Titolo originale | The Death of Stalin |
Anno | 2017 |
Genere | Commedia, |
Produzione | Gran Bretagna, Francia |
Durata | 106 minuti |
Regia di | Armando Iannucci |
Attori | Olga Kurylenko, Andrea Riseborough, Rupert Friend, Steve Buscemi, Jason Isaacs Jeffrey Tambor, Jonathan Aris, Paddy Considine, Simon Russell Beale, Michael Palin. |
Uscita | giovedì 4 gennaio 2018 |
Tag | Da vedere 2017 |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,13 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 15 gennaio 2018
Nel 1953, durante gli ultimi giorni del dittatore sovietico, regna il caos politico e sociale. Il film ha ottenuto 2 candidature a BAFTA, 2 candidature e vinto un premio ai European Film Awards, 1 candidatura a Critics Choice Award, In Italia al Box Office Morto Stalin, se ne fa un altro ha incassato 440 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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La sera del 28 febbraio del 1953, Radio Mosca diffonde in diretta il "Concerto per pianoforte e orchestra n.23" di Mozart. Toccato dall'esecuzione che ascolta nella sua dacia di Kountsevo, Joseph Stalin domanda una registrazione. Ma nessuna registrazione era prevista per quella sera. Paralizzati dalla paura, direttore e orchestra decidono di ripetere il concerto. Tutti tranne Maria Yudina, la pianista che ha perso famiglia e amici per mano del tiranno. Convinta a suon di rubli, cede, suona e accompagna il disco con un biglietto insurrezionale. L'orchestra si vede già condannata al gulag. Ma l'indomani Stalin è moribondo. Colpito da ictus, muore il 2 marzo scatenando un conflitto feroce per la successione tra i membri del Comitato Centrale del PCUS.
La morte, annunciata tre giorni dopo, sgomenta il Paese che si riversa in piazza 'agevolando' tradimenti, abili manovre e un colpo di stato, concluso con la morte di Beria e aperto all'avvento di Krusciov (e alla cospirazione di Brežnev).
Alla teoria (romanzesca) dell'avvelenamento o all'ipotesi ricorrente e inaccertabile dell'assassinio di Stalin per mano di Beria, Fabien Nury preferisce quella di una logica paranoia. Indecisi tra la paura (di essere purgati) e la speranza (di succedergli), i suoi compagni lo lasciarono crepare. Centrato sull'agonia del tiranno e basato sulla graphic novel di Fabien Nury (sceneggiatura) e Thierry Robin (disegno), Morto Stalin, se ne fa un altro evoca in filigrana la destalinizzazione e si consacra alla feroce guerra di successione aperta con la dipartita di Joseph Stalin. Scritto e diretto da Armando Iannucci, rodato specialista della satira politica (The Thick of It, Veep, In The Loop), Morto Stalin, se ne fa un altro è fedele al precetto hitchcockiano che associa la riuscita di un film alla qualità del cattivo.
E in questa farsa crepuscolare, vero-falso racconto storico, di cattivi ce ne sono tanti e tutti di grande fattura. Niente eroi, soltanto una gerarchia violenta e dannata, guidata da una sete di potere annegata nella vodka. In quell'areopago di farabutti che è il Politburo, Beria è il peggiore di tutti. Interpretato con disinvolta dissolutezza da Simon Russell Beale, alterna alla contrizione ufficiale la soddisfazione intima. Bramoso di potere, ruba i dossier segreti di Stalin per ricattare i suoi compagni-avversari. Il sorriso sardonico, dietro le lenti opache, fa il paio col sadismo ostentato (Beria fu predatore sessuale seriale), producendo un personaggio decisamente mostruoso.
Al suo fianco, gli altri dignitari appaiono frignoni smidollati col busto correttivo (Malenkov), carrieristi modesti (Krusciov), pusillanimi rassegnati (Molotov). Ma le cose non stavano proprio così, i principi rossi, nessuno escluso, avevano sacrificato compagni e prossimi alla causa rivoluzionaria. Krusciov massacrò compiaciuto l'Ucraina, Malenkov fu complice delle grandi purghe per epurare il partito comunista da presunti cospiratori, Molotov firmò il patto germano-sovietico con il barone von Ribbentrop. Quello che si giocò allora dopo il 5 marzo del 1953 è una lotta senza esclusione di colpi (bassi) per il potere vibrati da assassini senza scrupoli in assenza di qualsivoglia ideologia. Da Steve Buscemi a Michael Palin, passando per Jeffrey Tambor e il vanitoso generalissimo di Jason Isaacs, tutto funziona, rilasciando una buona dose di humour nero. Nondimeno i fatti, comici o surreali, per la più parte veri, donano alla storia la verosimiglianza e al film una certa gravità.
Il terrore che si legge sul volto dei colpevoli (o no), la scena del concerto al debutto ne è il perfetto esempio, traduce la misura del rischio in cui si incorreva: la tortura, la morte, la deportazione. Navigando tra scelte finzionali ed eventi reali, Iannucci disputa il grottesco al tragico e l'assurdo diventa implacabile. Come quei milioni di devoti mobilitati per assistere alle esequie di Stalin, poi interrotti nel loro pellegrinaggio e poi rimessi in marcia per 'partecipare' dello spettacolo osceno, stupido e sciagurato di staliniani forsennati uccisi per strada da altri staliniani forsennati. Commedia nera che lavora nella zona grigia, i giorni che separano l'attacco cerebrale di Stalin dall'annuncio ufficiale della sua morte, Morto Stalin, se ne fa un altro rende tangibile l'irragionevolezza del regime, incarnando i personaggi oggi aggiustati con discernimento dentro i libri di storia. Ma Iannucci mette in schermo fantocci e bastardi che imponevano sofferenza a tutti senza eccezione. Tra plausibile realismo e giubilante dileggio, dipinge un tableau in cui regna il terrore, la paranoia, il ricatto, la delazione, la strategia, l'inganno, la perversità di un'élite bolscevica fanatica e caricaturale. A guardarli da più vicino questi comunisti che pretendevano di lavorare per la felicità dell'umanità erano incredibilmente infelici. Ipocondriaci miserabili e imprevidenti che deportarono nei gulag (anche) i medici che avrebbero potuto salvarli.
MORTO STALIN, SE NE FA UN ALTRO disponibile in DVD o BluRay |
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"Morto Stalin, se ne fa un altro" è la nuova sapida e tagliente commedia drammatica del comico scozzese Armando Iannucci,alla sua seconda regia dopo "In the loop" del 2009. Il lungometraggio, tratto dal romanzo "La morte di Stalin" di Nury e Robin, ripercorre gli eventi che seguirono alla morte di Stalin, nel 1953.
"THe Death oft Stalin"(Armando Jannucci, sceneggiatura sua e di David Schenider con Ian Martin e Peter Fellows dalla cartoon-novel di Fabien Nury e Thierry Robin, 2017). Il film racconta a suo modo la lotta di potere e le faide interne al CC del PCUS quando Stalin , dopo due giorni di agonia, muore, a fine febbraio 1953, dopo un'emorragia cerebrale.
Un film dalla comicità surreale che si avvale di ottimi interpreti ed una regia discreta ma efficace. Un arco temporale breve ma intenso, le ultime ore di vita del dittatore e poi la lotta per la successione tra i membri del comitato centrale del partito, offrono lo spunto per raccontare l'impazzimento generale delle gerarchie burocratiche.
Si può ridere della morte di qualcuno ? Si ! Quando questo qualcuno è uno dei peggiori tiranni della storia mondiale ridere di lui e della sua cricca di profittatori è quasi un dovere civile e Armando Sannucci , regista e attore comico scozzese di origine italiana , merita un grande applauso per il delizioso film che ci ha presentato .
Questo film sembra veramente la dimostrazione del teorema per il quale “una risata vi sotterrerà”. Perché è quello che fa con una generazione di burocrati sovietici che hanno terrorizzato il mondo fino alla caduta del muro di Berlino. Racconta con i toni della commedia gli ultimi giorni di Stalin e le caotiche ore successive alla sua morte in cui i componenti [...] Vai alla recensione »
Certo, ma 64 anni dopo la sua dipartita. Non prima. Si favoleggia di un film intitolato, guarda caso: Sai cosa faceva Stalin alle donne? Il Gigante georgiano non c'entrava, solo la presa in giro di un giovanotto che pensava di somigliargli. Era il 1969, Breznev correggeva le deviazioni ideologiche con i carri armati, qualche compagno cominciava a sbagliare.
E' noto che Stalin amava i film americani e se li faceva proiettare nel suo cinema privato. Risulta anche dalle memorie della figlia Svetlana.
Ove si dimostra che il grottesco, se ben usato, può essere la chiave migliore per raccontare le pagine più fosche della storia moderna, intrecciando farsa e tragedia. E qui è usato ottimamente, da regista e interpreti. Si ride, si ricorda, e si riflette.
il racconto delle ultime ore del dittatore feroce della URSS viene rappresentato con toni macchiettistice ed un andamento quasi da marionette, questo nulla toglie all'orrore e alla violenza dei personaggi del comitato centrale che cercavano di togliersi di mezzo l'un l'altro con estrema ferocia. Mi sono chiesta perchè proprio adesso questo film? Dopo 70,80 anni? Mi sono anche chiesta [...] Vai alla recensione »
Esagerato quindi noioso, anche se la perfomanza degli attori è buona.
Visto il film poco interessante. Mi sono meravigliata della critica!
Più che un film sul comunismo ho trovato una vera americanata. Il film se fosse stato definito satira avrei acettata tutti gli errori cinematografici, ma poiché è definito storico biografico, ho trovato alquanto fastidioso: la scritta out of order nell'interno del Cremlino. Frasi con Dio, nel comunismo non si pronunciava il nome di Dio perché non [...] Vai alla recensione »
Solito tran tran, nella Mosca del 1953. Stalin cena e scherza con i suoi più stretti collaboratori, l'onnipotente Berija continua a imprigionare e a mandare a morte gli oppositori veri e (molto più spesso) presunti, il popolo vive nella morsa del terrore, continuando però ad adorare il dio in terra che siede al Cremlino. Ma anche gli dei, alla fine, cadono dal piedistallo.
Raccontare la morte di Stalin in chiave grottesca? È il tentativo, riuscito, di questo curioso film che ripercorre, in tono ironico e verosimile, quello che accadde nelle 48 ore che seguirono la scomparsa del dittatore. In particolare, il ritrovamento del corpo da parte del comitato centrale del partito comunista e, soprattutto, l'immediata lotta per la successione.
È la sera del 28 febbraio 1953. Mentre nella sua dacia Stalin gozzoviglia con i suoi più stretti complici che fanno a gara di servilismo nell'assecondare il rozzo umorismo del capo, negli studi della radio si vive un brutto quarto d'ora perché una perentoria telefonata dai piani altissimi ha ordinato la registrazione del concerto che si è appena concluso in diretta ma non è stato registrato.
Svegliato nel cuore della notte, si veste alla meglio e, con il pigiama a righe sotto i pantaloni, accorre al capezzale del leader morente. Nel balletto grottesco che si scatena intorno al corpo di losif Stalin, il Segretario Generale dell'Unione Sovietica colpito dal malore che lo porterà alla morte, Nikita Kruscev (Steve Buscemi) appare subito come il più umano e il più pragmatico fra i suoi colleghi [...] Vai alla recensione »
Dopo bevute col Politburo e la firma di nuove liste per arresti, torture e assassini, rimasto solo Stalin cade per ictus, vittima di se stesso: le guardie alle porte, terrorizzate, non osano violare l'ordine di privacy fino al mattino. Il vice Malenkov e Molotov, Krusciov, Beria, decidono che devono affrontare l'urina del moribondo, deporlo a letto e chiamare i migliori medici, ma devono ammettere [...] Vai alla recensione »