andrea
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giovedì 19 luglio 2007
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una spiegazione del film
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L’approccio con questo film non deve essere come quello con un qualsiasi altro film di fantascienza. Per questo motivo, chi lo guarda aspettandosi una struttura narrativa e un racconto abituali, lineari, e chiari, lo trova terribilmente noioso. “2001” è da guardare non come una storia raccontata, ma come una parabola che occupa millenni interrogandosi sulle ragioni dell’esistenza. Questo film rivoluziona l'utilizzo dell'inquadratura, che qui non è più un semplice strumento per narrare, ma assume un significato a sé stante, riuscendo ad esprimere senso da sé. Le immagini devono “parlare”: è per questo motivo che i tempi di questo film sono dilatati, e le inquadrature durano più del previsto. In quest’opera, infatti, Kubrick crea con lo spettatore una comunicazione che supera il piano verbale, riducendo i dialoghi ad una quantità minima.
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L’approccio con questo film non deve essere come quello con un qualsiasi altro film di fantascienza. Per questo motivo, chi lo guarda aspettandosi una struttura narrativa e un racconto abituali, lineari, e chiari, lo trova terribilmente noioso. “2001” è da guardare non come una storia raccontata, ma come una parabola che occupa millenni interrogandosi sulle ragioni dell’esistenza. Questo film rivoluziona l'utilizzo dell'inquadratura, che qui non è più un semplice strumento per narrare, ma assume un significato a sé stante, riuscendo ad esprimere senso da sé. Le immagini devono “parlare”: è per questo motivo che i tempi di questo film sono dilatati, e le inquadrature durano più del previsto. In quest’opera, infatti, Kubrick crea con lo spettatore una comunicazione che supera il piano verbale, riducendo i dialoghi ad una quantità minima. Musica e immagini diventano più forti di qualsiasi parola, e questa è proprio una capacità che il cinema ha, cioè quella di colpire l’inconscio senza bisogno di parole, e lo stesso regista lo ha affermato. Passiamo al significato. Il monolito a forma di parallelepipedo è un’entità divina ed aliena, un modo per rappresentare in maniera “anonima” Dio, l’inconoscibile. Esso simboleggia anche la ragione e la coscienza, all'arrivo delle quali corrisponde la nascita della violenza. Nella preistoria, così come nel futuro, in una circolarità inesauribile: ogni volta che il monolito appare, sconvolge l’esistenza degli esseri viventi, che siano uomini o primati, che si battono violentemente per raggiungere il sapere, appunto, rappresentato dal monolito. Appena la scimmia diventa uomo, soggetto pensante e cosciente, diventa violenta (la scena in cui il primato colpisce con l’osso i resti degli altri animali). E’ presente, inoltre, il concetto dell’eterno ritorno di Nietzsche: la scena finale ritrae il protagonista prima giovane, poi vecchio, poi moribondo, e poi sotto forma di feto, per rinascere, in una circolarità eterna. C’è, quindi, un ritorno continuo al punto di partenza, al bambino, che conosce il male diventando uomo, e che rinasce dopo essere diventato vecchio. Questa continuità vitale è metafora dell’esistenza, che ruota sempre intorno alla figura del monolito, centro di tutte le nostre domande senza risposta. Nella vita non ci imbattiamo forse in “monoliti”, domande scure, la cui risposta, sulla motivazione della nostra esistenza, vorremmo toccare con mano, come cercano di fare i personaggi di questo film? Un senso all’esistenza della vita non si può dare, perciò il finale è aperto a qualsiasi interpretazione. Il bambino astrale, nel finale, guarda verso la macchina da presa e quindi verso noi, come per invitarci a proseguire il viaggio. Guardando “2001” dovremmo capire che quello che non conosciamo è qualcosa di gigantesco, come l’universo, e che il mistero del cosmo non è separabile da quello della vita terrena. Sono un unico grande mistero. E’ questa l’importante riflessione che Kubrick ci spinge a fare, in un capolavoro inarrivabile, sia dal punto di vista registico, che da quello contenutistico.
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giannies
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lunedì 10 luglio 2017
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superlativa riflessione esistenziale
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Kubrick inscena superbamente una pellicola basata su una ben definita riflessione filosofica, ovvero quella dedicata al problema esistenziale dell'uomo, senza però lasciarsi sfuggire la trattazione di svariati temi importanti e -specialmente oggigiorno- interessanti, ossia quello dell'intelligenza artificiale, della tecnologia come strumento per ricongiungersi alla verità e soprattutto (almeno è ciò che, personalmente ho notato maggiormente) del comportamento omogeneo di qualsiasi essere vivente nei confronti di ciò che non conosciamo.
E' proprio tale problema che viene trattato durante la prima parte del film, all'alba dell'essere umano, quando ancora le scimmie popolavano la terra; come l'uomo schiavi delle proprie esigenze primarie, lottano per la loro sopravvivenza, si contendono il cibo ed arrivati ad un certo punto sentono quel primordiale bisogno di dominare (scena in cui una scimmia afferra e brandisce una clava).
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Kubrick inscena superbamente una pellicola basata su una ben definita riflessione filosofica, ovvero quella dedicata al problema esistenziale dell'uomo, senza però lasciarsi sfuggire la trattazione di svariati temi importanti e -specialmente oggigiorno- interessanti, ossia quello dell'intelligenza artificiale, della tecnologia come strumento per ricongiungersi alla verità e soprattutto (almeno è ciò che, personalmente ho notato maggiormente) del comportamento omogeneo di qualsiasi essere vivente nei confronti di ciò che non conosciamo.
E' proprio tale problema che viene trattato durante la prima parte del film, all'alba dell'essere umano, quando ancora le scimmie popolavano la terra; come l'uomo schiavi delle proprie esigenze primarie, lottano per la loro sopravvivenza, si contendono il cibo ed arrivati ad un certo punto sentono quel primordiale bisogno di dominare (scena in cui una scimmia afferra e brandisce una clava). E' questo significato la chiave per ricondurci al desiderio della scimmia, ovvero dell'uomo, di conoscere la verità: cosa che ha un limite, perché sappiamo che non a tutto c'è sempre una risposta. E questo lo spiega l'apparsa del misterioso monolite, simbolo dell'ignoto che molto spesso ci affligge, probabilmente persino di astrazione divina (possiamo notare ciò dalla perfezione peculiare di cui la lastra è provvista). Le scimmie, da esseri mortali, gironzolano attorno al corpo estraneo, cercano di conoscerlo attraverso l'utilizzo dei sensi (toccandolo, odorandolo) ma non riescono a svelarne l'effettiva essenza.
Nella seconda parte della pellicola possiamo benissimo accorgerci del comportamento praticamente congruente che hanno gli uomini moderni, curati e contenuti, rispetto alle scimmie nei confronti del monolite, ritrovato nel 1999 sotto il suolo della Luna da una compagnia di astronauti. Questo spiega come l'uomo, per quanto avanzato e tendente sempre di più alla modernizzazione, di fronte a ciò che non conosce e non può conoscere ritorni al suo stadio primordiale.
Nella terza parte dell'Odissea kubrickiana si ha la missione Giove, nel 2001: trattasi il tema dell'ibernazione, attualissimo ancora oggi, oltre che quello dell'intelligenza artificiale che, molto originalmente, pare sia così avanzata da sfociare in una situazione di sensibilità quasi umana. La tecnologia stessa si ritrova in una condizione di conflitto interiore: giurato in precedenza di non rivelare agli astronauti il vero scopo del viaggio, la mente artificiale deve dirigere il controllo dell'intera astronave oltre che tener conto di ciò che dicono gli astronauti al suo interno. Quando questi ultimi arrivano a mettere in dubbio la sua funzionalità, il cervello artificiale si ribella sentendosi in grado di dirigere da solo l'astronave ed occuparsi della missione e volendosi liberare di tutti gli umani che vi abitano, ma uno di questi riesce comunque a disattivarlo: qui colpisce la tecnologia antropomorfizzata, la paura che anche questa nutre nei confronti dell'ignoto. Lo stesso astronauta arriverà, tramite un video, a scoprire il vero scopo del viaggio: ovvero quello di ritrovare il monolite che, due anni prima, era stato ritrovato sotto il suolo della Luna. Fantastiche fino a qui le danze delle astronavi nell'universo, che paiono girare attorno senza un'effettiva meta alla ricerca di una risposta.
Nella quarta ed ultima parte del film si raggiunge Giove, immensa ed indecifrabile, non alla portata dell'uomo, la terra del monolite, la terra di Dio, di Zeus figuratamente: l'uomo sopravvissuto nell'astronave si perde nell'infinito che il pianeta trasfigura, vicina può essere l'interpretazione di una crisi esistenziale, oppure della volontà di afferrare un qualcosa che purtroppo è inafferabile. Le immagini che si susseguono sembrano quasi dipinti impressionistici, e questo in parte è stato rivelato dallo stesso Kubrick, che afferma di aver voluto creare un'esperienza visiva, « che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell'inconscio. » quasi come un'impressione che lo stesso regista ha dell'infinito, dell'ignoto e di tutto ciò che non è conoscibile.
Trattasi anche del sublime, che pare sbordare dallo schermo tanto che è potente ed incontenibile, specie nelle sequenze dedicate alle tempeste e ai "mari" su Giove.
E la scena finale, come nei grandi capolavori, lascia ulteriormente gli spettatori in prossimità di un incrocio, in cui ognuno può seguire una propria interpretazione.
Il personaggio sopravvissuto al viaggio è trasfigurato in una stanza in stile imperiale, dove si lascia e "si vede" invecchiare: da notare è la scena in cui si guarda allo specchio, in un'ulteriore analisi di introspezione, chiedendosi con gli occhi chi e cosa effettivamente sia rapportato al grande universo che -con gli stessi occhi- ha contemplato.
In procinto di morire, si rivede davanti il monolite: tende verso di lui, non lo tocca ma in un certo qual modo lo raggiunge: intanto il vecchio si trasforma in un feto, che, nella scena finale, tende gli occhi verso il mondo che lo attende: la Terra, immensa ma così piccola da essere a grandezza d'uomo.
Fantastici gli effetti speciali, che infatti si sono avvalsi di un Oscar, giusta la sceneggiatura, inarrivabile la regia. Grandiosa è la fotografia, che fa di questo film una pellicola grandiosamente futuristica, veramente attuale; non sembra un film del '68 ma quasi dei giorni nostri. Un lavoro a dir poco eccellente, che in due ore rappresenta tempi e spazi dilatati all'infinito.
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mauro lanari
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sabato 25 agosto 2007
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il fallimento di kubrick
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“2001: Odissea nello spazio” fu l'immediata replica di Kubrick ai sessantottini, un film per sostenere senza mezzi termini che l'uomo nuovo non era una faccenda da poco, bensì un mutamento di portata soprannaturale per il quale era pure azzardabile una data desunta dalla tradizione sapienziale profetica settemillenarista. Tuttavia anche Kubrick non ha saputo andare oltre la solita proposta di un nostro adeguamento nei confronti di un cosmo altrimenti considerato già armonioso. L'esito è stato che nel frattempo Kubrick è morto e che a tutt’oggi “L’alba dell’uomo” è rimasta tale, inchiodata alla condizione originaria delle scimmie antropomorfe. Nel 2006, un formidabile capo d’opera come “L’ultimo re di Scozia” ha fatto piazza pulita di ogni nostra ideologica sopravvalutazione, azzerando qualsiasi presunto divario fra il cosiddetto mondo civilizzato e quanto capitava paleoantropologicamente qualche milione d’anni fa nei pressi dell’Uganda.
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“2001: Odissea nello spazio” fu l'immediata replica di Kubrick ai sessantottini, un film per sostenere senza mezzi termini che l'uomo nuovo non era una faccenda da poco, bensì un mutamento di portata soprannaturale per il quale era pure azzardabile una data desunta dalla tradizione sapienziale profetica settemillenarista. Tuttavia anche Kubrick non ha saputo andare oltre la solita proposta di un nostro adeguamento nei confronti di un cosmo altrimenti considerato già armonioso. L'esito è stato che nel frattempo Kubrick è morto e che a tutt’oggi “L’alba dell’uomo” è rimasta tale, inchiodata alla condizione originaria delle scimmie antropomorfe. Nel 2006, un formidabile capo d’opera come “L’ultimo re di Scozia” ha fatto piazza pulita di ogni nostra ideologica sopravvalutazione, azzerando qualsiasi presunto divario fra il cosiddetto mondo civilizzato e quanto capitava paleoantropologicamente qualche milione d’anni fa nei pressi dell’Uganda. Se per Nietzsche "L'uomo è un cavo teso tra la bestia e lo Übermensch" (“Zarathustra”, Prefazione, IV, p. 8), finora risultano pervenute tracce sostanziali unicamente sul versante dell’animalità.
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cinemalife
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venerdì 26 agosto 2011
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un capolavoro assoluto
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2001 è pura storia del cinema fantascientifico e mondiale. Non vi sono paragoni né passati né futuri. Non possono esservi perché non esistono altre pellicole girate e narrate in maniera così visionaria, futurista ed estremista come era solito lavorare Kubrik. 2001 narra l’umanità intera poiché avvolge ogni cosa sul piano temporale (dai primi stadi della vita umana a un lontano futuro rispetto all’anno in cui è stato girato il film), spaziale (dalla Terra allo spazio, alla Luna, a Giove) e interpretativo (lo stesso regista lascia libertà assoluta allo spettatore). Il film risulta complessivamente molto lineare a eccezione del finale, a libera interpretazione dello spettatore.
La prima parte è ambientata agli albori dell’evoluzione umana, quando sulla Terra compare un monolito nero.
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2001 è pura storia del cinema fantascientifico e mondiale. Non vi sono paragoni né passati né futuri. Non possono esservi perché non esistono altre pellicole girate e narrate in maniera così visionaria, futurista ed estremista come era solito lavorare Kubrik. 2001 narra l’umanità intera poiché avvolge ogni cosa sul piano temporale (dai primi stadi della vita umana a un lontano futuro rispetto all’anno in cui è stato girato il film), spaziale (dalla Terra allo spazio, alla Luna, a Giove) e interpretativo (lo stesso regista lascia libertà assoluta allo spettatore). Il film risulta complessivamente molto lineare a eccezione del finale, a libera interpretazione dello spettatore.
La prima parte è ambientata agli albori dell’evoluzione umana, quando sulla Terra compare un monolito nero. L’ellissi più celebre della storia del cinema catapulta lo spettatore nel 2001. In una base lunare viene portato alla luce un monolito identico a quello che milioni di anni prima aveva sconvolto gli ominidi. Il contatto con la luce ne provoca l’accensione e l’invio di alcuni segnali verso il pianeta Giove, facendo supporre l’esistenza di forme di vita extraterrestri. Viene quindi organizzata una spedizione alla quale partecipano gli astronauti David e Paul assieme ad altri tre che sono stati ibernati prima della partenza per ridurre il loro consumo di ossigeno e di energia all’interno della nave spaziale e il computer HAL 9000 in grado di interagire con l’uomo. Nessuno a eccezione dell’elaboratore sa, tuttavia, il vero scopo della missione, che è stato mantenuto nascosto per motivi di sicurezza sociale. L’inconfessabile segreto provoca un irreparabile scontro nella sua matematica mente, che comincia a impazzire segnalando anomalie inesistenti. I due astronauti pensano quindi di disattivarlo per evitare di compromettere il completamento della missione, ma il calcolatore, che è ingegnosamente riuscito a captare le loro intenzioni, uccide dapprima Frank, poi i tre astronauti ibernati e infine impedisce a David di rientrare nella base dopo una sua momentanea uscita dall’astronave. Quest’ultimo riesce, comunque, a rientrarvi e a disattivare HAL 9000. Lo spettacolare finale si svolge in prossimità del pianeta Giove, dove David capta un altro monolito nero ed entra in una dimensione spazio-temporale a lui sconosciuta che lo porta a rinascere sotto un altro corpo.
Si ritrova Kubrik nelle riprese, nel montaggio, nelle celeberrime colonne sonore, nella sinteticità dei dialoghi, qui estremizzata all’essenziale. Il film è raccontato attraverso i supremi effetti speciali (che gli valsero l’Oscar) e le lunghe e mute sequenze nelle quali prevale il colore, il silenzio, la spettacolarità, la consapevolezza che quarant’anni fa il cinema era già capace di tutto questo.
Drammatico il messaggio che intende comunicarci: la prevalenza dell’uomo sulle macchine sta per capovolgersi e le stesse nostre invenzioni finiranno col travolgerci, schiavizzandoci. Futuro catastrofico? Sì, ma oggi questo futuro non è più così lontano, nonostante Kubrik già alla fine degli Anni Sessanta lo avesse scadenzato con l’arrivo del nuovo millennio.
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[+] forse troppe certezze
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gordo95
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mercoledì 2 novembre 2016
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il film.
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2001 odissea nello spazio è senza dubbio il capolavoro dei capolavori. 1968 , Stanely Kubrick realizza uno dei film più iconici della storia del cinema. In pochi minuti riusciamo a capire subito di fronte a cosa ci troviamo: regia minuziosa, fotografia ossessivamente perfetta, colonna sonora che incornicia alla perfezione le varie situazioni. Non ci stupisce dunque quando con uno dei più famosi Jump Cut della storia, riesce a fare un balzo temporale di migliaia di anni e ci catapulta nel futuro. Il mondo del futuro ci fa rimanere ammaliati e calamitati allo schermo per tutte le minuzie che Kubrick inserisce e cerca di immaginare (dalle videochiamate, alle scarpe anti-gravità, all'ibernazione).
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2001 odissea nello spazio è senza dubbio il capolavoro dei capolavori. 1968 , Stanely Kubrick realizza uno dei film più iconici della storia del cinema. In pochi minuti riusciamo a capire subito di fronte a cosa ci troviamo: regia minuziosa, fotografia ossessivamente perfetta, colonna sonora che incornicia alla perfezione le varie situazioni. Non ci stupisce dunque quando con uno dei più famosi Jump Cut della storia, riesce a fare un balzo temporale di migliaia di anni e ci catapulta nel futuro. Il mondo del futuro ci fa rimanere ammaliati e calamitati allo schermo per tutte le minuzie che Kubrick inserisce e cerca di immaginare (dalle videochiamate, alle scarpe anti-gravità, all'ibernazione). La storia poi si apre e chiude ciclicamente con un tentativo di arrivare a capire a cosa c'è di sovrannaturale in questo mondo senza fornirci una risposta scontata e banale, ma lasciando a noi la possibilità di ipotizzare "da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?".
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paolopace
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sabato 24 settembre 2016
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fare l'amore con l'universo
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Che fondamentalmente tutto è sesso lo mostra questo film che ne è apparentemente privo, ma in cui abbondano simboli e metafore sessuali (che come molti sanno sono uno segreto subliminale del successo di molti spettacoli, dalla pubblicità alle copertine), come l'astronave Orion a forma di freccia che si posa sulla sfera celeste fino alla sfera Aries che atterra su una base circolare. Il film è ricco di immagini sessuali, uterine, ovulari e falliche. La rinascita di Bowman in forma fetale è preannunciata quando egli si espelle dallo spazio verso l'astronave. Nelle visioni finali ci sono immagini erotiche e genitali. Nel film è molto presente il complesso di Edipo, sia implicitamente nel monolito, l'autorità in generale, il padre, sia nel rapporto dell'uomo con la macchina - forse il vero protagonista del film -, che è sua figlia e che uccide i membri ibernati e l'amico di Bowman, prima di essere disattivata da questo.
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Che fondamentalmente tutto è sesso lo mostra questo film che ne è apparentemente privo, ma in cui abbondano simboli e metafore sessuali (che come molti sanno sono uno segreto subliminale del successo di molti spettacoli, dalla pubblicità alle copertine), come l'astronave Orion a forma di freccia che si posa sulla sfera celeste fino alla sfera Aries che atterra su una base circolare. Il film è ricco di immagini sessuali, uterine, ovulari e falliche. La rinascita di Bowman in forma fetale è preannunciata quando egli si espelle dallo spazio verso l'astronave. Nelle visioni finali ci sono immagini erotiche e genitali. Nel film è molto presente il complesso di Edipo, sia implicitamente nel monolito, l'autorità in generale, il padre, sia nel rapporto dell'uomo con la macchina - forse il vero protagonista del film -, che è sua figlia e che uccide i membri ibernati e l'amico di Bowman, prima di essere disattivata da questo. Su scala cosmica c'è anche la rappresentazione di quel dramma familiare sempre presente in Kubrick e che costituirà il perno di "Shining". Salvo una minoranza di entusiasti il film ci ha messo molto per aumentare sempre più nel successo popolare, cammino che prosegue a tutt'oggi rispetto a film più immediati come "Arancia meccanica" e lo stesso "Shining". "2001" è un film di metamorfosi, di fondazioni e nascite, in quel nero dello spazio astrale che è anche il nero del monolito, verso il quale l'uomo come i suoi progenitori dimostra insieme orrore e fiducia, speranza e sottomissione, paura e aspettativa, identificazione e un brivido di voluttà. Kubrick, estraneo alle mode, è qui perfettamente in sintonia (o così venne interpretato, forse a chi piacerà sarà sempre in sintonia, con qualunque credenza) col suo tempo, facendo arrivare l'uomo sulla Luna qualche mese prima e ricevendo il consenso e l'apprezzamento entusiasta degli esponenti della cultura psichedelica ma anche dalla NASA che si mise a disposizione di Kubrick (che ebbe decine di riunioni con i suoi tecnici) così come altre decine di agenzie, organizzazioni, persone in gran parte americane ma anche inglesi, francesi e persino il governo dell'Unione Sovietica per realizzare il film. Bill Kaysing, che sostiene che l'uomo non sia mai andato sulla Luna, ricorda come l'industria cinematografica sia stata sempre uno strumenti del governo per catturare le menti, si tratti di guerre, di sigarette (vedi Bogart), di automobili o vestiti da donna. Egli vede nel film la vendita, da parte del governo USA, dell'idea dei viaggi spaziali ancor prima delle missioni Apollo, ma anche di fornire la tecnologia e mezzi per spacciare per uomini sulla Luna immagini direttamente dalla Terra. Il significato del monolito (che, in coerenza con la teoria di Kaysing non è altro che uno schermo cinematografico in verticale, lo stesso del film, ad alludere ai "false flag") resta oscuro, questo è il fascino del film, il mantenere l'ignoto proprio nel momento in cui accade qualcosa di cruciale per il progresso dell'umanità. Il mistero non viene svelato, tranne il fatto che esso agisce nella soddisfazione degli istinti, come il viaggio oltre l'infinito di Bowman alla fine, prima della nuova alba (il titolo della prima parte può valere per tutto il film), volontà di potenza che si sfoga prima dell'eterno ritorno. L'immagine finale, infatti, propone lo stesso tema musicale ebbro e felice con cui la scimmia getta, sentendo il dominio (tecnico) del mondo, l'osso in cui ha scoperto l'arma per uccidere.
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kingleo53
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martedì 11 ottobre 2016
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hal = ibm
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Ho letto molte interpretazioni di questo capolavoro di Kubrick tratto da un libro di Arthur Clarke. Non capisco comunque perchè bisogna scervellarsi a cercare spiegazioni simboliche quando basta leggersi il libro di chi ha inventato questa splendida storia. In estrema sintesi. Clarke è partito da un'accostamento di due dati: la formazione degli anelli di saturno e quello del passaggio della scimmia all'uomo. Ha quindi ipotizzato che una razza aliena, il cui scopo fosse quello di diffondere l'intelligenza nell'universo, arrivata 4 milioni di anni fa sulla terra ha visto il brulicare di vita ed abbia creato un CENTINAIA di monoliti e per farlo abbia distrutto una luna di Titano ed i frammenti han formato gli anelli di Saturno.
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Ho letto molte interpretazioni di questo capolavoro di Kubrick tratto da un libro di Arthur Clarke. Non capisco comunque perchè bisogna scervellarsi a cercare spiegazioni simboliche quando basta leggersi il libro di chi ha inventato questa splendida storia. In estrema sintesi. Clarke è partito da un'accostamento di due dati: la formazione degli anelli di saturno e quello del passaggio della scimmia all'uomo. Ha quindi ipotizzato che una razza aliena, il cui scopo fosse quello di diffondere l'intelligenza nell'universo, arrivata 4 milioni di anni fa sulla terra ha visto il brulicare di vita ed abbia creato un CENTINAIA di monoliti e per farlo abbia distrutto una luna di Titano ed i frammenti han formato gli anelli di Saturno. Non potendo fermarsi in questa zona della galassia per vedere come procede il suo esperimento, ha creato 4 diversi tipi di monoliti. I primi sono discesi a caso sulla terra ed uno ha trovato la tribù di "guarda la luna" (la scimmia che scopre le potenzialità di un osso). Il monolite ha stimolato la loro intelligenza in oltre un mese di messaggi visivi (nel film non si vede). Il secondo lo ha sepolto sotto 10 metri nella luna..in stand-by fintantochè un raggio di sole lo colpisse (indice che "qualcuno" fosse stato così intelligente da andare su un'altro pianeta e disseppellire il monolite). In pochi secondi il monolite raccoglie tutta una serie di informazioni radio e tv dalla terra e li invia al terzo monolite in orbita intorno a Giove. Quando la navicella dell'astronauta si posa sulla sua superficie...si attiva e come uno STARGATE lo proietta al centro della galassia all'interno del QUARTO monolite che ha ricreato una casa con i dati presi dalle TV dal 2° monolite.Scopo di quest'ultimo è quello di far morire l'astronauta e poi farlo regredire sino allo stato prenatale e farlo rinascere come il "BIMBO DELLE STELLE" un essere che sta all'uomo attuale come la scimmia all'uomo. Il bambino con le sue immense capacità ritorna da solo sino alla terra e decide di far scoppiare tutte le atomiche al fine di creare una nuova razza umana dalle mutazioni genetiche dei sopravvissuti. Nulla di ciò si dice nel film perchè Rubrick lascia al suo pubblico la possibilità di dare ognuno una propia interpretazione. Piccola chicca: HAL è il nome IBM con le lettere spostate di una.
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dodo
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mercoledì 4 ottobre 2006
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miglior film di kubrick e non solo...
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E’ estremamente difficile apprestarsi a recensire un simile capolavoro, perché in quanto capolavoro, possiede nel suo essere molteplici aspetti non facili da analizzare, tanto meno da sintetizzare.
“2001 : Odissea nello spazio” è certamente l’opera più riuscita di Kubrick sotto tutti i punti di vista,
e rappresenta un cult, “il big ban dal quale scaturì una nuova generazione di registi”, come sostenne lo stesso Spielberg.
A rendere tale film l’opera magna della cinematografia del nostro secolo, sono i tanti temi che si intrecciano, si susseguono in un resoconto della storia dell’uomo : a partire dall’inarrestabile ricerca della verità, caratteristica propria dell’individuo umano, al continuo tentativo di potenziamento delle proprie capacità.
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E’ estremamente difficile apprestarsi a recensire un simile capolavoro, perché in quanto capolavoro, possiede nel suo essere molteplici aspetti non facili da analizzare, tanto meno da sintetizzare.
“2001 : Odissea nello spazio” è certamente l’opera più riuscita di Kubrick sotto tutti i punti di vista,
e rappresenta un cult, “il big ban dal quale scaturì una nuova generazione di registi”, come sostenne lo stesso Spielberg.
A rendere tale film l’opera magna della cinematografia del nostro secolo, sono i tanti temi che si intrecciano, si susseguono in un resoconto della storia dell’uomo : a partire dall’inarrestabile ricerca della verità, caratteristica propria dell’individuo umano, al continuo tentativo di potenziamento delle proprie capacità.
E’ un film che parte dal passato per rivolgersi al futuro, identificato dal troppo ottimistico Kubrick niente meno che nell’ormai superato 2001, data che nel film simboleggia il supremo traguardo raggiunto dall’uomo, ovvero : il raggiungimento della velocità della luce, che sarà sfruttata dall’astronauta Bowman al fine di realizzare un viaggio senza ritorno verso i confini dell’immortalità.
Ma partiamo dalle origini, ovvero dagli albori dell’umanità rappresentati da Kubrick : l’uomo scimmia che vive in gruppi in lotta fra loro, e che impara ad adoperare gli utensili, fino ad accendere la scintilla dell’intelligenza in uno dei passaggi più celebri della storia del cinema; ovvero quando un uomo – scimmia lancia un osso in aria, ed a un tratto ci ritroviamo in un ambientazione del tutto differente : al posto dell’osso, per contrasto metaforico, vediamo un’astronave sospesa nel vuoto dello spazio.
Da qui la storia principale del film, che narra le vicenda di due astronauti impegnati in una missione a loro in parte sconosciuta : raggiungere Giove alla ricerca di un monolite nero ritrovato anche sulla Luna, elemento fondatore e fautore di vita.
L’unico aspetto, per noi non favorevole, riguarda proprio questa scelta di Kubrick : ovvero catapultare nel monolite nero la credenza umana, dunque la fede su un principio iniziatore del tutto, sul mistero della vita. Ma comprendiamo bene che tale scelta è dovuta anche al fine di coinvolgere il più possibile larga fascia di spettatori senza operare distinzioni; o semplicemente riflette, sempre a livello metaforico, un esigenza morale dell’autore; non sappiamo.
In ogni caso, se da un punto di vista filosofico riteniamo l’idea bizzarra, da un punto di vista prettamente estetico si può dire riuscita, anche tenendo conto di un aspetto concernente la spettacolarità.
In ogni caso è impossibile non soffermarsi sul fascino delle scene che dipingono la grandiosità del paesaggio spaziale (a proposito oscar per migliori effetti visivi; ma il film meritava anche qualche altro oscar!!). Kubrick non ha bisogno di dialoghi per comunicare quanto e più sia necessario, basta
per questo la sua regia sapiente, ed il risultato sono solo 35 min di dialogo su 2 ore e 21 min.
Semplicemente straordinario e innovativo, e ciò dimostra che in determinati film, se la regia è intelligente, i dialoghi divengono perfino accessori. Certamente però quei pochi dialoghi che il nostro udito ha l’interesse di ascoltare, da una sinfonia di Strass all’altra, risultano quanto mai preziosi e costituiscono, a nostro parere, i frammenti del miglior cinema che sia mai stato fatto fino ad oggi. Impossibile non soffermarsi sul cuore, sulla parte centrale del film, resa dall’enigmatico quanto paurosamente “umano” calcolatore Hall 9000. In questi punti, a nostro avviso, si coglie il cuore pulsante del film, si colgono le migliori riflessioni sul rapporto tra uomo e macchina, ambientate in un ipotetico futuro.
Si può ragionare su ciò che differenzia oggi l’individuo umano dalle altre specie viventi o meccaniche : la ragione. La quale però nel film appare propria anche del calcolatore di bordo, il quale possiede e dirige tutte le competenze e le mansioni sull’astronave, per la sfortuna, come vedremo, dei due astronauti.
Hall 9000 infatti, oltre a racchiudere in sé la velocità di elaborazione che gli stessi uomini conferiscono a loro vantaggio alle macchine calcolatrici, possiede una “mente artificiale”, e mostra, oltre che una spiccata propensione al ragionamento logico e psicologico, anche una certa considerazione di sé, e più specificatamente un orgoglio micidiale che risulterà problematico per i due astronauti. Infatti dopo un errore dell’elaboratore (che non perde occasione di sottolineare la sua superiorità rispetto all’uomo) i due astronauti decidono di “escluderlo” , ovvero di prendere direttamente il controllo delle operazioni sull’astronave. La loro scelta risulterà però drammatica. Infatti nella scena più bella del film (geniale), e a nostro parere il frammento più riuscito della storia del cinema, i due astronauti si chiudono in una capsula isolando sonoramente l’elaboratore, in modo da impedirgli di ascoltare ciò che si sarebbero detti riguardo il futuro della missione e riguardo una sua ipotetica esclusione dalla continuazione della stessa. Ma Hall 9000 carpirà tutto leggendo il movimento delle labbra dei due astronauti!!! Anche la susseguente reazione del calcolatore da spunto a varie riflessioni, e risulta fantastica ed unica nel suo genere.
La freddezza dei due attori “umani”, ricercata dalla stesso Kubrick, contrasta con la perspicacia e la vivacità del calcolatore. La scena finale nella quale l’elaboratore implora Bowman , unico sopravissuto, di non scollegarlo, ci mostra l’ “umanità” di esso, il quale pronuncia una frase chiave : “Ho paura!”….che ovviamente si commenta da sola.
Infine il viaggio intergalattico, il raggiungimento della velocità della luce, che secondo una teoria di Einstein, abbrevia la durata del tempo, dunque consente di invecchiare lentamente, è richiamata nel fantascientifico (forse troppo) finale. Comunque un eccezionale film che evidenzia tra l’altro, l’abilità di un Kubrick, che oltre ad una massiccia dose di ironia sui generis , sa adoperare quando necessario una straordinaria profondità e sensibilità.
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domenica 15 luglio 2007
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una spiegazione del film
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L’approccio con questo film non deve essere come quello con un qualsiasi altro film di fantascienza. Per questo motivo, chi lo guarda aspettandosi una struttura narrativa e un racconto abituali, lineari, e chiari, lo trova terribilmente noioso. “2001” è da guardare non come una storia raccontata, ma come una parabola che occupa millenni interrogandosi sulle ragioni dell’esistenza. Questo film rivoluziona l'utilizzo dell'inquadratura, che qui non è più un semplice strumento per narrare, ma assume un significato a sé stante, riuscendo ad esprimere senso da sé. Le immagini devono “parlare”: è per questo motivo che i tempi di questo film sono dilatati, e le inquadrature durano più del previsto. In quest’opera, infatti, Kubrick crea con lo spettatore una comunicazione che supera il piano verbale, riducendo i dialoghi ad una quantità minima.
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L’approccio con questo film non deve essere come quello con un qualsiasi altro film di fantascienza. Per questo motivo, chi lo guarda aspettandosi una struttura narrativa e un racconto abituali, lineari, e chiari, lo trova terribilmente noioso. “2001” è da guardare non come una storia raccontata, ma come una parabola che occupa millenni interrogandosi sulle ragioni dell’esistenza. Questo film rivoluziona l'utilizzo dell'inquadratura, che qui non è più un semplice strumento per narrare, ma assume un significato a sé stante, riuscendo ad esprimere senso da sé. Le immagini devono “parlare”: è per questo motivo che i tempi di questo film sono dilatati, e le inquadrature durano più del previsto. In quest’opera, infatti, Kubrick crea con lo spettatore una comunicazione che supera il piano verbale, riducendo i dialoghi ad una quantità minima. Musica e immagini diventano più forti di qualsiasi parola, e questa è proprio una capacità che il cinema ha, cioè quella di colpire l’inconscio senza bisogno di parole, e lo stesso regista lo ha affermato. Passiamo al significato. Il monolito a forma di parallelepipedo è un’entità divina ed aliena, un modo per rappresentare in maniera “anonima” Dio, l’inconoscibile. Esso simboleggia anche la ragione e la coscienza, all'arrivo delle quali corrisponde la nascita della violenza. Nella preistoria, così come nel futuro, in una circolarità inesauribile: ogni volta che il monolito appare, sconvolge l’esistenza degli esseri viventi, che siano uomini o primati, che si battono violentemente per raggiungere il sapere, appunto, rappresentato dal monolito. Appena la scimmia diventa uomo, soggetto pensante e cosciente, diventa violenta (la scena in cui il primato colpisce con l’osso i resti degli altri animali). E’ presente, inoltre, il concetto dell’eterno ritorno di Nietzsche: la scena finale ritrae il protagonista prima giovane, poi vecchio, poi moribondo, e poi sotto forma di feto, per rinascere, in una circolarità eterna. C’è, quindi, un ritorno continuo al punto di partenza, al bambino, che conosce il male diventando uomo, e che rinasce dopo essere diventato vecchio. Questa continuità vitale è metafora dell’esistenza, che ruota sempre intorno alla figura del monolito, centro di tutte le nostre domande senza risposta. Nella vita non ci imbattiamo forse in “monoliti”, domande scure, la cui risposta, sulla motivazione della nostra esistenza, vorremmo toccare con mano, come cercano di fare i personaggi di questo film? Un senso all’esistenza della vita non si può dare, perciò il finale è aperto a qualsiasi interpretazione. Il bambino astrale, nel finale, guarda verso la macchina da presa e quindi verso noi, come per invitarci a proseguire il viaggio. Guardando “2001” dovremmo capire che quello che non conosciamo è qualcosa di gigantesco, come l’universo, e che il mistero del cosmo non è separabile da quello della vita terrena. Sono un unico grande mistero. E’ questa l’importante riflessione che Kubrick ci spinge a fare, in un capolavoro inarrivabile, sia dal punto di vista registico, che da quello contenutistico.
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giovedì 27 marzo 2008
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un "monolito" dei film di fantascienza
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È il secondo film a colori di Kubrick (l'altro è lo Spartacus del 1960, variazione sadico-ironica su temi della storia romana). È anche il secondo in cui il regista si affida alla fantasia anticipatrice (l'altro è l'immediatamente precedente Dr. Strangelove, Il dottor Stranamore 1963: una sarcastica prefigurazione della fine del mondo). 2001: A Space Odyssey rifiuta e annulla le esperienze compiute: il colore non è più illustrativo ma diventa la sostanza stessa del film, la fantasia si spoglia di ogni connotazione e si trasforma in un puro esercizio mentale. Con ciò Stanley Kubrick (New York, 26 luglio 1928) inaugura una nuova fase della sua attività cinematografica, che era iniziata nel 1949 con un documentario sul pugilato (Day of the Fight) ed era proseguita in varie direzioni, dal film poliziesco e di azione (in particolare con The Killing, Rapina a mano armata, 1956) al dramma antimilitaristico (Paths of Glory, Orizzonti di gloria, 1957), dall'apologo storico-mitologico (Spartacus) al conte de moeurs (Lolita, 1962).
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È il secondo film a colori di Kubrick (l'altro è lo Spartacus del 1960, variazione sadico-ironica su temi della storia romana). È anche il secondo in cui il regista si affida alla fantasia anticipatrice (l'altro è l'immediatamente precedente Dr. Strangelove, Il dottor Stranamore 1963: una sarcastica prefigurazione della fine del mondo). 2001: A Space Odyssey rifiuta e annulla le esperienze compiute: il colore non è più illustrativo ma diventa la sostanza stessa del film, la fantasia si spoglia di ogni connotazione e si trasforma in un puro esercizio mentale. Con ciò Stanley Kubrick (New York, 26 luglio 1928) inaugura una nuova fase della sua attività cinematografica, che era iniziata nel 1949 con un documentario sul pugilato (Day of the Fight) ed era proseguita in varie direzioni, dal film poliziesco e di azione (in particolare con The Killing, Rapina a mano armata, 1956) al dramma antimilitaristico (Paths of Glory, Orizzonti di gloria, 1957), dall'apologo storico-mitologico (Spartacus) al conte de moeurs (Lolita, 1962). Che nulla sia effettivamente nuovo, in lui, è probabile, e che anche l'Odissea spaziale abbia le sue radici nei temi degli altri film (si potrebbero rintracciare alcuni leit motive che attraversano tutta la carriera kubrickiana) non è da escludere. Ma la novità resta, ben visibile: assistiamo a un mutamento di registro che riguarda sia i temi (gli stessi magari, ma trasportati in un'altra tonalità) sia il trattamento-invenzione del linguaggio (creazione di immagini sottratte al rischio della mimesi realistica).
Lo spazio, la terra, il sole, legati in una immagine di fuoco. E, subito, nei deserti di un corpo celeste alle origini della sua storia, vediamo aggirarsi branchi di scimmie. Esse odono un sibilo acutissimo e scoprono che fra le rocce c'è, come sorto dal nulla, un parallelepipedo nero di forma perfetta. Ne sono atterrite e incuriosite. Poco dopo (un “dopo” di giorni o di anni o di millenni) una scimmia scopre che l'osso di un può essere usato come un'arma (lo usa, infatti, in un movimento di balletto che la ripresa rallentata accentua). È un'altra tappa sulla strada che condurrà all'uomo. In segno di gioia, la scimmia lancia in alto l'osso-clava, che in cielo assi forma di un'astronave: il primo strumento della scimmia progenitrice dell'uomo è anche lo strumento supremo dell'uomo civilizzato di domani. Il tempo è diventato spazio: la figura di questo “salto” non è una ellissi ma il semplice contatto di due dimensioni, che saranno quelle - compenetrate l'una nell'altra - dell'Odissea.
L'astronave (nel 2001: domani e ieri, con la esclusione del presente, che non può essere compreso nel film perché è il film) compie un “breve” viaggio - con un solo passeggero, lo scienziato Heywood Floyd - e si aggancia a una piattaforma orbitale. Floyd elude le domande di sovietici e prosegue verso la base di Clavius, sulla luna. Qui tiene rapporto agli americani che vi si sono installati e con loro esplora un cratere dove accadono fenomeni preoccupanti. Scendono nel cratere e scoprono lo stesso “monolito” che aveva attratto le scimmia della preistoria: segno di una presenza extraterrestre (è una forma troppo astratta per essere naturale)? Si avvicinano. Un fortissimo sibilo li tramortisce. “Diciotto mesi dopo: in missione verso Giove ”, recita una didascalia. L'astronave “Discovery” va appunto alla scoperta del mistero. È da Giove che sembrano provenire le radiazioni avvertite “monolito”. A bordo la vita è come rarefatta. Nelle celle di ibernazione tre astronauti attendono il momento in cui (fra un anno? fra un secolo?) torneranno in vita per esplorare il pianeta. Il veicolo spaziale naviga agli ordini di calcolatore (HAL 9000) che possiede, oltre alle più sofisticate capacità cibernetiche, pensieri menti umani. I due astronauti (Frank e David), che sorvegliano i comandi, sono praticamente servizio di HAL 9000. E quando, convinti che abbia commesso un errore, vorranno disattivarlo, ne saranno puniti. Frank scomparirà nello spazio e David, rimasto solo, dovrà lottare per distruggerlo (HAL, morendo, regredirà all'infanzia prima di tacere per sempre).
“Giove e oltre l'infinito”, chiarisce un'altra didascalia. David procede solo. Verso il vuoto, che improvvisamente si popola di forme, luci e rumori assordanti (di fatto, le Atmosphères di Ligeti). E nel vuoto - nello spazio-tempo - precipita. Si ritrova in una stanza arredata in stile rococò, dentro un letto. Invecchia rapidamente, sino a diventare nell'agonia (si ode il suo respiro sempre più rauco, rintronante) uno spettro rugoso. Appare il “monolito” che, mentre David muore, si trasforma nel vuoto astrale, nel quale si iscrive, enorme, un feto avvolto nella sua traslucida membrana.
Come ogni fiaba, 2001 offre il destro a molte interpretazioni. “Per noi che ci immergiamo in quanto la fiaba ha da comunicare” nota Bruno Bettelheim in The Uses of Enchantment (1976) “essa diventa una profonda e calma pozza che in un primo tempo sembra riflettere soltanto la nostra immagine; ma dietro di essa scopriamo ben presto le tempeste interiori della nostra anima: la sua profondità, e i modi per trovare la nostra pace interiore e col mondo, quale premio delle nostre lotte.” Il film di Kubrick non è Cenerentola né Hänsel e Gretel né Biancaneve. Non è una fiaba chiusa, con una soluzione definita (e perciò rassicurante), ma un racconto che resta sospeso, aperto alle nostre interrogazioni. Tuttavia, la sua funzione psicologica ha pur sempre per obiettivo la conquista della “pace interiore e col mondo”: con il mondo vertiginoso di uno spazio-tempo che ci proietta nel futuro.
Kubrick ama le acrobazie intellettuali, e per questo la sua “ingenuità” fiabesca punta più sulla valorizzazione suggestiva dei gadgets disseminati nel film (con qualche involontaria caduta nel grottesco) che sugli incanti elementari della fantasia. I filosofemi abbondano, tetri o dozzinali. Sicché la vera “grandezza” del film sta nella sua geometrica struttura, nel suo crescere su se stesso come un'ardua operazione matematica, nel suo tendere - attraverso Ie due ore e 20 minuti della sua fisica durata - ad una allucinazione assoluta: un oggetto perfetto, vuoto, senza echi e senza significato, come il “monolito” nero.
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