darkovic
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lunedì 21 marzo 2016
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bello
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Bel film , e' sempre un piacere accorgersi che il cinema italiano non e' solo polpettoni pseudosociali con sottofondo di sinistra,naturalmente finanziati coi nostri soldini.
Ma qua c'e' una buona storia ,egregiamente diretta con buoni colpi di scena e una discreta vena di giallo.
Ottimi poi tutti gli interpreti, a partire da una superlativa interpretazione del Fabrizio Giffuni (bravo,bravo) ,per me una sorpresa,passando per gli esperti ,Bentivoglio,Lo Cascio,Gigio Alberti e Bebo Storti ,per me non una sorpresa,sino alle brave Golino ,purtroppo piccola ma intensa la sua parte ,e una Bruni Tedeschi brava , un po sempre monocorde.
Anche i giovani Giovanni Anzaldo,Guglielmo Pinelli e un ottima Matilde Gioli completano un cast di tutto rispetto.
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Bel film , e' sempre un piacere accorgersi che il cinema italiano non e' solo polpettoni pseudosociali con sottofondo di sinistra,naturalmente finanziati coi nostri soldini.
Ma qua c'e' una buona storia ,egregiamente diretta con buoni colpi di scena e una discreta vena di giallo.
Ottimi poi tutti gli interpreti, a partire da una superlativa interpretazione del Fabrizio Giffuni (bravo,bravo) ,per me una sorpresa,passando per gli esperti ,Bentivoglio,Lo Cascio,Gigio Alberti e Bebo Storti ,per me non una sorpresa,sino alle brave Golino ,purtroppo piccola ma intensa la sua parte ,e una Bruni Tedeschi brava , un po sempre monocorde.
Anche i giovani Giovanni Anzaldo,Guglielmo Pinelli e un ottima Matilde Gioli completano un cast di tutto rispetto.
Che dire ,avanti cosi, e' un piacere ed un onore vedere del cinema nostrano , cosi'di qualita'.
La sceneggiatura ,ben scritta ,mi ha lasciato solo il dubbio di un incongruenza,ma sara stata una mia svista,non ho capito perche'il giovane rampollo pulisca le impronte dalla macchina ,non potendo sapere chi sia stato a giudare la macchina che ha causato l'incidente mortale.buona anche la fotografia
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great steven
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venerdì 2 dicembre 2016
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tuffo nel malcostume pericoloso per l'animo umano.
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IL CAPITALE UMANO (IT, 2014) diretto da PAOLO VIRZì. Interpretato da FABRIZIO BENTIVOGLIO, VALERIA BRUNI TEDESCHI, FABRIZIO GIFUNI, VALERIA GOLINO, LUIGI LO CASCIO, MATILDE GIOLI, BEBO STORTI, GIGIO ALBERTI
Filo conduttore della vicenda è la tragica agonia del cameriere di un catering: pedalando in una notte d’inverno, vicino alle feste natalizie, l’uomo viene travolto da un fuoristrada mentre percorre una strada suburbana e non viene soccorso dopo che cade, ferito e tumefatto, in un campo innevato.
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IL CAPITALE UMANO (IT, 2014) diretto da PAOLO VIRZì. Interpretato da FABRIZIO BENTIVOGLIO, VALERIA BRUNI TEDESCHI, FABRIZIO GIFUNI, VALERIA GOLINO, LUIGI LO CASCIO, MATILDE GIOLI, BEBO STORTI, GIGIO ALBERTI
Filo conduttore della vicenda è la tragica agonia del cameriere di un catering: pedalando in una notte d’inverno, vicino alle feste natalizie, l’uomo viene travolto da un fuoristrada mentre percorre una strada suburbana e non viene soccorso dopo che cade, ferito e tumefatto, in un campo innevato. L’episodio sale alla ribalta delle cronache e la polizia, cominciando ad indagare, scopre che il misterioso incidente coinvolge i due giovani figli di altrettante famiglie: gli Orsola, famiglia piccolo-borghese composta da Dino, ambizioso e spregiudicato agente immobiliare e padre di Serena, e Roberta, la seconda moglie e madre adottiva della ragazza, psicologa in un ospedale; e i Bernaschi, famiglia aristocratica benestante e venerata, i cui componenti sono l’imprenditore Giovanni, accasato in una superba villa con la moglie Carla, ex attrice dilettante, e lo scapestrato figlio Massimiliano. Suddiviso in quattro episodi. Nell’ordine: 1.) “Dino”: galvanizzato da una quotazione in borsa che gli permetterebbe un investimento conveniente in cui riporre molte speranze, Dino assilla in continuazione Giovanni e, con la scusa delle partite di tennis, discute e progetta con lui di azioni da investire nel mercato immobiliare, ma un crollo improvviso delle borse fa perdere all’agente immobiliare il 90% degli utili, e Dino, affranto e inferocito, maledice la ImmobilCase; 2.) “Carla”: nostalgica del suo breve periodo artistico e desiderosa di dare un teatro comunale alla sua città (l’opera è ambientata in una non meglio precisata cittadina dell’Italia nord-orientale), la donna impegna ingenti fondi in un teatro abbandonato da ristrutturare, e parla al critico letterario e scrittore Donato Rossomanno degli spettacoli da rappresentarvi dentro, proponendolo anche come direttore artistico della struttura, finendo poi per innamorarsene ricambiata, salvo poi doverlo abbandonare per le sventure finanziarie del marito Giovanni, che la costringono ad archiviare il progetto in cui aveva riposto tanta fiducia; 3.) “Serena”: ragazza con la testa sulle spalle che cerca solo di allontanarsi dai guai, la giovane studentessa conosce, per mezzo di Roberta, il coetaneo Luca Ambrosini, allevato dallo zio, ragazzo ritenuto socialmente pericoloso, ma che lei non reputa affatto così, riconoscendone la genuinità e affettuosità, per quanto poi Luca si renda colpevole dell’incidente sopracitato (è lui a guidare il fuoristrada che investe il cameriere in bicicletta) nella stessa sera in cui Serena, chiamata in extremis, deve riaccompagnare a casa Massimiliano, ubriaco fradicio dopo una sera di baldoria al punto da non poter guidare la sua jeep; 4.) “Il capitale umano”: la polizia è convinta che sia Massimiliano il responsabile dell’investimento dell’uomo, che nel frattempo muore in ospedale per la gravità dell’impatto; Dino, che arriva a scoprire la verità leggendo per caso un post della figlia su Facebook, ricatta Carla, dopo aver invano provato a farlo col non più tanto amico Giovanni, chiedendole 980.000 euro e promettendo in cambio che dirà alle forze dell’ordine come sono andate realmente le cose; le quotazioni in borsa ricominciano a salire, e Giovanni ne è felice, al punto che accetta di rivedere volentieri il padre, la madre e i due fratelli, invitandoli tutti ad un ricevimento; Serena, dopo essersi violentemente chiarita con Massimiliano e aver rotto il fidanzamento con lui, impazzisce nel vedere le autorità locali arrestare Luca, ma poi si rassegna e lo va a trovare quando già è stato incarcerato. Altro elemento che riunisce i quattro episodi e ne spiega con precisione il senso è la cena presso il grande salone dove si tiene la premiazione di un concorso letterario, al quale ha preso parte lo stesso Massimiliano, che è fra i finalisti ma non consegue poi il riconoscimento tanto agognato. Adattata liberamente da un romanzo noir americano, la sceneggiatura di Virzì, scritta assieme a Francesco Bruni e Francesco Piccolo, si distingue con disinvoltura per l’elasticità della trama e la serietà incrollabile dei temi trattati, ma soprattutto per il veicolo adoperato per renderli credibili e appetibili anche ad un pubblico magari non ferratissimo in economia, ma comunque desideroso di godere un prodotto della settima arte che mescoli con fantasia e creatività le vicende umane con le esigenze cinematografiche di un thriller realizzato secondo le norme del buon artigianato filmico. L’esperimento riesce splendidamente: Il capitale umano (il cui significato viene ben spiegato nei titoli di coda del film) è una pellicola pregevole ed entusiasmante per l’abilità incontrovertibile con cui mette in scena i conflitti generazionali, il pathos che si nasconde dietro le miserie umane, le piccole lotte giornaliere di questi piccoli personaggi, degni di continuare a combattere benché facciano molti sbagli di cui raramente si pentono, e, in ultima analisi, pure i sentimenti ambivalenti all’interno di uno stesso nucleo famigliare e anche e specialmente fra due nuclei famigliari che arrivano a collidere dapprima per ragioni positive e solo in seguito a causa di un evento sgradevole che rischia di provocare uno scandalo, e di incrinare rapporti costruiti con fatica sulla base dell’amicizia e del reciproco rispetto. Una colonna sonora molto cupa e lugubre che accompagna l’incedere incalzante e mai ridondante di una storia originale che coniuga meravigliosamente i bisogni tecnici della rappresentazione scenica col talento di un cast artistico che merita almeno venti minuti consecutivi di applauso. Bentivoglio sopra le righe, Gifuni a briglia alternativamente stretta e corta, la Bruni Tedeschi carica del suo piglio surreale ed eccentrico, la Golino più intensa ed espressiva del solito, Lo Cascio adattissimo nella parte dell’intellettuale compassato ma sempre alla caccia di nuovi, stimolanti spunti. Insieme a La pazza gioia, uscito nel 2016, costituisce una coppia rara di piccoli capolavori del cinema italiano degli ultimi tempi: senza dubbio, non si può negare al regista di prestare considerevole attenzione ai temi di attualità e di saperli raffigurare senza la minima forzatura, ricorrendo laddove è indispensabile ad alcune minuscole demagogie, ma tenendo sempre ben presente l’importanza mai scavalcabile della storia e dando un tocco di ottimismo alla morale conclusiva, anche se in questo caso è difficile intuirlo o leggerlo fra le righe, poiché abbiamo a che fare con un finale beffardo che non assolve né redime nessuno. Ma è tuttavia un inno all’onestà, perché non manca di rassicurare che soltanto i giusti e gli onesti otterranno il perdono e potranno proseguire sulla via di un cambiamento in meglio.
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renatoc.
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domenica 12 novembre 2017
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commedie drammatiche del ns. tempo!
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Siamo alla solita domanda:"Il denaro, o meglio la ricchezza danno la felicità?" Molti invidiano i ricchi però non si rendono conto che per rimanere tali debbono continuamente pensare agli affari, a scapito anche di lasciare la moglie ad annoiarsi! Questa,stanca di comprare articoli di lusso, e di annoiarsi, finisce col cornificare il marito! Il figlio è un alcolizzato cresciuto nella bambagia! Il padre della sua fidanzata vuol diventare ricco anche lui e fa prestiti per diventare socio del presunto futuro consuocero, il quale poi gli comunica che il loro progetto è andato a cartafascio! E chi ci rimette è un povero cameriere che tornando a casa in bicicletta viene investito da un SUV guidato da una delle poche persone buone del film che lo guida
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Siamo alla solita domanda:"Il denaro, o meglio la ricchezza danno la felicità?" Molti invidiano i ricchi però non si rendono conto che per rimanere tali debbono continuamente pensare agli affari, a scapito anche di lasciare la moglie ad annoiarsi! Questa,stanca di comprare articoli di lusso, e di annoiarsi, finisce col cornificare il marito! Il figlio è un alcolizzato cresciuto nella bambagia! Il padre della sua fidanzata vuol diventare ricco anche lui e fa prestiti per diventare socio del presunto futuro consuocero, il quale poi gli comunica che il loro progetto è andato a cartafascio! E chi ci rimette è un povero cameriere che tornando a casa in bicicletta viene investito da un SUV guidato da una delle poche persone buone del film che lo guida unicamente per permettere alla ragazza di cui si è innamorato di riportare a casa l'ex fidanzato ubriaco! Ricatti poi del padre della ragazza, che avendo le prove che l'incidente non è stato provocato dal figlio del mancato consuocero, chiede la restituzione con gli interessi del denaro investito e, in più, un lungo bacio appassionato dalla mancata consuocera! Trama sconcertante che ha fatto arrabbiare i borghesi brianzoli! Attori però in gambissima e debbo dire che mi ha colpito molto la debuttante Matilde Gioli nel ruolo di questa ragazza delusa dalla separazione dei genitori, con rapporti non troppo buoni con la nuova compagna del padre, che si innamora di Luca, colui che avrebbe guidato il SUV quando c'è stato l'incidente ma persona buonissima, che accetta di andare nei guai lui per salvare lo zio, trafficante di stupefacenti! Fabrizio Gifuni interpreta benissimo l'uomo d'affari serio e Valeria Bruni Tedeschi fa bene la parte della moglie insoddisfatta! Alla fine tutto si sistema ed i più infelici sono i due ragazzi! Lui perche deve restare in galera per omicidio colposo del ciclista e lei perche fino a quando la pena non sarà scontata, potrà avere con lui solo qualche colloquio in carcere!
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panzy
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giovedì 16 gennaio 2014
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ma ossola è il fratello gemello di maroni?
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Il film, nell'insieme non mi è dispiaciuto. Però resta a metà strada tra il dramma e la commedia, come se Virzì non abbia avuto il coraggio di sterzare fino in fondo, coraggio che ebbe il grande de Sica quando da attore di commediole, divenne insuperato Maestro neorealista.
Ossola/Bentivoglio più che un immobiliarista rampante fallito ( o, per meglio dire, destinato al fallimento) ricorda certe caratterizzazioni di "ganassa" brianzolo da cinepanettone. Se è veramente così stupido non si capisce come possa comunque aver gestito un'agenzia immobiliare tanto da poterci mantenere la famiglia e mandare la figlia a studiare in un college d'Elite.
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Il film, nell'insieme non mi è dispiaciuto. Però resta a metà strada tra il dramma e la commedia, come se Virzì non abbia avuto il coraggio di sterzare fino in fondo, coraggio che ebbe il grande de Sica quando da attore di commediole, divenne insuperato Maestro neorealista.
Ossola/Bentivoglio più che un immobiliarista rampante fallito ( o, per meglio dire, destinato al fallimento) ricorda certe caratterizzazioni di "ganassa" brianzolo da cinepanettone. Se è veramente così stupido non si capisce come possa comunque aver gestito un'agenzia immobiliare tanto da poterci mantenere la famiglia e mandare la figlia a studiare in un college d'Elite. Poi la sua somiglianza a Maroni è una trovata che a mio parere costituisce una stonatura di cattivo gusto estetico se voluta, o di colposa distrazione se capitata per caso: non c'è bisogno di questi mezzucci palesemente allusivi in un'opera che vuole essere di denuncia alta.
Mi sembra che nel film si sia tentato di alleggerire lo sviluppo drammatico mettendo insieme una serie di stereotipi come l'intellettuale fallito, l'attrice mancata, il consigliere leghista pingue e bisunto, la critica ipercritica ( citazione della Hippye nichilista di 5 pezzi facili?): ma il confine tra ironia e palese caricatura mi pare che si sia infranto più volte lasciandomi addosso, invece che un senso di alleggerimento, un senso di disorientamento e fastidio ( ormai siamo talmente perrvasi da personaggi pubblici talmente caricaturali, che a volerli ulteriormente forzare si scade nella macchietta).
Buono lo sfalzamento di prospettiva spazio/temporale che ricorda Tarantino, e dà modo di approfondire la psicologia dei vari personaggi.
Insomma un film di ipmpianto drammatico che risente degli inserti di vari spunti di genere tra di loro non ben amalgamati , che non convince fino in fondo, anche se fino in fondo si lascia vedere.
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maxdad
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mercoledì 22 gennaio 2014
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cinema di alto livello
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Il film di Virzì è bellissimo, ricco di personaggi e di emozioni che fanno sembrare la pellicola troppo breve per esaurire tutti i temi importanti e profondi che attraversano la storia narrata, che nel suo insieme è anche una storia semplice.
sono tutti attori protagonisti, ognuno con il suo spazio e le sue caratteristiche, un mosaico di personalità che costruiscono un quadro molto intenso, secondo me un film da vedere più volte.
la storia viene raccontata attraverso gli occhi dei vari protagonisti, arricchendosi ogni volta di nuovi elementi e permettendo così allo spettatore di avere una visione via via sempre più completa. Ogni protagonista della film dona alla storia una nuova venatura narrativa, figlia della caratterizzazione del personaggio.
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Il film di Virzì è bellissimo, ricco di personaggi e di emozioni che fanno sembrare la pellicola troppo breve per esaurire tutti i temi importanti e profondi che attraversano la storia narrata, che nel suo insieme è anche una storia semplice.
sono tutti attori protagonisti, ognuno con il suo spazio e le sue caratteristiche, un mosaico di personalità che costruiscono un quadro molto intenso, secondo me un film da vedere più volte.
la storia viene raccontata attraverso gli occhi dei vari protagonisti, arricchendosi ogni volta di nuovi elementi e permettendo così allo spettatore di avere una visione via via sempre più completa. Ogni protagonista della film dona alla storia una nuova venatura narrativa, figlia della caratterizzazione del personaggio.
un film molto interessante anche sotto il punto di vista del montaggio, l'idea di ripercorre il narrato secondo gli occhi di ogni personaggio, per giungere poi alla conclusione tutti insieme, è ben riuscita.
la vicenda di base, attorno al quale ruota tutto, è l'investimento di un ciclista(cameriere di un catering) da parte di un SUV il cui conducente non si ferma per prestare il primo soccorso. Su questo evento si intrecciano le storie dei protagonisti.
Il film è ben recitato, e ogni attore riflette spunti della nostra società.
da non perdere.
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nexus
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giovedì 23 gennaio 2014
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un'italia ricca ma vuota
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Straordinario affresco di una società cinica e disillusa ove il denaro ha pervaso tutto e contaminato le coscienze della maggior parte dei protagonisti.
I ragazzi sono, in parte, vittime inconsapevoli del degrado morale e dell’aridità relazionale che avvolge tutti.
Ognuno persegue più o meno cinicamente i propri obiettivi, perso nei propri pensieri, noncurante delle vite che gli passano accanto e con cui si relaziona ma soltanto per strappare brandelli di utilità e vantaggio.
E’ una solitudine esistenziale anestetizzata dalla ricchezza, dall’ostentazione, dall’apparenza, dal potere, dalla finta cultura usata come status symbol.
Il film delinea uno spaccato veritiero di questo Paese.
I personaggi agiscono, corrono, annaspano, fanno ed accettano compromessi ributtanti ma….
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Straordinario affresco di una società cinica e disillusa ove il denaro ha pervaso tutto e contaminato le coscienze della maggior parte dei protagonisti.
I ragazzi sono, in parte, vittime inconsapevoli del degrado morale e dell’aridità relazionale che avvolge tutti.
Ognuno persegue più o meno cinicamente i propri obiettivi, perso nei propri pensieri, noncurante delle vite che gli passano accanto e con cui si relaziona ma soltanto per strappare brandelli di utilità e vantaggio.
E’ una solitudine esistenziale anestetizzata dalla ricchezza, dall’ostentazione, dall’apparenza, dal potere, dalla finta cultura usata come status symbol.
Il film delinea uno spaccato veritiero di questo Paese.
I personaggi agiscono, corrono, annaspano, fanno ed accettano compromessi ributtanti ma…. alla fine trovano sempre una soluzione che apparentemente “accontenta tutti” e “zittisce tutti i malumori” e sopisce le coscienze.
Perché alla fine si deve SEMPRE trovare una quadratura che eviti sconquassi ben peggiori.
Il teatro in rovina è una metafora di un’Italia un tempo fastosa ed ormai decadente, in disarmo.
Perché non ci sono più i soldi, sono altrove… spariscono sempre altrove.
Ma nonostante che intorno tutto cada a pezzi ( il teatro ) si trova sempre un accordo, un compromesso.
La chiavetta usb in cambio dei soldi per ripianare il buco finanziario e di un bacio.
Si “risolvono” così tutti i problemi …… ma in realtà i problemi veri sono rimasti tutti al loro posto.
E’ stato monetizzato anche il valore di una vita spezzata, ma la vita non tornerà più.
Ci siamo dentro tutti, fino al collo, in questa realtà dove il denaro, la sete di potere, il successo, il desiderio di apparire hanno, in gran parte, falcidiato i valori, gli ideali, l’anelito ad una vita vera, degna di essere vissuta accanto ai propri cari e ad una cultura colma di bellezza che alimenti lo spirito.
Dovremmo rallentare, rivedere la nostra scala di valori, riappropriarci del nostro tempo perché ne abbiamo sempre meno.
Con semplicità avere il coraggio di seguire gli insegnamenti di Pepe Mujica fatti nel celebre discorso all’ONU.
Ce la faremo? Forse.
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annix
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giovedì 23 gennaio 2014
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le verita' nascoste
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Nel film si intrecciano con un incastro stilistico sapiente i diversi punti di vista dei protagonisti, la cui vita sarà sconvolta da un evento traumatico, dando spunto per un'analisi molto realistica, amara della società odierna e dei suoi valori ma soprattutto delle sue ipocrisie. Il piccolo imprenditore meschino e strozzato dalla crisi che cerca di fare il grande salto verso l'ascesa economica e sociale si contrappone al bieco magnate milionario privo di scrupoli del progredito e ricco Nord Italia, entrambi hanno due figli adolescenti per cui non costituiscono un punto di riferimento, anzi non faranno che acuire il loro senso di smarrimento nell'affrontare il dramma in cui verranno fortuitamente coinvolti.
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Nel film si intrecciano con un incastro stilistico sapiente i diversi punti di vista dei protagonisti, la cui vita sarà sconvolta da un evento traumatico, dando spunto per un'analisi molto realistica, amara della società odierna e dei suoi valori ma soprattutto delle sue ipocrisie. Il piccolo imprenditore meschino e strozzato dalla crisi che cerca di fare il grande salto verso l'ascesa economica e sociale si contrappone al bieco magnate milionario privo di scrupoli del progredito e ricco Nord Italia, entrambi hanno due figli adolescenti per cui non costituiscono un punto di riferimento, anzi non faranno che acuire il loro senso di smarrimento nell'affrontare il dramma in cui verranno fortuitamente coinvolti. Ottima l'interpretazione di Valeria Bruni Tedeschi, mi ha ricordato qualche personaggio alla Sandrelli in certi suoi modi naif, ingenui, svampiti ed ho apprezzato la sua evoluzione e la presa di coscienza sul finale. E' questo il genere di film italiani che adoro, finalmente regia, sceneggiatura, fotografia vanno di pari passo con la credibilità della storia ed il regista affronta temi importanti quali: la spregiudicatezza economica, l'avidità, la menzogna, il lavoro, l'amore in modo intelligente e coinvolgente per lo spettatore. Super consigliato!
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nino pell.
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giovedì 23 gennaio 2014
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il valore del capitale umano ai giorni nostri
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Film di ottimo livello girato con maestria ed esperienza da parte del regista Paolo Virzì. Di lui naturalmente ricordo una delle sue precedenti pellicole, "La prima cosa bella", la quale era riuscita a commuovermi in modo particolare sia per il valore narrativo della storia e sia per lo spessore interpretativo degli attori. Con questo attuale film, il regista ci proietta nella realtà sociale di due nuclei familiari che vivono in un paesino della Brianza (e sottolineo di due famiglie e non di tutte le persone della Brianza come ingiustamente in molti avrebbero obiettato e criticato). Una realtà, dicevo, caratterizzata da un lato dal potere economico della famiglia dei Bernaschi e, dall'altro, da quella degli Ossola, il cui capofamiglia tenta di scalare la via del successo, investendo sprovvedutamente il proprio capitale in un imponente fondo fiduciario senza timori reverenziali del proprio limite finanziario ed anzi rischiando di portare se stesso e la sua famiglia verso un baratro dalle dimensioni gigantesche.
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Film di ottimo livello girato con maestria ed esperienza da parte del regista Paolo Virzì. Di lui naturalmente ricordo una delle sue precedenti pellicole, "La prima cosa bella", la quale era riuscita a commuovermi in modo particolare sia per il valore narrativo della storia e sia per lo spessore interpretativo degli attori. Con questo attuale film, il regista ci proietta nella realtà sociale di due nuclei familiari che vivono in un paesino della Brianza (e sottolineo di due famiglie e non di tutte le persone della Brianza come ingiustamente in molti avrebbero obiettato e criticato). Una realtà, dicevo, caratterizzata da un lato dal potere economico della famiglia dei Bernaschi e, dall'altro, da quella degli Ossola, il cui capofamiglia tenta di scalare la via del successo, investendo sprovvedutamente il proprio capitale in un imponente fondo fiduciario senza timori reverenziali del proprio limite finanziario ed anzi rischiando di portare se stesso e la sua famiglia verso un baratro dalle dimensioni gigantesche. Il regista Virzì ci descrive un mondo perfetto ma ovattato, nel quale la vita dei protagonisti sembra scorrere in maniera metodica, calcolata ed ogni personaggio sembra più interessato a perseguire il proprio interesse o le proprie ambizioni, anziché dare valore e risalto ai rapporti affettivi e morali, che qui fungono giusto da formale corollario secondario nei riguardi dell'esistenza di ognuno. Quando poi sopraggiungerà un incidente stradale in cui perderà la vita un uomo e della cui causa ne sono coinvolti alcuni membri delle due famiglie, anche in questo caso l'interesse egoistico e protettivo sembra prevalere sul valore umano, ossia in pratica sul cosiddetto capitale umano. E pertanto, una volta che la situazione sembra destinata a normalizzarsi in futuro, tra qualche irrisoria condanna da un lato e azioni sottobanco per coprire qualche accusato scomodo per un altro verso, i personaggi della vicenda sembrano riacquistare nuovamente la propria normalità artefatta, caratterizzata da rapporti fatti di convenienza e di futili convenzioni sociali. Un film quindi che lo si potrebbe senza dubbio definire un piccolo capolavoro attuale del nostro Cinema italiano grazie alla sua imponente vena sarcastica e neorealistica. Grande Virzì.
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angelo bottiroli - giornalista
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sabato 25 gennaio 2014
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film di grande livello, da vedere
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Tanto di cappello di fronte a questo film di Paolo Virzì (Tutti i santi giorni e La prima cosa bella) che ho trovato di una bellezza straordinaria, sotto molti punti di vista.
Innanzi tutto nel raccontare la vita personale dei protagonisti e non soltanto i tre su cui si sofferma il regista.
Raccontando la stessa storia vista da tre diversi punti di vista, infatti, si riesce a comprendere anche la vita anche degli altri personaggi, il loro modo di pensare e la motivazione delle loro azioni.
Il film è un affresco dei tempi moderni, con una grande vastità di personaggi ambientato nel milanese.
C’è il ricco imprenditore che vive in una villa da sogno, con moglie annoiata e figlio al college fidanzato con la figlia di un piccolo imprenditore, la compagna di quest’ultimo psicologa nella sanità pubblica.
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Tanto di cappello di fronte a questo film di Paolo Virzì (Tutti i santi giorni e La prima cosa bella) che ho trovato di una bellezza straordinaria, sotto molti punti di vista.
Innanzi tutto nel raccontare la vita personale dei protagonisti e non soltanto i tre su cui si sofferma il regista.
Raccontando la stessa storia vista da tre diversi punti di vista, infatti, si riesce a comprendere anche la vita anche degli altri personaggi, il loro modo di pensare e la motivazione delle loro azioni.
Il film è un affresco dei tempi moderni, con una grande vastità di personaggi ambientato nel milanese.
C’è il ricco imprenditore che vive in una villa da sogno, con moglie annoiata e figlio al college fidanzato con la figlia di un piccolo imprenditore, la compagna di quest’ultimo psicologa nella sanità pubblica.
Attorno a questi 5 personaggi se ne aggiungono altri in un affresco milanese di grande attualità che ruota attono ad una festa per vip e a diversi drammi familiari.
Ottima la trama, e l’interpretazione degli attori, ma tra tanti nomi famosi come Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi, a me è piaciuta la giovane Matilde Gioli: al suo debutto come attrice, ha dimostrato grande personalità, capacità dialettica, espressività e tante altre doti.
Siamo di fronte ad un gran bel film, insomma, realizzato con abile regia, ottime inquadrature, con i personaggi tutti abilmente collegati tra di loro, che merita di essere visto.
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melvin ii
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domenica 26 gennaio 2014
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nè carne nè pesce
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Un film di Paolo Virzì, con Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio,Giovanni Anzaldo e Matilde Gioli
Liberamente tratto dal thriller di Stephen Amidon, ambientato nel Conneticut.
Non ho letto il libro, ma “l’adattamento” di Virzì in Brianza non convince.
Il film parte da un tragico incidente di un ciclista speronato da un’auto pirata in una fredda notte d’inverno.
Virzì ricostruisce la dinamica dell’incidente attraverso le vicende dei protagonisti.
Film è diviso in capitoli.
Con lo scorrere dei capitoli, scopriamo, Dino Ossola interpretato da Bentivoglio, un’ ambizioso agente immobiliare cosi desideroso di fare il salto di qualità nella vita che investe i risparmi di una vita in una rischiosa e spericolata operazione di Borsa gestita dallo spregiudicato manager Gifuni.
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Un film di Paolo Virzì, con Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio,Giovanni Anzaldo e Matilde Gioli
Liberamente tratto dal thriller di Stephen Amidon, ambientato nel Conneticut.
Non ho letto il libro, ma “l’adattamento” di Virzì in Brianza non convince.
Il film parte da un tragico incidente di un ciclista speronato da un’auto pirata in una fredda notte d’inverno.
Virzì ricostruisce la dinamica dell’incidente attraverso le vicende dei protagonisti.
Film è diviso in capitoli.
Con lo scorrere dei capitoli, scopriamo, Dino Ossola interpretato da Bentivoglio, un’ ambizioso agente immobiliare cosi desideroso di fare il salto di qualità nella vita che investe i risparmi di una vita in una rischiosa e spericolata operazione di Borsa gestita dallo spregiudicato manager Gifuni.
Seguiamo la Tedeschi nella sua“dorata” vita di moglie di Gifuni.
Un passato d’attrice di teatro”, un presente di noia e mondanità con l’illusione di un cambiamento, quando conosce il “cupo” Lo Cascio.
Con Serena, figlia di Ossola, interpretata dalla brava ed esordiente Matilde Gioli, osserviamo il mondo vacuo e futile della gioventù brianzola.
Il film ha un ritmo lento e poco incalzante, nonostante sia stato presentato come un thriller.
I dialoghi non convincono, spesso banali ed scontati
Bentivoglio e soprattutto la Tedeschi danno credibilità ed intensità al film
Gifuni rimane un buon attore di fiction, ma non dà sostanza e carisma al suo personaggio.
Senza lode e senza infamia la performance della Golino.
Il capitale umano vorrebbe essere una critica a un modo di fare e soprattutto di pensare di larga parte del nostro Paese, ma risulta sterile ed retorico, come spesso capita al cinema italiano d’oggi.
Il film resta incompiuto , anche se ben diretto.
Il finale non “sazia” rispetto alle attese delle vigilia
Nè carne, né pesce, pensa il perplesso spettatore all’uscita del cinema.
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