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Diverso e imprevedibile, teniamoci stretto Paolo Virzì

In sala con Un altro ferragosto, il regista dimostra talento e cultura. E prende in esame l'Italia di oggi, dandoci un’istantanea credibile, divertente, e… messa male. 
di Pino Farinotti

giovedì 14 marzo 2024 - Focus

Paolo Virzì è in sala col suo nuovo film Un altro ferragosto. È una sorta di sequel di Ferie d’agosto, del 1996. Allora, all’isola di Ventotene, arrivavano due gruppi. Il primo fatto da alternativi, verdi e comunisti: chi suonava canzoni rivoluzionarie, chi faceva nudismo, chi si faceva una “canna”. Arrivava un secondo gruppo, superborghese: insomma, idee e ideologie opposte. La sera di ferragosto si scontravano le due mentalità: discorsi sociali, politici, luoghi comuni a non finire. Virzì, tanti anni dopo riporta i due gruppi, quel che ne è rimasto, laggiù. Il confronto è più difficile. Hanno fatto irruzione i social, gli influencer, i talk esasperati. L’Italia è cambiata e Virzì possiede talento e cultura per darne un’istantanea credibile, divertente, e… messa male.

A Virzì appartiene una qualità molto rara, rispetto a quasi tutti i colleghi italiani: sa scrivere. La sua storia va illustrata perché coinvolge gente dalla penna straordinaria. Per cominciare Furio Scarpelli che con Agenore Incrocci, meglio conosciuto come Age, ha firmato alcuni dei più importanti film italiani della cosiddetta Commedia, siamo nell’età dell’oro. Virzì sta molto attento alle indicazioni e alla storia di Scarpelli. La loro collaborazione si sublima attraverso il film Tempo di uccidere, e non è casuale che l’ispirazione derivi da un’altra penna autorevole, Ennio Flaiano. Ma non è finita: ci sono altri due nomi nobili connessi a Virzì, Raffaele La Capria, col quale scrive Una questione privata (guarda la video recensione), dal romanzo di Beppe Fenoglio, altro maestro allineato ai nomi fatti. E così Paolo Virzì, dopo cotanti rapporti era pronto per il suo destino di autore di vertice. Naturalmente alla scrittura ha saputo far aderire la qualità dell’immagine, la regia.

Classe 1964, Paolo è in pieno possesso della sua energia e della capacità di inventare oltre il convenzionale. È sempre stato così. Negli anni meno… ricordabili del cinema italiano dei penultimi decenni Virzì si è sempre posto come talento sicuro e garante. Andavi al cinema e sapevi che ne valeva la pena. Certo siamo italiani, l’arte ci appartiene per storia e non è possibile che, anche in epoche meno fortunate, qualche eccezione, qualche picco, non si palesasse. E così evoco gli Oscar di Salvatores, Benigni e Tornatore. Virzì, anche in quegli anni, come detto, era una qualità trasversale. Non ha vinto l’Oscar ma non importa. E comunque i suoi premi li ha raccolti: il Leone d’argento a Venezia per Ovosodo, molti David di Donatello e Nastri d’argento. 
 


LEGGI LA RECENSIONE DI UN ALTRO FERRAGOSTO

L’editoriale ha esordito coi film “agostiani” ma l’appena citato Ovosodo è il titolo che ha posto il regista nella parte alta del cinema italiano. Il tema. Il giovane Piero, come gli storici predecessori letterari, Lucien di "Illusioni perdute" di Balzac e Frédéric dell’“Educazione sentimentale” di Flaubert, vive una vita povera e insoddisfacente, sempre deluso dagli adulti. Cerca qualcosa di nuovo e di bello che gli consenta una formazione per cui valga la pena di vivere. Ma non la trova. Virzì che mostra il suo talento di scrittore vero, oltrepassando la rappresentazione dei vizi italiani dei film con Sordi, Gassman e Mastroianni, ci mette una parte di perfidia e cattiveria “toscaniana”. Ovosodo è un’invenzione e un punto fermo. Il cinema italiano si evolveva, percorreva una strada nuova. Dunque ho privilegiato quel titolo, ma la filmografia è costante nelle proposte e nelle soluzioni dettate, nell’istantanea del sociale, della cronaca e della vita.

Il tema del giovane, in questo caso una giovane, che cerca di crescere è sviluppato in Caterina va in città. Una famiglia dalla provincia approda a Roma, ma sono solo incomprensioni e delusioni. Storia attuale, potente e completa è Tutta la vita davanti. Il focus è sui giovani odierni e il loro status di precariato, nel lavoro e nell’esistenza. Una ragazza neolaureata in filosofia, piena di qualità, deve lavorare in un call center popolato da gente irrisolta, senza speranze, magari disperata. Quanti ne conosciamo di casi come questo.  

N (Io e Napoleone) è il mio titolo prediletto. Possiede intelligenza, storia, scrittura, “visionario”, invenzioni. C’è il Virzì più completo. Napoleone viene raccontato prigioniero all’Elba, dove un giovane maestro vorrebbe ucciderlo. Invece nasce un rapporto forte e simpatico. Daniel Auteuil è un Bonaparte unico, certo frenetico ma pieno di umorismo. Ci sono molti “Napoleone” nei film: da Dieudonné (il primo, nel superclassico di Gance) a Boyer, Brando, Mondy, all’ultimo Phoenix. Ma Auteuil ha qualcosa in più.     

Dunque teniamoci stretto Virzì, diverso e imprevedibile. In attesa della prossima invenzione. 


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