angelo mandelli
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sabato 8 novembre 2014
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il giovane favoloso o "dell'emozione"
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Oggi ho visto "Il giovane favoloso" e ne ho ricavato una grande emozione. Credo che Mario Martone si sia confermato un regista di grande qualità: sensibile, versatile, intelligente, rispettoso e pudico.
Sensibile perchè ha trattato il grande poeta non come un mito, ma come un uomo alla ricerca di sé e del significato dell'esistenza di tutti gli esseri umani.
Versatile perchè il genere biografia si presta all'esercizio di stile, alla prova finalizzata a mostrare la propria competenza registica e non alla rappresentazione dell'umanità del personaggio rappresentato.
Intelligente perchè ci ha mostrato aspetti della vita di Leopardi che non conosciamo; mai saputo io dalla scuola che il padre aveva tanto influenzato la preparazione culturale del giovane Giacomo.
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Oggi ho visto "Il giovane favoloso" e ne ho ricavato una grande emozione. Credo che Mario Martone si sia confermato un regista di grande qualità: sensibile, versatile, intelligente, rispettoso e pudico.
Sensibile perchè ha trattato il grande poeta non come un mito, ma come un uomo alla ricerca di sé e del significato dell'esistenza di tutti gli esseri umani.
Versatile perchè il genere biografia si presta all'esercizio di stile, alla prova finalizzata a mostrare la propria competenza registica e non alla rappresentazione dell'umanità del personaggio rappresentato.
Intelligente perchè ci ha mostrato aspetti della vita di Leopardi che non conosciamo; mai saputo io dalla scuola che il padre aveva tanto influenzato la preparazione culturale del giovane Giacomo. Sapevo solo del suo difficile rapporto con una madre fredda, severa e quasi indifferente.
Rispettoso perchè ha cercato di mostrarci tutti i diversi momenti significativi della sua vita, povera di riconoscimenti realmente sentiti e di affetti a volte mal collocati o poco corrisposti.
Pudico perchè con molta discrezione ci ha mostrato la relazione tra Leopardi e Ranieri senza pretendere di arrivare alla verità assoluta. Comunque evitando immagini o parole che potessero dare soluzioni ad un mistero che tale deve restare, in mancanza di testimoni credibili o prove documentali.
Ma Martone ed il suo film sono molto più di quanto da me espresso sopra sopra.
C'è un amore smisurato per il cinema di sensazioni, emozioni ed atmosfere che la pellicola ci restituisce con immagini stupende, dense di suggestioni, capaci di rendere ambienti e stati d'animo, intuizioni e scoperte del poeta e dell'uomo. Un uomo di grande statura etica e di grandi dubbi, spesso incapace di esprimere quello che prova nel discorso e nella relazione interpersonale ma capace di soluzioni meravigliose e definitive nell'estremo rifugio dell'immagine poetica.
Il film è anche un omaggio - poco capito dalla critica - allo stupendo e misconosciuto patrimonio culturale che è costituito dalla pittura romantica del primo ottocento italiano:
- l'apparizione fulminea del cadente Palazzo di Donn'Anna a Napoli, magnifica riproduzione del bellissimo dipinto di Esposito;
- l'eruzione del Vesuvio che abbiamo visto innumerevoli volte nelle gouaches degli antiquari di Napoli o Capri;
- i personaggi femminili del film, perfette incarnazioni dei ritratti delle modelle di Palagi, Benvenuti, Tominz e addirittura della Madame Aymon del francese Ingres (il ricciolo nei capelli sulla fronte della deliziosa Paolina Ranieri).
Una ricostruzione di ambienti, caratteri e personaggi in linea con la tradizione estetica del miglior Visconti e di quella umana ed umanistica di Ermanno Olmi.
Ma "Il giovane favoloso" è anche un film di interpreti. Tanti e tutti troppo bravi per essere minutamente ricordati. Ma non posso dimenticare il superbo Massimo Popolizio che da' vita ad un Conte Monaldo (il padre di Giacomo)inflessibile, severo, pretenzioso ma anche innamoratissimo dei suoi figli. O Michele Riondino, esuberante Ranieri; strenuo nel suo dedicarsi al grande uomo di cui ha riconosciuto il valore artistico, frigido nel calpestarlo e prevaricarlo nell'impeto della sensualità, dedito a soccorrerlo nella sofferenza.
Una critica: il film è troppo lungo. Le immagini sono tutte belle ma qualcosa andrebbe tagliato nella seconda parte.
E un'accusa: perché non recitare l'immortale "A Silvia" ? Perché troppo conosciuta? Martone il Sublime non è mai Banale!
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(di antonello chichiricco)
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mareincrespato70
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venerdì 7 novembre 2014
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leopardi eroe romantico inneggia alla vita
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Vita e poetica di Giacomo Leopardi, ma soprattutto geografia umana della sua sensibilità, della sua lucida ironia letteraria, anticipatrice incompresa, nonché filosoficamente geniale.
Mario Martone, brillante regista ed intellettuale contemporaneo, ci regala il “suo” Leopardi filmando un autentico capolavoro. Il percorso narrativo si sviluppa a partire dall'infanzia e prima giovinezza a Recanati, e poi ,dopo la tappa intermedia e “politica” di Firenze, si conclude con l'epilogo partenopeo tra Napoli e Torre del Greco, illustrato con forti tinte emotive e rappresentative. Martone tratteggia un Leopardi figlio del Romanticismo, prigioniero ed inquieto nella sua Recanati, dove le sue passioni si intrecciano tra “uno studio matto e disperato” nella biblioteca paterna e la contemplazione della bellezza, sia della natura che di qualche bel volto femminile (si assiste alla prematura scomparsa di Silvia) E' un poeta afflitto da suoi problemi di salute, ma il regista sottolinea come questo non gli impedisca un pensiero, brillante, poetico e politico, che gli permette di svuotare sia la retorica conservatrice bigotta e cattolica (della famiglia e della Società), sia quella delle “magnifiche sorti progressive” (“non concepisco masse felici composte da individui infelici”).
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Vita e poetica di Giacomo Leopardi, ma soprattutto geografia umana della sua sensibilità, della sua lucida ironia letteraria, anticipatrice incompresa, nonché filosoficamente geniale.
Mario Martone, brillante regista ed intellettuale contemporaneo, ci regala il “suo” Leopardi filmando un autentico capolavoro. Il percorso narrativo si sviluppa a partire dall'infanzia e prima giovinezza a Recanati, e poi ,dopo la tappa intermedia e “politica” di Firenze, si conclude con l'epilogo partenopeo tra Napoli e Torre del Greco, illustrato con forti tinte emotive e rappresentative. Martone tratteggia un Leopardi figlio del Romanticismo, prigioniero ed inquieto nella sua Recanati, dove le sue passioni si intrecciano tra “uno studio matto e disperato” nella biblioteca paterna e la contemplazione della bellezza, sia della natura che di qualche bel volto femminile (si assiste alla prematura scomparsa di Silvia) E' un poeta afflitto da suoi problemi di salute, ma il regista sottolinea come questo non gli impedisca un pensiero, brillante, poetico e politico, che gli permette di svuotare sia la retorica conservatrice bigotta e cattolica (della famiglia e della Società), sia quella delle “magnifiche sorti progressive” (“non concepisco masse felici composte da individui infelici”).
Straordinario ed intenso il commento musicale scelto da Martone che, nel raccontare l'infelicità esistenziale ed erotica di Leopardi, esalta, quasi di contrappasso, la sua ricchezza umana, la sua disponibilità e curiosità intellettuale verso chi e cosa lo circonda; intensa, struggente e significativa è la celebrazione dell'amicizia (di tutta una vita) tra l'amico Ranieri e il poeta, sodalizio fuori dal tempo per la sua sorprendente e sincera carica emotiva, quanto più vicino forse a certi archetipi esistenziali dei nostri antenati e/o filosofi Greci.
Tutti bravi gli attori, ma il film celebra uno straordinario, indimenticabile Elio Germano che mette tutto se stesso per aderire, empaticamente, fisiognomicamente al personaggio, a quel Giacomo Leopardi di cui recita opere e poesie cogliendole nella loro rappresentazione emotiva, a partire da quando e perchè sono state concepite. Bravissimi anche Michele Riondino (Antonio Ranieri) e Massimo Popolizio (Monaldo Leopardi), Isabella Ragonese interpreta Paolina Leopardi e contribuisce alla rappresentazione tenera ed efficace dell'affetto profondo dei tre fratelli, cresciuti insieme a Recanati. Mario Martone, dopo e con Paolo Sorrentino, onora Napoli e l'Italia nel mondo.
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(di angelo mandelli)
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dajees
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giovedì 6 novembre 2014
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inutile
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Va bene, magari é l'età ma questo film in me non ha suscitato nessun sentimento.La storia del Leopardi é mirabile e affascinante, ma dal punto di vista cinematografico é inutile, chi voleva conoscere la storia di Leopardi non aveva necessità di andare al cinema, bastava aprire un libro o internet. 2 stelle perché é fatto bene, apparte alcuni errori come la gobba sulla spalla sinistra,ma per il resto raccontato in modo abbastanza dettagliato. La cinematografia italiana, sará un commento magari controcorrente ma è in crisi premio oscar incluso, ormai l'italiano medio ha bisogno di film più stimolanti, come per citarne uno presente nello stesso festival di Venezia è anime nere, ma é tutto un altro film.
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Va bene, magari é l'età ma questo film in me non ha suscitato nessun sentimento.La storia del Leopardi é mirabile e affascinante, ma dal punto di vista cinematografico é inutile, chi voleva conoscere la storia di Leopardi non aveva necessità di andare al cinema, bastava aprire un libro o internet. 2 stelle perché é fatto bene, apparte alcuni errori come la gobba sulla spalla sinistra,ma per il resto raccontato in modo abbastanza dettagliato. La cinematografia italiana, sará un commento magari controcorrente ma è in crisi premio oscar incluso, ormai l'italiano medio ha bisogno di film più stimolanti, come per citarne uno presente nello stesso festival di Venezia è anime nere, ma é tutto un altro film.
Per concludere: è necessario conoscere il Leopardi ma non grazie al cinema ma alla sua poetica che ha incantato, incanta e incanterà chiunque lo legga.
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994matteo
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mercoledì 5 novembre 2014
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molto impegnato...
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Non è per niente facile portare su pellicola la vita di un grande artista come Leopardi. Qui ne è venuto fuori un Giacomo per certi aspetti diverso da quello che è stato realmente, sembrava come "incapace" di relazionarsi col mondo esterno perché chiuso nella sua introspezione, e non viceversa (depresso perché impedito di relazionarsi coi suoi coetanei e la realtà che lo circondava). Inoltre Leopardi AMAVA lo studio, nel film sembra invece che ne fosse in qualche modo costretto.
Esagerati anche I problemi fisici del poeta. Inoltre era necessaria, come prerequisito, una buona conoscenza della vita di Leopardi, a causa del forte distacco temporale tra le due parti del film.
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Non è per niente facile portare su pellicola la vita di un grande artista come Leopardi. Qui ne è venuto fuori un Giacomo per certi aspetti diverso da quello che è stato realmente, sembrava come "incapace" di relazionarsi col mondo esterno perché chiuso nella sua introspezione, e non viceversa (depresso perché impedito di relazionarsi coi suoi coetanei e la realtà che lo circondava). Inoltre Leopardi AMAVA lo studio, nel film sembra invece che ne fosse in qualche modo costretto.
Esagerati anche I problemi fisici del poeta. Inoltre era necessaria, come prerequisito, una buona conoscenza della vita di Leopardi, a causa del forte distacco temporale tra le due parti del film.
Inoltre la scena del " s' agapo' ", verso la fine, era proprio necessaria?? (leggermente fuori luogo, x me da evitare!!!)
Per il resto ottima l'interpretazione di Elio Germano, e anche la fotografia
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iuras
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martedì 4 novembre 2014
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una svolta di immagine
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Un Germano (Leopardi) perfetto ,una puntuale ricostruzione ambientale,una architettura di palazzi e vie ,una narrazione lenta e un po claustrofobica ma che coinvolge lo spettatore in una atmosfera di sofferenza pur connotata da sprazzi di speranza,una affascinante mescolanza di musiche dell'epoca e di oggi, costituiscono un tutto funzionale all'obbiettivo che si pone il regista Martone ma non sono la vera grandezza del film : Quello che Martone è riuscito a realizzare è l'aver superato gli schemi di pessimismo ed infelicità, attribuiti principalmente ad un fisico malato e quasi deforme, che ci sono stati passati da testi scolastici con volute forzature religiose e politiche.
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Un Germano (Leopardi) perfetto ,una puntuale ricostruzione ambientale,una architettura di palazzi e vie ,una narrazione lenta e un po claustrofobica ma che coinvolge lo spettatore in una atmosfera di sofferenza pur connotata da sprazzi di speranza,una affascinante mescolanza di musiche dell'epoca e di oggi, costituiscono un tutto funzionale all'obbiettivo che si pone il regista Martone ma non sono la vera grandezza del film : Quello che Martone è riuscito a realizzare è l'aver superato gli schemi di pessimismo ed infelicità, attribuiti principalmente ad un fisico malato e quasi deforme, che ci sono stati passati da testi scolastici con volute forzature religiose e politiche.Il Leopardi che ci appare dal film è quello di un uomo (poeta,filosofo,scrittore ) voglioso di vita ,"di fuoco" ,di "affetto", che vuole combattere contro la ristrettezza ,il conservatorismo della società della sua Recanati e in seguito degli ambienti dei Circoli politici,letterari ,mondani e bigotti che finiscono per emarginarlo ;questa principalmente è la tristezza dell'uomo. Un uomo di una forza combattiva , di una aspettativa di "infiniti orizzonti" , ammaestramento di morale ben al di là del mero pessimismo comunemente attribuitogli: Per sentire ciò dal film è però necessario recepire e metabolizzare , e qui è la difficoltà, stralci delle poesie,delle opere e di frasi (che in questa sede sarebbeimpossibile riportare ) sapientemente scelte ed inserite nei vari contesti dal regista Martone . Per chi volesse approfondire , almeno una seconda visione del film sarebbe consigliabile .
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queen_giuly
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martedì 4 novembre 2014
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un film fatto male
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L'idea poteva anche essere carina, ma il film è stato girato in modo pessimo.
La biografia si limita a dire quello che tutti sanno: era gobbo per lo studio e suo padre era molto rigido.
E poi?
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saint loup
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lunedì 3 novembre 2014
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il favoloso mancato
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Anche Visconti sognava di fare un film su Proust, ma si arrese di fronte all'impotenza di rappresentare in celluloide l'immensita' di un ' anima. Forse anche Martone avrebbe dovuto avere la stessa umilta' con Leopardi. Per quanto il film sia molto dettagliato e attento alla ricostruzione storica e biografica del Poeta, il regista confeziona un prodotto che, tranne i momenti di pura elegia, non emoziona e annoia. L'uomo Leopardi è rappresentato con tratti caratteriali e fisici ai limiti del grottesco: nevrotico, psicotico, e patetico fino al disgusto. Incomprensibili le lunghe carrellate su scene altrettanto incomprensibili come quella delle lupanare o quelle delle infinite passeggiate del Poeta al solo scopo di mettere in bella mostra la sua deformita'.
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Anche Visconti sognava di fare un film su Proust, ma si arrese di fronte all'impotenza di rappresentare in celluloide l'immensita' di un ' anima. Forse anche Martone avrebbe dovuto avere la stessa umilta' con Leopardi. Per quanto il film sia molto dettagliato e attento alla ricostruzione storica e biografica del Poeta, il regista confeziona un prodotto che, tranne i momenti di pura elegia, non emoziona e annoia. L'uomo Leopardi è rappresentato con tratti caratteriali e fisici ai limiti del grottesco: nevrotico, psicotico, e patetico fino al disgusto. Incomprensibili le lunghe carrellate su scene altrettanto incomprensibili come quella delle lupanare o quelle delle infinite passeggiate del Poeta al solo scopo di mettere in bella mostra la sua deformita'. Perfino le sequenze sulla genesi della creazione poetica risultano stucchevoli e artificiose, cosi come lo sono le rappresentazioni del natio borgo selvaggio e quelle del soggiorno napoletano, con tanto di eruzione del Vesuvio scolasticamente computerizzata. E dei riferimenti piu ' che espliciti alla presunta omosessualita' del Poeta che dire? Dopo i turbamenti sessuali alla vista di Ranieri nudo e la camporella agreste col ragazzino napoletano mancava solo un clamoroso outing ad effetto. Senza parlare delle imperdonabili assenze: A Silvia e Il Sabato del villaggio totalmente bypassate. Non ci siamo. La bella fotografia e l'ottima colonna sonora non riescono a compensare un risultato ambizioso ma mancato in pieno.
Anche Visconti sognava di fare un film su Proust, ma si arrese di fronte all'impotenza di rappresentare in celluloide l'immensita' di un ' anima. Forse anche Martone avrebbe dovuto avere la stessa umilta' con Leopardi. Per quanto il film sia molto dettagliato e attento alla ricostruzione storica e biografica del Poeta, il regista confeziona un prodotto che, tranne i momenti di pura elegia, non emoziona e annoia. L'uomo Leopardi è rappresentato con tratti caratteriali e fisici ai limiti del grottesco: nevrotico, psicotico, e patetico fino al disgusto. Incomprensibili le lunghe carrellate su scene altrettanto incomprensibili come quella delle lupanare o quelle delle infinite passeggiate del Poeta al solo scopo di mettere in bella mostra la sua deformita'. Perfino le sequenze sulla genesi della creazione poetica risultano stucchevoli e artificiose, cosi come lo sono le rappresentazioni del natio borgo selvaggio e quelle del soggiorno napoletano, con tanto di eruzione del Vesuvio scolasticamente computerizzata. E dei riferimenti piu ' che espliciti alla presunta omosessualita' del Poeta che dire? Dopo i turbamenti sessuali alla vista di Ranieri nudo e la camporella agreste col ragazzino napoletano mancava solo un clamoroso outing ad effetto. Senza parlare delle imperdonabili assenze: A Silvia e Il Sabato del villaggio totalmente bypassate. Non ci siamo. La bella fotografia e l'ottima colonna sonora non riescono a compensare un risultato ambizioso ma mancato in pieno.
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dromex
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lunedì 3 novembre 2014
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oltre la vita di leopardi
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Nell'ottimo film di Mario Martone c'è molto da imparare e non solo su Giacomo Leopardi.
Perché e cosa? Nel film di Martone si riflette per esempio sull'educazione familiare dell'epoca: il padre di Giacomo impone una vita "casta" e "lontana dai guai" al figlio perché altrimenti il buon nome della famiglia sarebbe rovinato. Ma non succede anche oggi quando famiglie ricche e professionisti in carriera impongono (benché non sempre volontariamente) una vita ai figli obbligandoli a proseguire gli studi di famiglia o comunque a soddisfare quanto non fatto da loro nella vita, reprimendo la personalità dei figli stessi? Quanti genitori "credono" di aiutare i propri figli ma al contrario li uccidono internamente?!
A parte ciò sicuramente va apprezzato un film intenso, molto dettagliato ma comunque scorrevole e mai noioso.
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Nell'ottimo film di Mario Martone c'è molto da imparare e non solo su Giacomo Leopardi.
Perché e cosa? Nel film di Martone si riflette per esempio sull'educazione familiare dell'epoca: il padre di Giacomo impone una vita "casta" e "lontana dai guai" al figlio perché altrimenti il buon nome della famiglia sarebbe rovinato. Ma non succede anche oggi quando famiglie ricche e professionisti in carriera impongono (benché non sempre volontariamente) una vita ai figli obbligandoli a proseguire gli studi di famiglia o comunque a soddisfare quanto non fatto da loro nella vita, reprimendo la personalità dei figli stessi? Quanti genitori "credono" di aiutare i propri figli ma al contrario li uccidono internamente?!
A parte ciò sicuramente va apprezzato un film intenso, molto dettagliato ma comunque scorrevole e mai noioso. Ciò grazie sicuramente ad un bel cast con Elio Germano in testa, perfettamente inserito nel Leopardi interpretato.
Interessante infine la nota dell'eruzione del Vesuvio, probabilmente quella del 1834.
Un film che sicuramente lascia il segno.
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fabiofeli
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lunedì 3 novembre 2014
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favoloso. semplicemente
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Il giovane favoloso di Mario Martone
In un vialetto tra due siepi di verde irrompono tre bambini. Forse unica immagine di gioia spensierata, che ricorda il girotondo di Fanny e Alexander di Ingmar Bergman. Il più grande dei fanciulli, Giacomo, diventerà un grande Poeta. Erudito latinista e grecista già in tenera età, non sarà solo poeta, ma anche scrittore, pensatore “politico” dell’Italia che verrà, filosofo cosciente della feconda potenza creatrice del Dubbio e anticipatore dell’Esistenzialismo.
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Il giovane favoloso di Mario Martone
In un vialetto tra due siepi di verde irrompono tre bambini. Forse unica immagine di gioia spensierata, che ricorda il girotondo di Fanny e Alexander di Ingmar Bergman. Il più grande dei fanciulli, Giacomo, diventerà un grande Poeta. Erudito latinista e grecista già in tenera età, non sarà solo poeta, ma anche scrittore, pensatore “politico” dell’Italia che verrà, filosofo cosciente della feconda potenza creatrice del Dubbio e anticipatore dell’Esistenzialismo.
Nelle scene successive ritroviamo Giacomo (Elio Germano) alle prese con i libri della ricca biblioteca del padre, il conte Monaldo Leopardi (Massimo Popolizio), ora generoso ora avaro dei testi da fornire al ragazzo, cercando una impossibile identificazione e affermazione nella bravura e precocità del figlio. Sono distanti le rispettive idee e concezioni; altrettanto distante e gelida è la madre di Giacomo, Adelaide Antici (Raffaella Giordano), tutta chiusa in una religiosità bigotta e senza cuore. La vita di Recanati, un paese bellissimo – è stupendo tuttora - ma chiuso in se stesso, appare sotto la finestra di casa, distraendo appena il ragazzo dai suoi studi. A Giacomo non basta l’infinito che riesce a intuire, perché altrettanto infinita è la sua brama di vedere, conoscere e riflettere. Anela a cose più alte di quel piccolo orizzonte e Pietro Giordani (Valerio Binasco) può essere la chiave che apre la porta per uscire finalmente nel mondo. Invano cerca la fuga, vanificata dall’autoritario padre. Riuscirà molto dopo a conoscere Firenze, Roma, Napoli; quasi un viaggio alla Goethe in un mondo che non lo capisce. Lo definiscono pessimista: “Pessimismo, ottimismo: parole vuote” obietta. Vede la realtà, semplicemente. Inutile tirare in ballo le malattie che lo corrodono – una tubercolosi ossea e una congiuntivite maligna – e che deformano il suo corpo; non ha senso imputare la sua visione del mondo agli sfortunate tentativi in campo affettivo, che fruttano solo rispetto ed amicizia, mai amore. La natura è matrigna, come Adelaide Antici, semplicemente, ed è inutile recriminare contro qualsiasi divinità. Il Poeta e Filosofo accetta l’inaccettabile: con autoironia in una taverna napoletana dà i numeri per il lotto ai commensali, perché “i gobbi portano fortuna”. Si appaga e si placa nei momenti di pace e serenità a Torre del Greco con l’amico carissimo Antonio Ranieri (Michele Riondino): osserva e impara dalla ginestra che cresce dove non è possibile …
Martone fa una lettura attenta, una trasposizione cinematografica rigorosa e rispettosa della vita e delle opere di Leopardi, con toni sommessi che smorzano l’urlo che verrebbe spontaneo ed una sola volta viene lanciato. Elio Germano è immenso, ma anche tutti gli altri attori sono impeccabili, interpretino essi il ruolo di familiari, amici o conoscenti di Giacomo. Il titolo della pellicola è un doveroso omaggio alla grande scrittrice napoletana Anna Maria Ortese. Il grande merito del film è che accresce l’amore per il poeta e spinge a rileggerlo tutto, ma proprio tutto: anche quello che si è solo sfiorato o appena intuito sui banchi di scuola. Da non mancare.
Valutazione *** ½
FabioFeli
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mister dp
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lunedì 3 novembre 2014
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poesia italiana sussurata in sala ad una nipote.
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Al di là di tutto il valore artistico del film, anche della superba prova di Elio Germano che per quanto mi riguarda ha già vinto il David di Donatello, mi preme sottolineare l'alto valore "patriottico", mi si passi questo termine così poco di moda, di questo film.
Personalemente mi ha commosso vederlo accanto ad un'anziana signora con sua nipote, e sentirla accanto a me bisbigliarle i versi di Leopardi o i passaggi della sua vita, conosciuta come fosse quella di una rockstar. Forse la prima volta in assoluto che non mi ha infastidito qualcuno che mi parla accanto in sala.
Un film che al pari di un mondiale di calcio, ci fa sentire italiani, ci fa riscoprire le nostre radici, ci riporta malinconicamente ai giorni in cui imparavamo a memoria, costretti, i versi dei nostri poeti o a quelli successivi in cui imaparavamo, costretti, "la vita e le opere" dei nostri autori.
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Al di là di tutto il valore artistico del film, anche della superba prova di Elio Germano che per quanto mi riguarda ha già vinto il David di Donatello, mi preme sottolineare l'alto valore "patriottico", mi si passi questo termine così poco di moda, di questo film.
Personalemente mi ha commosso vederlo accanto ad un'anziana signora con sua nipote, e sentirla accanto a me bisbigliarle i versi di Leopardi o i passaggi della sua vita, conosciuta come fosse quella di una rockstar. Forse la prima volta in assoluto che non mi ha infastidito qualcuno che mi parla accanto in sala.
Un film che al pari di un mondiale di calcio, ci fa sentire italiani, ci fa riscoprire le nostre radici, ci riporta malinconicamente ai giorni in cui imparavamo a memoria, costretti, i versi dei nostri poeti o a quelli successivi in cui imaparavamo, costretti, "la vita e le opere" dei nostri autori.
Un film che ci riconcilia, che unisce le generazioni, e ci restituisce il valore di una forma d'arte, la poesia, cui non sembra esserci più spazio nei nostri giorni.
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