elgatoloco
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lunedì 20 settembre 2021
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commedia nera, con scarso approfondimento storico
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"THe Death oft Stalin"(Armando Jannucci, sceneggiatura sua e di David Schenider con Ian Martin e Peter Fellows dalla cartoon-novel di Fabien Nury e Thierry Robin, 2017). Il film racconta a suo modo la lotta di potere e le faide interne al CC del PCUS quando Stalin , dopo due giorni di agonia, muore, a fine febbraio 1953, dopo un'emorragia cerebrale. IL tutto ponendo attenzione all'inizio, nel quale si mostrano le purghe staliniane, anche in campo astistico, evidenziando l'avanzata di Nikita Khruscev, successore dopo un breve"interregno"con la troika. Si mette in evidenza la fucilazione di Berija, ministro degli interni, cui si attribuiscono le colpe relative ad esecuzioni e morti di dissidenti politici, l'avanzata continua di Khruscev, la presa di potere dello stesso, fino(ma il film non si spinge fin là)alla relazione"contro Stalin"di Khruscev al 20°Congresso del PCUS: Francamente, anche se la soluzione filmica è di indubbia originalità, con pochissime sequenze all0esterno, solo quelle relative al funerale di Stalin, ovviamente e a poche altre, la riduzione a un"Kammerspiel", commedia grottesca, del futuro dell'URSS dopo la morte di Stalin risulta assolutamente ingenerosa , deprivando la lotta interna al PCUS(partito comunista dell'URSS)a una questione da burla, da operetta"nera", quando invece sappiamo che molte questioni erano di somma importanza sul piano dialettico, su quello politico ed etico, mentre la tendenza del film di Jannucci, regista scozzese di origini italiane, è alla semplificazione francamente eccessiva, appunto.
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"THe Death oft Stalin"(Armando Jannucci, sceneggiatura sua e di David Schenider con Ian Martin e Peter Fellows dalla cartoon-novel di Fabien Nury e Thierry Robin, 2017). Il film racconta a suo modo la lotta di potere e le faide interne al CC del PCUS quando Stalin , dopo due giorni di agonia, muore, a fine febbraio 1953, dopo un'emorragia cerebrale. IL tutto ponendo attenzione all'inizio, nel quale si mostrano le purghe staliniane, anche in campo astistico, evidenziando l'avanzata di Nikita Khruscev, successore dopo un breve"interregno"con la troika. Si mette in evidenza la fucilazione di Berija, ministro degli interni, cui si attribuiscono le colpe relative ad esecuzioni e morti di dissidenti politici, l'avanzata continua di Khruscev, la presa di potere dello stesso, fino(ma il film non si spinge fin là)alla relazione"contro Stalin"di Khruscev al 20°Congresso del PCUS: Francamente, anche se la soluzione filmica è di indubbia originalità, con pochissime sequenze all0esterno, solo quelle relative al funerale di Stalin, ovviamente e a poche altre, la riduzione a un"Kammerspiel", commedia grottesca, del futuro dell'URSS dopo la morte di Stalin risulta assolutamente ingenerosa , deprivando la lotta interna al PCUS(partito comunista dell'URSS)a una questione da burla, da operetta"nera", quando invece sappiamo che molte questioni erano di somma importanza sul piano dialettico, su quello politico ed etico, mentre la tendenza del film di Jannucci, regista scozzese di origini italiane, è alla semplificazione francamente eccessiva, appunto. Certo, lo scontro di potere aveva assunto anche toni esasperiamente kitsch, con una forte tendenza all'assurdo, con una reductio volontaria delle questioni importanti a una mera lotta di potere personalistica, dove Khruscev non voleva apparire meno importante di Molotov o di Berja, di Malenkov, che sarebbe dovuto subentrare, teoricamente, a Satlin, in quando vicesegretaro del PCUS, ma le cose, naturalmente, non sono mai state così semplici... Certo, didascalie di testa e di coda rendono la concezione storica specifica del film, invero molto"riduzionlistica", che accenna al siluramento di Khruscev ad opera di Breznev(ma siamo giù nel 1969, ossia più di tre lustri dopo la lotta di potere seguita alla dipartira del"piccolo padre", ma un minimo di apporofnondimento sarebbe certo stato opportuno. Tra gli/le interpreti, emergono Steve Buscemi(Khruscev), Olga Kyrilenko(Maria Judina, una pianista ch e ha visto il padre morire in Siberia...), Simon RUssell Beal, il"tonitruante"Berija, Jeffrey Tamobr(Malenkov)e Andrea Risenborough, Svetalana Stalin. El Gato
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mattiabertaina
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domenica 3 dicembre 2017
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una morte sospesa tra commedia nera e storia
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"Morto Stalin, se ne fa un altro" è la nuova sapida e tagliente commedia drammatica del comico scozzese Armando Iannucci,alla sua seconda regia dopo "In the loop" del 2009. Il lungometraggio, tratto dal romanzo "La morte di Stalin" di Nury e Robin, ripercorre gli eventi che seguirono alla morte di Stalin, nel 1953. Il dittatore morì il 2 marzo stroncato da un'emorragia celebrale ma la notizia venne data al mondo soltanto quarantotto ore dopo; due giorni in cui gli uomini più vicini al capo del Cremlino si scontrarono per salire sullo scranno più alto dell'Unione Sovietica; tra questi Zhukov, Khrushchev, Berja e Malenkov.
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"Morto Stalin, se ne fa un altro" è la nuova sapida e tagliente commedia drammatica del comico scozzese Armando Iannucci,alla sua seconda regia dopo "In the loop" del 2009. Il lungometraggio, tratto dal romanzo "La morte di Stalin" di Nury e Robin, ripercorre gli eventi che seguirono alla morte di Stalin, nel 1953. Il dittatore morì il 2 marzo stroncato da un'emorragia celebrale ma la notizia venne data al mondo soltanto quarantotto ore dopo; due giorni in cui gli uomini più vicini al capo del Cremlino si scontrarono per salire sullo scranno più alto dell'Unione Sovietica; tra questi Zhukov, Khrushchev, Berja e Malenkov. Un'opera che apre uno squarcio su una importante pagina della storia russa, tra purghe, procedimenti sommari, famigerate liste, incarcerazioni preventive, confessioni estorte con la violenza. La sceneggiatura ricalca idealmente il protocollo da seguire a fronte della morte del Capo di Stato, dall'organizzazione delle esequie alle tempistiche e le modalità per la successione al potere. Iannucci, conosciuto in Gran Bretagna per programmi radiofonici e televisivi di satira di grande successo, si presenta con un soggetto di non facile trasposizione, soprattutto se il registro scelto si muove tra il grottesco ed il dramma, tra la commedia e lo storico. Per farlo si serve di un parterre di grandi attori, da Steve Buscemi nei panni di Nikita Khrushchev a Olga Kurilenko, fatale Maria Yudina, da Paddy Considine nella parte di Comrade Andreyev a Andrea Riseborough che dà il volto alla figlia di Stalin, Svetlana. Il ritmo è incalzante, i dialoghi briosi, gli interpreti in stato di grazia; una storia che mette alla berlina il concetto stesso di dittatura puntando il dito sull'assurdità del male e l'assordante non-sense di un consenso popolare, quello di Stalin, che era largo e diffuso anche presso i ceti più disagiati. Una modalità di racconto che dà una boccata d'ossigeno alla cinematografia contemporanea, premio Fipresci al Torino Film Festival 2017 ed in sala in Italia da gennaio.
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alex2044
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lunedì 1 gennaio 2018
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si può ridere della morte di qualcuno ?
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Si può ridere della morte di qualcuno ? Si ! Quando questo qualcuno è uno dei peggiori tiranni della storia mondiale ridere di lui e della sua cricca di profittatori è quasi un dovere civile e Armando Sannucci , regista e attore comico scozzese di origine italiana , merita un grande applauso per il delizioso film che ci ha presentato . Onestamente nella prima parte del film , malgrado le risate plurime di molti spettatori in sala , mi sentivo un po' trattenuto quasi impossibilitato a esprimere la mia contententezza condizionato dal ricordo del periodo tristissimo in cui il film si svolge . Poi , all'ennesima gag fenomenale , l'argine ha ceduto con la prima risata liberatoria .
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Si può ridere della morte di qualcuno ? Si ! Quando questo qualcuno è uno dei peggiori tiranni della storia mondiale ridere di lui e della sua cricca di profittatori è quasi un dovere civile e Armando Sannucci , regista e attore comico scozzese di origine italiana , merita un grande applauso per il delizioso film che ci ha presentato . Onestamente nella prima parte del film , malgrado le risate plurime di molti spettatori in sala , mi sentivo un po' trattenuto quasi impossibilitato a esprimere la mia contententezza condizionato dal ricordo del periodo tristissimo in cui il film si svolge . Poi , all'ennesima gag fenomenale , l'argine ha ceduto con la prima risata liberatoria . E da quel momento in poi , lo ammetto , ho continuato a ridere fino alla fine , perfino durante i titoli di coda . Naturalmente il film non è solo risate e gag ma è un'opera compiuta che lascia trapelare una tesi di fondo , secondo la quale , Stalin non morì subito nè fu ucciso ma probabilmente fu lasciato morire, tirando alla lunga la sua agonia , dai suoi , ormai , ex complici che vedevano la sua morte come una liberazione e si preparavano , un contro l'altro armati , a succedergli .La regia è matura e precisa anche nei dettagli e gli attori sono uno più bravo dell'altro . La ricostruzione d'epoca è più che corretta e tecnicamente non c'è una sbavatura . Per concludere , Armando Sannucci ha imparato benissimo , la lezione del grande Charlot con il suo Hitler che gioca con un mappamondo come fosse un pallone ed il suo è un nome da segnarsi a mente .
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[+] un film penoso
(di samanta)
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fabio
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mercoledì 27 giugno 2018
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piacevole sorpresa
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Un film dalla comicità surreale che si avvale di ottimi interpreti ed una regia discreta ma efficace.
Un arco temporale breve ma intenso, le ultime ore di vita del dittatore e poi la lotta per la successione tra i membri del comitato centrale del partito, offrono lo spunto per raccontare l'impazzimento generale delle gerarchie burocratiche. La satira è tagliente ma non banale; si ride ma a mezza bocca pensando alle atrocità e a tutta la sofferenza causate dalla dittatura. Gli uomini e le donne sono talmente intrisi di paura e sospetto che sembrano pupazzi senza cervello che sbattono gli uni contro gli altri ed alla fine non si salva nessuno dal giudizio impietoso della storia.
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Un film dalla comicità surreale che si avvale di ottimi interpreti ed una regia discreta ma efficace.
Un arco temporale breve ma intenso, le ultime ore di vita del dittatore e poi la lotta per la successione tra i membri del comitato centrale del partito, offrono lo spunto per raccontare l'impazzimento generale delle gerarchie burocratiche. La satira è tagliente ma non banale; si ride ma a mezza bocca pensando alle atrocità e a tutta la sofferenza causate dalla dittatura. Gli uomini e le donne sono talmente intrisi di paura e sospetto che sembrano pupazzi senza cervello che sbattono gli uni contro gli altri ed alla fine non si salva nessuno dal giudizio impietoso della storia.
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michelecamero
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sabato 6 gennaio 2018
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tragicommedia da vedere
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Questo film sembra veramente la dimostrazione del teorema per il quale “una risata vi sotterrerà”. Perché è quello che fa con una generazione di burocrati sovietici che hanno terrorizzato il mondo fino alla caduta del muro di Berlino. Racconta con i toni della commedia gli ultimi giorni di Stalin e le caotiche ore successive alla sua morte in cui i componenti del comitato centrale (ci sono tutti dal famigerato Beria fino al furbo Krusciov) si sono dati battaglia per la successione. Lo fa con riuscito sarcasmo nell’intento di banalizzarli rendendoli umani nel loro ridicolo, raccogliendo intorno al letto di morte del tragico dittatore sovietico, trascorso oltre mezzo secolo dagli avvenimenti narrati, i sorrisi degli uomini di oggi.
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Questo film sembra veramente la dimostrazione del teorema per il quale “una risata vi sotterrerà”. Perché è quello che fa con una generazione di burocrati sovietici che hanno terrorizzato il mondo fino alla caduta del muro di Berlino. Racconta con i toni della commedia gli ultimi giorni di Stalin e le caotiche ore successive alla sua morte in cui i componenti del comitato centrale (ci sono tutti dal famigerato Beria fino al furbo Krusciov) si sono dati battaglia per la successione. Lo fa con riuscito sarcasmo nell’intento di banalizzarli rendendoli umani nel loro ridicolo, raccogliendo intorno al letto di morte del tragico dittatore sovietico, trascorso oltre mezzo secolo dagli avvenimenti narrati, i sorrisi degli uomini di oggi. La storia più o meno è quella anche se non ci ha ancora svelato del tutto i misteri di quella morte e di quello che è realmente accaduto nelle ore precedenti e successive. Però tratta veramente con ironia e sarcasmo quei tempi e quei momenti, invitando lo spettatore a riflettere con leggerezza, sulle malefatte seriali di quei personaggi macabri, forse addirittura mediocri e privi di autentico talento che però seppero tenere soggiogato nel terrore e col terrore un popolo e minacciare il resto del mondo. Significativa la trovata per la quale al momento di tentare di salvare Stalin colpito probabilmente da un ictus non erano rinvenibili i migliori medici perché tutti internati in Siberia. Esilarante per rendere l’idea del clima che dominava l’URSS negli anni ’50, la trovata del concerto di musica classica trasmesso dalla radio ma non registrato del quale però il segretario generale del partito chiede la registrazione. Il timore di tutti, funzionari e musicisti, di terminare anzi tempo la loro esistenza se non riesce loro di esaudire in qualche modo quella richiesta è tale che il concerto viene subito ripetuto per poterlo registrare e consegnare al dittatore copia della registrazione. Tutti tranne uno: la pianista la cui famiglia è stata distrutta dal regime che odia Stalin e si rifiuta alla ripetizione. Viene convinta però con una bella somma di rubli: metafora di quello che sarebbe successo dopo alla caduta del regime ad un popolo reso libero anche nella capacità e nella volontà di vendere l’anima al diavolo pur di accedere alle sirene del benessere occidentale.
michelecamero
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maramaldo
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venerdì 12 gennaio 2018
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si può ridere di baffone & co.
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Certo, ma 64 anni dopo la sua dipartita. Non prima. Si favoleggia di un film intitolato, guarda caso: Sai cosa faceva Stalin alle donne? Il Gigante georgiano non c'entrava, solo la presa in giro di un giovanotto che pensava di somigliargli. Era il 1969, Breznev correggeva le deviazioni ideologiche con i carri armati, qualche compagno cominciava a sbagliare. Il film sparì dopo giorni, al regista fu stroncata la carriera.
Non corre questo rischio il nostro Autore, anche se - non so se da burlone - ha detto di temere che qualcuno oggi in Europa potrebbe spedirlo in un lager e che comunque manderà una controfigura in Russia dove non hanno gradito lo sberleffo alle loro glorie.
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Certo, ma 64 anni dopo la sua dipartita. Non prima. Si favoleggia di un film intitolato, guarda caso: Sai cosa faceva Stalin alle donne? Il Gigante georgiano non c'entrava, solo la presa in giro di un giovanotto che pensava di somigliargli. Era il 1969, Breznev correggeva le deviazioni ideologiche con i carri armati, qualche compagno cominciava a sbagliare. Il film sparì dopo giorni, al regista fu stroncata la carriera.
Non corre questo rischio il nostro Autore, anche se - non so se da burlone - ha detto di temere che qualcuno oggi in Europa potrebbe spedirlo in un lager e che comunque manderà una controfigura in Russia dove non hanno gradito lo sberleffo alle loro glorie. Armando Jannucci, napoletano oriundo ma scozzese, di nascita e di umori aspri e acidi, non proprio da doppio malto.The Death of Stalin non è da far ridere. L'equivoco è di quei giovani la cui ermeneutica si è formata sulle esilaranti imitazioni della satira addomesticata e corretta che si fa in TV. Questo lavoro, invece, è il frutto di un'istanza magari anacronistica, di una rivolta della coscienza, non solo dell'Autore ma di quanti lo coadiuvarono nell'ispirazione, nella ricerca e nella ricostruzione. L'aver reso il tutto spassoso, godibile - e meritevole di platee più vaste qui da noi - è frutto di abilità e mestiere al di sopra della norma. L'aver inframezzato le amenità del racconto con atmosfere angoscianti e ripugnanti azioni criminose vuole rammentare che si tratta della rievocazione di un incubo che afflisse più di una generazione. L'intento è denigratorio ma non delle ombre di quei trapassati per i quali è già tanto aver montato questa pagliacciata ma di quanti furono loro asserviti o comunque ideologicamente vicini. In qual misura gli spunti da cui nascono caricature e gag siano autentici o verosimili non ha importanza, vale che quei personaggi tu li scopri o li riscopri ancora vivi pur nelle nebbie di una storia che hai voluto bellamente dimenticare se mai ne hai avuto sentore. Nonostante l'accuratezza iconica le figure sono idealizzate. Zukov, senz'altro più gradevole dell'originale. Malenkov, una sorpresa, poco al potere, ancor meno nell'immaginario; qui, infido e ambiguo, ha valenze simboliche. Steve Buscemi fa un suo Kruscev che non trova riscontro nella memoria di quel sanguigno zotico buontempone che si fece ascoltare all'Onu battendo una scarpa. Simon Russell Beale, attore di teatro, invade la scena ma rende fluida la dialettica che interagisce tra i vari protagonisti; solo che la sua ubiqua e viscida cattiveria, più che all'algido e ieratico Beria, lo assomiglia al Pinguino di Batman.
Lo Stalin è perfetto. Non è oggetto di scherno, a parte la lieve contumelia della pianista che lo trova "piccolino". C'è da chiedersi se uno che prima di morire volle riascoltare Mozart fosse tanto malvagio quanto chi si beava di Wagner. Sapeva di musica il Piccolo Padre, imparata in seminario. E aveva orecchio, fece il campanaro, a Venezia.
Vedete, oggi chiunque può scherzare su tipi che travolsero popoli e intimidirono i potenti della terra. C'è da sperare che tra un mezzo secolo si possa fare impunemente lo stesso con altrettanto temibili personaggi.
Nel frattempo, non perdetevi " l'ultimo stalin".
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