Un uomo a capo di un'industria comincia a mettere in discussione il suo lavoro e la sua intera vita. Espandi ▽
Philippe Lemesle dirige nella provincia francese un’azienda di elettrodomestici appartenente a un gruppo internazionale. Per far fronte alla concorrenza, all’ennesima crisi e alle esigenze dei suoi superiori, che vorrebbero sul tavolo un piano di licenziamento impossibile da attuare, manda a rotoli la sua vita. La moglie, trascurata, vuole il divorzio, il figlio, ossessivo compulsivo, ha bisogno di cure psichiatriche. Tirato da ogni parte, Philippe non sa più come soddisfare gli affetti e assolvere i doveri. Tra incudine e martello, dovrà decidere se eseguire il piano di mobilità o trovare una maniera di aggirare l’obbligo. Dovrà decidere se adeguarsi o fare la differenza. Di nuovo
in guerra, di nuovo al fianco di Vincent Lindon, questa volta accomodato alla scrivania e dall’altra parte della barricata, Stéphane Brizé evoca il reale con la potenza drammaturgica del cinema. Il film non ha l’aria di un dibattito ma di una guerra. Piantato in una terra di nessuno senza più parole e senso dell’altro, il personaggio di Vincent Lindon incarna una crisi intima e mette in evidenza le ferite che provoca la logica del capitalismo, le cicatrici che lascia, anche sull’avversario. Fa provare fisicamente quel calvario, prendendo le misure dell’indifferente crudeltà del sistema e di una società che si accomoda su quella tragedia. E di quella tragedia, il regista ascolta le parti in causa, gli uomini e le donne, le vittime e i carnefici, i pro e i contro.