2001: Odissea nello spazio |
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Un film di Stanley Kubrick.
Con Keir Dullea, Gary Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter.
continua»
Titolo originale 2001: A Space Odyssey.
Fantascienza,
Ratings: Kids+16,
durata 140 min.
- USA, Gran Bretagna 1968.
- Warner Bros Italia
uscita lunedì 13 febbraio 2023.
MYMONETRO
2001: Odissea nello spazio
valutazione media:
4,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Miglior film di Kubrick e non solo...di DodoFeedback: 0 |
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mercoledì 4 ottobre 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
E’ estremamente difficile apprestarsi a recensire un simile capolavoro, perché in quanto capolavoro, possiede nel suo essere molteplici aspetti non facili da analizzare, tanto meno da sintetizzare. “2001 : Odissea nello spazio” è certamente l’opera più riuscita di Kubrick sotto tutti i punti di vista, e rappresenta un cult, “il big ban dal quale scaturì una nuova generazione di registi”, come sostenne lo stesso Spielberg. A rendere tale film l’opera magna della cinematografia del nostro secolo, sono i tanti temi che si intrecciano, si susseguono in un resoconto della storia dell’uomo : a partire dall’inarrestabile ricerca della verità, caratteristica propria dell’individuo umano, al continuo tentativo di potenziamento delle proprie capacità. E’ un film che parte dal passato per rivolgersi al futuro, identificato dal troppo ottimistico Kubrick niente meno che nell’ormai superato 2001, data che nel film simboleggia il supremo traguardo raggiunto dall’uomo, ovvero : il raggiungimento della velocità della luce, che sarà sfruttata dall’astronauta Bowman al fine di realizzare un viaggio senza ritorno verso i confini dell’immortalità. Ma partiamo dalle origini, ovvero dagli albori dell’umanità rappresentati da Kubrick : l’uomo scimmia che vive in gruppi in lotta fra loro, e che impara ad adoperare gli utensili, fino ad accendere la scintilla dell’intelligenza in uno dei passaggi più celebri della storia del cinema; ovvero quando un uomo – scimmia lancia un osso in aria, ed a un tratto ci ritroviamo in un ambientazione del tutto differente : al posto dell’osso, per contrasto metaforico, vediamo un’astronave sospesa nel vuoto dello spazio. Da qui la storia principale del film, che narra le vicenda di due astronauti impegnati in una missione a loro in parte sconosciuta : raggiungere Giove alla ricerca di un monolite nero ritrovato anche sulla Luna, elemento fondatore e fautore di vita. L’unico aspetto, per noi non favorevole, riguarda proprio questa scelta di Kubrick : ovvero catapultare nel monolite nero la credenza umana, dunque la fede su un principio iniziatore del tutto, sul mistero della vita. Ma comprendiamo bene che tale scelta è dovuta anche al fine di coinvolgere il più possibile larga fascia di spettatori senza operare distinzioni; o semplicemente riflette, sempre a livello metaforico, un esigenza morale dell’autore; non sappiamo. In ogni caso, se da un punto di vista filosofico riteniamo l’idea bizzarra, da un punto di vista prettamente estetico si può dire riuscita, anche tenendo conto di un aspetto concernente la spettacolarità. In ogni caso è impossibile non soffermarsi sul fascino delle scene che dipingono la grandiosità del paesaggio spaziale (a proposito oscar per migliori effetti visivi; ma il film meritava anche qualche altro oscar!!). Kubrick non ha bisogno di dialoghi per comunicare quanto e più sia necessario, basta per questo la sua regia sapiente, ed il risultato sono solo 35 min di dialogo su 2 ore e 21 min. Semplicemente straordinario e innovativo, e ciò dimostra che in determinati film, se la regia è intelligente, i dialoghi divengono perfino accessori. Certamente però quei pochi dialoghi che il nostro udito ha l’interesse di ascoltare, da una sinfonia di Strass all’altra, risultano quanto mai preziosi e costituiscono, a nostro parere, i frammenti del miglior cinema che sia mai stato fatto fino ad oggi. Impossibile non soffermarsi sul cuore, sulla parte centrale del film, resa dall’enigmatico quanto paurosamente “umano” calcolatore Hall 9000. In questi punti, a nostro avviso, si coglie il cuore pulsante del film, si colgono le migliori riflessioni sul rapporto tra uomo e macchina, ambientate in un ipotetico futuro. Si può ragionare su ciò che differenzia oggi l’individuo umano dalle altre specie viventi o meccaniche : la ragione. La quale però nel film appare propria anche del calcolatore di bordo, il quale possiede e dirige tutte le competenze e le mansioni sull’astronave, per la sfortuna, come vedremo, dei due astronauti. Hall 9000 infatti, oltre a racchiudere in sé la velocità di elaborazione che gli stessi uomini conferiscono a loro vantaggio alle macchine calcolatrici, possiede una “mente artificiale”, e mostra, oltre che una spiccata propensione al ragionamento logico e psicologico, anche una certa considerazione di sé, e più specificatamente un orgoglio micidiale che risulterà problematico per i due astronauti. Infatti dopo un errore dell’elaboratore (che non perde occasione di sottolineare la sua superiorità rispetto all’uomo) i due astronauti decidono di “escluderlo” , ovvero di prendere direttamente il controllo delle operazioni sull’astronave. La loro scelta risulterà però drammatica. Infatti nella scena più bella del film (geniale), e a nostro parere il frammento più riuscito della storia del cinema, i due astronauti si chiudono in una capsula isolando sonoramente l’elaboratore, in modo da impedirgli di ascoltare ciò che si sarebbero detti riguardo il futuro della missione e riguardo una sua ipotetica esclusione dalla continuazione della stessa. Ma Hall 9000 carpirà tutto leggendo il movimento delle labbra dei due astronauti!!! Anche la susseguente reazione del calcolatore da spunto a varie riflessioni, e risulta fantastica ed unica nel suo genere. La freddezza dei due attori “umani”, ricercata dalla stesso Kubrick, contrasta con la perspicacia e la vivacità del calcolatore. La scena finale nella quale l’elaboratore implora Bowman , unico sopravissuto, di non scollegarlo, ci mostra l’ “umanità” di esso, il quale pronuncia una frase chiave : “Ho paura!”….che ovviamente si commenta da sola. Infine il viaggio intergalattico, il raggiungimento della velocità della luce, che secondo una teoria di Einstein, abbrevia la durata del tempo, dunque consente di invecchiare lentamente, è richiamata nel fantascientifico (forse troppo) finale. Comunque un eccezionale film che evidenzia tra l’altro, l’abilità di un Kubrick, che oltre ad una massiccia dose di ironia sui generis , sa adoperare quando necessario una straordinaria profondità e sensibilità.
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