato che questo film è nel gruppo dei candidati all’Oscar 2015 come miglior film straniero, il mondo potrebbe dire dell’Italia e degli italiani che siamo molto malmessi, coi valori negativi attribuibili alle nostre vite (quelli della nostra economia ne sono conseguenza). Sarebbe un altro film che mette in luce i nostri peggiori difetti, come l’Oscar di quest’anno, “La grande bellezza”: ma il libro da cui il film prende le mosse è totalmente americano, Human Capital di Stephen Amidon, ambientato nel Connecticut del 2001 (i tracolli di borsa del 2000 devono aver dato maggiore risalto a quei valori umani negativi).
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Dato che questo film è nel gruppo dei candidati all’Oscar 2015 come miglior film straniero, il mondo potrebbe dire dell’Italia e degli italiani che siamo molto malmessi, coi valori negativi attribuibili alle nostre vite (quelli della nostra economia ne sono conseguenza). Sarebbe un altro film che mette in luce i nostri peggiori difetti, come l’Oscar di quest’anno, “La grande bellezza”: ma il libro da cui il film prende le mosse è totalmente americano, Human Capital di Stephen Amidon, ambientato nel Connecticut del 2001 (i tracolli di borsa del 2000 devono aver dato maggiore risalto a quei valori umani negativi). In una recensione al suo libro è scritto che “ognuno è consapevole del suo valore e ciò che abbiamo è la sola misura del nostri successi o dei nostri fallimenti”. Il “capitale umano” è quello che gli assicuratori attribuiscono come risarcimento alla vita di un uomo ucciso da un incidente, calcolato sui suoi futuri possibili guadagni, in pratica il valore monetario di una vita umana … In coda al film delle scritte ci dicono che la famiglia di un cameriere, morto in un incidente stradale mentre tornava a casa di sera in bicicletta, ha ricevuto 218000 € come risarcimento: attorno a questo incidente si snodano i fatti del film, con interessanti ed esplicativi piani temporali sfalsati, o flash-back.
Il regista Paolo Virzì traspone la vicenda in una verosimile Brianza. Il personaggio “principe” è un tal Dino Ossola, interpretato in modo più che “verosimile” da Fabrizio Bentivoglio, agente immobiliare abbastanza anonimo o forse in calo di affari, che viene a contatto della coppia Bernaschi, Valeria Bruni Tedeschi e Fabrizio Gifuni, residenti in una villa in cima alla collina da cui sembrano dominare il paese sottostante, con campo da tennis piscina e prati per il golf. La prima è Carla, una donna irrealizzata che finge esteriormente una vita piena, molto vuota in realtà, tra negozi “griffati” e accompagnata dal suo autista su una fiammante Maserati. Avrebbe potuto o voluto dedicarsi all’arte, qualcosa che interruppe e in cui vede maggior senso. Il secondo è un altrettanto credibile finanziere, di quei self-made man aggressivi e spregiudicati che credettero di saper diventare ancora più ricchi con mercati borsistici volubili, ha messo su qualcosa di simile a un fondo d’investimento, con personaggi abbienti come lui (le banche e le sim li chiamerebbero clientela “affluent”…). Richiama molto alla mente però quell’imbroglione di Bernie Madoff oppure, visto che siamo in Italia, imbroglioni più alla buona come Tonna e Tanzi della Parmalat. A un preoccupato summit di finanza in villa le macchine dei convenuti sono strettamente blu, tutte lucenti e di marca, il corteo si addirebbe anche a un funerale (quello delle auto simili del film “Anime Nere” visto qualche giorno prima, ad esempio, e tra criminali e certi finanzieri la distanza non è poi molta).
Ci sono molti più personaggi naturalmente ma paiono far parte di un altro film o di un’altra storia, il tema principale è appesantito (o annacquato), si perde in vari rivoli e l’ora e cinquanta di durata deriva da un dilatamento inopportuno. Serena Ossola è la figlia di Dino, la bellissima Matilde Gioli, inizialmente fidanzata col rampollo dei Bernaschi, così le famiglie si sono conosciute. Valeria Golino è Roberta, compagna dell’Ossola, in un ruolo in fondo poco significativo. Luigi Lo Cascio è nella parte di un direttore artistico di un teatro dalla riapertura ormai improbabile, con lui Carla amoreggia convinta. Un cast fin troppo ricco.
Il tema principale, o più affascinante, a me pare quello “raccontato” dal personaggio di Fabrizio Bentivoglio: l’emulazione dei ricchi da parte di gente normale. Il voler assomigliare a loro, “illuminarsi d’immenso” con la vicinanza di questi, entrare nella loro cerchia per mezzo di partite di tennis o perfino volendo aderire al fondo d’investimento creato da Giovanni Bernaschi. Sembrerebbe attratto, l’Ossola-Bentivoglio, dal 40% prospettatogli come possibile rendimento di un anno, e perciò contrae un mutuo di 700.000 sulla sua casa che potrebbe valerne 900.000€ (potrebbero, sia il valore della casa e sia il rendimento, ma dopo sappiamo com’è andata): in realtà è attratto dall’entrare nel presunto “gotha” dei ricchi, il minimo sarebbe stato di 500 mila € (era in effetti questa la soglia più bassa con cui entrare in qualche “hedge-fund” italiano). Ma non si può far la figura dei meschini col nuovo importante amico e sempre i risparmiatori, nella realtà, hanno ritenuto di partecipare a un fondo per emulare i molto ricchi. Qualche dubbio a firmare l’adesione al fondo gli viene ma firma, e firmando attesta che quella quota di partecipazione è inferiore al 20% dei suoi investimenti (le legalissime clausole dei prospetti informativi!). Non ha nessun investimento in realtà e la casa è pure intestata a Serena, ma gli sembra di elevarsi ad una nuova classe sociale,a cui appartengono gli apparenti nobili: non sa “di che lacrime grondino e di che sangue”, e di quali vergogne. Salverà il suo denaro e pretenderà il 40% d’interesse con un ricatto, ma anche un bacio in bocca dalla povera Carla, forse anche questo un modo di avvicinarsi alla gente “alta”.
Interessante è pure il tema suggerito dalle frasi che scorrono sul trailer del film: Vi vogliamo bene, vi vogliamo vincenti, vi vogliamo felici, abbiamo fatto tutto questo per il vostro bene, siamo i genitori migliori del mondo, per voi ci siamo giocati tutto … anche il vostro futuro. La rapacità di molti a volte è spiegata col bene dei figli, i nostri politici ne sanno qualcosa.
Il teatro Politeama non riaprirà, più conveniente per il gruppo di Bernaschi è realizzarne degli appartamenti, d’altra parte “con la cultura non si mangia”, lo disse un nostro celebrato ministro dell’Economia. E Carla al marito, la frase chiave del film:Avete scommesso sulla rovina di questo Paese e avete vinto. Un pronostico per l’Oscar? Pollice verso.
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mari68volley
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giovedì 16 gennaio 2014
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grande spettacolo
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Finalmente un film nuovo. Ottima interpretazione, regia superba. Niente di scontato sino alla fine.
Grazie per averci ricordato quanto siamo ipocriti in questa società.....
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